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Notizie dal B16F

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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09/02/2009 16:25
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Il Papa ricorda in un telegramma mons. Cipriano Calderón Polo, "servitore altruista della Santa Sede". Ieri, le esequie in Spagna


Un servitore altruista della Santa Sede, caratterizzato da una devozione fedele e generosa: così, in sintesi, Benedetto XVI ha ricordato mons. Cipriano Calderón Polo, scomparso il 4 febbraio all’età di 81 anni, dopo lunga malattia. A firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il Papa ha inviato due telegrammi di cordoglio: il primo alla famiglia del presule, il secondo al direttore generale dei Sacerdoti operai diocesani del Sacro Cuore di Gesù, fraternità cui apparteneva mons. Calderón. Il servizio di Isabella Piro:

Il Papa ricorda con tristezza la morte di mons. Calderón vescovo titolare di Tagora e vicepresidente emerito della Pontificia Commissione per l’America Latina. Per questo, il Pontefice “desidera far giungere il suo più sentito cordoglio” ai familiari del presule scomparso. “In questo momento di particolare afflizione - si legge nel primo telegramma - il Santo Padre offre “ferventi preghiere di suffragio” per l’eterno riposo dell’anima di mons. Calderón, invoca su di lui la materna protezione di Maria Santissima ed imparte ai familiari del presule la Benedizione apostolica, “come segno di fede e di speranza nel Signore Risorto”. Poi, nel telegramma indirizzato alla Fraternità dei Sacerdoti operai diocesani, Benedetto XVI ricorda “la fedele e generosa devozione di questo altruista servitore della Santa Sede”, prima come responsabile dell’edizione settimanale in lingua spagnola de L’Osservatore Romano e poi, dal 1988, come vicepresidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, incarichi che mons. Calderón - continua il telegramma - portò a compimento “come espressione del suo profondo amore a Gesù Cristo e alla missione evangelizzatrice della Chiesa”. Quindi, ancora una volta il Santo Padre benedice “con affetto tutti coloro che piangono una perdita così sentita”.


Ieri, intanto, in Spagna, si sono svolti i funerali del presule. Le esequie hanno avuto luogo nella Cattedrale di Plasencia, dove mons. Calderón era nato nel 1927, e sono state presiedute dal cardinale Antonio Cañizares, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. L’omelia è stata pronunciata, invece, dal vescovo di Plasencia, Amadeo Rodríguez Magro, il quale ha ribadito che “tutta la vita di questo nostro fratello nella fede è rimasta orientata verso il mare infinito di bontà, rappresentato da Gesù Cristo, nel quale si raggiunge la salvezza e la gioia”. Il vescovo di Plasencia ha poi rammentato lo stretto legame tra il presule scomparso ed alcuni Pontefici, come Paolo VI - del quale mons. Calderón fu cronista ufficiale - e come Giovanni Paolo II, con cui condivise la predilezione per “gli amati popoli” latinoamericani e l’ardore missionario, che amava definire “Nuova Evangelizzazione”. Le spoglie di mons. Calderón riposano ora nella Parrocchia di Plasencia dedicata a Cristo Salvatore, dove fu battezzato.


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09/02/2009 17:03
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Un rabbino in difesa di Benedetto XVI

La difesa della vita allenta le tensioni ebraico-cattoliche

di Edward Pentin

ROMA, lunedì, 9 febbraio 2009 (ZENIT.org).

In un momento di tensione nei rapporti tra cattolici ed ebrei, un rabbino ortodosso si è recato in Vaticano offrendo una via per allentare le tensioni fattibile anche se meno utilizzata.
Il rabbino Yehuda Levin, portavoce dell'Unione dei Rabbini Ortodossi degli Stati Uniti e del Canada, ha fatto visita ad alti esponenti della Curia per ottenere il sostegno della Chiesa nella sua opposizione a una marcia per l'orgoglio gay che avrà luogo a Gerusalemme alla fine dell'anno. Spera che il Vaticano e il Nunzio Apostolico in Israele possano aiutarlo a creare una coalizione con altre religioni e denominazioni per bloccare l'evento.
Newyorkese dal linguaggio diretto, Levin ha un grande zelo missionario per difendere la causa pro-vita e crede fermamente che quando si tratta dei rapporti ebraico-cattolici il fatto di difendere la vita e la famiglia dovrebbe sovrapporsi a controversie come la negazione dell'Olocausto da parte del Vescovo lefebvriano Richard Williamson.
“Nei nostri figli si stanno verificando casi di Aids morale”, ha affermato Levin, padre di nove figli. “Non dico che non ci sia spazio per questo [la discussione su Williamson], ma che dovremmo chiederci: 'Cosa possiamo fare per salvare i bambini e la mente dei nostri figli sapendo ciò che è bene e ciò che è male in temi di vita e famiglia?'”.

Il rabbino sostiene pienamente Benedetto XVI nell'ultima controversia. “Ci sono persone che dicono che Papa Benedetto è antisemita e insensibile – questo è ridicolo”, ha dichiarato. “Ha un passato di decenni di antinazismo e simpatia per gli ebrei”.

Levin dice anche di capire ciò che il Papa sta cercando di fare tendendo la mano ai tradizionalisti, perché questi hanno alcune “cose molto importanti” da apportare al cattolicesimo.

“Lo sostengo totalmente. Perché?

Perché capisce tutta la situazione, cioè che la Chiesa cattolica ha un problema con l'estrema sinistra che sta danneggiando immensamente la fede”. La sinistra, a suo avviso, “sta aiutando a distruggere e a corrompere i valori della Chiesa e questo ha un effetto cascata in tutte le comunità religiose del mondo”.

Una Chiesa di 1.250 milioni di membri non può essere ignorata facilmente, osserva. “Ciò che avviene ci riguarda”.
Il rabbino Levin ha anche chiesto scusa per la reazione di alcuni ebrei. “Se lui [il Papa] include inavvertitamente qualcuno che è importante in questo movimento e che dice cose strane è una ragione per buttare via tutto e iniziare subito a condannare Papa Benedetto?”, chiede. “Assolutamente no”.
Levin, che ogni anno partecipa alla Marcia per la Vita a Washington, non dedica molte parole alla nuova amministrazione degli Stati Uniti e avverte dell'“obamificazione” della società, vale a dire degli sforzi del Presidente Obama per cercare di raggiungere un consenso tra tutte le parti nel dibattito sull'aborto.
“Non lo sta ottenendo”, sottolinea. Una donna non può essere “un po' incinta”, né è possibile essere d'accordo “un po' con il matrimonio omosessuale”.
“Lui [Obama] sta prostituendo i valori, e come nordamericano sono offeso. Crede che siamo muti”, ha concluso.

© Copyright Zenit



Alleluia, ci siamo svegliati!!!
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Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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Da Petrus

Addio a Eluana Englaro - Il Vaticano esprime tristezza ma invita a riflettere pacatamente

CITTA’ DEL VATICANO - "Ora che Eluana e' nella pace, ci auguriamo che la sua vicenda, dopo tante discussioni, sia motivo per tutti di riflessione pacata e di ricerca responsabile delle vie migliori per accompagnare nel dovuto rispetto del diritto alla vita, nell'amore e nella cura attenta le persone piu' deboli". Lo ha affermato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, per il quale "la morte di Eluana non puo' non lasciarci un'ombra di tristezza per le circostanze in cui e' avvenuta". Nel suo primo commento, il portavoce vaticano ha ricordato le parole dette domenica scorsa dal Papa esortando a tutelare le persone che "non possono in alcun modo provvedere a se stesse, ma sono totalmente dipendenti dalle cure altrui". Anche in nome di Eluana continueremo dunque a cercare le vie piu’ efficaci per servire la vita", conclude il portavoce ricordando che "di fronte alla morte, il credente si raccoglie in preghiera e affida a Dio l'anima di Eluana, una persona a cui abbiamo voluto bene e che negli ultimi mesi e' diventata parte della nostra vita".

10/02/2009 08:11
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Re:

+PetaloNero+, 2/10/2009 2:12 AM:

Da Petrus

Addio a Eluana Englaro - Il Vaticano esprime tristezza ma invita a riflettere pacatamente

CITTA’ DEL VATICANO - "Ora che Eluana e' nella pace, ci auguriamo che la sua vicenda, dopo tante discussioni, sia motivo per tutti di riflessione pacata e di ricerca responsabile delle vie migliori per accompagnare nel dovuto rispetto del diritto alla vita, nell'amore e nella cura attenta le persone piu' deboli". Lo ha affermato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, per il quale "la morte di Eluana non puo' non lasciarci un'ombra di tristezza per le circostanze in cui e' avvenuta". Nel suo primo commento, il portavoce vaticano ha ricordato le parole dette domenica scorsa dal Papa esortando a tutelare le persone che "non possono in alcun modo provvedere a se stesse, ma sono totalmente dipendenti dalle cure altrui". Anche in nome di Eluana continueremo dunque a cercare le vie piu’ efficaci per servire la vita", conclude il portavoce ricordando che "di fronte alla morte, il credente si raccoglie in preghiera e affida a Dio l'anima di Eluana, una persona a cui abbiamo voluto bene e che negli ultimi mesi e' diventata parte della nostra vita".




Cara Eluana:
Che tu possa perdonare coloro che ti hanno uccisa ma, soprattutto, tuo padre...
Perdona pure i politici che pur sapendo che avevi una condanna a morte non hanno provveduto tempestivamente a sottrarti dalle mani dei nuovi Mengele...

+ Riposa in pace...
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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
10/02/2009 12:06
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Dov'è la Chiesa che scalda i cuori?

Beppe Severgnini,

Il Papa non era al corrente delle dichiarazioni negazioniste del vescovo Williamson, al momento della remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani? E non aveva pensato che la decisione coincidesse col 50° anniversario dell'annuncio del Concilio Vaticano II?
Ci crediamo. Ma possiamo dire - da osservatori distanti, da cattolici incompetenti - che ciò appare stupefacente? Una svista così possiamo aspettarcela da un governo, per sua natura provvisorio; non dal Vaticano, per definizione definitivo, cauto e informato.
Possiamo aggiungere - con rispetto - una preoccupazione? Questa lezione di teologia continua non rischia di spegnere quello che il sorriso di Giovanni XXIII aveva acceso? I princìpi sono importanti; ma gli uomini, in tempi come questi, hanno bisogno di comprensione e rassicurazione. Qualcuno direbbe: hanno bisogno di amore.
Circondato dall'affetto sospetto degli atei devoti e dall'adulazione interessata degli incoerenti, il Vaticano da tempo istruisce, ammonisce, invita alla perfezione. Ma spesso sembra di vederlo dal lato sbagliato di un cannocchiale: una presenza distante, irraggiungibile. Gli imperfetti guardano, chiamano piano: ma nessuno risponde.
Papa Giovanni XXIII - i cui ritratti ingenui adornano ancora le case degli italiani - aveva capito che bisogna andare incontro agli uomini, non aspettarli. Alberto Melloni, sul "Corriere" del 3 febbraio, ha usato una frase illuminante: "Quella speranza che oggi tutti consegnano a Obama, allora guardò alla Chiesa di Roma (...). Il concilio non fu un'idea, un testo da manovrare ermeneuticamente, ma un evento nel quale la Chiesa ha cercato a mani nude, nelle macerie del Novecento, chiamate di obbedienza più esigenti di quella che era la comoda routine intransigente".
Credo che molte vocazioni, devozioni ed educazioni familiari abbiano le radici in quel periodo. Una voce nuova per un mondo nuovo. Nessuno chiede che la Chiesa sia progressista. Vogliamo molto di più: speriamo sia lungimirante.
I pontefici che hanno scaldato i cuori hanno svegliato i giovani. Papa Roncalli, magnifico bergamasco, non è rimasto solo. Lo ha seguito, nel suo brevissimo pontificato, Giovanni Paolo I, provocando stupore riconoscente. Lo ha rilanciato, lungamente e potentemente, Giovanni Paolo II, che pure non era morbido in materia di dottrina.
Potrebbe farlo - è tempo, è in tempo - Benedetto XVI.
Non è discutendo con i lefebvriani che si riconquistano i ragazzi italiani (e non solo). La Chiesa s'è guadagnata rispetto e attenzione discutendo con noi di sesso nelle ore di religione (grazie don Carlo), e giocandosela a pallone sulla terra degli oratori. Antonio Piloni, si chiamava il curato del Duomo, a Crema, negli anni Sessanta. Se alla domenica la cattedrale è piena, e don Emilio è contento, è anche per merito suo.
Non amo scrivere di questi argomenti: dichiararsi cattolico sui giornali è ormai una furbizia o una dichiarazione di guerra. Ma sento, dentro e fuori di me, un disagio crescente. E lo scrivo, consapevole che non servirà a niente.

© Copyright Italians


Lo vuoi sapere? La Chiesa che scalda i cuori è in Piazza San Pietro! [SM=j7798] Qualche volta, va' a farti un giro una domenica perché sembra che tu stessi vivendo in qualche altro pianeta!
[SM=g7629]

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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
10/02/2009 16:04
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Eluana: la speranza è più forte della morte. La riflessione di mons. Fisichella e di padre Lombardi


L’Italia si è svegliata stamani più sola, commossa e sgomenta per la morte di Eluana Englaro. Alle 19.35 di ieri sera il suo cuore ha cessato di battere in una stanza della clinica “La Quiete” di Udine, dove da quattro giorni le era stata sospesa l’alimentazione e l’idratazione. La morte della giovane donna, in stato vegetativo da 17 anni, è avvenuta mentre in Senato si discuteva su un disegno di legge volto proprio a salvarle la vita. Intanto, la Procura di Udine ha disposto per oggi l’autopsia. Sulla drammatica vicenda, Fabio Colagrande ha raccolto la riflessione del presidente della Pontificia Accademia per la Vita, l'arcivescovo Rino Fisichella:


R. – Innanzitutto, che in questa lunga storia giudiziale – perché di questo si tratta – ci sono stati almeno sei gradi di giudizio che avevano dato un parere contrario, e quindi meraviglia molto che nelle ultime istanze, invece, in assenza di una legge si sia arrivati ad una sentenza di questo genere. Questo, evidentemente, nel cittadino lascia molte perplessità. Ci si domanda se, non essendoci una legge, non sia intervenuta allora una visione ideologica di spingere verso espressioni che evidentemente portano ad individuare la via dell’eutanasia come la soluzione più facile.


D. – La storia di Eluana ha portato anche a radicali, forti divisioni anche nell’opinione pubblica italiana …


R. – Guardi, questa è una vicenda che purtroppo ha avuto una presenza pubblica gigantesca. Credo che lo sbaglio iniziale sia stato proprio questo: sia stato quello di avere voluto una evidenza mediatica oltremisura. Non dimentichiamo che a Udine, nei giorni scorsi, erano presenti televisioni da tutto il mondo. Quindi, si è creato l’evento mediatico e inevitabilmente, lo si è creato per la contrapposizione di posizioni che in questo caso sono quanto mai evidenti. Questa contrapposizione non è servita e non servirà neanche nel futuro.


D. – Come si è comportata la politica, rispetto a questa vicenda?


R. – Già da diverso tempo il Parlamento sta lavorando per approdare ad una legge. C’è un grande lavoro, un grande lavoro che è arrivato momentaneamente ad un testo base che mi sembra un testo di grande equilibrio, perché raccoglie due istanze differenti: l’istanza di chi vuole che si arrivi ad una dichiarazione che consenta di non favorire un accanimento terapeutico e dall’altra, c’è un'istanza – che mi sembra altrettanto lecita, giusta e quanto mai fondamentale – di non considerare idratazione e alimentazione come una terapia. Se questo dibattito è scevro da soluzioni preconcette, potrà arrivare – io me lo auguro – ad una grande maggioranza che dia soprattutto un segno al Paese: il segno che quanti rappresentano i cittadini presso il Parlamento sono realmente capaci di ascolto e sono capaci di trovare soluzioni che mettono in disparte i conflitti e aumentano invece quel senso di serenità che è la condizione basilare perché ci sia una società che crei progresso.


D. – Di fronte a questa vicenda, la Chiesa ha ovviamente continuato ad invocare il principio della difesa della vita dal suo concepimento fino alla sua morte naturale; c’è chi l’ha accusata anche questa volta di ingerenza …


R. – Penso che la Chiesa abbia fatto quello che è conforme alla sua natura e alla sua missione. Noi portiamo la vita, noi siamo testimoni che la morte può essere vinta, perché noi crediamo che Gesù è risorto. Chiedere a noi qualche cosa di diverso, significherebbe non chiederci quello che noi siamo. Ma è inevitabile che in una società così complessa e così articolata e così differenziata ci siano sempre delle voci stonate. Io le prendo come voci stonate, niente di più e niente di meno. Come si può pensare che anche davanti a situazioni come quelle che abbiamo vissuto in questi giorni, non si possa arrivare a sostenere molto di più la pietà cristiana? Quella pietà che non dà la morte, ma quella pietà che fa vincere attraverso l’amore. Ma noi non possiamo dimenticare la grande testimonianza che, nel silenzio, fuori dal chiasso, ma nel silenzio reale di chi ama, di chi si prende cura, hanno offerto le suore della clinica dove Eluana Englaro è stata per tanti anni ospitata, curata, amata: perché non si deve pensare che questa è la testimonianza della Chiesa? E in una società democratica, in una società che sempre più vuole essere laica, perché impedire ai cattolici di far sentire la loro voce? Io rimango fortemente convinto che in una società dove dovesse essere emarginata la voce dei cattolici, si cadrebbe inevitabilmente nel baratro di non avere più un ideale, di non avere più una capacità di speranza. Debbo anche dire che non si può accusare la Chiesa di ingerenza a corrente alterna: un giorno lo diciamo e il giorno dopo, siccome ci sono prospettive che sono più favorevoli ad un’altra parte politica, allora non c’è ingerenza. Vede, fin dagli inizi della Chiesa, quando San Pietro scriveva ai primi cristiani e diceva loro: “Siate sempre pronti a dare ragione della speranza che c’è in voi”, aggiungeva subito: “Questo sia fatto con mitezza, con retta coscienza e con rispetto”. Sono tre condizioni che sono fondamentali nel nostro essere presenti nel mondo. Noi siamo nella condizione di dover dare la nostra testimonianza di speranza e di amore, ma lo vogliamo fare non gridando: perché non è mai detto che chi grida di più abbia ragione. Ecco, io credo che questo sia il nostro messaggio, questo abbiamo bisogno ancora oggi di ribadire, soprattutto in un contesto culturale in cui sembra venir meno il concetto stesso della vita e sembra che la società vada sempre di più verso un degrado, una non comprensione reale del valore della vita.


All’indomani della morte di Eluana, il Senato ha approvato stamani la mozione della maggioranza sul fine vita, che esclude la possibilità di sospendere l'alimentazione e l'idratazione dei pazienti non in grado di provvedere a se stessi. Intanto, si moltiplicano le reazioni di fronte ad una vicenda che ha profondamente scosso l’opinione pubblica ed ha diviso il mondo della politica. Dolore ma non disperazione è il sentimento comune a chi, fino alla fine, si è battuto per la difesa della vita e della sua dignità. Il servizio di Alessandro Gisotti:


La speranza è più forte della morte: lo sanno bene le Suore Misericordine che per 15 anni hanno curato con amore materno Eluana Englaro nella clinica Beato Luigi Talamoni di Lecco e che avevano chiesto al padre Beppino di lasciarla a loro, di lasciarla vivere. Da ieri, le religiose sono raccolte in preghiera ed oggi pomeriggio ricorderanno la loro Eluana con una Messa a cui prenderanno parte anche gli altri pazienti ospitati dalla struttura. Silenzio e preghiera. E raccoglimento, in un giorno di “grande dolore e sconcerto”, lo chiede oggi il cardinale Angelo Bagnasco. Il presidente della Cei, intervenuto in una trasmissione di Canale 5, ha ribadito che “l’eutanasia resta un grande vulnus per la storia del nostro popolo”. Ha quindi espresso l’auspicio che “il Signore illumini tutti quanti per fermare questa deriva davanti alla quale diventa evidente che una legge giusta è necessaria per impedire casi del genere”.


Già ieri sera, i vescovi italiani, attraverso una nota, avevano espresso il proprio dolore per la morte di Eluana. Siamo affranti, si legge nel documento Cei, “ma non viene meno la speranza che nasce dalla fede”. Poco dopo la notizia della morte della donna, il cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute aveva dichiarato all’Ansa: “Che il Signore l'accolga e perdoni chi l'ha portata a questo punto”. Dolore e tristezza viene espressa dai tanti movimenti che in questi giorni, con preghiere e iniziative spontanee, hanno chiesto che Eluana non fosse condotta alla morte. “I fatti parlano da soli e alimentano i più gravi sospetti'', ha commentato Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita augurandosi che almeno Eluana “non sia morta invano”.


“Diciamo grazie ad Eluana – dichiara l’Associazione Papa Giovanni XXIII - per tutto il tempo che è stata con noi e sentiamo Eluana una martire dei tempi moderni, vittima di un accanimento contro la vita senza precedenti”. La morte della Englaro, sottolinea la Comunità di Sant’Egidio, è una “grave ferita alla coscienza e alla cultura della vita del Paese”. “Con Eluana muore la libertà di vivere": è invece il commento del Rinnovamento nello Spirito Santo. Dal canto suo, l’Azione Cattolica invoca il Signore affinché “illumini le menti di chi, da subito, è chiamato a colmare un vuoto legislativo ormai insopportabile”.



Sulla morte di Eluana e gli insegnamenti che si possono trarre da questa dolorosa vicenda, si sofferma in questa nota il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:

Di fronte alla morte il credente si raccoglie in preghiera e affida a Dio l’anima di Eluana, una persona a cui abbiamo voluto bene e che negli ultimi mesi è diventata parte della nostra vita. Ora che Eluana è nella pace, ci auguriamo che la sua vicenda, dopo tante discussioni, sia motivo per tutti di riflessione pacata e di ricerca responsabile delle vie migliori per accompagnare nel dovuto rispetto del diritto alla vita, nell’amore e nella cura attenta le persone più deboli. Quelle che – come ricordava il Papa all’Angelus di domenica – non possono in alcun modo provvedere a se stesse, ma sono totalmente dipendenti dalle cure altrui. La morte di Eluana non può non lasciarci un’ombra di tristezza per le circostanze in cui è avvenuta, ma la morte fisica non è mai, per il cristiano, l’ultima parola. Anche in nome di Eluana continueremo, dunque, a cercare le vie più efficaci per servire la vita.


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Portavoce vaticano: la morte di Eluana non è l'ultima parola


Chiede che sia motivo di riflessione sul valore della vita umana





ROMA, martedì, 10 febbraio 2009 (ZENIT.org).- La morte di Eluana Englaro, la donna di 38 anni in stato vegetativo da 17 morta questo lunedì sera, non ha l'ultima parola, ha affermato il portavoce vaticano.

Padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha commentato la fine terrena di questa fragile vita, avvenuta mentre in Senato si dibatteva un disegno di legge per proibire la sospensione della nutrizione e dell'idratazione che mantenevano in vita la ragazza.

Il sacerdote ha ricordato Eluana come “una persona a cui abbiamo voluto bene e che negli ultimi mesi è diventata parte della nostra vita”.

In una nota diffusa attraverso la “Radio Vaticana”, di cui è direttore, il gesuita commenta che “ora che Eluana è nella pace ci auguriamo che la sua vicenda, dopo tante discussioni, sia motivo per tutti di riflessione pacata e di ricerca responsabile delle vie migliori per accompagnare nel dovuto rispetto del diritto alla vita, nell'amore e nella cura attenta le persone più deboli”.

Citando le parole pronunciate da Benedetto XVI durante l'Angelus di questa domenica, ha quindi menzionato le persone che “non possono in alcun modo provvedere a se stesse, ma sono totalmente dipendenti dalle cure altrui”.

“'La morte di Eluana non può non lasciarci un'ombra di tristezza per le circostanze in cui è avvenuta”, ha riconosciuto padre Lombardi.

“Ma la morte fisica non è mai per il cristiano l'ultima parola. Anche in nome di Eluana continueremo dunque a cercare le vie più efficaci per servire la vita”, ha quindi concluso.

La morte di Eluana è avvenuta nel terzo giorno senza alimentazione né idratazione presso la clinica “La Quiete” di Udine.

I Vescovi italiani avevano chiesto ripetutamente la sua difesa, perché non dipendeva dai macchinari per vivere, ma unicamente dalla somministrazione di alimentazione e idratazione.

Quando è stata resa pubblica la notizia della sua morte, la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha emesso un comunicato per manifestare il suo “grandissimo dolore” ed esprimere la speranza che la sua morte unisca “quanti credono nella dignità della persona e nel valore indisponibile della vita, soprattutto quando è indifesa”.

“Facciamo appello a tutti perché non venga meno questa passione per la vita umana, dal concepimento alla sua fine naturale”, hanno dichiarato i Vescovi.


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Il cardinale Bertone: l'Ue sia più attenta all'Africa e alla Terra Santa


Essere più partecipe delle esigenze degli altri continenti ed avere particolare attenzione per l’Africa e la Terra Santa: è quanto il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone chiede all’Unione Europea incoraggiando le istituzioni politiche ed economiche a mettere in questione consumismo e edonismo e a sostenere la vita e la famiglia. Il porporato ha affrontato i temi che stanno a cuore alla Chiesa a livello internazionale questa mattina, incontrando gli ambasciatori dell’Unione Europea nella sede dell'ambasciata della Repubblica Ceca presso la Santa Sede, ai quali ha ricordato che per avere società stabili e coese occorrono famiglie stabili. Il servizio di Tiziana Campisi:

“Bisogna combattere la tentazione di stabilire contatti con i Paesi africani con l’esclusivo obiettivo di trarne il maggior profitto possibile”, vanno rispettati dignità e diritti inalienabili: questo si può fare per l’Africa, ha detto il cardinale Tarcisio Bertone parlando agli ambasciatori dell’Unione Europea. “Occorre aiutare la soluzione dei conflitti in corso – ha aggiunto – lottare contro le ingiustizie che li hanno provocati e soccorrere le masse di profughi e di sfollati che soffrono e destabilizzano quel continente”. La preoccupazione per l’Africa da parte della Chiesa Cattolica, ha spiegato il porporato “ha la sua fonte ispiratrice nella communio di fede, di speranza e di carità disegnata dal Vangelo”, per questo la Chiesa, nel condividere le sorti delle popolazioni africane, ritiene necessario aiutarle “a divenire sempre di più … soggetti e … protagonisti del proprio destino, nonché del proprio sviluppo culturale, civile, sociale ed economico”. Da qui l’incoraggiamento del cardinale Bertone ai Paesi europei, sulla scia di quanto scritto da Benedetto XVI al cancelliere tedesco Angela Merkel in occasione del G-8 del 2007, “a rispettare gli impegni commerciali in favore dell’Africa”; “a risolvere … i problemi del debito multilaterale di alcuni Paesi africani”; “ad aiutare la nascita di un’agricoltura che garantisca la sicurezza alimentare”; “ad investire nella sanità pubblica”; “a combattere il commercio di armi, il traffico illegale di materie prime, il riciclaggio di denaro sporco, la fuga di capitali, la corruzione di funzionari”. Ma ad interpellare l’Unione Europea è anche la realtà della Terra Santa, ha detto il cardinale Bertone, dove non vi saranno soluzioni durevoli e sostenibili prescindendo dall’ampio panorama medio-orientale. Per accostarsi alle problematiche di quell’area geografica, per il porporato, occorre rispettare aspirazioni ed interessi “legittimi di tutte le popolazioni coinvolte”, mentre “nella striscia di Gaza è … prioritario garantire l’accesso degli aiuti umanitari destinati alla popolazione civile ed insistere perché le parti in causa non si abbandonino alla logica dello scontro e della violenza, ma seguano piuttosto la via del dialogo e del negoziato”. Quanto all’Europa il cardinale Bertone invita a far memoria delle difficoltà attraversate negli anni dai suoi diversi Paesi e delle conseguenze dei regimi comunisti, così come incoraggia all’ascolto e al rispetto di quelle popolazioni che ne sono state soggette allo scopo di affrontare sfide comuni. Infine il porporato ha raccomandato una maggiore attenzione per le famiglie, esortando a politiche che ne rispettino e salvaguardino i diritti. Sottolineando la stabilità che alle società deriva da coppie uomo-donna unite in matrimonio dove viene curata l’educazione dei figli, il cardinale Bertone ha concluso assicurando il contributo della Santa Sede a sostegno della vita e della famiglia.


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Il cardinale Martino in Togo per la presentazione del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa


Su invito della Conferenza dei vescovi del Togo, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, si è recato nella capitale togolese Lomè a presentare il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. Giunto ieri, ha incontrato il presidente della Repubblica, il primo ministro e altre autorità politiche e civili. Stamani, la presentazione del Compendio davanti ad una folla numerosa. Ma cosa vuol dire portare la Dottrina sociale della Chiesa cattolica in Africa? Ecco la risposta del cardinale Renato Martino raggiunto telefonicamente a Lomè da Sergio Centofanti:

R. – Credo sia la cosa più bella che si possa fare, perchè è veramente un continente in attesa di questa Parola, che serve allo sviluppo integrale di tutti i popoli africani. In particolare, la mia presenza qui in Togo è stata definita provvidenziale, perché proprio in questi giorni si sta aspettando la costituzione di una Commissione nazionale della riconciliazione. Ora, qui in Togo, dagli anni ’50, e poi anche dopo l’indipendenza del Paese, ci sono stati degli scontri etnici. Quindi, adesso, sia il presidente della Repubblica che tutti i ministri e i politici sono desiderosi di avviare definitivamente una riconciliazione. E questo è importante. Tutti si attendono un contributo importante da parte dei vescovi e della Chiesa cattolica in questo processo.


D. – Qual è la situazione dell’Africa in questo grave momento di crisi economica mondiale?


R. – Purtroppo, l’Africa soffre di riflesso questa crisi economica mondiale, provocata dalla sete del profitto. E questa crisi finanziaria, naturalmente - è stato rilevato - è stata provocata da fogli di carta. Quello che adesso soffrono i Paesi sviluppati si riflette necessariamente anche sull’Africa. La mia speranza è che i Paesi africani sappiano cominciare ad agire indipendentemente per il proprio sviluppo.


D. – L’Africa aspetta quest’anno due importanti eventi: la visita del Papa in Camerun e Angola, e il Sinodo per l’Africa. Quali le speranze?


R. – Questa visita del Papa in due Paesi dell’Africa sarà importante per tutti gli altri Paesi del continente, perché tutti staranno ad ascoltare. Quello che il Papa dirà in Angola e Camerun varrà per tutti gli altri Paesi dell'Africa e questo - sono sicuro - sarà un’ulteriore spinta per gli africani ad avere fiducia in loro stessi.



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Convegno in Vaticano sull’evoluzione. Mons. Ravasi ribadisce la necessità del dialogo tra scienza e fede


“Evoluzione biologica: fatti e teorie”, questo il tema della Conferenza internazionale, che avrà luogo a Roma dal 3 al 7 marzo, organizzata dalla Pontificia Università Gregoriana, in collaborazione con l’Università statunitense Notre Dame, nello Stato dell’Indiana, nell’ambito del progetto STOQ-Scienza Teologia, e Questione ontologica. L’iniziativa sotto il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, è stata presentata stamane in Sala Stampa vaticana, dal presidente del dicastero mons. Gianfranco Ravasi, insieme al prof. Marc Leclerc, ordinario di Filosofia della Natura alla Gregoriana, al prof. Giuseppe Tanzella Nitti, ordinario di Teologia Fondamentale alla Pontificia Università della Santa Croce e al prof. Saverio Forestiero, docente di Zoologia all’Università di Roma Tor Vergata. Scienziati di varie discipline e filosofi – credenti e non credenti - insieme a teologi saranno chiamati da tutto il mondo per confrontarsi sulle teorie evoluzioniste, a 150 anni dalla pubblicazione de “L’origine della specie” di Charles Darwin. Il servizio di Roberta Gisotti: “Un evento particolarmente importante nei rapporti tra scienza e fede”, ha sottolineato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa, offrendo la parola a mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che già nella fase preparatoria dei lavori, nei mesi scorsi, aveva chiarito che Bibbia e teorie evoluzioniste non sono a priori incompatibili. Ha ribadito oggi la necessità del dialogo che deve intercorrere tra scienza e fede: “E’, questa, un’esigenza che viene sempre più ribadita perché nessuno di questi due approcci è di sua natura capace di esaurire la complessità, la vastità di questo orizzonte che è il mistero-Uomo o il mistero-Universo”. Ha citato a sostegno di questa evidenza, mons. Ravasi, tre pensatori della statura di Nietzsche, Plank e Pensias, sostenitori in diverso modo della non inimicizia o contrasto e finanche della complementarità di religione e scienza, pure in sfere separate: “Ecco la prima grande esigenza di questo Convegno: la necessità di ristabilire ancora questo dialogo nella diversità”. Ma quando – si è chiesto l’arcivescovo Ravasi – si creano difficoltà nel dialogo? Quando si travalicano i confini e si creano confusioni: “Io vorrei ricordare soltanto il trapasso che l’evoluzione ha subito diventando evoluzionismo. La teoria scientifica da discutere secondo lo statuto scientifico si è trasformata progressivamente in un sistema ideologico interpretativo dell’intera realtà umana, passando oltre – perciò – il suo ambito specifico. Ed ecco, per esempio, il sorgere di quella assurdità, a mio avviso, che è il darwinismo sociale”. Ha spiegato mons. Ravasi che l’autore della Genesi non aveva lo scopo di dare risposte scientifiche: “Piuttosto, egli voleva rispondere ad un quesito teologico, usando naturalmente anche la strumentazione del suo tempo. Che senso ha l’Uomo nel cosmo e in se stesso? La sua non era, quindi, un’analisi né di paleoantropologia, di paleontologia, di astrofisica ma di filosofia e di teologia”.
“La vera alternativa – ha concluso il presidente del Pontifico Consiglio della Cultura – non è quindi tra evoluzione e creazione”:

“Sono due interpretazioni, due analisi della realtà da angolature diverse. Caso mai, se ci dev’essere tensione, discussione, dialettica, è tra due sistemi di pensiero. Ecco, quell’evoluzione che è diventata evoluzionismo o quella creazione – dottrina teologica – che è diventato creazionismo, cioè è diventato sistema di pensiero anche scientifico, in questo caso; o l’evoluzionismo che è diventato sistema di pensiero anche filosofico. Allora, in questo caso, ci può essere un eventuale non dico ‘scontro’, ma sicuramente una dialettica abbastanza severa”.



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Eluana è morta, Eluana ora vive

Solo un'ultima riflessione...

Eluana è morta, Eluana ora vive
di don Paolo Farinella
“Laudato sie, mi signore, per sora nostra morte corporale”

Ha preso tutti in contropiede e se n’è andata con un sussulto di dignità, quasi volesse scappare prima che gli avvoltoi del senato, comandati a bacchetta dal loro padrone, decidessero di condannarla all’ergastolo in uno stato di vita che vita non è, perché non umana. Se n’è andata, lontana da suo padre e da sua madre, quasi volesse risparmiargli l’ultima goccia di fiele che essi sorseggiano da diciassette anni. Se n’è andata, approvando le scelte della sua famiglia, l’unica che in questa tragedia fu ed è scevra di interessi e la sola che può vantare gratuità e amore senza ricompensa. Se n’è andata quasi a smentire un pusillanime che non ha esitato a sfregiare la vita e la morte, il Diritto e lo Stato per trarre vantaggi e benefici per sé e la sua bulimia di potere. Se n’è andata per non essere complice del sigillo diabolico tra pagani e devoti, scribi e farisei, che aggiungono pesi sulle spalle degli altri, senza mai muovere un dito per aiutare a portarli.

E’ cresciuta come un virgulto sorridente davanti a Dio e come una radice nella terra arida degli avvoltoi. Non aveva apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lei diletto, perché in coma irreversibile. Disprezzata dal potere e dal fanatismo fu denudata ed esposta su pubblica piazza, quando l’uomo senza ritegno e senza valore, celiò sulla sua capacità di partorire. Donna dei dolori che ben conobbe il patire da oltre diciassette anni, Eluana ora sta davanti a noi invisibile, ma presente, promessa di vita oltre la soglia della morte, che come sorella viene ad abbracciarla per trapiantarla nell’Eden della dignità. Disprezzata dagli scribi e dai farisei, sempre contemporanei, non volle far parte del coro dei suoi difensori per partito preso perché schiavi dei loro astratti principi, e non sanno cosa sia libertà di decidere secondo coscienza, in nome di chi disse che lei è comunque e sempre superiore al sabato. Gli urlatori in difesa della vita, costi quel che costi, sono lefebvriani allo stato puro perché vogliono imporre Dio anche a chi ha scelto di non credere: come quelli sarebbero capaci di uccidere chi non si converte. Eluana è stata trafitta dalla superba protervia che cerca ragione a forza di urla; schiacciata dalla impura indecenza, ora entra nella vita che la morte annuncia e rivela, principio di risurrezione

Chi ha ballato sulla sua tomba prima ancora che morisse ha avuto anche l’impudenza di gridare “assassino” e “boia” al mite babbo, l’unico che l’ha amata senza riserve, con il coraggio di lasciarsi generare dalla figlia che lui aveva generato e anche perduto. Finalmente ora può restituirla alla dignità della morte che è l’unico modo per ridarle la vita. Nel turbinio di questo mondo pazzo e folle, Eluana, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; come agnello condotta al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Eluana è morta. Silenzio. Sipario.

(Nota. Intanto si sentono le rane gracidare forte, ma in diminuendo, fino al silenzio totale. Si spengono le luci in dissolvenza e il buio raddoppia il SILENZIO che tutti ascoltano senza profferire parola).

Altissimu onnipotente bon signore,
tue so le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Laudato si, mi signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare.
(San Francesco d’Assisi, Cantico delle creature, vv. 1-2; 28-29; sec. XIII)

(9 febbraio 2009)

11/02/2009 02:14
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Nella vicenda Englaro risalta la testimonianza della Chiesa


La sovraesposizione mediatica “non è servita”, avverte nons. Rino Fisichella






ROMA, martedì, 10 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Una vicenda come quella di Eluana Englaro testimonia il pericolo insito nel voler emarginare la voce e la testimonianza dei cattolici, ha affermato il Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, l'Arcivescovo Rino Fisichella,

In questo modo il capo del Dicastero vaticano è voluto intervenire a conclusione del dramma di Eluana, la giovane donna, in stato vegetativo da 17 anni, il cui cuore ha cessato di battere questo lunedì sera in una stanza della clinica “La Quiete” di Udine, dove da quattro giorni le era stata sospesa l’alimentazione e l’idratazione.

In una riflessione affidata ai microfoni della Radio Vaticana, il presule ha detto “innanzitutto, che in questa lunga storia giudiziale – perché di questo si tratta – ci sono stati almeno sei gradi di giudizio che avevano dato un parere contrario, e quindi meraviglia molto che nelle ultime istanze, invece, in assenza di una legge si sia arrivati ad una sentenza di questo genere”.

“Questo, evidentemente, nel cittadino lascia molte perplessità – ha continuato – . Ci si domanda se, non essendoci una legge, non sia intervenuta allora una visione ideologica di spingere verso espressioni che evidentemente portano ad individuare la via dell’eutanasia come la soluzione più facile”.

Inoltre, ha sottolineato il presule, un altro sbaglio iniziale è stato quello di avere voluto “una evidenza mediatica oltremisura”: “si è creato l’evento mediatico e inevitabilmente, lo si è creato per la contrapposizione di posizioni che in questo caso sono quanto mai evidenti”.

“Questa contrapposizione non è servita e non servirà neanche nel futuro”, ha aggiunto.

In merito alle prese di posizione della politica rispetto a questa vicenda, il presule ha quindi affermato che “già da diverso tempo il Parlamento sta lavorando per approdare ad una legge”.

“C’è un grande lavoro, un grande lavoro che è arrivato momentaneamente ad un testo base che mi sembra un testo di grande equilibrio, perché raccoglie due istanze differenti: l’istanza di chi vuole che si arrivi ad una dichiarazione che consenta di non favorire un accanimento terapeutico e dall’altra, c’è un'istanza – che mi sembra altrettanto lecita, giusta e quanto mai fondamentale – di non considerare idratazione e alimentazione come una terapia”.

“Se questo dibattito è scevro da soluzioni preconcette, potrà arrivare – io me lo auguro – ad una grande maggioranza che dia soprattutto un segno al Paese – ha commentato –: il segno che quanti rappresentano i cittadini presso il Parlamento sono realmente capaci di ascolto e sono capaci di trovare soluzioni che mettono in disparte i conflitti e aumentano invece quel senso di serenità che è la condizione basilare perché ci sia una società che crei progresso”.

In merito alle accuse di ingerenza rivolte alla Chiesa sul caso Englaro, monsignor Fisichella ha ribattuto: “Penso che la Chiesa abbia fatto quello che è conforme alla sua natura e alla sua missione. Noi portiamo la vita, noi siamo testimoni che la morte può essere vinta, perché noi crediamo che Gesù è risorto”.

“Chiedere a noi qualche cosa di diverso, significherebbe non chiederci quello che noi siamo – ha proseguito –. Ma è inevitabile che in una società così complessa e così articolata e così differenziata ci siano sempre delle voci stonate”.

“Io le prendo come voci stonate, niente di più e niente di meno – ha affermato – . Come si può pensare che anche davanti a situazioni come quelle che abbiamo vissuto in questi giorni, non si possa arrivare a sostenere molto di più la pietà cristiana? Quella pietà che non dà la morte, ma quella pietà che fa vincere attraverso l’amore”.

“Ma noi non possiamo dimenticare la grande testimonianza che, nel silenzio, fuori dal chiasso, ma nel silenzio reale di chi ama, di chi si prende cura, hanno offerto le suore della clinica dove Eluana Englaro è stata per tanti anni ospitata, curata, amata”.

“Perché – si è domandato – non si deve pensare che questa è la testimonianza della Chiesa? E in una società democratica, in una società che sempre più vuole essere laica, perché impedire ai cattolici di far sentire la loro voce?”.

“Io rimango fortemente convinto che in una società dove dovesse essere emarginata la voce dei cattolici, si cadrebbe inevitabilmente nel baratro di non avere più un ideale, di non avere più una capacità di speranza”, ha aggiunto.

“Debbo anche dire che non si può accusare la Chiesa di ingerenza a corrente alterna: un giorno lo diciamo e il giorno dopo, siccome ci sono prospettive che sono più favorevoli ad un’altra parte politica, allora non c’è ingerenza”, ha osservato monsignor Fisichella.

“Vede, fin dagli inizi della Chiesa, quando San Pietro scriveva ai primi cristiani e diceva loro: 'Siate sempre pronti a dare ragione della speranza che c’è in voi', aggiungeva subito: 'Questo sia fatto con mitezza, con retta coscienza e con rispetto'”.

“Sono tre condizioni che sono fondamentali nel nostro essere presenti nel mondo – ha concluso – . Noi siamo nella condizione di dover dare la nostra testimonianza di speranza e di amore, ma lo vogliamo fare non gridando: perché non è mai detto che chi grida di più abbia ragione”.





[Modificato da +PetaloNero+ 11/02/2009 02:23]

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Il cordoglio del Papa per le vittime dei roghi in Australia


Benedetto XVI ha inviato un messaggio di cordoglio alla governatrice generale dell'Australia, Quentin Bryce, per le vittime provocate dai roghi nello Stato di Victoria. Nel messaggio, il Papa assicura "la propria vicinanza e preghiera a tutte le persone colpite e raccomanda alla misericordia di Dio le vittime". Invoca quindi "sulle famiglie delle vittime e su tutti coloro che soffrono per la perdita delle loro proprietà e per la distruzione della terra la forza e la consolazione divina". Il Pontefice prega per tutti coloro che "si stanno prodigando per dare assistenza alle vittime del disastro e li incoraggia nei loro sforzi per portare sollievo e sostegno". Intanto il bilancio degli incendi è salito a 181 morti accertati, più 50 dispersi. Ma rimane un bilancio provvisorio. Ancora 25 grandi incendi sono fuori controllo nelle zone rurali nel sudest del Paese. L'inferno di fuoco, scoppiato sabato scorso, ha incenerito più di 30 mila ettari di territorio e intere cittadine sono state distrutte. Sono oltre 7 mila le persone che si sono registrate alla Croce Rossa per ricevere assistenza e alloggio in centri di ricovero. La polizia ha creato una speciale task-force di 25 detective per indagare su alcuni incendi provocati da piromani.


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Benedetto XVI all'udienza generale: fede, speranza e carità non sono virtù per eroi ma per ogni cristiano. Il Papa prega per i malati


L’udienza generale di questa mattina ha segnato, come annunciato mercoledì scorso dal Papa, la ripresa del ciclo di catechesi pontificie sui Padri della Chiesa. Alle migliaia di fedeli presenti nell'Aula Paolo VI, Benedetto XVI ha presentato la figura di Giovanni Climaco, un monaco eremita vissuto a cavallo tra il sesto e il settimo secolo e autore di un celebre trattato di vita spirituale. Il Papa ha poi concluso l’udienza pregando per gli ammalati, al centro della Giornata mondiale di oggi, memoria della Vergine di Lourdes. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Uno “stratega” dello spirito, vissuto negli stessi luoghi dove Mosè incontrò Dio. Giovanni Climaco è stato presentato da Benedetto XVI come uno “dei grandi scrittori della Chiesa di Oriente e di Occidente” dell’epoca medievale. Nacque in un passaggio drammatico della storia del suo tempo, nell’epoca buia delle invasioni barbariche che tuttavia fece risplendere - nel generale sfacelo delle strutture civili dell’Impero bizantino - la saldezza del corpo della Chiesa, grazie soprattutto “alla rete dei monasteri”. In uno di essi, a 16 anni, Giovanni Climaco è già quello che sarà per tutta la vita: un monaco e poi un eremita, per 40 anni ritirato tra le montagne del Sinai ma non, ha sottolineato il Papa, in fuga dal mondo perché capace di “un amore ardente per gli altri” oltre che per Dio. La sua fama è legata al suo scritto più famoso, la “Scala del Paradiso”:


“La Scala è un trattato completo di vita spirituale, in cui Giovanni descrive il cammino del monaco dalla rinuncia al mondo fino alla perfezione dell’amore. E’ un cammino che - secondo questo libro - si sviluppa attraverso trenta gradini, ognuno dei quali è collegato col successivo”.


“L’insieme di questi gradini - ha affermato Benedetto XVI - costituisce senza dubbio il più importante trattato di strategia spirituale che possediamo”. Una strategia che il Papa ha spiegato condensando i 30 gradini in tre fasi. La prima, ha detto, “si esprime con la rottura col mondo” per ritornare “allo stato dell’infanzia evangelica”. Il distacco dalle persone e dalle cose porta a una più intima comunione con Dio:


“La seconda fase del cammino è costituita dal combattimento spirituale contro le passioni (...) Ma secondo Giovanni Climaco è importante prendere coscienza che le passioni non sono cattive in sé; lo diventano per l’uso cattivo che ne fa la libertà dell’uomo. Se purificate, le passioni schiudono all’uomo la via verso Dio con energie unificate dall’ascesi e dalla grazia”.


La terza e ultima fase è “la perfezione cristiana”. Si tratta, ha spiegato il Pontefice, “degli stadi più alti della vita spirituale”, sperimentabili dai solitari, i cosiddetti “esicasti”, perché in grado di raggiungere la “quiete dell’anima”. Essa, ha osservato, prepara alla “preghiera corporea” e, più ancora, alla “preghiera del cuore”. L’ultimo gradino della scala poggia “sulla trinità delle virtù”: la fede, la speranza e la carità. Virtù che, Benedetto XVI, ha commentato così in una lunga e intensa riflessione spontanea:


“Non sono virtù accessibili solo a eroi morali, ma sono dono di Dio a tutti i battezzati: in esse cresce anche la nostra vita (...) Fondamentale è la fede, perché tale virtù implica che io rinunci alla mia arroganza, al mio pensiero; (...) La speranza nella quale trascendiamo le cose di ogni giorno, non aspettiamo il successo nei nostri giorni terreni, ma aspettiamo alla fine la rivelazione di Dio stesso (…) Nella carità si nasconde il mistero della preghiera, della conoscenza personale di Gesù. Usiamo dunque di questa 'scalata' della fede, della speranza e della carità; arriveremo così alla vera vita".


Al momento dei saluti finali - dopo aver augurato ai vescovi amici del Movimento dei Focolari e della Comunità di Sant’Egidio “frutti abbondanti” dai rispettivi incontri che li vedono impegnati in questi giorni - il Papa ha rivolto un pensiero di solidarietà spirituale agli infermi, nel giorno della Vergine di Lourdes:


“Rivolga su voi tutti, cari fratelli e sorelle ammalati, il suo sguardo di consolazione e di speranza, e vi sostenga nel portare la croce quotidiana in stretta unione con quella redentrice di Cristo”.



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Giornata Mondiale del Malato. Intervista col cardinale Barragán


Le celebrazioni per la Giornata Mondiale del Malato culmineranno oggi pomeriggio con la Santa Messa presieduta nella Basilica di San Pietro alle ore 16.30 dal cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Alla celebrazione eucaristica è stato invitato il personale di tutte le strutture sanitarie dello Stato della Città del Vaticano. Al termine della Santa Messa, alle 17.30 circa, Benedetto XVI scenderà in Basilica per benedire i malati. Entrambi questi eventi saranno seguiti in diretta dalla nostra emittente. Le celebrazioni costituiscono un’ulteriore occasione per ribadire il diritto alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale. Anche nel messaggio per l’odierna Giornata, dedicata quest’anno ai bambini ammalati o vittime di abusi e violenze, il Papa sottolinea “l’assoluta e suprema dignità di ogni vita umana”, che va vissuta “in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza”. Sulle malattie, non solo fisiche, che affliggono molti bambini in diversi Paesi del mondo si sofferma, al microfono di Romilda Ferrauto, il cardinale Javier Lozano Barragán:

R. – I bambini sono la parte più debole dell’umanità e ci colpisce lo stato di abbandono, specialmente di tanti di loro ammalati fisicamente o spiritualmente. Ci colpisce anche il dramma di quei bambini che soffrono intensamente per la separazione dei loro genitori. Questo avviene in Italia, negli Stati Uniti, in Messico e ovunque. C’è poi il fenomeno dei tanti bambini soldato, dei tanti bambini massacrati nelle guerre, in Iraq, in Afghanistan e in altri Paesi. Ci sono i bambini sfruttati per il commercio sessuale e nel lavoro. Ci sono i bambini che si trovano nella povertà assoluta. Tutto questo ci spinge assolutamente a raccomandarli tutti al Signore, perché ricevano sostegno e perché il Signore abbia cura specialmente di loro.


D. – C’è qualche aspetto di questa giornata su cui vuole attirare l’attenzione?


R. – Penso in particolare a quei bambini orfani, con genitori affetti da Aids, i cui nonni non hanno potuto accoglierli. Mi riferisco ai bambini dell’Africa subsahariana. Penso specialmente a loro.


D. – Da sempre, la Chiesa è impegnata nel campo dell’aiuto, dell’assistenza ai malati. Quale è oggi la sfida principale che desta preoccupazione in questo campo?


R. – La secolarizzazione. Io penso che dobbiamo puntare l’attenzione sulla forma di assistenza ai malati che sia veramente cristiana.


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Ottant'anni fa nasceva lo Stato della Città del Vaticano


Un anniversario importante, oggi, per la Chiesa universale: compie 80 anni lo Stato della Città del Vaticano. Il servizio di Roberta Gisotti:

11 febbraio 1929, una data storica che suggella il mutuo riconoscimento tra Regno d’Italia e Stato Vaticano, attraverso i Patti Lateranensi, dal nome del Palazzo del Laterano a Roma dove furono firmati, ponendo fine al lungo periodo di tensioni, sorte all’indomani dell’Unità d’Italia. I Patti constavano di due distinti documenti: il Trattato che riconosceva l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della Città del Vaticano; e il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e lo Stato. Nel 1947 i Patti furono introdotti nella Costituzione della nascente Repubblica italiana ed ancora nel 1984 sono stati sottoposti a revisione, ribadendo piena indipendenza e sovranità reciproche per Italia e Santa Sede, libertà di scelta sull’insegnamento della religione cattolica e tutela dei beni patrimoniali ecclesiastici. Nello stesso anno 1984 l’Unesco ha inserito la Città del Vaticano nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità. Diversi gli eventi celebrativi: oggi pomeriggio in Vaticano verrà inaugurata una Mostra nel Braccio Carlo Magno, mentre domani pomeriggio il Papa presenzierà ad un concerto ospitato nell’Aula Paolo VI, ed ancora domani il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone introdurrà nel Palazzo del Laterano i lavori di un Convegno di studi, organizzato dal Governatorato, intitolato “Un piccolo territorio per una grande missione”. Da segnalare infine la speciale serie di francobolli vaticani con le immagini dei Pontefici dal 1929 ad oggi.


Diamo ora la parola al cardinale Giovanni Lajolo, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, intervistato da Philippa Hitchen sul peculiare mandato della Santa Sede nel mondo odierno:

D. - Come si può spiegare oggi la necessità di uno Stato sovrano per esercitare un'autorità spirituale sui Cattolici sparsi nel mondo?


R. - Tutto il significato dello Stato sovrano della Città del Vaticano sta nel mettere il Papa al riparo da qualsiasi ingerenza politica nella guida della Chiesa e nel suo magistero evangelico, che è diretto non soltanto alla Chiesa, ma a tutta l’umanità. Il Vicario di Cristo deve essere indipendente e libero, non deve essere tenuto a rispondere ad alcuna autorità terrena, ma solo a Dio. La storia, soprattutto dell’Europa, ha dimostrato troppe volte nel corso dei secoli, ed ancora nel secolo scorso, l’inclinazione di alcuni regimi e di alcuni governi ad incatenare la voce del Papa. Ancor oggi non pochi uomini politici vorrebbero che il Papa non si pronunciasse su temi morali a loro sgraditi.


D. - Lei è stato per alcuni anni segretario per i Rapporti con gli Stati. Quali sono le sfide più difficili nel rappresentare il più piccolo Stato del mondo in sedi internazionali?


R. - Le grandi sfide che essa affronta sono sempre sfide che interpellano la Chiesa, ed anzitutto la libertà della Chiesa locale – vale a dire dei vescovi insieme ai loro fedeli – nei loro rapporti con il Papa, Vicario di Cristo e successore dell’Apostolo Pietro. Ma non solo questo. L’attività internazionale della Santa Sede è rivolta ad affrontare le grandi questioni dei diritti umani, a partire da quella della vita e del nutrimento, il diritto ad una vera libertà di religione – questo è il primo dei diritti alla libertà, perché riguarda il più importante rapporto della persona umana: il rapporto con Dio. Altre grandi sfide sono quelle del diritto allo sviluppo economico dei Paesi più poveri e deboli, ma anche delle persone povere e svantaggiate. Non da oggi una sfida cruciale è quella dell’emigrazione, che è presente non solo nei Paesi del mondo occidentale, ma anche nel mondo arabo e nel resto del mondo. Tutte queste sfide non sono che tasselli della grande sfida di fondo, del grande impegno della Chiesa: quello della pace.


Tra pochi giorni si festeggerà anche un altro anniversario: i 25 anni del nuovo Concordato, firmato il 18 febbraio del 1984. Alessandro Guarasci ha intervistato il prof. Giuseppe La Torre, giurista cattolico, allora segretario per parte italiana della Commissione mista che condusse le trattative:

R. - Il Concordato, così come rivisto nel 1984, ha avuto come obiettivo quello di armonizzare le disposizioni concordatarie da un lato alla Costituzione e, dall’altro, ai principi del Concilio Vaticano II, e di affermare con forza il principio della collaborazione, evidentemente nella distinzione dei compiti e delle finalità e delle funzioni tra lo Stato e la Chiesa che è in Italia. Dal 1984 ad oggi questa collaborazione si è manifestata in una serie di ambiti assai significativi. Vorrei ricordare, in particolare, quello delle istituzioni cattoliche e il loro impegno nell’ambito del sociale, nell’ambito del no profit, delle nuove povertà e delle nuove esigenze poste da una società in trasformazione.


D. – Si può parlare, dunque, di libera Chiesa in libero Stato?


R. – Direi piuttosto “libera Chiesa e libero Stato”, perché la formula cavouriana con quell’'in’ stava ad indicare in sostanza una posizione di soggezione piena della Chiesa alla sovranità dello Stato, il che da un punto di vista concettuale è improprio, in quanto le finalità che la Chiesa persegue sono finalità del tutto diverse rispetto a quelle che lo Stato persegue.


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11/02/2009 21:28
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La Santa Sede chiede all'Europa più solidarietà con Africa e Terra Santa


Il Cardinal Bertone auspica anche un maggiore sostegno alla famiglia





ROMA, mercoledì, 11 febbraio 2009 (ZENIT.org).- La Santa Sede chiede all'Europa più solidarietà con i popoli del mondo, soprattutto con Africa e Terra Santa. Lo ha affermato il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, durante il discorso che ha pronunciato questo martedì davanti agli ambasciatori dell'Unione Europea presso il Vaticano.

Il porporato si è rivolto ai rappresentanti europei in un incontro presso la sede dell'Ambasciata della Repubblica Ceca, atto con il quale si è celebrata l'inaugurazione della presidenza semestrale dell'Unione da parte di questo Paese.

Le questioni morali che l'Europa deve affrontare attualmente sono due: a livello esterno una maggiore solidarietà nei confronti dei popoli più sfavoriti, soprattutto gli africani e quelli della Terra Santa, a livello interno deve puntare in modo più deciso sulla difesa della famiglia.

Il porporato ha dedicato grande attenzione alla questione dell'Africa, continente che sarà per la Chiesa al centro dell'attenzione con la celebrazione del Sinodo dei Vescovi, la visita papale a marzo e il simposio delle Conferenze Episcopali del continente.

Dopo aver ricordato l'importante opera diplomatica che la Chiesa svolge a favore dei Paesi africani, soprattutto per ciò che riguarda i diritti fondamentali, il Cardinal Bertone ha affermato che il diritto degli africani allo sviluppo “si basa sulla loro appartenenza alla famiglia umana, così come sulla comune dignità e destino dei Paesi poveri e dei Paesi ricchi”.

I Paesi europei, ha spiegato come riporta “L'Osservatore Romano”, devono superare “ la tentazione di stabilire contatti con i Paesi africani con l'esclusivo obiettivo di trarne il maggior profitto possibile”.

Dall'altro lato, ha chiesto un maggiore sforzo per promuovere la riconciliazione nel continente, motivo per il quale “occorre aiutare la soluzione dei conflitti in corso, lottare contro le ingiustizie che li hanno provocati e soccorrere le masse di profughi e di sfollati che soffrono e destabilizzano quel continente”.

Quanto alla situazione della Terra Santa, il Cardinal Bertone si è riferito da un lato alla necessità di agire con urgenza di fronte alla situazione della Striscia di Gaza, dall'altro al bisogno di aiutare i popoli del Medio Oriente a proseguire sulla “difficile, ma indispensabile riconciliazione”.

“La guerra e l'odio non sono la soluzione dei problemi: a taluni ciò suona come un'affermazione utopistica, ma in realtà si tratta di una verità confermata dalla storia più recente della Terra Santa”, ha osservato.

Per arrivare a una pace duratura, a suo avviso, è necessario tener conto del “più ampio panorama mediorientale”, e avere quindi “un approccio globale alle difficoltà dei Paesi di quella regione, nel rispetto delle aspirazioni e degli interessi legittimi di tutte le popolazioni coinvolte”.

Più politica familiare

Quanto alla situazione interna del continente europeo, il Cardinal Bertone ha insistito sull'importanza di rafforzare l'istituzione familiare con politiche adeguate.

Per questo, chiede alle istituzioni politiche ed economiche di “rimettere in questione anche lo stile di vita consumistico ed edonistico” e di “sostenere la vita e la famiglia con azioni risolute su vari fronti”.

La Santa Sede, osserva, “non si stanca di ricordare ai Paesi dell'Unione che, per avere società stabili e coese, occorrono famiglie stabili e queste, a loro volta, hanno bisogno di matrimoni stabili”. Tra il 1998 e il 2006, tuttavia, nell'Europa a 27 il numero dei matrimoni è diminuito del 23,9 per cento, e nel 2006 c'è stato un divorzio ogni circa 30 secondi.

Il Cardinale ha sottolineato che “la coppia uomo-donna unita in matrimonio, stabile e duraturo, offre vantaggi sociali molto maggiori rispetto alle convivenze di fatto e alle madri sole”.


“La coppia sposata comporta, per i figli, maggiori probabilità di buona educazione, più assidua frequenza alla scuola, migliore riuscita negli studi, più sicuro ed elevato successo professionale, minore probabilità di delinquenza, minore consumo di alcool e droghe. Inoltre, comporta migliore salute fisica ed equilibrio psichico per i figli e per gli stessi genitori”.

“Pertanto – ha concluso –, è interesse pubblico che la famiglia sia fondata sul matrimonio e che sia sana”.


11/02/2009 21:28
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Monsignor Ravasi sottolinea l’assurdità del darwinismo sociale


Quando Darwin chiedeva di evitare il matrimonio per poveri e malati





di Antonio Gaspari

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 11 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Martedì 10 febbraio, nel corso della presentazione in Sala Stampa vaticana della Conferenza internazionale su “Evoluzione biologica: fatti e teorie”, monsignor Gianfranco Ravasi ha sollevato il problema dell’assurdità delle teorie che si rifanno al “darwinismo sociale”.

Il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha voluto ricordare “il trapasso che l’evoluzione ha subito diventando evoluzionismo”.

“La teoria scientifica da discutere secondo lo statuto scientifico – ha spiegato – si è trasformata progressivamente in un sistema ideologico interpretativo dell’intera realtà umana, passando oltre – perciò – il suo ambito specifico. Ed ecco, per esempio, il sorgere di quella assurdità, a mio avviso, che è il darwinismo sociale”.

Il darwinismo sociale è quella teoria che trasferisce e giustifica la lotta per la sopravvivenza e la selezione del più forte in ambito umano e comunitario. Questa teoria ha favorito la diffusione di teorie eugenetiche e razziste.

Nel suo volume “L’Origine dell’uomo” (1871), Charles Darwin scriveva: “L’uomo ricerca con cura il carattere, la genealogia dei suoi cavalli, del suo bestiame e dei suoi cani, prima di accoppiarli; ma quando si tratta del suo proprio matrimonio, di rado o meglio mai, si prende tutta questa briga”.

“Eppure l’uomo potrebbe mediante la selezione fare qualcosa non solo per la costituzione somatica dei suoi figli, ma anche per le loro qualità intellettuali e morali. I due sessi dovrebbero star lontani dal matrimonio, quando sono deboli di mente e di corpo; ma queste speranze sono utopie, e non si realizzeranno mai, neppure in parte finché le leggi dell’ereditarietà non saranno completamente conosciute”.

“Chiunque coopererà in questo intento – sottolineava – renderà un buon servigio all’umanità”.

“Il progresso del benessere del genere umano – spiegava Darwin - è un problema difficile da risolvere; quelli che possono evitare una grande povertà per i loro figli dovrebbero astenersi dal matrimonio, perché la povertà non è soltanto un gran male, ma tende ad aumentare poiché provoca l’avventatezza del matrimonio”.

“D’altra parte – concludeva l’autore inglese – come ha notato Galton, se i prudenti si astengono dal matrimonio, mentre gli avventati si sposano, i membri inferiori della società tenderanno a soppiantare i migliori”.

Francis Galton (1822-1911), scienziato britannico e cugino di Charles Darwin, noto soprattutto per le sue ricerche in antropologia e i suoi studi sull'ereditarietà, sviluppò la teoria della selezione della razza attraverso l’eugenetica.

11/02/2009 21:52
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In via di ripresa i rapporti tra Vaticano e mondo ebraico


In corso in questi giorni in Vaticano una serie di incontri ad alto livello





CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 11 febbraio 2009 (ZENIT.org).- L'incrinatura nei rapporti tra Vaticano e mondo ebraico in seguito alla remissione della scomunica a un Vescovo che nega l'Olocausto potrebbe essere giunta al termine, secondo il World Jewish Congress.


L'organizzazione internazionale, che rappresenta 100 comunità ebraiche di tutto il mondo, ha avuto un colloquio lunedì a Roma con il Cardinale Walter Kasper, presidente della Commissione vaticana per le Relazioni Religiose con l'Ebraismo.

La delegazione ha visitato Roma per discutere la remissione della scomunica a quattro Vescovi della Fraternità San Pio X, tra cui il Vescovo Richard Williamson, che in un'intervista alla televisione svedese ha negato la morte di sei milioni di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.

I Vescovi, incluso il superiore generale della Fraternità, sono stati scomunicati nel 1988 dopo aver ricevuto l'ordinazione episcopale illecitamente da parte di monsignor Marcel Lefebvre, che li ha ordinati senza il mandato papale.

Ronald Lauder, presidente del World Jewish Congress, ha affermato che finora il Vaticano ha compiuto i primi passi necessari a rispondere alle preoccupazioni della comunità ebraica, ma che questi passi devono essere seguiti da azioni concrete.

Il Vescovo Williamson, britannico di 68 anni, è stato messo a tacere sulla questione dell'Olocausto e sollevato dai suoi doveri di direttore del seminario della Fraternità San Pio X in Argentina.


“Vogliamo che il Vaticano capisca che accogliendo antisemiti come Williamson i successi di quattro decenni di dialogo ebraico-cattolico dalla dichiarazione del 1965 Nostra Aetate verranno messi in discussione”, ha osservato. “Ora crediamo che il nostro messaggio sia stato compreso. Il dibattito controverso delle ultime tre settimane ha avuto un impatto positivo”.

Richard Prasquier, presidente dell'organizzazione ebraica francese CRIF, e Maram Stern, vicesegretario generale responsabile per il dialogo interreligioso del World Jewish Congress, hanno espresso il proprio ottimismo per il fatto che la situazione attuale possa presto avere fine e non danneggi le relazioni ebraico-cattoliche in futuro.

Riferendosi alle dichiarazioni del Vescovo Williamson alla televisione svedese, Prasquier ha affermato: “Ribadiamo fermamente che la negazione della Shoah non è un'opinione, ma un crimine”.

Lauder ha espresso l'auspicio che la visita di Benedetto XVI in Israele nei prossimi mesi si svolga come è stata programmata. “Attendiamo la visita del Papa in Terra Santa – ha affermato –. Sarà un'opportunità per riaffermare l'impegno del Vaticano nel dialogo con gli ebrei”.







11/02/2009 21:53
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Da Petrus

Benedetto XVI celebra la ‘Giornata Mondiale del Malato’: “La vita umana non è un bene disponibile ma uno scrigno prezioso da custodire e curare dal suo inizio sino alla fine naturale”


CITTA’ DEL VATICANO - "La vita dell'uomo non e' un bene disponibile, ma un prezioso scrigno da custodire e curare con ogni attenzione possibile, dal momento del suo inizio fino al suo ultimo e naturale compimento". Lo ha riaffermato Benedetto XVI nel discorso rivolto agli infermi (accompagnati dall'Unitalsi) e agli operatori sanitari cattolici riuniti in San Pietro per la ‘Giornata Mondiale del Malato’. Pur senza citare il caso Englaro, il Papa ha significativamente aggiunto che di tale esigenza di proteggere la vita "ci rendiamo conto sempre più". "La vita - ha infatti spiegato il Pontefice - e' mistero che di per se stesso chiede responsabilita', amore, pazienza, carita', da parte di tutti e di ciascuno". "Ancor piu' - ha aggiunto -, e' necessario circondare di premure e rispetto chi e' ammalato e sofferente". Benedetto XVI ha ammesso che "questo non e' sempre facile", ma "sappiamo dove poter attingere il coraggio e la pazienza per affrontare le vicissitudini dell'esistenza terrena, in particolare le malattie e ogni genere di sofferenza. Per noi cristiani e' in Cristo che si trova la risposta all'enigma del dolore e della morte". Per il Santo Padre, quindi, "alla 'scuola' del Cristo eucaristico ci e' dato di imparare ad amare la vita sempre e ad accettare la nostra apparente impotenza davanti alla malattia e alla morte". Nell'omelia, il Papa ha poi ricordato che Giovanni Paolo II decise che la ‘Giornata Mondiale del Malato’ coincidesse con la festa della Vergine Immacolata di Lourdes. "In quel luogo sacro - ha rilevato il Pontefice riferendosi alla piccola localita’ dei pirenei - la nostra Madre celeste e' venuta a ricordarci che su questa terra siamo solo di passaggio e che la vera e definitiva dimora dell'uomo e' il Cielo. Verso tale meta dobbiamo tutti tendere". "La luce che viene 'dall'Alto' - ha poi auspicato il Pontefice - ci aiuti a comprendere e a dare senso e valore anche all'esperienza del soffrire e del morire". "Domandiamo alla Madonna - e’ stata la sua esortazione - di volgere il suo sguardo materno su ogni ammalato e sulla sua famiglia, per aiutarli a portare con Cristo il peso della Croce. Affidiamo a Lei, Madre dell'umanita', i poveri, i sofferenti, gli ammalati del mondo intero, con un pensiero speciale per i bambini sofferenti". Perche’ "se gia' si resta senza parole davanti a un adulto che soffre, che dire quando il male colpisce un piccolo innocente?". "Come percepire anche in situazioni cosi' difficili l'amore misericordioso di Dio, che mai abbandona i suoi figli nella prova?", si e' domandato ancora il Papa. "Sono frequenti e talora inquietanti - ha evidenziato il successore di Pietro - tali interrogativi, che in verita' sul piano semplicemente umano non trovano adeguate risposte, poiche' il dolore, la malattia e la morte restano, nel loro significato, insondabili per la nostra mente". Secondo Benedetto XVI, pero', "ci viene in aiuto la luce della fede: la Parola di Dio ci svela che anche questi mali sono misteriosamente 'abbracciati' dal disegno divino di salvezza; la fede ci aiuta a ritenere la vita umana bella e degna di essere vissuta in pienezza pur quando e' fiaccata dal male. Dio ha creato l'uomo per la felicita' e per la vita, mentre la malattia e la morte sono entrate nel mondo come conseguenza del peccato. Ma il Signore - ha assicurato il Pontefice - non ci ha abbandonati a noi stessi; Lui, il Padre della vita, e' il medico per eccellenza dell'uomo e non cessa di chinarsi amorevolmente sull'umanita' sofferente".

11/02/2009 22:06
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Dal blog di Lella...

ARCIVESCOVO SALISBURGO, VATICANO VUOLE RIDURRE CHIESA A SETTA

(ASCA-AFP) - Vienna, 11 feb - Non si placano all'interno del clero austriaco le critiche contro la revoca della scomunica da parte di papa Benedetto XVI ai quattro vescovi lefebvriani, tra cui il negazionista Richard Williamson. ''E' necessario che la Chiesa cattolica sia 'purificata' per essere ridotta a un setta nella quale resterebbe solo un pugno di membri fedeli alla linea ufficiale?'', si chiede l'arcivescovo di Salisburgo, Alois Kothgasser, in una presa di posizione pubblicata da diversi quotidiani. Allo stesso tempo, secondo quanto riporta il quotidiano Kurier, nel corso di una conferenza dei decani della diocesi di Lizn, 31 dei 35 religiosi presenti hanno respinto ieri la nomina da parte del papa dell'ultra-conservatore Gerhard Maria Wagner, 54 anni, a vescovo ausiliario. L'interessato, che non figurava sulla lista proposta dal vescovo della diocesi, si era distinto negli ultimi anni in particolare per aver affermato che lo tsunami del 2004 in Thailandia e l'uragano Katrina che ha devastato New Orleans nel 2005 possono essere considerati castighi divini. ''Nella preoccupazione per la credibilita' della Chiesa e dell'unita' della diocesi, questa nomina non puo' essere approvata'', hanno affermao i decani, citati da Kurier. Tradizionalmente legittimista, il clero austriaco non e' solito criticare le decisioni del Vaticano. Ma le controverse decisioni di Benedetto XVI hanno suscitato l'incomprensione, anche nei circoli piu' conservatori, e accelerato l'emorragia di fedeli, in particolare nalla diocesi di Linz, dove il numero dei cattolici che ha chiesto di essere cancellato dai registri si e' triplicato negli ultimi giorni. ''Quando non c'e' piu' fiducia nella Chiesa locale, la fiducia nell'autorita' centrale della Chiesa universale scompare'', sottolinea Monsignor Kothgasser.

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Vada via l'arcivescovo!!!
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Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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