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    00 28/06/2009 15:35
    LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


    Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


    PRIMA DELL’ANGELUS

    Cari fratelli e sorelle!

    Con la celebrazione dei Primi Vespri dei Santi Pietro e Paolo, che presiederò questa sera nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, si chiude l’Anno Paolino, indetto nel bimillenario della nascita dell’Apostolo delle genti. E’ stato un vero tempo di grazia in cui, mediante i pellegrinaggi, le catechesi, numerose pubblicazioni e diverse iniziative, la figura di san Paolo è stata riproposta in tutta la Chiesa e il suo vibrante messaggio ha ravvivato ovunque, nelle comunità cristiane, la passione per Cristo e per il Vangelo. Rendiamo pertanto grazie a Dio per l’Anno Paolino e per tutti i doni spirituali che esso ci ha portato.

    La divina Provvidenza ha disposto che proprio pochi giorni fa, il 19 giugno, solennità del Sacro Cuore di Gesù, sia stato inaugurato un altro anno speciale, l’Anno Sacerdotale, in occasione del 150° anniversario della morte – dies natalis – di Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’Ars. Un ulteriore impulso spirituale e pastorale, che – ne sono certo - non mancherà di recare tanti benefici al popolo cristiano e specialmente al clero. Qual è la finalità dell’Anno Sacerdotale? Come ho scritto nell’apposita lettera che ho inviato ai sacerdoti, esso intende contribuire a promuovere l’impegno di interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi. L’apostolo Paolo costituisce, in proposito, un modello splendido da imitare non tanto nella concretezza della vita – la sua infatti fu davvero straordinaria – ma nell’amore per Cristo, nello zelo per l’annuncio del Vangelo, nella dedizione alle comunità, nella elaborazione di efficaci sintesi di teologia pastorale. San Paolo è esempio di sacerdote totalmente identificato col suo ministero – come sarà anche il Santo Curato d’Ars –, consapevole di portare un tesoro inestimabile, cioè il messaggio della salvezza, ma di portarlo in un "vaso di creta" (cfr 2 Cor 4,7); perciò egli è forte e umile nello stesso tempo, intimamente persuaso che tutto è merito di Dio, tutto è sua grazia. "L’amore del Cristo ci possiede" – scrive l’Apostolo, e questo può ben essere il motto di ogni sacerdote, che lo Spirito "avvince" (cfr At 20,22) per farne un fedele amministratore dei misteri di Dio (cfr 1 Cor 4,1-2): il presbitero deve essere tutto di Cristo e tutto della Chiesa, alla quale è chiamato a dedicarsi con amore indiviso, come uno sposo fedele verso la sua sposa.

    Cari amici, insieme con quella dei santi Apostoli Pietro e Paolo, invochiamo ora l’intercessione della Vergine Maria, perché ottenga dal Signore abbondanti benedizioni per i sacerdoti durante questo Anno Sacerdotale da poco iniziato. La Madonna, che san Giovanni Maria Vianney tanto amò e fece amare dai suoi parrocchiani, aiuti ogni sacerdote a ravvivare il dono di Dio che è in lui in virtù della santa Ordinazione, così che egli cresca nella santità e sia pronto a testimoniare, se necessario sino al martirio, la bellezza della sua totale e definitiva consacrazione a Cristo e alla Chiesa.



    DOPO L’ANGELUS

    En ce dimanche, qui est éclairé par les solennités liturgiques de saint Jean-Baptiste et des Apôtres Pierre et Paul, j’accueille avec joie les pèlerins de langue française venus pour la prière de l’Angélus. La liturgie de ce jour nous rappelle que l’homme est fait pour la vie. Quiconque accepte de croire au Christ et de fonder son existence sur son amour reçoit de lui la force qui fait vivre. Au terme de l’année paulinienne que nous venons de vivre, je vous invite à progresser toujours plus dans la communion fraternelle qui vous comblera de la richesse même du Christ. Avec ma Bénédiction apostolique !

    I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus Prayer. Today’s Liturgy proclaims Jesus Christ, the Saviour who has done away with death and brought us life through his Gospel. May our thoughts and actions always be inspired by the words and deeds of Jesus whom we venerate as the Way, the Truth and the Life. I wish you all a pleasant stay in Rome and a blessed Sunday!

    Ganz herzlich grüße ich alle Pilger und Besucher aus den Ländern deutscher Sprache. Mit der Vesper heute abend in der Basilika Sankt Paul vor den Mauern findet das Paulusjahr seinen Abschluß. Ich hoffe, daß uns die Persönlichkeit dieses Apostels der Völker immer vertrauter wird. Er war kein großer Redner und auch kein geschickter Stratege. Aber er hat sich mit Leib und Seele für das lebendige Wort Gottes, das Jesus Christus ist, eingesetzt und sich ihm ausgesetzt. Die Kirche ist nur dann überzeugend, wenn ihre Verkünder bereit sind, selbstlos und mutig für Gottes Liebe und Wahrheit einzutreten. Euch allen wünsche ich einen gesegneten Sonntag.

    Saludo con afecto a los fieles de lengua española, y de modo particular a los miembros del "Instituto Misioneras y Misioneros Identes", venidos a Roma para dar gracias a Dios por la celebración del cincuenta aniversario de su fundación. Invito a todos a fortalecer vuestra fe y esperanza, mediante el trato asiduo con Cristo en la oración, para llevar a todo el mundo el testimonio de vuestro amor a Dios. Feliz domingo.

    Pozdrawiam serdecznie Polaków. Dzisiaj wieczorem, Nieszporami zakończymy Rok Świętego Pawła. Był to ważny Rok dla całego Kościoła. Przybliżył nam osobę Apostoła Narodów bez reszty oddanego Chrystusowi i dziełu ewangelizacji. Jego gorliwa posługa i oddanie Kościołowi są dla nas wyzwaniem, byśmy codziennym życiem odważnie świadczyli o Chrystusie. Niech nasze świadectwo będzie duchowym owocem tego Roku. Z serca wam błogosławię.

    [Saluto cordialmente tutti i polacchi. Con i Vespri di questa sera chiuderemo l’Anno Paolino. È stato un anno importante per tutta la Chiesa. Ci ha avvicinato alla persona dell’Apostolo delle Nazioni, totalmente donatosi a Cristo e all’opera evangelizzatrice. Il suo zelante ministero e la sua dedizione alla Chiesa siano per noi una sfida a trasformare la nostra vita quotidiana in una coraggiosa testimonianza di Cristo. Che questa nostra testimonianza sia il frutto spirituale di quest’anno. Vi benedico tutti di cuore.]

    Saluto ora i pellegrini di lingua italiana, molti dei quali sono a Roma per la conclusione dell’Anno Paolino. Saluto, in particolare, i fedeli delle parrocchie: S. Maria Assunta in Avio, "Spirito Santo" in Botrugno e Santa Maria di Loreto in Fossano. Saluto il parroco e i fedeli della comunità dell’Annunciazione dell’Eparchia di Latakia-Siria della Chiesa Siro–Maronita, il Vicario Generale e i pellegrini della diocesi di Sapes in Albania, le missionarie e i missionari Identes dell’Istituto di Cristo Redentore. A tutti auguro di trascorrere una buona domenica sotto la speciale protezione dell’apostolo Paolo.

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    00 29/06/2009 01:16
    Omelia di Benedetto XVI per la chiusura dell’Anno Paolino


    ROMA, domenica, 28 giugno 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata da Benedetto XVI nel presiedere questa domenica sera, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, la celebrazione dei Primi Vespri della Solennità dei Santi Pietro e Paolo per la chiusura dell’Anno Paolino.

    * * *

    Signori Cardinali,

    Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

    Illustri membri della Delegazione del Patriarcato ecumenico,

    Cari fratelli e sorelle,

    rivolgo a ciascuno il mio saluto cordiale. In particolare, saluto il Cardinale Arciprete di questa Basilica e i suoi collaboratori, saluto l’Abate e la comunità monastica benedettina; saluto pure la Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. L’anno commemorativo della nascita di san Paolo si conclude stasera. Siamo raccolti presso la tomba dell’Apostolo, il cui sarcofago, conservato sotto l’altare papale, è stato fatto recentemente oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. E’ stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree. Inoltre, piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il I e il II secolo. Ciò sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo. Tutto questo riempie il nostro animo di profonda emozione. Molte persone hanno, durante questi mesi, seguito le vie dell’Apostolo – quelle esteriori e più ancora quelle interiori, che egli ha percorso durante la sua vita: la via di Damasco verso l’incontro con il Risorto; le vie nel mondo mediterraneo, che egli ha attraversato con la fiaccola del Vangelo, incontrando contraddizione e adesione, fino al martirio, per il quale appartiene per sempre alla Chiesa di Roma. Ad essa ha indirizzato anche la sua Lettera più grande ed importante. L’Anno Paolino si conclude, ma essere in cammino insieme con Paolo, con lui e grazie a lui venir a conoscenza di Gesù e, come lui, essere illuminati e trasformati dal Vangelo – questo farà sempre parte dell’esistenza cristiana. E sempre, andando oltre l’ambiente dei credenti, egli rimane il “maestro delle genti”, che vuol portare il messaggio del Risorto a tutti gli uomini, perché Cristo li ha conosciuti ed amati tutti; è morto e risorto per tutti loro. Vogliamo quindi ascoltarlo anche in questa ora in cui iniziamo solennemente la festa dei due Apostoli uniti fra loro da uno stretto legame.

    Fa parte della struttura delle Lettere di Paolo che esse – sempre in riferimento al luogo ed alla situazione particolare – spieghino innanzitutto il mistero di Cristo, ci insegnino la fede. In una seconda parte, segue l’applicazione alla nostra vita: che cosa consegue a questa fede? Come essa plasma la nostra esistenza giorno per giorno? Nella Lettera ai Romani, questa seconda parte comincia con il dodicesimo capitolo, nei primi due versetti del quale l’Apostolo riassume subito il nucleo essenziale dell’esistenza cristiana. Che cosa dice a noi san Paolo in quel passaggio? Innanzitutto afferma, come cosa fondamentale, che con Cristo è iniziato un nuovo modo di venerare Dio – un nuovo culto. Esso consiste nel fatto che l’uomo vivente diventa egli stesso adorazione, “sacrificio” fin nel proprio corpo. Non sono più le cose ad essere offerte a Dio. È la nostra stessa esistenza che deve diventare lode di Dio. Ma come avviene questo? Nel secondo versetto ci vien data la risposta: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio…” (12, 2). Le due parole decisive di questo versetto sono: “trasformare” e “rinnovare”. Dobbiamo diventare uomini nuovi, trasformati in un nuovo modo di esistenza. Il mondo è sempre alla ricerca di novità, perché con ragione è sempre scontento della realtà concreta. Paolo ci dice: il mondo non può essere rinnovato senza uomini nuovi. Solo se ci saranno uomini nuovi, ci sarà anche un mondo nuovo, un mondo rinnovato e migliore. All’inizio sta il rinnovamento dell’uomo. Questo vale poi per ogni singolo. Solo se noi stessi diventiamo nuovi, il mondo diventa nuovo. Ciò significa anche che non basta adattarsi alla situazione attuale. L’Apostolo ci esorta ad un non-conformismo. Nella nostra Lettera si dice: non sottomettersi allo schema dell’epoca attuale. Dovremo tornare su questo punto riflettendo sul secondo testo che stasera voglio meditare con voi. Il “no” dell’Apostolo è chiaro ed anche convincente per chiunque osservi lo “schema” del nostro mondo. Ma diventare nuovi – come lo si può fare? Ne siamo davvero capaci? Con la parola circa il diventare nuovi, Paolo allude alla propria conversione: al suo incontro col Cristo risorto, incontro di cui nella Seconda Lettera ai Corinzi dice: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” (5, 17). Era tanto sconvolgente per lui questo incontro con Cristo che dice al riguardo: “Sono morto” (Gal 2, 19; cfr Rm 6). Egli è diventato nuovo, un altro, perché non vive più per se stesso e in virtù di se stesso, ma per Cristo ed in Lui. Nel corso degli anni, però, ha anche visto che questo processo di rinnovamento e di trasformazione continua per tutta la vita. Diventiamo nuovi, se ci lasciamo afferrare e plasmare dall’Uomo nuovo Gesù Cristo. Egli è l’Uomo nuovo per eccellenza. In Lui la nuova esistenza umana è diventata realtà, e noi possiamo veramente diventare nuovi se ci consegniamo alle sue mani e da Lui ci lasciamo plasmare.

    Paolo rende ancora più chiaro questo processo di “rifusione” dicendo che diventiamo nuovi se trasformiamo il nostro modo di pensare. Ciò che qui è stato tradotto con “modo di pensare”, è il termine greco “nous”. È una parola complessa. Può essere tradotta con “spirito”, “sentimenti”, “ragione” e, appunto, anche con “modo di pensare”. La nostra ragione deve diventare nuova. Questo ci sorprende. Avremmo forse aspettato che riguardasse piuttosto qualche atteggiamento: ciò che nel nostro agire dobbiamo cambiare, un precetto di alterazione. Ma no: il rinnovamento deve andare fino in fondo. Il nostro modo di vedere il mondo, di comprendere la realtà – tutto il nostro pensare deve mutarsi a partire dal suo fondamento. Il pensiero dell’uomo vecchio, il modo di pensare comune è rivolto in genere verso il possesso, il benessere, l’influenza, il successo, la fama e così via. Ma in questo modo ha una portata troppo limitata. Così, in ultima analisi, resta il proprio “io” il centro del mondo. Dobbiamo imparare a pensare in maniera più profonda. Che cosa ciò significhi, lo dice san Paolo nella seconda parte della frase: bisogna imparare a comprendere la volontà di Dio, così che questa plasmi la nostra volontà. Affinché noi stessi vogliamo ciò che vuole Dio, perché riconosciamo che ciò che Dio vuole è il bello e il buono. Si tratta dunque di una svolta nel nostro spirituale orientamento di fondo. Dio deve entrare nell’orizzonte del nostro pensiero: ciò che Egli vuole e il modo secondo cui Egli ha ideato il mondo e me. Dobbiamo imparare a prendere parte al pensare e al volere di Gesù Cristo. È allora che saremo uomini nuovi nei quali emerge un mondo nuovo.

    Lo stesso pensiero di un necessario rinnovamento del nostro essere persona umana, Paolo lo ha illustrato ulteriormente in due brani della Lettera agli Efesini, sui quali pertanto vogliamo ancora riflettere brevemente. Nel quarto capitolo della Lettera l’Apostolo ci dice che con Cristo dobbiamo raggiungere l’età adulta, un’umanità matura. Non possiamo più rimanere “fanciulli in balia delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina…” (4, 14). Paolo desidera che i cristiani abbiano una fede matura, una “fede adulta”. La parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede “fai da te”, quindi. E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una “fede adulta”. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo. Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda. Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio s’esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo. Tuttavia, anche qui Paolo non si ferma alla negazione, ma ci conduce al grande “sì”. Descrive la fede matura, veramente adulta in maniera positiva con l’espressione: “agire secondo verità nella carità” (cfr Ef 4, 15). Il nuovo modo di pensare, donatoci dalla fede, si volge prima di tutto verso la verità. Il potere del male è la menzogna. Il potere della fede, il potere di Dio è la verità. La verità sul mondo e su noi stessi si rende visibile quando guardiamo a Dio. E Dio si rende visibile a noi nel volto di Gesù Cristo. Guardando a Cristo riconosciamo un’ulteriore cosa: verità e carità sono inseparabili. In Dio, ambedue sono inscindibilmente una cosa sola: è proprio questa l’essenza di Dio. Per questo, per i cristiani verità e carità vanno insieme. La carità è la prova della verità. Sempre di nuovo dovremo essere misurati secondo questo criterio, che la verità diventi carità e la carità ci renda veritieri.

    Ancora un altro pensiero importante appare nel versetto di san Paolo. L’Apostolo ci dice che, agendo secondo verità nella carità, noi contribuiamo a far sì che il tutto – l’universo – cresca tendendo a Cristo. Paolo, in base alla sua fede, non s’interessa soltanto della nostra personale rettitudine e non soltanto della crescita della Chiesa. Egli s’interessa dell’universo: ta pánta. Lo scopo ultimo dell’opera di Cristo è l’universo – la trasformazione dell’universo, di tutto il mondo umano, dell’intera creazione. Chi insieme con Cristo serve la verità nella carità, contribuisce al vero progresso del mondo. Sì, è qui del tutto chiaro che Paolo conosce l’idea di progresso. Cristo, il suo vivere, soffrire e risorgere è stato il vero grande salto del progresso per l’umanità, per il mondo. Ora, però, l’universo deve crescere in vista di Lui. Dove aumenta la presenza di Cristo, là c’è il vero progresso del mondo. Là l’uomo diventa nuovo e così diventa nuovo il mondo.

    La stessa cosa Paolo ci rende evidente ancora a partire da un’altra angolatura. Nel terzo capitolo della Lettera agli Efesini egli ci parla della necessità di essere “rafforzati nell’uomo interiore” (3, 16). Con ciò riprende un argomento che prima, in una situazione di tribolazione, aveva trattato nella Seconda Lettera ai Corinzi: “Se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno” (4, 16). L’uomo interiore deve rafforzarsi – è un imperativo molto appropriato per il nostro tempo in cui gli uomini così spesso restano interiormente vuoti e pertanto devono aggrapparsi a promesse e narcotici, che poi hanno come conseguenza un ulteriore crescita del senso di vuoto nel loro intimo. Il vuoto interiore – la debolezza dell’uomo interiore – è uno dei grandi problemi del nostro tempo. Deve essere rafforzata l’interiorità – la percettività del cuore; la capacità di vedere e comprendere il mondo e l’uomo dal di dentro, con il cuore. Noi abbiamo bisogno di una ragione illuminata dal cuore, per imparare ad agire secondo la verità nella carità. Questo, tuttavia, non si realizza senza un intimo rapporto con Dio, senza la vita di preghiera. Abbiamo bisogno dell’incontro con Dio, che ci vien dato nei Sacramenti. E non possiamo parlare a Dio nella preghiera, se non lasciamo che parli prima Egli stesso, se non lo ascoltiamo nella parola, che ci ha donato. Paolo, al riguardo, ci dice: “Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza” (Ef 3, 17ss). L’amore vede più lontano della semplice ragione, è ciò che Paolo ci dice con queste parole. E ci dice ancora che solo nella comunione con tutti i santi, cioè nella grande comunità di tutti i credenti – e non contro o senza di essa – possiamo conoscere la vastità del mistero di Cristo. Questa vastità, egli la circoscrive con parole che vogliono esprimere le dimensioni del cosmo: ampiezza, lunghezza, altezza e profondità. Il mistero di Cristo ha una vastità cosmica: Egli non appartiene soltanto ad un determinato gruppo. Il Cristo crocifisso abbraccia l’intero universo in tutte le sue dimensioni. Egli prende il mondo nelle sue mani e lo porta in alto verso Dio. A cominciare da sant’ Ireneo di Lione – dunque fin dal II secolo – i Padri hanno visto in questa parola dell’ampiezza, lunghezza, altezza e profondità dell’amore di Cristo un’allusione alla Croce. L’amore di Cristo ha abbracciato nella Croce la profondità più bassa – la notte della morte, e l’altezza suprema – l’elevatezza di Dio stesso. E ha preso tra le sue braccia l’ampiezza e la vastità dell’umanità e del mondo in tutte le loro distanze. Sempre Egli abbraccia l’universo – tutti noi.

    Preghiamo il Signore, affinché ci aiuti a riconoscere qualcosa della vastità del suo amore. PreghiamoLo, affinché il suo amore e la sua verità tocchino il nostro cuore. Chiediamo che Cristo abiti nei nostri cuori e ci renda uomini nuovi, che agiscono secondo verità nella carità. Amen !

    [© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana. Con aggiunte a braccio a cura di ZENIT]

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    00 29/06/2009 16:55
    CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

    Alle ore 9.30 di oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Concelebrazione dell’Eucaristia con 34 Arcivescovi Metropoliti ai quali, nel corso del Sacro Rito, impone i Palli presi dalla Confessione di San Pietro.

    Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, è presente alla Santa Messa una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, composta da: Sua Eminenza Emmanuel, Metropolita di Francia, Direttore dell’Ufficio della Chiesa Ortodossa presso l’Unione Europea, Sua Eccellenza Athenagoras, Vescovo di Sinope, Assistente del Metropolita del Belgio, Rev.do Diacono Ioakim Billis, della Sede patriarcale del Fanar.

    Dopo la lettura del Vangelo e prima del Rito di benedizione e imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti, il Papa tiene l’omelia. Ne riportiamo di seguito il testo:


    OMELIA DEL SANTO PADRE

    Signori Cardinali,

    Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

    Cari fratelli e sorelle!

    A tutti rivolgo il mio saluto cordiale con le parole dell’Apostolo accanto alla cui tomba ci troviamo: "A voi grazia e pace in abbondanza" (1 Pt 1,2). Saluto, in particolare, i Membri della Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i numerosi Metropoliti che oggi ricevono il Pallio. Nella colletta di questa giornata solenne chiediamo al Signore "che la Chiesa segua sempre l’insegnamento degli Apostoli dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede". La richiesta che rivolgiamo a Dio interpella al contempo noi stessi: seguiamo noi l’insegnamento dei grandi Apostoli fondatori? Li conosciamo veramente? Nell’Anno Paolino che si è ieri concluso abbiamo cercato di ascoltare in modo nuovo lui, il "maestro delle genti", e di apprendere così nuovamente l’alfabeto della fede. Abbiamo cercato di riconoscere con Paolo e mediante Paolo il Cristo e di trovare così la via per la retta vita cristiana. Nel Canone del Nuovo Testamento, oltre alle Lettere di san Paolo, ci sono anche due Lettere sotto il nome di san Pietro. La prima di esse si conclude esplicitamente con un saluto da Roma, che però appare sotto l’apocalittico nome di copertura di Babilonia: "Vi saluta la co-eletta che vive in Babilonia…" (5,13). Chiamando la Chiesa di Roma la "co-eletta", la colloca nella grande comunità di tutte le Chiese locali – nella comunità di tutti coloro che Dio ha adunato, affinché nella "Babilonia" del tempo di questo mondo costruiscano il suo Popolo e facciano entrare Dio nella storia. La Prima Lettera di san Pietro è un saluto rivolto da Roma all’intera cristianità di tutti i tempi. Essa ci invita ad ascoltare "l’insegnamento degli Apostoli", che ci indica la via verso la vita.

    Questa Lettera è un testo ricchissimo, che proviene dal cuore e tocca il cuore. Il suo centro è – come potrebbe essere diversamente? – la figura di Cristo, che viene illustrato come Colui che soffre e che ama, come Crocifisso e Risorto: "Insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta … Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1 Pt 2,23s). Partendo dal centro che è Cristo, la Lettera costituisce poi anche un’introduzione ai fondamentali Sacramenti cristiani del Battesimo e dell’Eucaristia e un discorso rivolto ai sacerdoti, nel quale Pietro si qualifica come co-presbitero con loro. Egli parla ai Pastori di tutte le generazioni come colui che personalmente è stato incaricato dal Signore di pascere le sue pecorelle e così ha ricevuto in modo particolare un mandato sacerdotale. Che cosa, dunque, ci dice san Pietro – proprio nell’Anno sacerdotale – circa il compito del sacerdote? Innanzitutto, egli comprende il ministero sacerdotale totalmente a partire da Cristo. Chiama Cristo il "pastore e custode delle … anime" (2,25). Dove la traduzione italiana parla di "custode", il testo greco ha la parola epíscopos (vescovo). Un po’ più avanti, Cristo viene qualificato come il Pastore supremo: archipoímen (5,4). Sorprende che Pietro chiami Cristo stesso vescovo – vescovo delle anime. Che cosa intende dire con ciò? Nella parola greca è contenuto il verbo "vedere"; per questo è stata tradotta con "custode" ossia "sorvegliante". Ma certamente non s’intende una sorveglianza esterna, come s’addice forse ad una guardia carceraria. S’intende piuttosto un vedere dall’alto – un vedere a partire dall’elevatezza di Dio. Un vedere nella prospettiva di Dio è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso. Cristo è il "vescovo delle anime", ci dice Pietro. Ciò significa: Egli ci vede nella prospettiva di Dio. Guardando a partire da Dio, si ha una visione d’insieme, si vedono i pericoli come anche le speranze e le possibilità. Nella prospettiva di Dio si vede l’essenza, si vede l’uomo interiore. Se Cristo è il vescovo delle anime, l’obiettivo è quello di evitare che l’anima nell’uomo s’immiserisca, è di far sì che l’uomo non perda la sua essenza, la capacità per la verità e per l’amore. Far sì che egli venga a conoscere Dio; che non si smarrisca in vicoli ciechi; che non si perda nell’isolamento, ma rimanga aperto per l’insieme. Gesù, il "vescovo delle anime", è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale. Essere vescovo, essere sacerdote significa in questa prospettiva: assumere la posizione di Cristo. Pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata. A partire da Lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita.

    Così la parola "vescovo" s’avvicina molto al termine "pastore", anzi, i due concetti diventano interscambiabili. È compito del pastore pascolare e custodire il gregge e condurlo ai pascoli giusti. Pascolare il gregge vuol dire aver cura che le pecore trovino il nutrimento giusto, sia saziata la loro fame e spenta la loro sete. Fuori di metafora, questo significa: la parola di Dio è il nutrimento di cui l’uomo ha bisogno. Rendere sempre di nuovo presente la parola di Dio e dare così nutrimento agli uomini è il compito del retto Pastore. Ed egli deve anche saper resistere ai nemici, ai lupi. Deve precedere, indicare la via, conservare l’unità del gregge. Pietro, nel suo discorso ai presbiteri, evidenzia ancora una cosa molto importante. Non basta parlare. I Pastori devono farsi "modelli del gregge" (5,3). La parola di Dio viene portata dal passato nel presente, quando è vissuta. È meraviglioso vedere come nei santi la parola di Dio diventi una parola rivolta al nostro tempo. In figure come Francesco e poi di nuovo come Padre Pio e molti altri, Cristo è diventato veramente contemporaneo della loro generazione, è uscito dal passato ed entrato nel presente. Questo significa essere pastore – modello del gregge: vivere la Parola ora, nella grande comunità della santa Chiesa.

    Molto brevemente vorrei ancora richiamare l’attenzione su due altre affermazioni della Prima Lettera di san Pietro, che riguardano in modo speciale noi, in questo nostro tempo. C’è innanzitutto la frase oggi nuovamente scoperta, in base alla quale i teologi medievali compresero il loro compito: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (3,15). La fede cristiana è speranza. Apre la via verso il futuro. Ed è una speranza che possiede ragionevolezza; una speranza la cui ragione possiamo e dobbiamo esporre. La fede proviene dalla Ragione eterna che è entrata nel nostro mondo e ci ha mostrato il vero Dio. Va al di là della capacità propria della nostra ragione, così come l’amore vede più della semplice intelligenza. Ma la fede parla alla ragione e nel confronto dialettico può tener testa alla ragione. Non la contraddice, ma va di pari passo con essa e, al contempo, conduce al di là di essa – introduce nella Ragione più grande di Dio. Come Pastori del nostro tempo abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione della fede. Il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione, ma di riconoscerla come risposta alle nostre domande. La fede esige la nostra partecipazione razionale, che si approfondisce e si purifica in una condivisione d’amore. Fa parte dei nostri doveri come Pastori di penetrare la fede col pensiero per essere in grado di mostrare la ragione della nostra speranza nella disputa del nostro tempo. Tuttavia – il pensare, da solo, non basta. Così come parlare, da solo, non basta. Nella sua catechesi battesimale ed eucaristica nel secondo capitolo della sua Lettera, Pietro allude al Salmo usato nella Chiesa primitiva nel contesto della comunione, e cioè al versetto che dice: "Gustate e vedete com’è buono il Signore" (Ps 34 [33], 9; 1 Pt 2,3). Solo il gustare conduce al vedere. Pensiamo ai discepoli di Emmaus: solo nella comunione conviviale con Gesù, solo nella frazione del pane si aprono i loro occhi. Solo nella comunione col Signore veramente sperimentata essi diventano vedenti. Ciò vale per tutti noi: al di là del pensare e del parlare, abbiamo bisogno dell’esperienza della fede; del rapporto vitale con Gesù Cristo. La fede non deve rimanere teoria: deve essere vita. Se nel Sacramento incontriamo il Signore; se nella preghiera parliamo con Lui; se nelle decisioni del quotidiano aderiamo a Cristo – allora "vediamo" sempre di più quanto Egli è buono. Allora sperimentiamo che è cosa buona stare con Lui. Da una tale certezza vissuta deriva poi la capacità di comunicare la fede agli altri in modo credibile. Il Curato d’Ars non era un grande pensatore. Ma egli "gustava" il Signore. Viveva con Lui fin nelle minuzie del quotidiano oltre che nelle grandi esigenze del ministero pastorale. In questo modo divenne "uno che vede". Aveva gustato, e per questo sapeva che il Signore è buono. Preghiamo il Signore, affinché ci doni questo gustare e possiamo così diventare testimoni credibili della speranza che è in noi.

    Alla fine vorrei far notare ancora una piccola, ma importante parola di san Pietro. Subito all’inizio della Lettera egli ci dice che la mèta della nostra fede è la salvezza delle anime (cfr 1,9). Nel mondo del linguaggio e del pensiero dell’attuale cristianità questa è un’affermazione strana, per alcuni forse addirittura scandalosa. La parola "anima" è caduta in discredito. Si dice che questo porterebbe ad una divisione dell’uomo in spirito e fisico, in anima e corpo, mentre in realtà egli sarebbe un’unità indivisibile. Inoltre "la salvezza delle anime" come mèta della fede sembra indicare un cristianesimo individualistico, una perdita di responsabilità per il mondo nel suo insieme, nella sua corporeità e nella sua materialità. Ma di tutto questo non si trova nulla nella Lettera di san Pietro. Lo zelo per la testimonianza in favore della speranza, la responsabilità per gli altri caratterizzano l’intero testo. Per comprendere la parola sulla salvezza delle anime come mèta della fede dobbiamo partire da un altro lato. Resta vero che l’incuria per le anime, l’immiserirsi dell’uomo interiore non distrugge soltanto il singolo, ma minaccia il destino dell’umanità nel suo insieme. Senza risanamento delle anime, senza risanamento dell’uomo dal di dentro, non può esserci una salvezza per l’umanità. La vera malattia delle anime, san Pietro la qualifica come ignoranza – cioè come non conoscenza di Dio. Chi non conosce Dio, chi almeno non lo cerca sinceramente, resta fuori della vera vita (cfr 1 Pt 1,14). Ancora un’altra parola della Lettera può esserci utile per capire meglio la formula "salvezza delle anime": "Purificate le vostre anime con l’obbedienza alla verità" (cfr 1,22). È l’obbedienza alla verità che rende pura l’anima. Ed è il convivere con la menzogna che la inquina. L’obbedienza alla verità comincia con le piccole verità del quotidiano, che spesso possono essere faticose e dolorose. Questa obbedienza si estende poi fino all’obbedienza senza riserve di fronte alla Verità stessa che è Cristo. Tale obbedienza ci rende non solo puri, ma soprattutto anche liberi per il servizio a Cristo e così alla salvezza del mondo, che pur sempre prende inizio dalla purificazione obbediente della propria anima mediante la verità. Possiamo indicare la via verso la verità solo se noi stessi – in obbedienza e pazienza – ci lasciamo purificare dalla verità.

    E ora mi rivolgo a voi, cari Confratelli nell’episcopato, che in quest’ora riceverete dalla mia mano il pallio. È stato intessuto con la lana di agnelli che il Papa ha benedetto nella festa di sant’Agnese. In questo modo esso ricorda gli agnelli e le pecore di Cristo, che il Signore risorto ha affidato a Pietro con il compito di pascerli (cfr Gv 21,15-18). Ricorda il gregge di Gesù Cristo, che voi, cari Fratelli, dovete pascere in comunione con Pietro. Ci ricorda Cristo stesso, che come Buon Pastore ha preso sulle sue spalle la pecorella smarrita, l’umanità, per riportarla a casa. Ci ricorda il fatto che Egli, il Pastore supremo, ha voluto farsi Lui stesso Agnello, per farsi carico dal di dentro del destino di tutti noi; per portarci e risanarci dall’interno. Vogliamo pregare il Signore, affinché ci doni di essere sulle sue orme Pastori giusti, "non perché costretti, ma volentieri, come piace a Dio … con animo generoso … modelli del gregge" (1 Pt 5,2s). Amen.







    LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


    Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con la partecipazione di una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e con l’imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti, il Papa guida la recita dell’Angelus con i fedeli presenti in San Pietro e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

    Queste le parole del Santo Padre Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera mariana:


    PRIMA DELL’ANGELUS

    Cari fratelli e sorelle!

    Quest’oggi, celebriamo solennemente i santi Apostoli Pietro e Paolo, speciali Patroni della Chiesa di Roma: Pietro, il pescatore di Galilea, che "per primo confessò la fede nel Cristo… e costituì la prima comunità con i giusti di Israele"; Paolo, l’antico persecutore dei cristiani, "che illuminò le profondità del mistero… il maestro e dottore, che annunziò la salvezza a tutte le genti" (cfr Prefazio della Messa di oggi). In una sua omelia alla comunità di Roma, il Papa San Leone Magno affermava: "Questi sono i tuoi Padri e veri Pastori, che ti hanno fondata perché fossi inserita nel regno celeste" (Sermo I in Nat. App Petri et Pauli, c I, PL 54,422). In occasione di questa festa vorrei rivolgere un caloroso e speciale saluto, unito a fervidi voti augurali, alla Comunità diocesana di Roma che la Provvidenza divina ha affidato alle mie cure, quale successore dell’apostolo Pietro. È un saluto che estendo volentieri a tutti gli abitanti della nostra metropoli e ai pellegrini e turisti che in questi giorni la stanno visitando, in coincidenza anche con la chiusura dell’Anno Paolino.

    Cari fratelli e sorelle, il Signore vi benedica e protegga per intercessione dei Santi Pietro e Paolo! Come vostro Pastore, vi esorto a restare fedeli alla vocazione cristiana e a non conformarvi alla mentalità di questo mondo – come scriveva l’Apostolo delle genti proprio ai cristiani di Roma -, ma a lasciarvi sempre trasformare e rinnovare dal Vangelo, per seguire ciò che è veramente buono e gradito a Dio (cfr Rm 12,2). Per questo prego costantemente affinché Roma mantenga viva la sua vocazione cristiana non solo conservando inalterato il suo immenso patrimonio spirituale e culturale, ma anche perché i suoi abitanti possano tradurre la bellezza della fede ricevuta in modi concreti di pensare e di agire, ed offrano così a quanti, per varie ragioni vengono in questa Città, un’atmosfera carica di umanità e di valori evangelici. Pertanto – con la parole di san Pietro – vi invito, cari fratelli e sorelle discepoli di Cristo, ad essere "pietre vive", compatte intorno a Lui, che è la "pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio" (cfr 1 Pt 2,4).

    L’odierna solennità riveste anche un carattere universale: esprime l’unità e la cattolicità della Chiesa. Ecco perché ogni anno, in questa data, vengono a Roma i nuovi Arcivescovi Metropoliti a ricevere il Pallio, simbolo di comunione con il Successore di Pietro. Rinnovo pertanto il mio saluto ai Fratelli nell’Episcopato per i quali ho compiuto questa mattina in Basilica tale gesto ed ai fedeli che li hanno accompagnati. Saluto altresì con viva cordialità la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che, come ogni anno, è giunta a Roma per la celebrazione dei Santi Pietro e Paolo. La comune venerazione di questi Martiri sia pegno di comunione sempre più piena e sentita fra i cristiani di ogni parte del mondo. Invochiamo per questo la materna intercessione di Maria, Madre dell’unica Chiesa di Cristo, con la consueta recita dell’Angelus.



    DOPO L’ANGELUS

    È ormai prossima la pubblicazione della mia terza Enciclica, che ha per titolo Caritas in veritate. Riprendendo le tematiche sociali contenute nella Populorum progressio, scritta dal Servo di Dio Paolo VI nel 1967, questo documento - che porta la data proprio di oggi, 29 giugno, solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo - intende approfondire alcuni aspetti dello sviluppo integrale nella nostra epoca, alla luce della carità nella verità. Affido alla vostra preghiera questo ulteriore contributo che la Chiesa offre all’umanità nel suo impegno per un progresso sostenibile, nel pieno rispetto della dignità umana e delle reali esigenze di tutti.

    En ce jour de la fête des saints Apôtres Pierre et Paul, je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones présents pour la prière de l’Angélus. Ce matin j’ai eu la joie d’imposer le pallium aux nouveaux archevêques métropolitains, signe de leur lien particulier de communion avec le Successeur de Pierre. Que l’intercession des Apôtres Pierre et Paul nous obtienne à tous de grandir dans cette communion et de demeurer fidèles à l’Évangile au service duquel ils ont travaillé, chacun selon la grâce reçue, pour rassembler l’unique famille du Christ. Avec ma Bénédiction apostolique.

    I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus, including the new Metropolitan Archbishops who have received the pallium, accompanied by their relatives and friends. I also extend a warm welcome to the Delegation of the Patriarch of Constantinople, present for this joyous celebration. May the Apostles Peter and Paul inspire all Christians, and especially our new Archbishops, to continue to bear clear and generous witnesses to the Gospel. God bless you all!

    Zum Hochfest der Apostel Petrus und Paulus, der Stadtpatrone Roms, heiße ich mit Freude die deutschsprachigen Pilger und Besucher hier auf dem Petersplatz willkommen. Die concordia Apostolorum, die gemeinsame Darstellung und Verehrung von Petrus und Paulus, dieser so verschiedenen Jünger Jesu, ist seit frühester Zeit in Rom bekannt. Sie zeigt uns, daß es bei den Heiligen nicht auf Herkunft und Bildung ankommt, ob sie einfache Fischer oder weltgewandte Bürger sind, sondern daß sie Martyrer, das heißt Zeugen, werden, die ihre Kräfte und Fähigkeiten, ja ihr Leben für die Wahrheit und Liebe Gottes hinzugeben bereit sind. Der Heilige Geist gebe auch euch Kraft und Weisheit, um Gottes Liebe den Menschen zu bezeugen. Der Herr segne euch alle!

    Saludo cordialmente a los fieles de lengua española, en particular a los arzobispos que hoy han recibido el palio, a sus familiares, así como a los sacerdotes y fieles diocesanos que les acompañan. Queridos hermanos, contemplando el ejemplo de los apóstoles San Pedro y San Pablo, que dieron su vida por Cristo aquí en Roma, os animo a ofrecer en vuestro ambiente el testimonio, lleno de alegría y fidelidad, de vuestra fe y amor al Señor. Que Dios os bendiga.

    Uma saudação afetuosa para os Arcebispos do Brasil que acabaram de receber o pálio, e também para os familiares e amigos que os acompanham: A Virgem Maria – modelo de escuta e adesão fiel à vontade de Deus – vos tome pela mão e acompanhe o vosso empenho pela unidade da Igreja.

    Moje serdeczne pozdrowienie i wyrazy duchowej łączności kieruję do pielgrzymów polskich, a szczególnie do tych, którzy towarzyszą nowym Metropolitom: Arcybiskupowi Andrzejowi Dziędze ze Szczecina i mojemu byłemu Sekretarzowi, Arcybiskupowi Mieczysławowi Mokrzyckiemu ze Lwowa, którzy dzisiaj otrzymują paliusz. Zawierzając was wszystkich wstawiennictwu świętych Apostołów Piotra i Pawła, z serca wam błogosławię.

    [Rivolgo il mio cordiale saluto e l’espressione della mia vicinanza spirituale ai pellegrini polacchi e, in particolare, a tutti coloro che accompagnano i nuovi Metropoliti: l’Arcivescovo Andrzej Dzięga di Szczecin e l’Arcivescovo Mieczysław Mokrzycki di Lwów, i quali oggi hanno ricevuto il pallio. Raccomando voi tutti alla intercessione dei santi Apostoli Pietro e Paolo e vi benedico di cuore.]

    Saluto infine gli Arcivescovi Metropoliti e i pellegrini italiani che li accompagnano. Saluto poi il gruppo ciclistico Giuseppe Caprio di Montefiascone. A tutti auguro una buona festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo.

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    00 30/06/2009 16:09
    LE UDIENZE

    Il Santo Padre Benedetto XVI riceve questa mattina in Udienza:

    Arcivescovi Metropoliti che hanno ricevuto il Pallio il 29 giugno, con i Familiari e i Fedeli convenuti per l’occasione.



    RINUNCE E NOMINE



    RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI MASERU (LESOTHO) E NOMINA DEL SUCCESSORE

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Maseru (Lesotho), presentata da S.E. Mons. Bernard Mohlalisi, O.M.I., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Maseru (Lesotho) il Rev.do P. Gerard Tlali Lerotholi, O.M.I., Professore all’Università nazionale del Lesotho e al Seminario St. Augustine’s.

    Rev.do P. Gerard Tlali Lerotholi, O.M.I.

    Il Rev.do P. Gerard Tlali Lerotholi, O.M.I., è nato il 12 febbraio 1954 nella missione di St. James (Diocesi di Qacha’s Nek). Appartiene alla stirpe reale del Paese. È entrato nel Noviziato dei Missionari Oblati di Maria Immacolata a Quthing nel 1975. Ha studiato Filosofia al Seminario Maggiore St. Augustine’s, Roma (Maseru) e Teologia a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana. Ha successivamente completato la Licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico. Ha emesso i voti perpetui nel 1981 ed è stato ordinato sacerdote nel 1982.

    Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto i seguenti incarichi: 1982-1987: Professore al Seminario Maggiore St. Augustine’s, Roma (Maseru); 1987-1995: Studi per il Dottorato in Sacra Teologia presso l’Università St. Paul, Ottawa, Canada; 1995-1999: Assistente in una Casa di Formazione O.M.I. in Canada; dal 1999: Professore all’Università nazionale del Lesotho, membro del Consiglio Superiore dell’Università; Superiore del Pius XII College House; Professore al Seminario St. Augustine’s, Cappellano cattolico dell’Università nazionale.



    RINUNCIA DEL VESCOVO DI LERIBE (LESOTHO) E NOMINA DEL SUCCESSORE

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Leribe (Lesotho), presentata da S.E. Mons. Paul Khoarai, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Papa ha nominato Vescovo di Leribe (Lesotho) il Rev.do P. Augustinus Tumaole Bane, O.M.I., Superiore del "Mater Jesu Scholasticate, Roma (Maseru)".

    Rev.do P. Augustinus Tumaole Bane, O.M.I.

    Il Rev.do P. Augustinus Tumaole Bane, O.M.I., è nato il 14 agosto 1947 a Motsistseng, Mokhotlong (Diocesi di Qacha’s Nek). È cittadino del Lesotho. È entrato nel noviziato dei Missionari Oblati di Maria Immacolata a Quthing, Roma (Maseru), il 6 gennaio 1970. Ha emesso i primi voti il 6 gennaio 1971. Ha completato gli studi scolastici presso il Mater Jesu Scholasticate, Roma (Maseru). È stato ordinato sacerdote il 23 gennaio 1977.

    Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti ministeri: 1997-1978: Assistente parrocchiale nelle missioni di Mamohau e Lagheto a Leribe; 1978-1984: Parroco a Sekake, a Qacha’s Nek; 1984-1987: Parroco a Aurey e Montmarte, Maseru; 1988-1990: Vicario Provinciale degli O.M.I.; 1990-1993: Parroco a St. James Mission, Mokhotlong, Qacha’s Nek; 1993-1994: anno sabbatico presso Gonzaga University, Washington State, Stati Uniti; 1995-1999: Superiore del Mater Jesu Scholasticate, Roma (Maseru); 1999-2003: nuovamente Superiore Provinciale degli O.M.I. in Lesotho; dal 2004: nuovamente Superiore del Mater Jesu Scholasticate, Roma (Maseru).

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    00 30/06/2009 16:10
    UDIENZA AGLI ARCIVESCOVI METROPOLITI CHE HANNO RICEVUTO IL PALLIO NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

    Alle 12 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza gli Arcivescovi Metropoliti ai quali ieri, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, ha imposto il Pallio.

    Ai Presuli, accompagnati dai familiari e dai fedeli delle rispettive diocesi, il Papa rivolge il discorso che pubblichiamo di seguito:


    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    Cari Fratelli nell’Episcopato,

    cari fratelli e sorelle,

    dopo le celebrazioni della solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, è per me un vero piacere incontrare, in udienza speciale, tutti voi, Arcivescovi Metropoliti che ieri nella Basilica Vaticana avete ricevuto il Pallio ed accogliere anche i vostri familiari ed amici che vi accompagnano. Si prolunga così la gioia della comunione vissuta nella festa dei due grandi Apostoli, in cui ho potuto imporvi il Pallio, simbolo dell’unità che lega i Pastori delle Chiese particolari al Successore di Pietro, Vescovo di Roma. Rivolgo il mio cordiale benvenuto a ciascuno di voi, che provenite da ogni continente, mostrando in modo significativo il volto della Chiesa cattolica diffusa in tutta la terra.

    Mi rivolgo innanzitutto a voi, amati Pastori della Chiesa che è in Italia. Saluto Monsignor Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, Monsignor Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Siracusa e Monsignor Domenico Umberto D’Ambrosio, Arcivescovo di Lecce. Siamo all’inizio dell’Anno Sacerdotale: sia pertanto vostra cura essere pastori esemplari, zelanti e ricchi di amore per il Signore e per le vostre comunità. Potrete così guidare e sostenere saldamente i sacerdoti, vostri primi collaboratori nel ministero pastorale, e cooperare in modo efficace alla diffusione del Regno di Dio nell’amata terra d’Italia.

    Je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones venus accompagner les nouveaux Archevêques métropolitains à qui j’ai eu la joie de remettre le pallium. Je voudrais d’abord saluer Monseigneur Ghaleb Moussa Abdalla Bader, Archevêque d’Alger (Algérie), Monseigneur Pierre-André Fournier, Archevêque de Rimouski (Canada), Monseigneur Joseph Aké Yapo, Archevêque de Gagnoa (Côte d’Ivoire), Monseigneur Marcel Utembi Tapa, Archevêque de Kisangani (République démocratique du Congo), et Monseigneur Philippe Ouédraogo, Archevêque de Ouagadougou (Burkina Faso). J’adresse aussi mes salutations chaleureuses aux Évêques, aux prêtres et aux fidèles de vos pays, les assurant de ma prière fervente. Le pallium est un signe de communion particulière avec le Successeur de Pierre. Que ce signe soit aussi pour les prêtres et les fidèles de vos diocèses un appel à consolider toujours plus une authentique communion avec leurs Pasteurs et entre tous les membres de l’Église.

    I extend warm greetings to the English-speaking Metropolitan Archbishops upon whom I conferred the Pallium yesterday: Archbishop Paul Mandale Khumalo of Pretoria (South Africa); Archbishop J. Michael Miller of Vancouver (Canada); Archbishop Allen Henry Vigneron of Detroit (USA); Archbishop Anicetus Bongsu Antonius Sinaga of Medan (Indonesia); Archbishop Philip Naameh of Tamale (Ghana); Archbishop Timothy Michael Dolan of New York (USA); Archbishop Vincent Gerard Nichols of Westminster (UK); Archbishop Robert James Carlson of Saint Louis (USA); Archbishop Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij of Bangkok (Thailand); Archbishop George Joseph Lucas of Omaha (USA); Archbishop Gregory Michael Aymond of New Orleans (USA) and Archbishop Patebendige Don Albert Malcom Ranjith of Colombo (Sri Lanka). I also welcome their family members, their relatives, friends and the faithful of their respective Archdioceses who have come to Rome to pray with them and to share their joy on this happy occasion. The Pallium is received from the hands of the Successor of Peter and worn by the Archbishops as a sign of communion in faith and love and in the governance of God’s People. It also recalls to Pastors their responsibilities as shepherds after the heart of Jesus. To all of you I affectionately impart my Apostolic Blessing as a pledge of peace and joy in the Lord.

    Saludo cordialmente a los Arzobispos metropolitanos de lengua española venidos a Roma para la solemne ceremonia de la imposición del palio: Domingo Díaz Martínez, de Tulancingo; Manuel Felipe Díaz Sánchez, de Calabozo; José Luis Escobar Alas, de San Salvador; Carlos Osoro Sierra, de Valencia; Víctor Sánchez Espinosa, de Puebla de los Ángeles; Carlos Aguiar Retes, de Tlalnepantla; Ismael Rueda Sierra, de Bucaramanga, y Braulio Rodríguez Plaza, de Toledo, así como a los familiares, amigos, sacerdotes y fieles de sus respectivas Iglesias particulares, que los acompañan. Queridos hermanos en el Episcopado, que las cruces de seda negra que el palio lleva bordadas, os recuerden que debéis configuraros cada día más con Jesucristo. Siguiendo sus huellas de Buen Pastor, sed siempre signos de unidad en medio de vuestros fieles, afianzando vuestros lazos de comunión con el Sucesor de Pedro, con vuestros Obispos sufragáneos y con todos los que colaboran en vuestra misión evangelizadora. En este Año Sacerdotal apenas iniciado, llevad muy dentro de vuestro corazón a vuestros presbíteros, quienes esperan de vosotros un trato afable, como padres y hermanos que los acogen, escuchan y se preocupan de ellos. Bajo el amparo de María Santísima, Reina de los Apóstoles, que es tan venerada en las tierras de las que procedéis, México, Venezuela, El Salvador, Colombia y España, pongo vuestras personas y vuestras comunidades diocesanas.

    Acolho com alegria os familiares e amigos dos novos Arcebispos Metropolitas do Brasil, que vieram acompanhá-los na recepção do pálio, sinal de profunda comunhão com o Sucessor de Pedro. Nesta comunhão dirijo uma particular saudação a Dom Sérgio da Rocha, de Teresina; Dom maurício Grotto de Camargo, de Botucatu; Dom Gil Antônio Moreira, de Juiz de Fora; e Dom Orani João Tempesta, de São Sebastião do Rio de Janeiro. Transmiti as minhas saudações aos presbíteros e a todos os fiéis das vossas arquidioceses, para que unidos na mesma fé de Pedro possam contribuir para a evangelização da sociedade. Como penhor de alegria e de paz no Senhor, a todos concedo a minha Bênção.

    Вітаю Тебе, Преосвященний Мечиславе Мокшицький, Архиєпископе Львівський латинського обряду, і всіх тих, які Тебе супроводжують у цю мить живої церковної спільності. Ще раз дякую Тобі за Твоє служіння для Церкви, як мій співробітник, а перед тим – мого достойного попередника Івана Павла ІІ. Нехай Господній Дух супроводжує Тебе у пастирському служінні для добра вірних, довірених Твоєму дбанню, яким передаю щирі вітання.

    [Saluto Lei, Monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, Arcivescovo di Lviv dei Latini, e quanti la circondano in questo momento di viva comunione ecclesiale. Ancora una volta, Le sono grato per il servizio che ha reso alla Chiesa, quale collaboratore mio, e, prima, del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II. Lo Spirito del Signore La accompagni nel ministero pastorale a favore dei fedeli affidati alle Sue cure, ai quali invio un cordiale saluto.]

    Witam serdecznie obecnych tu Polaków. Pozdrawiam szczególnie nowego Metropolitę Szczecińsko-Kamieńskiego, Arcybiskupa Andrzeja Dzięgę, który wczoraj otrzymał paliusz i wiernych tej Metropolii. Niech ten paliusz w Roku Kapłańskim będzie także dla wszystkich kapłanów symbolem i zachętą do budowania jedności z własnym biskupem, między sobą oraz wśród wiernych. Upraszając dla wszystkich dary Bożej miłości z serca wam błogosławię. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

    [Saluto cordialmente i polacchi qui presenti. In particolare saluto il nuovo Metropolita di Szczecin-Kamień, Arcivescovo Andrzej Dzięga il quale ieri ha ricevuto il pallio e i fedeli provenienti da questa Metropoli. Nell’anno Sacerdotale il pallio sia anche per i presbiteri un simbolo e una sfida per costruire la comunione con il proprio vescovo, tra loro e anche con i fedeli. Implorando per voi tutti i doni della Divina carità, di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo.]

    Cari fratelli e sorelle, l’odierna memoria dei Protomartiri di Roma sia stimolo per ognuno di voi a un amore sempre più intenso verso Gesù Cristo e la sua Chiesa. Vi accompagni la materna assistenza di Maria, Madre della Chiesa, dei santi Apostoli Pietro e Paolo e di san Giovanni Maria Vianney. A tutti e a ciascuno la mia benedizione.

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    00 30/06/2009 16:11
    TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LE VITTIME DELL’INCIDENTE PRESSO LA STAZIONE DI VIAREGGIO (ITALIA)

    Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per le vittime dell’incidente avvenuto questa notte presso la stazione di Viareggio (Italia), inviato dal Santo Padre Benedetto XVI all’Arcivescovo di Lucca tramite il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone:


    TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

    A SUA ECC.ZA REV.MA MONS. BENVENUTO ITALO CASTELLANI

    ARCIVESCOVO

    VIA ARCIVESCOVATO 45

    55100 LUCCA

    APPRESA NOTIZIA GRAVE INCIDENTE PRESSO STAZIONE DI VIAREGGIO SOMMO PONTEFICE ESPRIME PROFONDA PARTECIPAZIONE AT DOLORE CHE COLPISCE INTERA CITTÀ ET MENTRE ASSICURA FERVIDE PREGHIERE DI SUFFRAGIO PER QUANTI SONO TRAGICAMENTE MORTI INVOCA DAL SIGNORE PRONTA GUARIGIONE PER FERITI ET AFFIDANDO AT MATERNA PROTEZIONE VERGINE SANTA QUANTI SONO COLPITI DA DRAMMATICO EVENTO INVIA SPECIALE CONFORTATRICE BENEDIZIONE APOSTOLICA

    CARDINALE TARCISIO BERTONE

    SEGRETARIO DI STATO DI SUA SANTITÀ





    TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LE VITTIME DEL DISASTRO AEREO AL LARGO DELLE ISOLE COMORE

    Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per le vittime del disastro aereo, avvenuto questa mattina al largo delle Isole Comore, inviato dal Santo Padre Benedetto XVI tramite il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, al Nunzio Apostolico in Kuwait, S.E. Mons. Mounged El-Hachem:


    TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

    INFORMÉ DE LA CATASTROPHE AÉRIENNE DE L’AVION DE LA YEMENIA AIRWAYS QUI RELIAIT SAANA (YÉMEN) À MORONI (COMORES), LE SAINT-PÈRE EXPRIME SES CONDOLÉANCES SINCÈRES AUX FAMILLES ENDEUILLÉES. IL RECOMMANDE LES DÉFUNTS À LA MISÉRICORDE DIVINE ET PRIE DIEU POUR TOUTES LES PERSONNES DUREMENT ÉPROUVÉES PAR CETTE TRAGÉDIE.

    CARDINAL TARCISIO BERTONE

    SECRÉTAIRE D’ÉTAT DE SA SAINTETÉ

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    00 01/07/2009 16:13
    LE UDIENZE

    Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto ieri in Udienza:

    S.E. Mons. Mieczysław Mokrzycki, Arcivescovo di Lviv dei Latini (Ucraina).




    RINUNCE E NOMINE



    NOMINA DEL COADIUTORE DI CARAPEGUÁ (PARAGUAY)


    RINUNCIA DEL VESCOVO DI MINAS (URUGUAY)

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Minas (Uruguay), presentata da S.E. Mons. Francisco Domingo Barbosa Da Silveira, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.



    RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI OLINDA E RECIFE (BRASILE) E NOMINA DEL SUCCESSORE

    Il Santo Padre ha acccettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Olinda e Recife (Brasile), presentata da S.E. Mons. José Cardoso Sobrinho, O. Carm., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Olinda e Recife (Brasile) S.E. Mons. Antônio Fernando Saburido, O.S.B., finora Vescovo di Sobral.

    S.E. Mons. Antônio Fernando Saburido, O.S.B.

    S.E. Mons. Antônio Fernando Saburido, O.S.B.,è nato il 10 giugno 1947 a Cabo de Santo Agostinho, nell'arcidiocesi di Olinda e Recife. Dopo aver completato gli studi preparatori nel Seminario minore Imaculada Conceição, a Várzea (Recife), e nel Collegio Statale di Oliveira Lima, è entrato nel Monastero Benedettino di Olinda, dove ha frequentato i corsi di filosofia e teologia.

    Il 21 marzo 1978 ha emesso la professione religiosa come Membro dell'Ordine di San Benedetto e il 17 dicembre 1983 è stato ordinato sacerdote.

    Come Presbitero è stato Amministratore del Monastero di Olinda; nell’arcidiocesi di Olinda e Recife è stato sucessivamente Parroco delle parrocchie di São Lucas de Ouro Preto e di Nossa Senhora de Guadalupe; Vicario Generale e Coordinatore della Pastorale.

    È stato eletto Vescovo titolare di Tacia montana e Ausiliare di Olinda e Recife il 31 maggio 2000 e consacrato il 20 agosto successivo. È stato Presidente del Regionale Nordeste II della Conferenza Episcopale del Brasile.

    Dal 2005 è Vescovo di Sobral.



    RINUNCIA DEL VESCOVO DI PELOTAS (BRASILE) E NOMINA DEL SUCCESSORE

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Pelotas (Brasile), presentata da S.E. Mons. Jayme Henrique Chemello, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Papa ha nominato Vescovo di Pelotas (Brasile) S.E. Mons. Jacinto Bergmann, finora Vescovo di Tubarão.

    S.E. Mons. Jacinto Bergmann

    S.E. Mons. Jacinto Bergmann è nato il 29 ottobre 1951 nel municipio di Alto Feliz, nella diocesi di Montenegro, Stato del Rio Grande do Sul; dopo aver concluso gli studi elementari nel seminario "São José" in Gravataí, ha frequentato i corsi di filosofia presso la Facoltà "Nossa Senhora da Conceição" in Viamão e quelli di teologia presso la Pontificia Università Cattolica del Rio Grande do Sul. Ha conseguito anche, dopo l’ordinazione, la licenza in Scienze Bibliche presso l’Istituto Biblico in Roma e ha compiuto studi biblici in Germania negli anni 1993-1994.

    Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 20 ottobre 1976, incardinandosi nell’arcidiocesi di Porto Alegre e quindi ha svolto i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale della Parrocchia di "São Pedro" (1977); Coordinatore della Pastorale della Gioventù della Conferenza Episcopale (1980); Professore nell’Istituto di Teologia della Pontificia Università del Rio Grande do Sul (1986); Direttore del Centro Teologico (1988-1993); Direttore dell’Istituto di Pastorale dell’arcidiocesi di Porto Alegre (1995-1996); e Sotto-segretario per la pastorale presso la Conferenza Episcopale Nazionale (2000-2002).

    L’8 maggio 2002 è stato nominato Vescovo titolare di Ausuccura e Ausiliare di Pelotas ed il 14 luglio successivo ha ricevuto l’ordinazione episcopale.

    Il 15 giugno 2004 è stato nominato Vescovo di Tubarão, nello Stato di Santa Catarina.

    Ha svolto l’incarico di Vescovo Responsabile per le Comunicazioni Sociali del Regionale "Sul 3" della C.N.B.B. (2002-2004) e di Vescovo Coordinatore della Commissione Episcopale Biblico – catechetica e Missionaria dello Stato di Santa Catarina (dal 2004 ad oggi).



    NOMINA DEL VESCOVO DI ABENGOUROU (COSTA D’AVORIO)

    Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Abengourou (Costa d’Avorio) il Rev.do Gbaya Boniface Ziri, Vicario Generale dell’arcidiocesi di Abidjan.

    Rev.do Gbaya Boniface Ziri

    Il Rev.do Gbaya Boniface Ziri è nato il 31 dicembre 1949 a Gagnoa. Dopo aver compiuto gli studi filosofici e teologici nel Seminario maggiore di Anyama, è stato ordinato sacerdote per la Compagnia di Gesù il 6 giugno 1976.

    Dopo l'ordinazione ha svolto le seguenti mansioni: 1976-1994: Membro della Compagnia di Gesù; 1980-1984: Licenza in Teologia Morale sociale e politica all’Università Gregoriana; 1984-1989: Dottorato in Sociologia alla Sorbonne. Inoltre, maîtrise in filosofia politica; 1989-1992: Docente presso l'Istituto di Studi Superiori dei Gesuiti (I.N.A.D.E.S.); 1992-2004: Consigliere dell'Istituto della Suore di Notre Dame de l’Incarnation; 1994: Lascia la Compagnia di Gesù e si incardina nell’Arcidiocesi di Abidjan; dal 1994-ad oggi: Vicario generale dell’Arcidiocesi di Abidjan; dal 2006-ad oggi: Parroco della parrocchia Saint Jacques des Plateaux. Inoltre, è cappellano nazionale dell'Unione Fraterna del Clero Ivoriano.



    NOMINA DEL VESCOVO DI ODIENNÉ (COSTA D’AVORIO)

    II Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Odienné (Costa d'Avorio), il Rev.do Antoine Koné, del clero di Katiola, Docente di Teologia dogmatica e di Latino nel Seminario Maggiore interdiocesano di Anyama, e nel Centro di Formazione della Società delle Missioni Africane (S.M.A.).

    Rev.do Antoine Koné

    II Rev.do Antoine Koné, è nato nella cittadina di Ferkéssedougou, nella Diocesi di Katiola, il 10 gennaio 1963. Entrato nel Seminario Minore "Saint Jean" di Katiola, è passato al Seminario di Filosofia di Yopougon e, successivamente, al Seminario Maggiore di Teologia di Anyama (Arcidiocesi di Abidjan), per la Teologia. È stato ordinato sacerdote il 28 dicembre 1991, per la Diocesi di Katiola.

    Dopo l’ordinazione ha svolto le seguenti mansioni: 1991-1997: Professore di Francese, Latino, Geografia nel Seminario Minore di Katiola, e, allo stesso tempo, Vicario domenicale nella Cattedrale di Katiola e in altre parrocchie. Inoltre, incaricato della formazione dei giovani e degli insegnanti delle scuole primarie e secondarie; 1996-1998: Studente all'Università Cattolica di Abidjan (U.C.A.O.) dove ha ottenuto una Licenza in Teologia dogmatica, dal 1997: Docente i Teologia dogmatica e di Latino nel Seminario Maggiore interdiocesano di Anyama, e nel Centro di Formazione della S.M.A.



    NOMINA DEL VESCOVO DI YAMOUSSOUKRO (COSTA D’AVORIO)

    II Santo Padre ha nominato Vescovo di Yamoussoukro (Costa d'Avorio), il Rev.do Marcellin Yao Kouadio, del clero di Daloa, Direttore nazionale dell'Insegnamento Cattolico.

    Rev.do Marcellin Yao Kouadio

    II Rev.do Marcellin Yao Kouadio, è nato a Vavoua, nella diocesi di Daloa, il 10 gennaio 1960. Dopo gli studi primari è andato a Daloa e, infine, al Collegio St. Viateur di Bouaké. Entrato nel Seminario maggiore di filosofia di Abadjin-Kouté, ha compiuto gli studi di teologia nel Seminario maggiore di Anyama. È stato ordinato sacerdote il 29 dicembre 1990.

    Dopo l'ordinazione ha svolto le seguenti mansioni: 1991-1994: Vicario parrocchiale e poi Parroco della parrocchia di Zuenoula; 1994-2001: studi a Roma, ottenendo un Dottorato in Missiologia all’Università Gregoriana, e una Licenza in Teologia Biblica all’Università Urbaniana; 2002 - 2006: Direttore Diocesano dell'Insegnamento Cattolico per la diocesi di Daloa e Vicario domenicale in diverse parrocchie, tra cui la Cattedrale; dal 2007 ad oggi: Direttore Nazionale dell'Insegnamento Cattolico, con residenza nel Seminario maggiore di Abadjin-Kouté; dal 2008 è pure docente a metà tempo nel Seminario Maggiore d'Anyama.



    NOMINA DEL COADIUTORE DI CARAPEGUÁ (PARAGUAY)

    Il Santo Padre ha nominato Vescovo Coadiutore della diocesi di Carapeguá il Rev.mo Mons. Joaquín Hermes Robledo Romero, finora Vicario Generale della diocesi di San Lorenzo.

    Mons. Joaquín Hermes Robledo Romero

    Mons. Joaquín Hermes Robledo Romero è nato nella città di Asunción il 26 settembre 1950. Ha frequentato il Seminario Minore Metropolitano e poi ha compiuto gli studi filosofici e teologici nel Seminario Maggiore Nazionale.

    È stato ordinato sacerdote il 25 dicembre 1975, incardinandosi nell’arcidiocesi di Asunción. Ha ottenuto la Licenza in Filosofia presso L’Università Cattolica di Asunción ed in Scienze Religiose presso l’Istituto Superiore di Teologia della medesima Università.

    Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale, Parroco in diverse parrocchie e poi Rettore del Seminario Minore dell’arcidiocesi di Asunción. Dopo la divisione della stessa e la creazione della diocesi di San Lorenzo è stato ininterrottamente Vicario Generale della nuova diocesi.


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    00 01/07/2009 16:14
    L’UDIENZA GENERALE


    L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

    Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sulla celebrazione dell’Anno sacerdotale.

    Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

    L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


    CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

    Cari fratelli e sorelle,

    con la celebrazione dei Primi Vespri della solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo nella Basilica di san Paolo fuori le Mura si è chiuso, come sapete, il 28 giugno, l’Anno Paolino, a ricordo del secondo millennio della nascita dell’Apostolo delle genti. Rendiamo grazie al Signore per i frutti spirituali, che questa importante iniziativa ha apportato in tante comunità cristiane. Quale preziosa eredità dell’Anno Paolino, possiamo raccogliere l’invito dell’Apostolo ad approfondire la conoscenza del mistero di Cristo, perché sia Lui il cuore e il centro della nostra esistenza personale e comunitaria. E’ questa infatti la condizione indispensabile per un vero rinnovamento spirituale ed ecclesiale. Come ebbi a sottolineare già durante la prima Celebrazione eucaristica nella Cappella Sistina dopo la mia elezione a successore dell’apostolo Pietro, è proprio dalla piena comunione con Cristo che "scaturisce ogni altro elemento della vita della Chiesa, in primo luogo la comunione tra tutti i fedeli, l’impegno di annuncio e di testimonianza del Vangelo, l’ardore della carità verso tutti, specialmente verso i poveri e i piccoli" (cfr Insegnamenti, I, 2005, pp. 8-13). Ciò vale in primo luogo per i sacerdoti. Per questo, ringraziamo la Provvidenza di Dio che ci offre la possibilità adesso di celebrare l’Anno Sacerdotale. Auspico di cuore che esso costituisca per ogni sacerdote un’opportunità di rinnovamento interiore e, conseguentemente, di saldo rinvigorimento nell’impegno per la propria missione.

    Come durante l’Anno Paolino nostro riferimento costante è stato san Paolo, così nei prossimi mesi guarderemo in primo luogo a san Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars, ricordandone il 150° anniversario della morte. Nella lettera che per questa occasione ho scritto ai sacerdoti, ho voluto sottolineare quel che maggiormente risplende nell’esistenza di questo umile ministro dell’altare: "la sua totale identificazione col proprio ministero". Egli amava dire che "un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina". E, quasi non riuscendo a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una povera creatura umana, sospirava: "Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia".

    In verità, proprio considerando il binomio "identità-missione", ciascun sacerdote può meglio avvertire la necessità di quella progressiva immedesimazione con Cristo che gli garantisce la fedeltà e la fecondità della testimonianza evangelica. Lo stesso titolo dell’Anno Sacerdotale - Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote - evidenzia che il dono della grazia divina precede ogni possibile umana risposta e realizzazione pastorale, e così, nella vita del sacerdote, annuncio missionario e culto non sono mai separabili, come non vanno mai separati identità ontologico-sacramentale e missione evangelizzatrice. Del resto il fine della missione di ogni presbitero, potremmo dire, è "cultuale": perché tutti gli uomini possano offrirsi a Dio come ostia viva, santa e a lui gradita (cfr Rm 12,1), che nella creazione stessa, negli uomini diventa culto, lode del Creatore, ricevendone quella carità che sono chiamati a dispensare abbondantemente gli uni agli altri. Lo avvertivano chiaramente negli inizi del cristianesimo. San Giovanni Crisostomo diceva, ad esempio, che il sacramento dell’altare e il "sacramento del fratello" o, come dice "sacramento del povero" costituiscono due aspetti dello stesso mistero. L’amore per il prossimo, l’attenzione alla giustizia e ai poveri non sono soltanto temi di una morale sociale, quanto piuttosto espressione di una concezione sacramentale della moralità cristiana, perché, attraverso il ministero dei presbiteri, si compie il sacrificio spirituale di tutti i fedeli, in unione con quello di Cristo, unico Mediatore: sacrificio che i presbiteri offrono in modo incruento e sacramentale in attesa della nuova venuta del Signore. Questa è la principale dimensione, essenzialmente missionaria e dinamica, dell’identità e del ministero sacerdotale: attraverso l’annuncio del Vangelo essi generano la fede in coloro che ancora non credono, perché possano unire al sacrificio di Cristo il loro sacrificio, che si traduce in amore per Dio e per il prossimo.

    Cari fratelli e sorelle, a fronte di tante incertezze e stanchezze anche nell’esercizio del ministero sacerdotale, è urgente il recupero di un giudizio chiaro ed inequivocabile sul primato assoluto della grazia divina, ricordando quanto scrive san Tommaso d’Aquino: "Il più piccolo dono della grazia supera il bene naturale di tutto l’universo" (Summa Theologiae, I-II, q. 113, a. 9, ad 2). La missione di ogni singolo presbitero dipenderà, pertanto, anche e soprattutto dalla consapevolezza della realtà sacramentale del suo "nuovo essere". Dalla certezza della propria identità, non artificialmente costruita ma gratuitamente e divinamente donata ed accolta, dipende il sempre rinnovato entusiasmo del sacedote per la missione. Anche per i presbiteri vale quanto ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est: "All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (n. 1).

    Avendo ricevuto un così straordinario dono di grazia con la loro "consacrazione", i presbiteri diventano testimoni permanenti del loro incontro con Cristo. Partendo proprio da questa interiore consapevolezza, essi possono svolgere appieno la loro "missione", mediante l'annuncio della Parola e l'amministrazione dei Sacramenti. Dopo il Concilio Vaticano II, si è prodotta qua e là l'impressione che nella missione dei sacerdoti in questo nostro tempo, ci fosse qualcosa di più urgente; alcuni pensavano che si dovesse in primo luogo costruire una diversa società. La pagina evangelica, che abbiamo ascoltata all’inizio, sta invece a richiamare i due elementi essenziali del ministero sacerdotale. Gesù invia, in quel tempo ed oggi, gli Apostoli ad annunciare il Vangelo e dà ad essi il potere di cacciare gli spiriti cattivi. "Annuncio" e "potere", cioè "parola" e "sacramento" sono pertanto le due fondamentali colonne del servizio sacerdotale, al di là delle sue possibili molteplici configurazioni.

    Quando non si tiene conto del "dittico" consacrazione-missione, diventa veramente difficile comprendere l’identità del presbitero e del suo ministero nella Chiesa. Chi è infatti il presbitero, se non un uomo convertito e rinnovato dallo Spirito, che vive del rapporto personale con Cristo, facendone costantemente propri i criteri evangelici? Chi è il presbitero se non un uomo di unità e di verità, consapevole dei propri limiti e, nel contempo, della straordinaria grandezza della vocazione ricevuta, quella cioè di concorrere a dilatare il Regno di Dio fino agli estremi confini della terra? Sì! Il sacerdote è un uomo tutto del Signore, poiché è Dio stesso a chiamarlo ed a costituirlo nel suo servizio apostolico. E proprio essendo tutto del Signore, è tutto degli uomini, per gli uomini. Durante questo Anno Sacerdotale, che si protrarrà fino alla prossima solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, preghiamo per tutti i sacerdoti. Si moltiplichino nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle comunità religiose specialmente quelle monastiche, nelle associazioni e nei movimenti, nelle varie aggregazioni pastorali presenti in tutto il mondo, iniziative di preghiera e, in particolare, di adorazione eucaristica, per la santificazione del clero e le vocazioni sacerdotali, rispondendo all’invito di Gesù a pregare "il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38). La preghiera è il primo impegno, la vera via di santificazione dei sacerdoti, e l’anima dell’autentica "pastorale vocazionale". La scarsità numerica di ordinazioni sacerdotali in taluni Paesi non solo non deve scoraggiare, ma deve spingere a moltiplicare gli spazi di silenzio e di ascolto della Parola, a curare meglio la direzione spirituale e il sacramento della confessione, perché la voce di Dio, che sempre continua a chiamare e a confermare, possa essere ascoltata e prontamente seguita da tanti giovani. Chi prega non ha paura; chi prega non è mai solo; chi prega si salva! Modello di un’esistenza fatta preghiera è senz’altro san Giovanni Maria Vianney. Maria, la Madre della Chiesa, aiuti tutti sacerdoti a seguirne l’esempio per essere, come lui, testimoni di Cristo e apostoli del Vangelo.



    SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


    ○ Sintesi della catechesi in lingua francese

    Chers Frères et Sœurs,

    En rendant grâce pour l’Année paulinienne qui vient de se conclure, nous remercions la divine Providence qui nous permet de célébrer maintenant une « Année sacerdotale », à l’occasion du cent cinquantième anniversaire de la mort du saint Curé d’Ars. C’est la figure de ce saint prêtre qui nous guidera et nous aidera à prendre mieux conscience que c’est de Dieu que vient la grâce du renouveau spirituel, pour les prêtres comme pour toute l'Église. Il s’agit avant tout d’avancer toujours plus dans l’identification au Christ qui assure la fidélité et la fécondité du témoignage évangélique. Par le ministère du prêtre, le sacrifice spirituel des fidèles est uni à celui du Christ, unique Médiateur. C’est le cœur de l’identité et du ministère du prêtre. Par sa « consécration », le prêtre a reçu un don extraordinaire qui le rend témoin de sa rencontre avec une Personne, le Christ, et lui ouvre de nouveaux horizons : il est l’homme de l’Annonce et des sacrements. Le prêtre est un converti, renouvelé par l’Esprit, appelé par Dieu pour que la Parole du salut arrive aux extrémités de la terre. Prions durant cette Année pour la sanctification des prêtres, pour les vocations sacerdotales. Ouvrons largement des espaces de silence, de prière, d’Adoration eucharistique et d’écoute de la Parole, afin que la voix de Dieu puisse être entendue et généreusement accueillie par de nombreux jeunes !

    Je suis heureux de saluer les pèlerins francophones, notamment les pèlerins d’Alep venus de Syrie et les jeunes du collège Saint François de Sales de Dijon. Que l’Esprit-Saint vous comble de ses dons et soit toujours le guide de vos pas ! Bon pèlerinage à tous !


    ○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

    Dear Brothers and Sisters,

    There is a close link between the Pauline Year, which concluded last Sunday, and the Church’s current celebration of the Year for Priests. As we have seen, Saint Paul, in his life and his writings, teaches us that the mystery of Christ must stand at the very heart of our lives as individuals and as a community. This is true in a very special way of priests. In Saint John Mary Vianney, the patron saint of parish priests, we see a wonderful example of a priest whose person was completely identified with his ministry. The priest’s personal identity, grounded in his calling and his sacramental configuration to Christ, may not be separated from his pastoral activity. Indeed, the ministry of every priest is essentially "cultic", in the fullest sense of the word: it is meant to enable the faithful to offer their lives to God as a pleasing sacrifice (cf. Rom 12:1). It is my hope that this Year for Priests will help all priests to appreciate the immense grace of their vocation, consecration and mission. During this Year may the whole Church pray and work more fervently for the sanctification of priests, an increase of priestly vocations, and a greater appreciation of the role of the priest in the life of the ecclesial community.

    I offer a warm welcome to the English-speaking visitors present at today’s Audience, including the pilgrimage groups from England, Scotland, Japan, Malaysia, the Philippines, Canada and the United States. I thank the choirs for their praise of God in song. Upon all of you I cordially invoke God’s blessings of joy and peace!


    ○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

    Liebe Brüder und Schwestern!

    Das Priesterjahr, das wir bis zum Juni des nächsten Jahres begehen, lädt uns ein, intensiver über die Sendung des Priesters in der Kirche nachzudenken. Christus ist die Mitte unseres Daseins. Dies gilt in besonderer Weise für die Priester. Ihre Identität und Sendung gründen in der Gemeinschaft mit Christus, in den sie sich fortschreitend hineinversetzen und mit dem sie immer mehr eins werden sollen. Die Sendung der Priester hängt vom Bewußtsein dieser sakramentalen Wirklichkeit des neuen Seins in Christus ab. Ihre Identität ist ein göttliches Geschenk, eine empfangene Aufgabe. Durch die Gnade der Weihe werden die Priester zu bleibenden Zeugen ihrer Begegnung mit Christus, den sie durch die Verkündigung des Wortes Gottes und in der Spendung der Sakramente zu den Menschen bringen. So sind Wort und Sakrament, Verkündigung und Gottesdienst die beiden Grundsäulen des priesterlichen Dienstes. Wenn die Priester das Evangelium verkünden, wird in den Menschen der Glaube geboren, durch den diese mit Christus verbunden werden und ihr Leben mit dem Opfer Christi vereinen. So bilden auch das Sakrament des Altares, der Gottesdienst, und das Sakrament der Armen, das heißt die tätige Nächstenliebe, zwei Aspekte desselben Dienstes. In diesem Priesterjahr wollen wir daher Gott für das Geschenk und den Dienst der Priester in der Kirche danken. Dabei wollen wir die verschiedenen Gebetsinitiativen, vor allem die eucharistische Anbetung, für die Heiligung der Priester und für die Berufungen verstärken. Das Gebet ist nämlich die erste Aufgabe als echte Berufungspastoral.

    Einen frohen Gruß richte ich an alle Pilger und Besucher deutscher Sprache. Besonders heiße ich die vielen jungen Menschen willkommen, unter ihnen die Teilnehmer am Feriencamp aus Norddeutschland. Begleitet im Gebet den Dienst der Priester und seid bereit, Gottes Stimme zu hören. Er zeigt den Weg zu einem erfüllten Leben und ruft auch heute in seine Nachfolge. Der Herr schenke euch seinen Segen.


    ○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

    Queridos hermanos y hermanas:

    Tras haber clausurado el Año Paulino, seguimos la invitación del Apóstol de conocer mejor el misterio de Cristo y ponerlo como centro de nuestra existencia personal y comunitaria. Espero que la celebración del Año Sacerdotal sirva para la renovación interior de cada sacerdote. A la luz del binomio "consagración-misión", se advierte la necesidad de una mayor identificación con Cristo, como garantía de fidelidad y fecundidad en su ministerio. En la vida del presbítero, anuncio misionero y culto no están separados. Mediante la predicación del Evangelio engendra a la fe a los creyentes para que se unan al sacrificio de Cristo con el sacrifico espiritual de sus vidas. Es urgente recuperar el primado de la gracia divina, así como la conciencia de su propia identidad, en el ejercicio del ministerio sacerdotal, cuyos elementos esenciales son el anuncio de la Palabra y la celebración de los sacramentos. El sacerdote pertenece totalmente al Señor; Él lo ha elegido y lo ha constituido para servir al Pueblo de Dios. Espero que se multiplique en toda la Iglesia la oración por la santificación del clero y las vocaciones sacerdotales.

    Saludo cordialmente a los fieles de lengua española aquí presentes, en particular, a los de la parroquia San Benito Abad, de Sevilla, acompañados por el Señor Cardenal Carlos Amigo Vallejo, a los seminaristas de Toledo y a los miembros del Instituto de Misioneras y Misioneros Identes, venidos a Roma para celebrar con gratitud al Señor el 50 aniversario de su Fundación, así como a los demás grupos de España, México, El Salvador, Colombia y otros países latinoamericanos. Os invito a que acompañéis a los sacerdotes con vuestro afecto y vuestra oración.



    SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


    ○ Saluto in lingua portoghese

    Amados peregrinos de língua portuguesa, uma saudação afectuosa para todos, especialmente para os grupos do Brasil e de Portugal: esta peregrinação a Roma encha de luz e fortaleza o vosso testemunho diário como seguidores de Jesus Cristo, único Salvador e Senhor da vida: fora d'Ele, não há vida, nem esperança de a ter. Com Cristo, sucesso eterno à vida que Deus vos confiou. Sobre cada um de vós e respectiva família, desça a minha Bênção!


    ○ Saluto in lingua polacca

    Witam pielgrzymów z Polski. Razem z wami dziękuję Bogu za wszystkie łaski, jakie otrzymaliśmy w Roku św. Pawła. Równocześnie, przez wstawiennictwo św. Jana Vianneya, proszę aby bieżący Rok Kapłański był czasem odnowy i uświęcenia kleru, dla chwały Bożej i dobra Kościoła. Proszę Was: wspierajcie nas, kapłanów, swoją modlitwą i dobrą radą. Niech Bóg wam błogosławi!

    [Do il benvenuto ai pellegrini provenienti dalla Polonia. Insieme con voi ringrazio Dio per tutte le grazie che abbiamo ricevuto nell’Anno Paolino. Contemporaneamente, per l’intercessione di San Jean Vianney, chiedo che il corrente Anno Sacerdotale sia tempo di rinnovamento e di santificazione del clero per la gloria di Dio e per il bene della Chiesa. Vi invito: sostenete noi, sacerdoti, con la vostra preghiera e con il buon consiglio. Dio vi benedica!]


    ○ Saluto in lingua ungherese

    Nagy szeretettel köszöntöm a magyar zarándokokat, elsősorban azokat, akik Győrből, Nagycenkről és Szombathelyről érkeztek! Köszöntöm a Palestrina kórus és a Cantus Corvinus kórus tagjait.

    Kedves Testvéreim, Szent Péter és Pál apostolfejedelmek sírjainál tett látogatástok erősítsen meg Bennetek a hitben és az egyetemes Egyházhoz tartozástokban.

    Apostoli áldásom kísérjen minden utatokon. Dicsértessék a Jézus Krisztus!

    [Con grande gioia rivolgo il mio saluto ai pellegrini di lingua ungherese, specialmente a quelli di Győr, di Nagycenk e Szombathely, ai Membri dei Cori "Palestrina" e "Cantus Corvinus"!

    Fratelli e Sorelle, questa vostra visita presso le tombe dei Principi degli Apostoli Pietro e Paolo, Vi rinsaldi nella vostra vita e nell'appartenenza alla Chiesa universale.

    La Benedizione Apostolica Vi accompagni sulle vostre vie. Sia lodato Gesù Cristo!]


    ○ Saluto in lingua slovacca

    S láskou pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z Košíc a z Bratislavy - farnosti Kráľovnej rodiny.

    Bratia a sestry, budúcu nedeľu Slovensko bude sláviť sviatok svojich patrónov - svätých bratov Cyrila a Metoda. Oni sú pre nás príkladom jednoty vo viere. Zostaňte verní tomuto ich odkazu. Zo srdca žehnám vás i vašich drahých.

    Pochválený buď Ježiš Kristus!

    [Con affetto saluto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti da Košice a dalla parrocchia "Regina della famiglia", di Bratislava.

    Fratelli e sorelle, domenica prossima la Slovacchia celebrerà la festa dei suoi patroni – i Santi fratelli Cirillo e Metodio. Essi sono per noi esempio dell’unità nella fede. Rimanete fedeli a questo sublime esempio. Di cuore benedico voi ed i vostri cari.

    Sia lodato Gesù Cristo!]


    ○ Saluto in lingua croata

    S velikom radošću pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a osobito vjernike iz župe Svetoga Ivana Nepomuka iz Stupnika! Dragi prijatelji, molite u vašim obiteljima za vaše svećenike da budu vjerni nasljedovatelji našega Gospodina! Hvaljen Isus i Marija!

    [Con grande gioia saluto i pellegrini croati e particolarmente i fedeli della parrocchia di San Giovanni Nepomuzeno di Stupnik! Cari amici, pregate nelle vostre famiglie per i vostri sacerdoti che siano fedeli imitatori del nostro Signore. Siano lodati Gesù e Maria!]


    ○ Saluto in lingua italiana

    Saluto di cuore i pellegrini italiani presenti, rivolgo anzitutto un cordiale benvenuto ai membri dell’Istituto di Cristo Redentore – Missionari Identes, che ricordano il cinquantesimo anniversario di fondazione, e prego perché continuino, con grande generosità, ad annunciare Gesù Cristo, Salvatore del mondo. Saluto i rappresentanti della Consulta Nazionale Antiusura e, mentre li ringrazio per l’importante e apprezzata opera che svolgono accanto alle vittime di tale flagello sociale, auspico che vi sia da parte di tutti un rinnovato impegno per contrastare efficacemente il fenomeno devastante dell’usura e dell’estorsione, che costituisce una umiliante schiavitù. Non manchi anche da parte dello Stato un adeguato aiuto e sostegno alle famiglie disagiate e in difficoltà, che trovano il coraggio di denunciare coloro che approfittano della loro spesso tragica condizione. Saluto poi gli esponenti dell’Associazione interparlamentare "Cultori dell’etica", la cui presenza mi offre l’opportunità di sottolineare l’importanza dei valori etici e morali nella politica. Saluto ora con affetto i fedeli abruzzesi provenienti da Civitella Roveto, Canistro e Pescocanale.

    Rivolgo infine un cordiale saluto ai giovani, agli ammalati, e agli sposi novelli. Molti di voi, cari amici, avranno in questi mesi la possibilità di trascorrere un periodo di vacanze, ed auguro che per tutti sia sereno e proficuo. Ma ci sono anche molti che, per diverse ragioni, non potranno usufruire delle ferie. Giunga a voi, cari fratelli e sorelle, il mio affettuoso saluto con l’auspicio che non vi manchino la solidarietà e la vicinanza delle persone care. Un pensiero speciale rivolgo infine ai giovani che in questi giorni stanno sostenendo gli esami, ed assicuro per ciascuno un ricordo nella preghiera. Su tutti vegli con il suo amore il Signore che ora invochiamo con il canto del Pater noster.

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    00 02/07/2009 17:03
    LE UDIENZE

    Nel pomeriggio di ieri, 1° luglio, il Santo Padre ha ricevuto in Udienza:

    Em.mo Card. Joachim Meisner, Arcivescovo di Köln (Germania).



    RINUNCE E NOMINE


    RINUNCIA DEL VESCOVO DI FRASCATI (ITALIA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

    Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Frascati (Italia), presentata da S.E. Mons. Giuseppe Matarrese, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Frascati (Italia) Mons. Raffaello Martinelli, del clero della diocesi di Bergamo, finora Capo Ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    Mons. Raffaello Martinelli

    Il Rev.mo Mons. Raffaello Martinelli è nato a Villa d’Almé (diocesi e provincia di Bergamo) il 21 giugno 1948. Dopo aver frequentato il Liceo nel Seminario di Bergamo, è stato accolto come alunno del Pontificio Seminario Romano Maggiore.

    Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale l’8 aprile 1972 ed è stato incardinato nella diocesi di Bergamo.

    Nel 1978, ha conseguito il Dottorato in Teologia, con specializzazione in Pastorale Catechetica presso la Pontificia Università Lateranense e nel 1979 si è laureato in Pedagogia all’Università Cattolica di Milano.

    Ha esercitato il ministero come Vice-Parroco nella Cattedrale di Bergamo, dal 1974 al 1979, e nella parrocchia di S. Maria delle Grazie, dal 1979 al 1980.

    Dal 1980 è a servizio della Santa Sede presso la Congregazione per la Dottrina della Fede. In tale Congregazione è stato coordinatore dei lavori per la preparazione del Catehismo della Chiesa Cattolica e, successivamente, ha ricevuto l’incarico di redattore e coordinatore della segreteria nella elaborazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica.

    Dal 1980 al 1986, risiede e opera pastoralmente nella parrocchia della Natività in Roma, dedicandosi in particolare alla pastorale familiare.

    Dal 1987 è Rettore del Collegio Ecclesiastico Internazionale "San Carlo" e Primicerio della Basilica dei SS. Ambrogio e Carlo al Corso, a Roma.

    Dal 1999 è Prelato d’onore di Sua Santità.

    Ha curato diverse pubblicazioni, soprattutto a carattere dottrinale e catechistico ed in particolare libri di "Catechesi in immagine".


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    00 03/07/2009 16:22
    LE UDIENZE

    Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

    Em.mo Card. Marc Ouellet, P.S.S., Arcivescovo di Québec (Canada);

    S.E. Mons. Angelo Amato, S.D.B., Arcivescovo tit. di Sila, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.



    Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

    Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Viêt Nam, in Visita "ad Limina Apostolorum":

    Em.mo Card. Jean-Baptiste Pham Minh Mân, Arcivescovo di Thành-Phô Hô Chí Minh
    con i Vescovi Ausiliari:
    S.E. Mons. Joseph Vu Duy Thông, Vescovo tit. di Tortiboli,
    S.E. Mons. Pierre Nguyên Van Kham, Vescovo tit. di Trofimiana;

    S.E. Mons. Michel Hoăng Ðúc Oanh, Vescovo di Kontum;

    S.E. Mons. Paul Nguyên Van Hòa, Vescovo di Nha Trang
    con il Vescovo Coadiutore: S.E. Mons. Joseph Võ Ðúc Minh;

    S.E. Mons. Thomas Nguyên Văn Trâm, Vescovo di Ba Ria;

    S.E. Mons. Pierre Nguyên Văn Nhon, Vescovo di Ðà Lat;

    S.E. Mons. Joseph Trân Xuân Tiéu, Vescovo di Long Xuyên;

    S.E. Mons. Paul Bùi Văn Ðoc, Vescovo di My Tho;

    S.E. Mons. Paul Nguyên Than Hoan, Vescovo di Phan Thiêt;

    S.E. Mons. Pierre Trân Ðinh Tu, Vescovo di Phú Cuong;

    S.E. Mons. Thomas Nguyên Văn Tân, Vescovo di Vinh Long;

    S.E. Mons. Dominique Nguyên Chu Trinh, Vescovo di Xuân Lôc;

    S.E. Mons. Stephanus Tri Buu Thiên, Vescovo Coadiutore di Cân Tho.






    RINUNCE E NOMINE



    RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI SAINT-BONIFACE (CANADA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Saint-Boniface (Canada), presentata da S.E. Mons. Emilius Goulet, P.S.S., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Papa ha nominato Arcivescovo Mestropolita di Saint-Boniface (Canada) S.E. Mons. Albert LeGatt, finora Vescovo di Saskatoon (Canada).

    S.E. Mons. Albert LeGatt

    S.E. Mons. Albert LeGatt è nato il 6 maggio 1953 a Melfort, Saskatchwan. In tale città ha seguito il primo ciclo di studi, ha frequentato il Collegio universitario di Saint Boniface, conseguendo il baccalaureato in filosofia e francese nel 1974.

    Successivamente ha insegnato per tre anni il francese in una scuola tecnica secondaria in Ghana, nell’ambito dei programmi di servizio universitario canadese "oltre-mare". Entrato nel Seminario Maggiore di Québec, ha completato il ciclo teologico (1977-1980). Per due anni ha svolto un servizio pastorale a Debden.

    È stato ordinato sacerdote il 19 giugno 1983 a Saint-Briex per la diocesi di Prince-Albert, in Alberta. Nel suo ministero pastorale è stato viceparroco della Cattedrale di Prince-Albert e parroco in diverse parrocchie della diocesi. Dal 1990 al 1999 ha svolto l’incarico di Direttore delle vocazioni, Consultore e coordinatore della Commissione Diocesana di Liturgia. Nel 1999 è divenuto parroco della Cattedrale di Prince-Albert.

    Il 26 luglio 2001 è stato eletto Vescovo di Saskatoon ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale nella Chiesa di San Patrick a Saskatoon il 5 ottobre successivo.



    RINUNCIA DELL’ARCIPRETE DELLA BASILICA PAPALE DI SAN PAOLO FUORI LE MURA E NOMINA DEL SUCCESSORE

    Il Santo Padre ha accolto la rinuncia, presentata per motivi d’età, all’incarico di Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, dall’Em.mo Card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo ed ha chiamato a succedergli nel medesimo incarico S.E. Mons. Francesco Monterisi, Arcivescovo tit. di Alba marittima, finora Segretario della Congregazione per i Vescovi.



    NOMINA DEL SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI

    Il Papa ha nominato Segretario della Congregazione per i Vescovi S.E. Mons. Manuel Monteiro de Castro, finora Nunzio Apostolico in Spagna e nel Principato di Andorra.



    RINUNCIA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE PER LA TUTELA DEI MONUMENTI STORICI ED ARTISTICI DELLA SANTA SEDE E DI PRESIDENTE DELL’UFFICIO DEL LAVORO DELLA SEDE APOSTOLICA (U.L.S.A.) E NOMINA DEL NUOVO PRESIDENTE DELL’U.L.S.A.

    Il Santo Padre ha accolto la rinuncia presentata, per raggiunti limiti d’età, all’incarico di Presidente della Commissione Permanente per la Tutela dei Monumenti storici ed artistici della Santa Sede e di Presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica (U.L.S.A.), dall’Em.mo Card. Francesco Marchisano ed ha chiamato a succedergli in quest’ultimo incarico di Presidente dell’U.L.S.A. il Rev.do Mons. Giorgio Corbellini, finora Vice Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, elevandolo in pari tempo alla Sede vescovile titolare di Abula.


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    00 03/07/2009 16:22
    PROMULGAZIONE DI DECRETI DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

    Oggi, 3 luglio 2009, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza privata S:E. Mons. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’Udienza il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti:

    - un miracolo, attribuito all'intercessione della Beata Candida Maria di Gesù Cipitria y Barriola (al secolo: Giovanna Giuseppa), Fondatrice della Congregazione delle Figlie di Gesù; nata ad Andoain (Spagna) il 31 maggio 1845 e morta a Salamanca (Spagna) il 9 agosto 1912;

    - un miracolo, attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Enrico Newman, Cardinale e Fondatore degli Oratori di San Filippo Neri in Inghilterra; nato a Londra (Inghilterra) il 21 aprile 1801 e morto a Edgbaston (Inghilterra) l'11 agosto 1890;

    - un miracolo, attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Angelo Paoli (al secolo: Francesco), Sacerdote professo dell'Ordine dei Carmelitani dell'Antica Osservanza; nato ad Artigliano (Italia) il 1° settembre 1642 e morto a Roma il 20 gennaio 1720;

    - un miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Maria Alfonsina Danil Ghattas (al secolo: Soultaneh Maria), Confondatrice della Congregazione delle Suore Domenicane del Santissimo Rosario di Gerusalemme; nata a Gerusalemme il 4 ottobre 1843 e morta ad Ain Karem il 25 marzo 1927;

    - il martirio del Servo di Dio Giuseppe Samsó i Elías, Sacerdote diocesano, Parroco ed Arciprete di Santa Maria de Mataró; nato a Castellbisbal (Spagna) il 17 gennaio 1887 e ucciso, in odio alla Fede, il 1° settembre 1936 durante la persecuzione religiosa in Spagna;

    - il martirio dei Servi di Dio Teofilo Fernández de Legaria Goñi (al secolo: Beniamino), e IV Compagni, Sacerdoti professi della Congregazione dei Sacri Cuori (PICPUS), uccisi, in odio alla Fede, durante la persecuzione religiosa in Spagna nel 1936;

    - il martirio del Servo di Dio Giorgio Häfner, Sacerdote diocesano; nato a Würzburg (Germania) il 19 ottobre 1900 e ucciso, in odio alla Fede, nel campo di concentramento di Dachau (Germania) il 20 agosto 1942;

    - il martirio del Servo di Dio Zoltán Ludovico Meszlényi, Vescovo titolare di Sinope e Vescovo Ausiliare di Esztergom in Ungheria; nato ad Hatvan (Ungheria) il 2 gennaio 1892 e ucciso, in odio alla Fede, a Kistárcsa (Ungheria) il 4 marzo 1951;

    - le virtù eroiche del Servo di Dio Engelmar Unzeitig (al secolo: Uberto), Sacerdote professo della Congregazione dei Missionari di Mariannhill; nato a Greifendorf (Moravia dell'Est) il 1 marzo 1911 e morto a Dachau (Germania) il 2 marzo 1945;

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Anna Maria Janer Anglarill, Fondatrice dell'Istituto delle Suore della Sacra Famiglia di Urgell; nata a Cervera (Spagna) il 18 dicembre 1800 e morta a Talarn (Spagna) l'11 gennaio 1885;

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Serafina del Sacro Cuore di Gesù Micheli (al secolo: Clotilde), Fondatrice dell'Istituto delle Suore degli Angeli; nata a Imèr (Trento, allora Impero Austro-Ungarico) l'11 settembre 1849 e morta a Faicchio (Italia) il 24 marzo 1911;

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Teresa Manganiello, giovane laica, del Terz'Ordine di San Francesco; nata a Montefusco (Italia) il 1° gennaio 1849 ed ivi morta il 4 novembre 1876.

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    00 04/07/2009 15:54
    LE UDIENZE

    Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:
    Em.mo Card. Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.
    Em.mo Card. Franc Rodé, C.M., Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
    S.E. la Signora Monique Patricia Antoinette Frank, Ambasciatore dei Paesi Bassi, in visita di congedo.
    S.E. il Signor Lawrence Edward Chewning Fábrega, Ambasciatore di Panamá, in visita di congedo.

    Il Papa riceve oggi in Udienza:
    Partecipanti al Convegno europeo sulla pastorale vocazionale.









    RINUNCE E NOMINE



    RINUNCIA DEL VESCOVO DI TRIESTE (ITALIA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

    Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Trieste (Italia), presentata da S.E. Mons. Eugenio Ravignani, in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Papa ha nominato Vescovo di Trieste (Italia), con il titolo di Arcivescovo "ad personam", S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, finora Vescovo tit. di Bisarcio e Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

    S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi
    S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, della diocesi di Adria-Rovigo, è nato a Pettorazza Grimani, provincia di Rovigo, il 29 settembre 1947.
    Ordinato sacerdote il 17 luglio 1971 nella parrocchia di Villadose, ha svolto il suo ministero pastorale come Vicario Cooperatore nella parrocchia di Villanova del Ghebbo e Castelmassa.
    Nel 1975 ha conseguito la Laurea in Filosofia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Statale di Bologna e, nel 1977, il Diploma di Perfezionamento in Filosofia presso l'Università Statale di Padova. Nel 1981 ha ottenuto il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Urbaniana e, nel 1989, la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense.
    Nel 1977 ha ricevuto l'incarico di Delegato Vescovile per la pastorale sociale e di Direttore del Centro Diocesano di Formazione Professionale e, nel 1985, è stato nominato Parroco di Cambio.
    Nel 1986 è stato chiamato a svolgere il suo ministero presso la Conferenza Episcopale Italiana in qualità di Direttore dell'Ufficio Episcopale per i Problemi Sociali e il Lavoro.
    Nel 1994 è entrato a servizio della Santa Sede ricoprendo l’incarico di Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e, il 3 marzo 2001, è stato nominato Segretario del medesimo Dicastero.
    Eletto alla Chiesa titolare di Bisarcio il 3 marzo 2001, è stato ordinato Vescovo dal Servo di Dio Giovanni Paolo II, il 19 marzo dello stesso anno.
    Nel 2003 ha fondato l’Osservatorio Internazionale "Cardinale Van Thuan" sulla Dottrina sociale della Chiesa, di cui è Presidente.
    Ha pubblicato molti libri prevalentemente su tematiche di dottrina sociale della Chiesa.
    È Docente di Pastorale Sociale presso la Pontificia Università Lateranense.
    Attualmente è Membro del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.



    NOMINA DI UN SECONDO SOTTO-SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

    Il Santo Padre ha nominato un secondo Sotto-Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti: il Rev.do Mons. Juan Miguel Ferrer Grenesche, finora Vicario Generale dell'Arcidiocesi di Toledo (Spagna).



    NOMINA DI CONSULTORI DELLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI

    Il Papa ha nominato Consultori della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli gli Eccellentissimi Monsignori: Henryk HOSER, Arcivescovo-Vescovo di Warszawa-Praga (Polonia); Paul HINDER, Vescovo tit. di Macon, Vicario Apostolico di Arabia (Emirati Arabi Uniti); e i Reverendi: Sac. Cataldo ZUCCARO, Rettore Magnifico della Pontificia Università Urbaniana, Roma; P. Heinz Wilhelm STECKLING, O.M.I., Superiore Generale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata.



    NOMINA DI INVIATO SPECIALE ALLE CELEBRAZIONI DEL XII CENTENARIO DELLA MORTE DI SAN LUDGERUS (WERDEN AN DER RUHR, GERMANIA - 6 SETTEMBRE 2009)

    Il Santo Padre ha nominato l'Em.mo Cardinale Joachim Meisner, Arcivescovo di Köln, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del XII centenario della morte di San Ludgerus, primo Vescovo di Münster e "Apostolo dei Sassoni e dei Frisoni", che avranno luogo a Werden an der Ruhr (Diocesi di Essen, Germania) il 6 settembre 2009.



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    00 04/07/2009 15:54
    UDIENZA AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO EUROPEO SULLA PASTORALE VOCAZIONALE

    Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala Clementina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Convegno europeo sulla pastorale vocazionale, dal tema: "Seminatori del Vangelo della vocazione: una Parola che chiama e invia" - (Roma, 2-5 luglio 2009). Prendono parte al Convengo i responsabili per le vocazioni delle 34 conferenze episcopali d’Europa.
    Riportiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti nel corso dell’Udienza:


    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    Cari fratelli e sorelle!

    È con vero piacere che vi incontro, pensando al prezioso servizio pastorale che svolgete nell’ambito della promozione, dell’animazione e del discernimento delle vocazioni. Siete venuti a Roma per prendere parte a un convegno di riflessione, di confronto e di condivisione tra le Chiese d’Europa, che ha come tema "Seminatori del Vangelo della vocazione: una Parola che chiama e invia", finalizzato a infondere nuovo slancio al vostro impegno a favore delle vocazioni. La cura delle vocazioni costituisce per ogni diocesi una delle priorità pastorali, che assume ancor più valore nel contesto dell’Anno Sacerdotale appena iniziato. Saluto pertanto di cuore i Vescovi Delegati per la Pastorale Vocazionale delle varie Conferenze Episcopali, come pure i Direttori dei Centri Vocazionali nazionali, i loro collaboratori e tutti voi qui presenti.

    Al centro dei vostri lavori avete posto la parabola evangelica del seminatore. Con abbondanza e gratuità, il Signore getta il seme della Parola di Dio, pur sapendo che esso potrà incontrare un terreno inadeguato, che non gli permetterà di maturare a motivo dell’aridità, o che ne spegnerà la forza vitale soffocandolo tra cespugli spinosi. Tuttavia, il seminatore non si scoraggia, perché sa che una parte di questo seme è destinata a trovare il "terreno buono", cioè cuori ardenti e capaci di accogliere la Parola con disponibilità, per farla maturare nella perseveranza e ridonarne con generosità il frutto a beneficio di molti.

    L’immagine del terreno può evocare la realtà più o meno buona della famiglia; l’ambiente talvolta arido e duro del lavoro; i giorni della sofferenza e delle lacrime. La terra è soprattutto il cuore di ogni uomo, in particolare dei giovani, a cui voi vi rivolgete nel vostro servizio di ascolto e di accompagnamento: un cuore spesso confuso e disorientato, eppure capace di contenere in sé impensate energie di donazione; pronto ad aprirsi nelle gemme di una vita spesa per amore di Gesù, capace di seguirlo con la totalità e la certezza che viene dall’avere trovato il più grande tesoro dell’esistenza. A seminare nel cuore dell’uomo è sempre e solo il Signore. Solo dopo la semina abbondante e generosa della Parola di Dio ci si può inoltrare lungo i sentieri dell’accompagnare e dell’educare, del formare e del discernere. Tutto ciò è legato a quel piccolo seme, dono misterioso della Provvidenza celeste, che sprigiona da sé una forza straordinaria. E’ infatti la Parola di Dio che di per se stessa opera efficacemente quanto dice e desidera.

    C’è un’altra parola di Gesù, che utilizza l’immagine del seme, e che si può accostare alla parabola del seminatore: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto" (Gv 12,24). Qui il Signore insiste sulla correlazione tra la morte del seme e il "molto frutto" che esso porterà. Il chicco di grano è Lui, Gesù. Il frutto è la "vita in abbondanza" (Gv 10,10), che Egli ci ha acquistato mediante la sua Croce. E’ questa anche la logica e la vera fecondità di ogni pastorale vocazionale nella Chiesa: come Cristo, il sacerdote e l’animatore devono essere un "chicco di grano", che rinuncia a se stesso per fare la volontà del Padre; che sa vivere nascosto dal clamore e dal rumore; che rinuncia alla ricerca di quella visibilità e grandezza d’immagine che oggi spesso diventano criteri e addirittura scopi di vita in tanta parte della nostra cultura, ed affascinano molti giovani.

    Cari amici, siate seminatori di fiducia e di speranza. E’ infatti profondo il senso di smarrimento che spesso vive la gioventù di oggi. Non di rado le parole umane sono prive di futuro e di prospettiva, prive anche di senso e di sapienza. Si diffonde un atteggiamento di impazienza frenetica e una incapacità a vivere il tempo dell’attesa. Eppure, questa può essere l’ora di Dio: la sua chiamata, mediata dalla forza e dall’efficacia della Parola, genera un cammino di speranza verso la pienezza della vita. La Parola di Dio può diventare veramente luce e forza, sorgente di speranza, può tracciare un cammino che passa attraverso Gesù, "via" e "porta"; attraverso la sua Croce, che è pienezza d’amore. E’ questo il messaggio che ci viene dall’Anno Paolino appena concluso. San Paolo, conquistato da Cristo, è stato un suscitatore e formatore di vocazioni, come si vede bene dai saluti delle sue lettere, dove compaiono decine di nomi propri, cioè volti di uomini e donne che hanno collaborato con lui nel servizio del Vangelo. Questo è anche il messaggio dell’Anno Sacerdotale appena iniziato: il Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney – che costituisce il "faro" di questo nuovo itinerario spirituale – è stato un sacerdote che ha dedicato la sua vita alla guida spirituale delle persone, con umiltà e semplicità, "gustando e vedendo" la bontà di Dio nelle situazioni ordinarie. Egli si è così dimostrato un vero maestro nel ministero della consolazione e dell’accompagnamento vocazionale. L’Anno Sacerdotale offre pertanto una bella opportunità per ritrovare il senso profondo della pastorale vocazionale, come pure le sue scelte fondamentali di metodo: la testimonianza, semplice e credibile; la comunione, con itinerari concertati e condivisi nella Chiesa particolare; la quotidianità, che educa a seguire il Signore nella vita di tutti i giorni; l’ascolto, guidato dallo Spirito Santo, per orientare i giovani nella ricerca di Dio e della vera felicità; e infine la verità, che sola può generare libertà interiore.

    Possa, cari fratelli e sorelle, la Parola di Dio diventare in ciascuno di voi sorgente di benedizione, di consolazione e di fiducia rinnovata, perché siate in grado di aiutare molti a "vedere" e "toccare" quel Gesù che hanno accolto come Maestro. La Parola del Signore dimori sempre in voi, rinnovi nei vostri cuori la luce, l’amore, la pace che solo Dio può donare, e vi renda capaci di testimoniare e annunciare il Vangelo, sorgente di comunione e di amore. Con questo augurio, che affido all’intercessione di Maria Santissima, imparto di cuore a tutti voi la Benedizione Apostolica.

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    00 04/07/2009 15:55
    LETTERA DEL SANTO PADRE ALL’ON. SILVIO BERLUSCONI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ITALIANO, IN OCCASIONE DEL G8 (L’AQUILA, 8-10 LUGLIO 2009)

    Pubblichiamo di seguito la Lettera che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato all’Onorevole Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio Italiano, in occasione del G8, che si riunisce a L’Aquila, dall’8 al 10 luglio 2009, sotto la Presidenza Italiana:


    LETTERA DEL SANTO PADRE

    Onorevole Signor Presidente,

    in vista del prossimo G8 dei Capi di Stato e di Governo del Gruppo dei Paesi più Industrializzati, che si svolgerà a L’Aquila nei giorni 8-10 luglio p.v. sotto la Presidenza italiana, mi è gradito inviare un cordiale saluto a Lei e a tutti i partecipanti. Colgo poi volentieri l’occasione per offrire un contributo alla riflessione sulle tematiche dell’incontro, come in passato ho già avuto modo di fare. Sono stato informato dai miei collaboratori circa l’impegno con cui il Governo, che Ella ha l’onore di presiedere, si sta preparando a quest’importante appuntamento, e so quale attenzione abbia riservato alle riflessioni, che, sulle tematiche dell’imminente Vertice, hanno formulato la Santa Sede, la Chiesa Cattolica in Italia e il mondo cattolico in generale, nonché Rappresentanti di altre religioni.

    La partecipazione di Capi di Stato o di Governo, non solo del G8 ma di molte altre Nazioni, farà sì che le decisioni da adottare, per trovare vie di soluzione condivise sui principali problemi che incidono su economia, pace e sicurezza internazionale, possano rispecchiare più fedelmente i punti di vista e le attese delle popolazioni di tutti i Continenti. Questa partecipazione allargata alle discussioni del prossimo Vertice appare pertanto quanto mai opportuna, tenendo conto delle molteplici problematiche dell’attuale mondo altamente interconnesso e interdipendente. Mi riferisco, in particolare, alle sfide della crisi economico-finanziaria in corso, così come ai dati preoccupanti del fenomeno dei cambiamenti climatici, che non possono non spingere a un saggio discernimento e a nuove progettualità per «"convertire" il modello di sviluppo globale» (cfr. Benedetto XVI, Angelus 12 novembre 2006), rendendolo capace di promuovere, in maniera efficace, uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori della solidarietà umana e della carità nella verità. Alcune di queste tematiche vengono affrontate anche nella mia terza Enciclica Caritas in veritate, che proprio nei prossimi giorni verrà presentata alla stampa.

    In preparazione al Grande Giubileo del 2000, su impulso di Giovanni Paolo II, la Santa Sede ebbe a prestare grande attenzione ai lavori del G8. Il mio venerato Predecessore era infatti persuaso che la liberazione dei Paesi più poveri dal fardello del debito e, più in generale, lo sradicamento delle cause della povertà estrema nel mondo dipendevano dalla piena assunzione delle responsabilità solidali nei confronti di tutta l’umanità, che hanno i Governi e gli Stati economicamente più avanzati. Responsabilità che non sono venute meno, anzi sono diventate oggi ancora più pressanti. Nel passato recente, in parte grazie alla spinta che il Grande Giubileo del 2000 ha dato alla ricerca di soluzioni adeguate alle problematiche relative al debito e alla vulnerabilità economica dell’Africa e di altri Paesi poveri, in parte grazie ai notevoli cambiamenti nello scenario economico e politico mondiale, la maggioranza dei Paesi meno sviluppati ha potuto godere di un periodo di straordinaria crescita, che ha consentito a molti di essi di sperare nel conseguimento dell’obiettivo fissato dalla Comunità internazionale alla soglia del terzo millennio, quello cioè di sconfiggere la povertà estrema entro il 2015. Purtroppo, la crisi finanziaria ed economica, che investe l’intero Pianeta dall’inizio del 2008, ha mutato il panorama, cosicché è reale il rischio non solo che si spengano le speranze di uscire dalla povertà estrema, ma che anzi cadano nella miseria pure popolazioni finora beneficiarie di un minimo benessere materiale.

    Inoltre, l’attuale crisi economica mondiale comporta la minaccia della cancellazione o della drastica riduzione dei piani di aiuto internazionale, specialmente in favore dell’Africa e degli altri Paesi economicamente meno sviluppati. E pertanto, con la stessa forza con cui Giovanni Paolo II chiese il condono del debito estero, vorrei anch’io fare appello ai Paesi membri del G8, agli altri Stati rappresentati e ai Governi del mondo intero, affinché l’aiuto allo sviluppo, soprattutto quello rivolto a "valorizzare" la "risorsa umana", sia mantenuto e potenziato, non solo nonostante la crisi, ma proprio perché di essa è una delle principali vie di soluzione. Non è infatti investendo sull’uomo – su tutti gli uomini e le donne della Terra – che si potrà riuscire ad allontanare in modo efficace le preoccupanti prospettive di recessione mondiale? Non è in verità questa la strada per ottenere, per quanto possibile, un andamento dell’economia mondiale a beneficio degli abitanti di ogni Paese, ricco e povero, grande e piccolo?

    Il tema dell’accesso all’educazione è intimamente connesso all’efficacia della cooperazione internazionale. Se allora è vero che occorre "investire" sugli uomini, l’obiettivo dell’educazione basica per tutti, senza esclusioni, entro il 2015, non solo va mantenuto, bensì rafforzato generosamente. L’educazione è condizione indispensabile per il funzionamento della democrazia, per la lotta contro la corruzione, per l’esercizio dei diritti politici, economici e sociali e per la ripresa effettiva di tutti gli Stati, poveri e ricchi. Ed applicando rettamente il principio della sussidiarietà, il sostegno allo sviluppo non può non tener conto della capillare azione educatrice che svolgono la Chiesa cattolica e altre Confessioni religiose nelle regioni più povere e abbandonate del Globo.

    Agli illustri partecipanti all’incontro del G8, mi preme altresì ricordare che la misura dell’efficacia tecnica dei provvedimenti da adottare per uscire dalla crisi coincide con la misura della sua valenza etica. Occorre cioè tener presenti le concrete esigenze umane e familiari: mi riferisco, ad esempio, all’effettiva creazione di posti di lavoro per tutti, che consentano ai lavoratori e alle lavoratrici di provvedere in maniera degna ai bisogni della famiglia, e di assolvere alla primaria responsabilità che hanno nell’educare i figli e nell’essere protagonisti nelle comunità di cui sono parte. «Una società in cui questo diritto sia sistematicamente negato, - ebbe a scrivere Giovanni Paolo II - in cui le misure di politica economica non consentano ai lavoratori di raggiungere livelli soddisfacenti di occupazione, non può conseguire né la sua legittimazione etica né la pace sociale» (Centesimus annus, 43; cfr. Id., Laborem excercens, 18). E proprio a tale scopo, si impone l’urgenza di un equo sistema commerciale internazionale, dando attuazione – e se necessario persino andando oltre – alle decisioni prese a Doha nel 2001, in favore dello sviluppo. Auspico che ogni energia creativa venga impiegata per assolvere agli impegni assunti al Vertice ONU del Millennio circa l’eliminazione della povertà estrema entro il 2015. E’ doveroso riformare l’architettura finanziaria internazionale per assicurare il coordinamento efficace delle politiche nazionali, evitando la speculazione creditizia e garantendo un’ampia disponibilità internazionale di credito pubblico e privato al servizio della produzione e del lavoro, specialmente nei Paesi e nelle regioni più disagiati.

    La legittimazione etica degli impegni politici del G8 esigerà naturalmente che essi siano confrontati con il pensiero e le necessità di tutta la Comunità Internazionale. A tal fine, appare importante rafforzare il multilateralismo, non solo per le questioni economiche, ma per l’intero spettro delle tematiche riguardanti la pace, la sicurezza mondiale, il disarmo, la salute, la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali per le generazioni presenti e future. L’allargamento del G8 ad altre regioni costituisce senz’altro un importante e significativo progresso; tuttavia nel momento dei negoziati e delle decisioni concrete ed operative, bisogna tenere in attenta considerazione tutte le istanze, non solo quelle dei Paesi più importanti o con un più marcato successo economico. Solo questo può infatti rendere tali decisioni realmente applicabili e sostenibili nel tempo. Si ascolti pertanto la voce dell’Africa e dei Paesi meno sviluppati economicamente! Si ricerchino modi efficaci per collegare le decisioni dei vari raggruppamenti dei Paesi, compreso il G8, all’Assemblea delle Nazioni Unite, dove ogni Nazione, quale che sia il suo peso politico ed economico, può legittimamente esprimersi in una situazione di uguaglianza con le altre.

    Vorrei infine aggiungere che è quanto mai significativa la scelta del Governo Italiano di ospitare il G8 nella città de L’Aquila, scelta approvata e condivisa dagli altri Stati membri ed invitati. Siamo stati tutti testimoni della generosa solidarietà del Popolo italiano e di altre Nazioni, di Organismi nazionali ed internazionali verso le popolazioni abruzzesi colpite dal sisma. Questa mobilitazione solidale potrebbe costituire un invito per i membri del G8 e per i Governi e i Popoli del mondo ad affrontare uniti le attuali sfide che pongono improrogabilmente l’umanità di fronte a scelte decisive per il destino stesso dell’uomo, intimamente connesso con quello del creato.

    Onorevole Signor Presidente, mentre imploro l’assistenza di Dio su tutti i presenti al prossimo G8 de L’Aquila e sulle iniziative multilaterali intese a risolvere la crisi economico-finanziaria e a garantire un futuro di pace e di prosperità per tutti gli uomini e le donne senza nessuna esclusione, colgo volentieri l’occasione per esprimerLe nuovamente la mia stima e, assicurando la mia preghiera, Le porgo un deferente e cordiale saluto.

    Dal Vaticano, 1° luglio 2009

    BENEDICTUS PP. XVI

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    TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DI P. PASQUALE BORGOMEO, S.I.

    Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio del Santo Padre per la morte del gesuita P. Pasquale Borgomeo, già Direttore Generale della Radio Vaticana, avvenuta giovedì 2 luglio scorso. Il telegramma, a firma del Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone, è stato letto questa mattina nel corso dei funerali che si sono svolti a Roma, nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia:


    TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

    REVERENDO PADRE ADOLFO NICOLAS PACHON
    PREPOSITO GENERALE COMPAGNIA DI GESÙ - GESUITI
    BORGO S. SPIRITO 4 00193 ROMA

    INFORMATO DECESSO PADRE PASQUALE BORGOMEO PER TANTI ANNI FEDELE COLLABORATORE DELLA SANTA SEDE SPECIALMENTE COME APPREZZATO DIRETTORE GENERALE DELLA RADIO VATICANA SOMMO PONTEFICE DESIDERA ESPRIMERE SENTITE CONDOGLIANZE AT FAMILIARI ET COMPAGNIA DI GESÙ COLPITI DA SUA SCOMPARSA ET MENTRE NE RICORDA CON ANIMO GRATO GENEROSA ET COMPETENTE OPERA AT SERVIZIO COMUNICAZIONI SOCIALI AFFIDA SUA ANIMA AT MATERNA INTERCESSIONE VERGINE SANTA ET DI CUORE INVIA AT CONGIUNTI AT CONFRATELLI ET FEDELI RIUNITI IN CELEBRAZIONE SUO SUFFRAGIO CONFORTATRICE BENEDIZIONE APOSTOLICA

    CARD. TARCISIO BERTONE
    SEGRETARIO DI STATO DI SUA SANTITÀ

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    00 05/07/2009 16:24
    LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


    Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


    PRIMA DELL’ANGELUS

    Cari fratelli e sorelle!

    In passato la prima domenica di luglio si caratterizzava per la devozione al Preziosissimo Sangue di Cristo. Alcuni miei venerati Predecessori nel secolo scorso la confermarono, e il beato Giovanni XXIII, con la Lettera Apostolica Inde a primis (30 giugno 1960), ne spiegò il significato e ne approvò le Litanie. Il tema del sangue, legato a quello dell’Agnello pasquale, è di primaria importanza nella Sacra Scrittura. L’aspersione col sangue degli animali sacrificati rappresentava e stabiliva, nell’Antico Testamento, l’alleanza tra Dio e il popolo, come si legge nel libro dell’Esodo: "Allora Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo dicendo: Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!" (Es 24,8).

    A questa formula si rifà esplicitamente Gesù nell’Ultima Cena, quando, offrendo il calice ai discepoli, dice: "Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati" (Mt 26,28). Ed effettivamente, a partire dalla flagellazione, fino alla trafittura del costato dopo la morte di croce, Cristo ha versato tutto il suo sangue, quale vero Agnello immolato per la redenzione universale. Il valore salvifico del suo sangue è affermato espressamente in molti passi del Nuovo Testamento. Basti citare, in questo Anno Sacerdotale, la bella espressione della Lettera agli Ebrei: "Cristo… entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalla opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?" (9,11-14).

    Cari fratelli, sta scritto nella Genesi che il sangue di Abele, ucciso dal fratello Caino, grida a Dio dalla terra (cfr 4,10). E purtroppo, oggi come ieri, questo grido non cessa, perché continua a scorrere sangue umano a causa della violenza, dell’ingiustizia e dell’odio. Quando impareranno gli uomini che la vita è sacra e appartiene a Dio solo? Quando comprenderanno che siamo tutti fratelli? Al grido per il sangue versato, che si eleva da tante parti della terra, Dio risponde con il sangue del suo Figlio, che ha donato la vita per noi. Cristo non ha risposto al male con il male, ma con il bene, con il suo amore infinito. Il sangue di Cristo è il pegno dell’amore fedele di Dio per l’umanità. Fissando le piaghe del Crocifisso, ogni uomo, anche in condizioni di estrema miseria morale, può dire: Dio non mi ha abbandonato, mi ama, ha dato la vita per me; e così ritrovare speranza. La Vergine Maria, che sotto la croce, insieme con l’apostolo Giovanni, raccolse il testamento del sangue di Gesù, ci aiuti a riscoprire l’inestimabile ricchezza di questa grazia, e a sentirne intima e perenne gratitudine.



    DOPO L’ANGELUS

    In questi giorni siamo stati toccati dalla tragedia di Viareggio. Mi unisco al dolore di quanti hanno perduto persone care, sono rimasti feriti o hanno subìto danni materiali anche gravi. Mentre elevo la mia accorata preghiera a Dio per tutte le persone coinvolte nella tragedia, auspico che simili incidenti non abbiano a ripetersi e sia garantita a tutti la sicurezza sul lavoro e nello svolgimento della vita quotidiana. Voglia Dio accogliere nella sua pace i defunti, concedere pronta guarigione ai feriti e infondere interiore conforto in quanti sono stati toccati nei loro affetti più cari.

    Esprimo inoltre la mia profonda deplorazione per l’attentato compiuto stamani a Cotabato nelle Filippine, dove l’esplosione di una bomba davanti alla Cattedrale, durante la celebrazione della Messa domenicale, ha causato alcuni morti e numerosi feriti, tra cui vi sono donne e bambini. Mentre prego Dio per le vittime dell’ ignobile gesto, elevo la mia voce per condannare ancora una volta il ricorso alla violenza, che non costituisce mai una via degna alla soluzione dei problemi esistenti.

    Il Vescovo di Bolzano-Bressanone mi ha informato che dall’8 al 12 luglio si svolgerà a Bressanone il Campionato Mondiale under 18 di Atletica Leggera. Sono lieto di rivolgere il mio saluto agli organizzatori e a tutti i giovani atleti e di augurare una serena e sana competizione, all’insegna del genuino spirito sportivo.

    J’accueille avec joie tous les pèlerins de langue française et je suis particulièrement heureux de saluer les jeunes du diocèse de Brugge, en Belgique, et du diocèse de Lausanne, Genève et Fribourg, en Suisse. A l’exemple de la Vierge Marie, je vous encourage à être des témoins de la vérité de Dieu en suivant son chemin qui conduit à la vraie vie. Acceptez pour cela de vous laisser guider par la force de l’Esprit Saint ! En ce début de la période estivale, sachez prendre du temps pour Dieu afin d’être des porteurs de la Bonne Nouvelle ! Que Dieu vous bénisse, ainsi que vos familles et vos amis !

    I greet all the English-speaking pilgrims and visitors present at this Angelus. Today’s readings remind us of the call to turn away from empty promises and to heed the voice of the prophets and the wisdom of our Lord. May your time here in Rome strengthen your resolve to bear witness courageously to the Lord in your homes, schools and places of work. Upon you and your families, I invoke God’s abundant blessings of peace and joy!

    Einen frohen Gruß richte ich an die Gläubigen deutscher Sprache. Gott ist unsere Kraft, sagt uns Paulus in der zweiten Lesung des heutigen Sonntags. Im Glauben und im Vertrauen auf seine Gnade können wir unsere persönlichen Schwächen ertragen und selbst unter widrigen Umständen im Dienst des Herrn ausharren. Gott läßt uns in unserer Schwachheit nicht allein. Vielmehr will er, daß seine heilbringende Macht unter uns wirksam wird. Öffnen wir Christus unser Herz. Dann werden wir mit ihm Werkzeuge des Guten in der Welt sein. Der Herr schenke euch allezeit seine Gnade und seinen Frieden.

    Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española. En el evangelio de este domingo, hemos contemplado la escena en la que Jesús estando "en su tierra" comienza a predicar en la sinagoga. Los que le escuchan desconfiaban de Él porque sabían que era "el hijo del carpintero". El Señor, nos dice el evangelista, quedo extrañado por "su falta de fe" y "no pudo hacer allí ningún milagro". Que la Santísima Virgen María nos alcance la gracia de gozar de una experiencia viva de Cristo, que alimente y nutra nuestra fe en sus palabras y obras. Muchas gracias y feliz domingo.

    Pozdrawiam wszystkich Polaków, a szczególnie rowerzystów z Polski i Litwy, którzy przybyli z Łomży do Rzymu w dziękczynnej pielgrzymce z okazji tysiąclecia ewangelizacji ziem północnych przez świętego Brunona z Kwerfurtu. Proszę Boga, aby to dziedzictwo wiary trwało i rozwijało się w waszych narodach. Kościołowi w Polsce dziękuję za obchody „Dnia Papieskiego", za modlitwy w mojej intencji i za materialne wsparcie papieskich dzieł miłosierdzia. Niech dobry Bóg wam wynagradza i błogosławi!

    [Saluto tutti i Polacchi e, in particolare, i ciclisti provenienti dalla Polonia e dalla Lituania, venuti da Lomza a Roma nel pellegrinaggio di ringraziamento in occasione del millennio dell’evangelizzazione delle terre del nord da parte di San Bruno di Querfurt. Chiedo a Dio che quest’eredità di fede si mantenga e si sviluppi nelle vostre nazioni. Ringrazio la Chiesa in Polonia per le celebrazioni della "Festa del Papa", per le preghiere secondo le mie intenzioni e per il sostegno materiale alle opere di carità papali. Il buon Dio vi ricompensi e vi benedica.]

    Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare l’associazione "Insieme per la vita – Devoti di San Padre Pio", di Mineo. A tutti auguro una buona domenica.



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    00 05/07/2009 16:24
    Omelia del Papa per la riapertura della Cappella Paolina del Palazzo Apostolico


    CITTA' DEL VATICANO, domenica, 5 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'omelia pronunciata da Benedetto XVI nel presiedere questo sabato la celebrazione dei Vespri in occasione della riapertura della Cappella Paolina del Palazzo Apostolico Vaticano, dedicata ai Santi Pietro e Paolo.

    * * *

    Signori Cardinali,

    venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

    cari fratelli e sorelle!

    Si realizza quest’oggi, a pochi giorni dalla solennità dei Santi Pietro e Paolo e dalla chiusura dell’Anno Paolino, il mio desiderio di poter riaprire al culto la Cappella Paolina. Nelle Basiliche Papali di San Paolo e di San Pietro abbiamo vissuto le celebrazioni solenni in onore dei due Apostoli; questa sera, quasi a completamento, ci raccogliamo nel cuore del Palazzo Apostolico, nella Cappella che è stata voluta dal Papa Paolo III e realizzata da Antonio da Sangallo il Giovane, proprio quale luogo riservato di preghiera per il Papa e per la Famiglia pontificia. Aiutano a meditare e a pregare in maniera quanto mai efficace i dipinti e le decorazioni che la abbelliscono, in particolare i due grandi affreschi di Michelangelo Buonarroti, che sono gli ultimi della sua lunga esistenza. Rappresentano la conversione di Paolo e la crocifissione di Pietro.

    Lo sguardo è attratto innanzitutto dal volto dei due Apostoli. E’ evidente, già dalla loro posizione, che questi due volti giocano un ruolo centrale nel messaggio iconografico della Cappella. Ma, al di là della collocazione, essi ci attirano subito "oltre" l’immagine: ci interrogano e ci inducono a riflettere. Anzitutto, soffermiamoci su Paolo: perché è rappresentato con un volto così anziano? E’ il volto di un uomo vecchio, mentre sappiamo – e lo sapeva bene anche Michelangelo – che la chiamata di Saulo sulla via di Damasco avvenne quando egli era circa trentenne. La scelta dell’artista ci porta già fuori dal puro realismo, ci fa andare oltre la semplice narrazione degli eventi per introdurci ad un livello più profondo. Il volto di Saulo-Paolo - che è poi quello dello stesso artista ormai vecchio, inquieto e in cerca della luce della verità - rappresenta l’essere umano bisognoso di una luce superiore. E’ la luce della grazia divina, indispensabile per acquistare una vista nuova, con cui percepire la realtà orientata alla "speranza che vi attende nei cieli" – come scrive l’Apostolo nel saluto iniziale della Lettera ai Colossesi, che abbiamo appena ascoltato (1,5).

    Il volto di Saulo caduto a terra è illuminato dall’alto, dalla luce del Risorto e, pur nella sua drammaticità, la raffigurazione ispira pace e infonde sicurezza. Esprime la maturità dell’uomo interiormente illuminato da Cristo Signore, mentre attorno ruota un turbinìo di eventi in cui tutte le figure si ritrovano come in un vortice. La grazia e la pace di Dio hanno avvolto Saulo, lo hanno conquistato e trasformato interiormente. Quella stessa "grazia" e quella stessa "pace" egli annuncerà a tutte le sue comunità nei suoi viaggi apostolici, con una maturità di anziano non anagrafica, ma spirituale, donatagli dal Signore stesso. Qui dunque, nel volto di Paolo, possiamo già percepire il cuore del messaggio spirituale di questa Cappella: il prodigio cioè della grazia di Cristo, che trasforma e rinnova l’uomo mediante la luce della sua verità e del suo amore. In questo consiste la novità della conversione, della chiamata alla fede, che trova il suo compimento nel mistero della Croce.

    Dal volto di Paolo passiamo così a quello di Pietro, raffigurato nel momento in cui la sua croce rovesciata viene issata ed egli si volta a fissare chi lo sta osservando. Anche questo volto ci sorprende. L’età rappresentata qui è quella giusta, ma è l’espressione a meravigliarci e interrogarci. Perché questa espressione? Non è un’immagine di dolore, e la figura di Pietro comunica un sorprendente vigore fisico. Il viso, specialmente la fronte e gli occhi, sembrano esprimere lo stato d’animo dell’uomo di fronte alla morte e al male: c’è come uno smarrimento, uno sguardo acuto, proteso, quasi a cercare qualcosa o qualcuno, nell’ora finale. E anche nei volti delle persone che gli stanno intorno risaltano gli occhi: serpeggiano sguardi inquieti, alcuni addirittura spaventati o smarriti. Che significa tutto questo? E’ ciò che Gesù aveva predetto a questo suo Apostolo: "Quando sarai vecchio un altro ti porterà dove tu non vuoi"; e il Signore aveva aggiunto: "Seguimi" (Gv 21,18.19). Ecco, si realizza proprio ora il culmine della sequela: il discepolo non è da più del Maestro, e adesso sperimenta tutta l’amarezza della croce, delle conseguenze del peccato che separa da Dio, tutta l’assurdità della violenza e della menzogna. Se in questa Cappella si viene a meditare, non si può sfuggire alla radicalità della domanda posta dalla croce: la croce di Cristo, Capo della Chiesa, e la croce di Pietro, suo Vicario sulla terra.

    I due volti, su cui si è soffermato il nostro sguardo, stanno l’uno di fronte all’altro. Si potrebbe anzi pensare che quello di Pietro sia rivolto proprio al volto di Paolo, il quale, a sua volta, non vede, ma porta in sé la luce di Cristo risorto. E’ come se Pietro, nell’ora della prova suprema, cercasse quella luce che ha donato la vera fede a Paolo. Ecco allora che in questo senso le due icone possono diventare i due atti di un unico dramma: il dramma del Mistero pasquale: Croce e Risurrezione, morte e vita, peccato e grazia. L’ordine cronologico tra gli avvenimenti rappresentati è forse rovesciato, ma emerge il disegno della salvezza, quel disegno che lo stesso Cristo ha realizzato in se stesso portandolo a compimento, come abbiamo poc’anzi cantato nell’inno della Lettera ai Filippesi. Per chi viene a pregare in questa Cappella, e prima di tutto per il Papa, Pietro e Paolo diventano maestri di fede. Con la loro testimonianza invitano ad andare in profondità, a meditare in silenzio il mistero della Croce, che accompagna la Chiesa fino alla fine dei tempi, e ad accogliere la luce della fede, grazie alla quale la Comunità apostolica può estendere fino ai confini della terra l’azione missionaria ed evangelizzatrice che le ha affidato Cristo risorto. Qui non si fanno solenni celebrazioni con il popolo. Qui il Successore di Pietro e i suoi collaboratori meditano in silenzio e adorano il Cristo vivente, presente specialmente nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia.

    L’Eucaristia è il sacramento in cui si concentra tutta l’opera della Redenzione: in Gesù Eucaristia possiamo contemplare la trasformazione della morte in vita, della violenza in amore. Nascosta sotto i veli del pane e del vino, riconosciamo con gli occhi della fede la stessa gloria che si manifestò agli Apostoli dopo la Risurrezione, e che Pietro, Giacomo e Giovanni contemplarono in anticipo sul monte, quando Gesù si trasfigurò davanti a loro: evento misterioso, la Trasfigurazione, che il grande quadro di Simone Cantarini ripropone anche in questa Cappella con forza singolare. In realtà però tutta la Cappella – gli affreschi di Lorenzo Sabatini e Federico Zuccari, le decorazioni dei numerosi altri artisti convocati qui in un secondo momento dal Papa Gregorio XIII –, tutto, potremmo dire, qui confluisce in un medesimo unico inno alla vittoria della vita e della grazia sulla morte e sul peccato, in una sinfonia di lode e di amore a Cristo redentore che risulta altamente suggestiva.

    Cari amici, al termine di questa breve meditazione, vorrei ringraziare quanti hanno cooperato affinché noi potessimo nuovamente godere di questo luogo sacro completamente restaurato: il Prof. Antonio Paolucci e il suo predecessore il Dott. Francesco Buranelli, che, quali Direttori dei Musei Vaticani, hanno sempre avuto a cuore questo importantissimo restauro; i vari operatori specialisti che, sotto la direzione artistica del Prof. Arnold Nesselrath, hanno lavorato sugli affreschi e sui decori della Cappella e, in particolare, il Maestro Ispettore Maurizio De Luca e la sua assistente Maria Pustka, che hanno diretto i lavori e sono intervenuti sui due murali di Michelangelo, avvalendosi della consulenza di una commissione internazionale formata da studiosi di chiara fama. La mia riconoscenza va altresì al Cardinale Giovanni Lajolo ed ai suoi collaboratori del Governatorato, che hanno prestato all’opera speciale attenzione. E naturalmente un caloroso e doveroso grazie rivolgo ai benemeriti mecenati cattolici, americani e non, ossia ai Patrons of the Arts, impegnati generosamente nella salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale in Vaticano, i quali hanno reso possibile il risultato che oggi ammiriamo. A tutti e a ciascuno giunga l’espressione della mia riconoscenza più cordiale.

    Canteremo tra poco il Magnificat. Maria Santissima, Maestra di preghiera e di adorazione, insieme con i santi Pietro e Paolo, ottenga abbondanti grazie a quanti si raccoglieranno con fede in questa Cappella. E noi questa sera, grati a Dio per le sue meraviglie, e specialmente per la morte e risurrezione del suo Figlio, eleviamo a Lui la nostra lode anche per quest’opera giunta oggi al suo compimento. "A Colui, che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen" (Ef 3,20-21).





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    LE UDIENZE

    Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

    S.E. il Sig. Carl-Henry Guiteau, Inviato Straordinario e Plenipotenziario di Haiti, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali;

    Em.mo Card. Antonio Cañizares Llovera, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

    Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

    Em.mo Card. Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli (Italia);

    S.E. il Sig. Luis Miguel Leitão Ritto, Capo Delegazione della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede, in visita di congedo;

    S.E. il Sig. Acisclo Valladares Molina, Ambasciatore di Guatemala, in visita di congedo.

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    LE LETTERE CREDENZIALI DELL’INVIATO STRAORDINARIO E PLENIPOTENZIARIO DI HAITI PRESSO LA SANTA SEDE

    Alle ore 11.10 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza S.E. il Signor Carl-Henry Guiteau, Inviato Straordinario e Plenipotenziario di Haiti presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa gli ha rivolto nonché i cenni biografici essenziali di S.E. il Signor Carl-Henry Guiteau:


    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    Monsieur l’Ambassadeur,

    C’est avec joie que j’accueille Votre Excellence à l’occasion de la présentation des Lettres qui L’accréditent comme Envoyé Extraordinaire et Plénipotentiaire d’Haïti près le Saint-Siège, mission qui n’est d’ailleurs pas inconnue à Votre Excellence, puisqu’Elle a déjà exercé la même charge près du Siège Apostolique de 2002 à 2004.

    Je vous suis reconnaissant de m’avoir transmis le message cordial que m’adresse Son Excellence Monsieur René Garcia Préval, Président de la République. En retour, je vous saurais gré de bien vouloir Lui exprimer mes vœux les meilleurs pour sa personne et pour tous les Haïtiens, leur souhaitant de pouvoir vivre dans la dignité et dans la sécurité et de constituer une société toujours plus juste et plus fraternelle. Monsieur l’Ambassadeur, en vous remerciant de vos paroles courtoises, je voudrais aussi faire mention de la prochaine célébration du cent-cinquantième anniversaire du Concordat entre le Saint-Siège et Haïti, le plus ancien en Amérique. À cette occasion, je me réjouis des fruits nombreux que ces Accords ont produit pour l’Église et pour la Nation, soulignant encore à ce propos qu’en Haïti la communauté catholique a toujours joui de l’estime des Autorités et de la population.

    Au cours des derniers mois, Excellence, votre pays a connu des catastrophes naturelles qui ont provoqué de graves dommages sur toute l’étendue du territoire national. Les nombreuses destructions causées par les ouragans dans le domaine de l’agriculture ont aggravé la situation déjà difficile de nombreuses familles. Je souhaite que la solidarité internationale à laquelle j’avais fait appel à plusieurs reprises l’an dernier continue à se manifester. En effet, il est nécessaire qu’en cette période particulièrement délicate de la vie nationale, la communauté internationale pose des signes concrets de soutien aux personnes qui sont dans le besoin. Par ailleurs, comme on le sait, au cours des dernières années, de nombreux Haïtiens ont quitté leur pays afin de chercher ailleurs des ressources pour faire vivre leurs familles. Aussi est-il souhaitable que, malgré les situations administratives parfois problématiques, des solutions rapides soient trouvées pour permettre à ces familles de vivre réunies.

    Cette vulnérabilité de votre pays aux intempéries, parfois violentes, qui le frappent régulièrement, a aussi conduit à une meilleure prise de conscience de la nécessité de prendre soin de la création. Il y a en effet une sorte de parenté de l’homme avec la création qui doit le conduire à en respecter chaque réalité. La protection de l’environnement est un défi pour tous, car il s’agit de défendre et de valoriser un bien collectif, destiné à tous, responsabilité qui doit donc inciter les générations présentes à avoir le souci des générations à venir. L’exploitation inconsidérée des ressources de la création et ses conséquences, qui le plus souvent affectent gravement la vie des plus pauvres, ne pourront être affrontées efficacement que grâce à des choix politiques et économiques conformes à la dignité humaine ainsi qu’à une coopération internationale effective.

    Cependant, dans votre pays les signes d’espérance ne manquent pas. Ils sont fondés notamment sur les valeurs humaines et chrétiennes qui existent dans la société haïtienne, comme le respect de la vie, l’attachement à la famille, le sens des responsabilités et surtout la foi en Dieu qui n’abandonne pas ceux qui se confient en Lui. L’attachement à ces valeurs permet d’éviter tant de maux qui menacent la vie sociale et familiale. Aussi, j’encourage vivement les efforts de tous ceux qui dans votre pays contribuent à développer la protection de la vie et à redonner à l’institution familiale toute son importance, en retrouvant notamment la valeur du mariage dans la vie sociale. En effet, « tout modèle de société qui entend servir le bien de l’homme ne peut pas faire abstraction du caractère central et de la responsabilité sociale de la famille » (Compendium de la Doctrine sociale de l’Église, n. 214). Dans cette perspective, il est indispensable de fournir un véritable soutien aux familles qui sont dans le besoin, et d’assurer une protection efficace aux femmes et aux enfants qui sont parfois victimes de violences, d’abandon ou d’injustice.

    L’éducation des jeunes est aussi une priorité pour l’avenir de la Nation. Cette tâche est importante et urgente pour développer la qualité de la vie humaine, tant au niveau individuel que social. En effet, à la racine de la pauvreté se trouvent souvent diverses formes de privation culturelle. Dans ce domaine, l’Église catholique apporte une contribution notable, aussi bien par ses nombreuses institutions éducatives que par sa présence dans les régions rurales et éloignées, ou encore par la qualité de l’éducation et de la formation qu’apportent les écoles catholiques. Je me réjouis de savoir que ces institutions sont appréciées des Autorités comme de la population. En cette heureuse occasion, Monsieur l’Ambassadeur, je voudrais aussi saluer chaleureusement la communauté catholique de votre pays qui, guidée par ses Évêques, témoigne généreusement de l’Évangile. Je l’encourage à poursuivre son service de la société haïtienne en étant toujours attentive aux nécessités des plus pauvres et en recherchant avec tous l’unité de la nation, dans la fraternité et la solidarité. Ainsi, est-elle un authentique signe d’espérance pour tous les Haïtiens.

    Monsieur l’Ambassadeur, alors que commence votre noble mission de représenter votre pays auprès du Saint-Siège, je vous adresse mes vœux les plus cordiaux pour son heureuse réussite et je vous assure que vous trouverez toujours auprès de mes collaborateurs la compréhension et le soutien qui vous seront nécessaires!

    Sur votre personne, sur votre famille, sur vos collaborateurs ainsi que sur le peuple haïtien tout entier et sur ses dirigeants, j’invoque de grand cœur l’abondance des Bénédictions divines.

    S.E. il Sig. Carl-Henry Guiteau

    Inviato Straordinario e Plenipotenziario di Haiti presso la Santa Sede

    È nato a Port-au-Prince il 17 gennaio 1952.

    È sposato ed ha due figli.

    Laureato in Ingegneria (Haiti, 1979), ha ricoperto i seguenti incarichi: Docente di matematica (1976-1984), Coordinatore Pedagogico (1979-1997) e Direttore Generale Aggiunto nelle Scuole Superiori di Haiti (1997-2001); Incaricato del Programma e della Ricerca presso l’Istituto Superiore di Formazione Politica e Sociale (ISPOS) (1999-2002); Ambasciatore d’Haiti presso la Santa Sede (2002-2004); Consulente presso l’ISPOS (2005-2007); Gestore del Progetto educativo del Centro internazionale di documentazione Haitiano, Caraibico e Afro-Canadese (CIDIHCA) (febbraio-agosto 2007).

    Ha partecipato a numerose Conferenze internazionali sul ruolo e la formazione degli insegnanti.

    Parla il creolo, il francese e lo spagnolo.

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    00 07/07/2009 01:48
    Benedetto XVI all'inviato straordinario e plenipotenziario di Haiti
    Scelte politiche ed economiche per evitare lo sfruttamento sconsiderato delle risorse



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 6 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere lunedì mattina il signor Ambasciatore Carl-Henri Guiteau, inviato straordinario e plenipotenziario di Haiti presso la Santa Sede, il quale ha presentato le Lettere con le quali viene accreditato nell'alto ufficio.

    * * *

    Signor Ambasciatore,

    È con gioia che l'accolgo in occasione della presentazione delle Lettere che l'accreditano come Inviato Straordinario e Plenipotenziario di Haiti presso la Santa Sede, missione che d'altronde non le è sconosciuta, Eccellenza, poiché ha già svolto lo stesso incarico presso la Sede Apostolica dal 2002 al 2004.

    Le sono riconoscente per avermi trasmesso il messaggio cordiale rivoltomi da Sua Eccellenza il signor René Garcia Préval, Presidente della Repubblica. In cambio, le sarei grato se potesse formulargli i miei voti migliori per la sua persona e per tutti gli haitiani, auspicando loro di poter vivere nella dignità e nella sicurezza e di costituire una società sempre più giusta e più fraterna. Signor Ambasciatore, nel ringraziarla per le sue cortesi parole, desidero anche ricordare la prossima celebrazione del centocinquantesimo anniversario del Concordato fra la Santa Sede e Haiti, il più antico in America. In questa occasione, mi rallegro dei frutti numerosi che tali accordi hanno prodotto per la Chiesa e per la nazione, sottolineando ancora a tale proposito che ad Haiti la comunità cattolica ha sempre goduto della stima delle Autorità e della popolazione.

    Nel corso degli ultimi mesi, Eccellenza, il suo Paese ha conosciuto catastrofi naturali che hanno provocato gravi danni in tutto il territorio nazionale. Le numerose distruzioni causate dagli uragani nel campo dell'agricoltura hanno aggravato la situazione già difficile di molte famiglie. Auspico che la solidarietà internazionale, a cui ho fatto appello in diverse occasioni lo scorso anno, continui a manifestarsi. In effetti, è necessario che, in questo periodo particolarmente delicato della vita nazionale, la comunità internazionale dia segni concreti di sostegno alle persone che sono nel bisogno. Inoltre, come si sa, nel corso degli ultimi anni, molti haitiani hanno lasciato il Paese per cercare altrove risorse per far vivere le loro famiglie. È pertanto auspicabile che, nonostante le situazioni amministrative a volte problematiche, siano trovate soluzioni rapide per permettere a tali famiglie di vivere riunite.

    Questa vulnerabilità del suo Paese alle intemperie, a volte violente, che lo colpiscono regolarmente, ha anche portato a una migliore presa di coscienza della necessità di prendersi cura del creato. Vi è in effetti una sorta di parentela dell'uomo con il creato che deve portarlo a rispettarne ogni realtà. La tutela dell'ambiente è una sfida per tutti, poiché si tratta di difendere e di valorizzare un bene collettivo, destinato a tutti, responsabilità che deve spingere le generazioni presenti a preoccuparsi per le generazioni future. Lo sfruttamento sconsiderato delle risorse del creato e le sue conseguenze, che più spesso ledono gravemente la vita dei più poveri, potranno essere affrontati solo grazie a scelte politiche ed economiche conformi alla dignità umana, e anche a una cooperazione internazionale effettiva.

    Tuttavia, nel suo Paese non mancano i segni di speranza. Essi sono fondati in particolare sui valori umani e cristiani che esistono nella società haitiana, come il rispetto della vita, l'attaccamento alla famiglia, il senso delle responsabilità e soprattutto la fede in Dio che non abbandona quanti confidano in Lui. L'attaccamento a questi valori permette di evitare i tanti mali che minacciano la vita sociale e familiare. Incoraggio anche vivamente gli sforzi di tutti coloro che nel suo paese contribuiscono a sviluppare la protezione della vita e a ridare all'istituzione familiare tutta la sua importanza, ristabilendo in particolare il valore del matrimonio nella vita sociale. In effetti, «ogni modello sociale che intenda servire il bene dell'uomo non può prescindere dalla centralità e dalla responsabilità sociale della famiglia» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 214). In questa prospettiva, è indispensabile fornire un reale sostegno alle famiglie che sono nel bisogno, e assicurare una protezione efficace alle donne e ai bambini che sono a volte vittime di violenze, di abbandono o d'ingiustizia.

    L'educazione dei giovani è anch'essa una priorità per il futuro della Nazione. Questo compito è importante e urgente per sviluppare la qualità della vita umana, a livello sia individuale sia sociale. In effetti, alla base della povertà si trovano spesso diverse forme di privazione culturale. In questo campo, la Chiesa cattolica apporta un contributo notevole, sia attraverso le sue numerose istituzioni educative sia attraverso la sua presenza nelle regioni rurali e isolate, o anche mediante la qualità dell'educazione e della formazione che le scuole cattoliche offrono. Mi rallegro di sapere che queste istituzioni sono apprezzate sia dalle autorità sia dalla popolazione.

    In questa lieta occasione, Signor Ambasciatore, desidero anche salutare calorosamente la comunità cattolica del suo Paese che, guidata dai suoi Vescovi, rende generosamente testimonianza del Vangelo. La incoraggio a proseguire il suo servizio alla società haitiana, restando sempre attenta ai bisogni dei più poveri e ricercando con tutti l'unità della nazione, nella fraternità e nella solidarietà. Così essa è un autentico segno di speranza per tutti gli haitiani.

    Signor Ambasciatore, mentre comincia la sua nobile missione di rappresentare il suo Paese presso la Santa Sede, le formulo i miei voti più cordiali per il suo felice esito e l'assicuro che troverà sempre presso i miei collaboratori la comprensione e il sostegno che le saranno necessari!

    Sulla sua persona, sulla sua famiglia, sui suoi collaboratori, così come sull'intero popolo haitiano e sui suoi dirigenti, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni divine.

    [Traduzione del testo originale in francese a cura de “L'Osservatore Romano”]

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