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Discorsi, omelie, udienze, angelus e altri documenti

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2013 17:43
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26/01/2009 16:35
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE ALL’ARCIVESCOVO DI TARRAGONA (SPAGNA) A CONCLUSIONE DELLE CELEBRAZIONI DEL 1750° ANNIVERSARIO DEL MARTIRIO DEL VESCOVO SAN FRUTTUOSO E DEI DIACONI SANT’AUGURIO E SANT’EULOGIO

Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato tramite l’Em.mo Card Julián Herranz, Suo Inviato Speciale, all’Arcivescovo di Tarragona (Spagna), S.E. Mons. Jaume Pujol Balcells, a conclusione delle celebrazioni del 1750° anniversario del Martirio del Vescovo San Fruttuoso e dei Diaconi Sant’Augurio e Sant’Eulogio:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Al Señor Arzobispo de Tarragona

Mons. Jaume Pujol Balcells

Por medio del Señor Cardenal Julián Herranz, que como muestra de cercanía y aprecio me representa como Enviado Especial, me es grato hacerle llegar un caluroso saludo, así como al presbiterio, a los religiosos y religiosas y a los fieles de esa querida Iglesia particular, uniéndome a la acción de gracias al Señor por el Año Jubilar que ahora concluye, y con el cual se ha querido celebrar el 1750 aniversario del martirio de San Fructuoso, obispo de esa antiquísima sede, y de sus diáconos, San Augurio y San Eulogio.

La conmemoración de estos mártires nos lleva a pensar en una comunidad que, habiendo recibido en los albores del cristianismo el mensaje evangélico transmitido por los Apóstoles, supo confesar, vivir y celebrar su fe sin temor, incluso en un ambiente de incomprensión y hostilidad. El testimonio de quienes dieron su sangre por Cristo sigue iluminando y fortaleciendo la fe de la Iglesia, pues indica sin equívocos que el sentido y la plenitud de nuestra existencia, la razón de la mayor esperanza y más íntimo gozo, es la relación con Dios, fuente de la vida (cf. Spe salvi, 27).

Con este Año Jubilar, la comunidad eclesial de Tarragona, junto con quienes se han unido a ella, ha tenido una oportunidad privilegiada de apreciar el tesoro que lleva dentro y que ha de volver a brillar hoy para dar mayor esplendor y hondura a la vida cristiana en las personas, las familias y las relaciones sociales. Por eso ruego al Señor que este acontecimiento dé nuevos impulsos a una acción pastoral intensa, que haga sentir a todos la alegría y la responsabilidad de ser miembros vivos del cuerpo de Cristo, que es la Iglesia, con el mismo vigor y fidelidad de quienes son honrados como santos Patronos en esa Archidiócesis.

Con estos sentimientos, e invocando la maternal protección de la Santísima Virgen María sobre los Pastores y fieles de Tarragona, les imparto de corazón una especial Bendición Apostólica, que complacido hago extensiva a cuantos participan en las celebraciones conclusivas del mencionado Año Jubilar.

Vaticano, 19 de enero de 2009

BENEDICTUS PP. XVI











26/01/2009 19:10
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CELEBRAZIONE DEI VESPRI NELLA SOLENNITÀ DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO...

... A CONCLUSIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI, 25.01.2009

Alle 17.30 di questo pomeriggio, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Celebrazione dei secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema: Che formino una cosa sola nella tua mano (Ez 37,17).
Prendono parte alla celebrazione Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia nel corso del rito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

è grande ogni volta la gioia di ritrovarci presso il sepolcro dell'apostolo Paolo, nella memoria liturgica della sua Conversione, per concludere la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani. Vi saluto tutti con affetto. In modo particolare saluto il Cardinale Cordero Lanza di Montezemolo, l'Abate e la Comunità dei monaci che ci ospitano.
Saluto pure il Cardinale Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. Con lui saluto i Signori Cardinali presenti, i Vescovi e i Pastori delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, qui convenuti stasera. Una parola di speciale riconoscenza va a quanti hanno collaborato nella preparazione dei sussidi per la preghiera, vivendo in prima persona l'esercizio del riflettere e confrontarsi nell'ascolto gli uni degli altri e, tutti insieme, della Parola di Dio.
La conversione di san Paolo ci offre il modello e ci indica la via per andare verso la piena unità.

L'unità infatti richiede una conversione: dalla divisione alla comunione, dall'unità ferita a quella risanata e piena. Questa conversione è dono di Cristo risorto, come avvenne per san Paolo. Lo abbiamo sentito dalle stesse parole dell'Apostolo nella lettura poc'anzi proclamata: "Per grazia di Dio sono quello che sono" (1 Cor 15,10).

Lo stesso Signore, che chiamò Saulo sulla via di Damasco, si rivolge ai membri della sua Chiesa – che è una e santa – e chiamando ciascuno per nome domanda: perché mi hai diviso? perché hai ferito l'unità del mio corpo?

La conversione implica due dimensioni. Nel primo passo si conoscono e riconoscono nella luce di Cristo le colpe, e questo riconoscimento diventa dolore e pentimento, desiderio di un nuovo inizio. Nel secondo passo si riconosce che questo nuovo cammino non può venire da noi stessi.

Consiste nel farsi conquistare da Cristo. Come dice san Paolo: " … mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo" (Fil 3,12).

La conversiones esige il nostro sì, il mio "correre"; non è ultimamente un'attività mia, ma dono, un lasciarsi formare da Cristo; è morte e risurrezione. Perciò san Paolo non dice: "Mi sono convertito", ma dice "sono morto" (Gal 2,19), sono una nuova creatura.

In realtà, la conversione di san Paolo non fu un passaggio dall'immoralità alla moralità, da una fede sbagliata ad una fede corretta, ma fu l'essere conquistato dall'amore di Cristo: la rinuncia alla propria perfezione, fu l'umiltà di chi si mette senza riserva al servizio di Cristo per i fratelli. E solo in questa rinuncia a noi stessi, in questa conformità con Cristo siamo uniti anche tra di noi, diventiamo "uno" in Cristo. E' la comunione col Cristo risorto che ci dona l'unità.

Possiamo osservare un'interessante analogia con la dinamica della conversione di san Paolo anche meditando sul testo biblico del profeta Ezechiele (37,15-28) prescelto quest'anno come base della nostra preghiera. In esso, infatti, viene presentato il gesto simbolico dei due Leoni riuniti in uno nella mano del profeta, che con questo gesto rappresenta l'azione futura di Dio. E' la seconda parte del capitolo 37, che nella prima parte contiene la celebre visione delle ossa aride e della risurrezione d'Israele, operata dallo Spirito di Dio.

Come non notare che il segno profetico della riunificazione del popolo d'Israele viene posto dopo il grande simbolo delle ossa aride vivificate dallo Spirito? Ne deriva uno schema teologico analogo a quello della conversiones di san Paolo: al primo posto sta la potenza di Dio, che col suo Spirito opera la risurrezione come una nuova creazione. Questo Dio, che è il Creatore ed è in grado di risuscitare i morti, è anche capace di ricondurre all'unità il popolo diviso in due.

Paolo – come e più di Ezechiele – diventa strumento eletto della predicazione dell'unità conquistata da Gesù mediante la croce e la risurrezione: l'unità tra i giudei e i pagani, per formare un solo popolo nuovo. La risurrezione di Cristo estende il perimetro dell'unità: non solo unità delle tribù di Israele, ma unità di ebrei e pagani (cfr Ef 2; Gv 10,16); unificazione dell'umanità dispersa dal peccato e ancor più unità di tutti i credenti in Cristo.
La scelta di questo brano del profeta Ezechiele la dobbiamo ai fratelli della Corea, i quali si sono sentiti fortemente interpellati da questa pagina biblica, sia in quanto coreani, sia in quanto cristiani. Nella divisione del popolo ebreo in due regni si sono rispecchiati come figli di un'unica terra, che le vicende politiche hanno separato, parte al nord e parte al sud. E questa loro esperienza umana li ha aiutati a comprendere meglio il dramma della divisione tra cristiani. Ora, alla luce di questa Parola di Dio che i nostri fratelli coreani hanno scelto e proposto a tutti, emerge una verità piena di speranza: Dio promette al suo popolo una nuova unità, che debe essere segno e strumento di riconciliazione e di pace anche sul piano storico, per tutte le nazioni.
L'unità che Dio dona alla sua Chiesa, e per la quale noi preghiamo, è naturalmente la comuniones in senso spirituale, nella fede e nella carità; ma noi sappiamo che questa unità in Cristo è fermento di fraternità anche sul piano sociale, nei rapporti tra le nazioni e per l'intera famiglia umana.
E' il lievito del Regno di Dio che fa crescere tutta la pasta (cfr Mt 13,33). In questo senso, la preghiera che eleviamo in questi giorni, riferendosi alla profezia di Ezechiele, si è fatta anche intercessione per le diverse situazioni di conflitto che al presente affliggono l'umanità.

Là dove le parole umane diventano impotenti, perché prevale il tragico rumore della violenza e delle armi, la forza profetica della Parola di Dio non viene meno e ci ripete che la pace è possibile, e che dobbiamo essere noi strumenti di riconciliazione e di pace. Perciò la nostra preghiera per l'unità e per la pace chiede sempre di essere comprovata da gesti coraggiosi di riconciliazione tra noi cristiani.

Penso ancora alla Terra Santa: quanto è importante che i fedeli che vivono là, come pure i pellegrini che vi si recano, offrano a tutti la testimonianza che la diversità dei riti e delle tradizioni non dovrebbe costituire un ostacolo al mutuo rispetto e alla carità fraterna.

Nelle diversità legittime di posizioni diverse dobbiamo cercare l'unità nella fede, nel nostro "sì" fondamentale a Cristo e alla sua unica Chiesa. E così le diversità non saranno più ostacolo che ci separa, ma ricchezza nella molteplicità delle espressioni della fede comune.

Vorrei concludere questa mia riflessione facendo riferimento ad un avvenimento che i più anziani tra noi certamente non dimenticano. Il 25 gennaio del 1959, esattamente cinquant'anni or sono, il beato Papa Giovanni XXIII manifestò per la prima volta in questo luogo la sua volontà di convocare "un Concilio ecumenico per la Chiesa universale" (AAS LI [1959], p. 68).

Fece questo annuncio ai Padri Cardinali, nella Sala capitolare del Monastero di San Paolo, dopo aver celebrato la Messa solenne nella Basilica.

Da quella provvida decisione, suggerita al mio venerato Predecessore, secondo la sua ferma convinzione, dallo Spirito Santo, è derivato anche un fondamentale contributo all'ecumenismo, condensato nel Decreto Unitatis redintegratio.

In esso, tra l'altro, si legge: "Ecumenismo vero non c'è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento della mente (cfr Ef 4,23), dall'abnegazione di se stesso e dalla liberissima effusione della carità" (n. 7). L'atteggiamento di conversiones interiore in Cristo, di rinnovamento spirituale, di accresciuta carità verso gli altri cristiani ha dato luogo ad una nuova situazione nelle relazioni ecumeniche. I frutti dei dialoghi teologici, con le loro convergenze e con la più precisa identificazione delle divergenze che ancora permangono, spingono a proseguire coraggiosamente in due direzioni: nella ricezione di quanto positivamente è stato raggiunto e in un rinnovato impegno verso il futuro. Opportunamente il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, che ringrazio per il servizio che rende alla causa dell'unità di tutti i discepoli del Signore, ha recentemente riflettuto sulla ricezione e sul futuro del dialogo ecumenico. Tale riflessione, se da una parte vuole giustamente valorizzare quanto è stato acquisito, dall'altra intende trovare nuove vie per la continuazione delle relazioni fra le Chiese e Comunità ecclesiali nel contesto attuale.

Rimane aperto davanti a noi l'orizzonte della piena unità. Si tratta di un compito arduo, ma entusiasmante per i cristiani che vogliono vivere in sintonia con la preghiera del Signore: "che tutti siano uno, affinché il mondo creda" (Gv 17,21).

Il Concilio Vaticano II ci ha prospettato che "il santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell'unità della Chiesa di Cristo, una e unica, supera le forze e le doti umane" (UR, 24).
Facendo affidamento sulla preghiera del Signore Gesù Cristo, e incoraggiati dai significativi passi compiuti dal movimento ecumenico, invochiamo con fede lo Spirito Santo perché continui ad illuminare e guidare il nostro cammino. Ci sproni e ci assista dal cielo l'apostolo Paolo, che tanto ha faticato e sofferto per l'unità del corpo mistico di Cristo; ci accompagni e ci sostenga la Beata Vergine Maria, Madre dell'unità della Chiesa.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana


Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
27/01/2009 02:10
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Il discorso del Papa al nuovo Ambasciatore di Francia



CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 26 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo lunedì da Benedetto XVI nel ricevere il nuovo Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, il sig. Stanislas Lefebvre de Laboulaye.





* * *

Signor Ambasciatore,

Sono lieto di accoglierla, Eccellenza, in questa circostanza solenne della presentazione delle lettere che l'accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica francese presso la Santa Sede. Prima di tutto, le sarei grato se poteste porgere i miei saluti a Sua Eccellenza Nicolas Sarkozy, Presidente della Repubblica francese, e trasmettergli i voti cordiali che formulo per la sua persona, per la sua azione al servizio del Paese e anche per tutto il popolo francese.

È ancora viva in me la gioia di aver potuto, lo scorso anno, recarmi a Parigi e a Lourdes per celebrare il 150º anniversario delle apparizioni della Vergine Maria a Bernadette Soubirous. Desidero ribadire il mio ringraziamento al signor Presidente della Repubblica per il suo invito, come pure alle autorità politiche, civili e militari che hanno permesso il pieno successo di quel viaggio. La mia gratitudine va anche ai Pastori e ai fedeli cattolici che hanno reso possibile quei grandi raduni, rendendo testimonianza della capacità della fede di lasciare tranquillamente aperto lo spazio d'interiorità che esiste nell'uomo e di riunire fraternamente e gioiosamente grandi folle formate da uomini e donne tanto diversi.

Quei momenti hanno mostrato, se ce n'era bisogno, che la Comunità cattolica è una delle forze vive del vostro Paese. I fedeli hanno ben compreso e accolto con interesse e soddisfazione le parole del vostro Presidente che ha sottolineato come il contributo delle grandi famiglie spirituali costituisce per la vita della nazione una «grande ricchezza» che sarebbe una «follia» ignorare. La Chiesa è pronta a rispondere a questo invito e disponibile a operare in vista del bene comune.

L'anno prossimo si terrà in Francia un grande dibattito attorno alla bioetica. Sono lieto fin da ora che la missione parlamentare sulle questioni relative al termine della vita abbia offerto conclusioni sagge e piene di umanità, proponendo di intensificare gli sforzi per permettere di assistere meglio i malati. Auspico che quella stessa saggezza che riconosce il carattere intoccabile di ogni vita umana possa essere all'opera durante la revisione delle leggi sulla bioetica. I Pastori della Chiesa in Francia hanno abbondantemente lavorato e sono pronti a offrire un contributo di qualità al dibattito pubblico che si terrà. Di recente, il Magistero della Chiesa, da parte sua, ha voluto sottolineare, attraverso il documento Dignitas personae pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, quanto i forti progressi scientifici devono sempre essere guidati dalla preoccupazione di servire il bene e la dignità inalienabile dell'essere umano.

Come ovunque nel mondo, il Governo del suo Paese deve oggi far fronte alla crisi economica: auspico che le misure previste si preoccupino in modo particolare di favorire la coesione sociale, di proteggere le popolazioni più fragili e soprattutto di ridare al maggior numero possibile di persone la capacità e l'opportunità di divenire attori di un'economia realmente creatrice di servizi e di vere ricchezze. Queste difficoltà sono una dolorosa fonte di preoccupazione e di sofferenza per molti, ma sono anche un'opportunità per risanare i meccanismi finanziari, per far progredire il funzionamento dell'economia verso una maggiore attenzione all'uomo e per ridurre le forme vecchie e nuove di povertà (cfr. Discorso all'Eliseo, 12 settembre 2008).

La Chiesa desidera testimoniare Cristo mettendosi al servizio di ogni uomo. Per questo motivo, sono lieto dell'accordo che lei stesso ha menzionato prima e che è stato appena firmato fra la Francia e la Santa Sede sul riconoscimento dei diplomi rilasciati dalle università pontificie e dagli istituti cattolici. Di questo accordo, che s'inscrive nel quadro del processo di Bologna, beneficeranno numerosi studenti francesi e stranieri. Esso mette in evidenza il grande contributo, soprattutto nel campo dell'educazione, della Chiesa che si preoccupa della formazione dei giovani affinché acquisiscano le competenze tecniche adeguate per esercitare in futuro le loro capacità, e ricevano anche una formazione che li porti a essere vigili per affrontare la dimensione etica di ogni responsabilità.

Poco tempo fa, le autorità francesi hanno espresso ancora una volta la loro forte volontà di dotarsi di meccanismi di discussione e di rappresentanza dei culti. A tale riguardo, nel mio viaggio in Francia, mi sono potuto congratulare per la messa in atto dell'istanza ufficiale di dialogo fra il Governo francese e la Chiesa cattolica. Conosco, inoltre, la preoccupazione permanente dei Vescovi francesi di creare le condizioni per un dialogo sereno e permanente con tutte le comunità religiose e tutte le correnti di pensiero. Li ringrazio perché si preoccupano così di assicurare le basi di un dialogo interculturale e interreligioso in cui le diverse comunità religiose abbiano l'opportunità di dimostrare di essere fattori di pace. In effetti, come ho voluto sottolineare dal palco dell'Onu, riconoscendo il valore trascendente di ogni essere umano, lungi dal mettere gli uomini gli uni contro gli altri, esse favoriscono la conversione del cuore «che poi porta a un impegno di resistere alla violenza, al terrorismo o alla guerra, e di promuovere la giustizia e la pace» (18 aprile 2008).

A tale proposito, lei, signor Ambasciatore, ha ricordato le numerosi crisi che segnano oggi la scena internazionale. È noto — e io ho avuto l'occasione di ricordarlo nel mio recente discorso al Corpo diplomatico — che la Santa Sede segue con costante preoccupazione le situazioni di conflitto e i casi di violazione dei diritti umani, e non dubita che la comunità internazionale, dove la Francia svolge un ruolo importante, possa apportare il suo contributo sempre più giusto ed efficace a favore della pace e della concordia fra le nazioni e per lo sviluppo di ogni Paese.

Desidero cogliere l'occasione del nostro incontro per salutare cordialmente, per mezzo di lei, le comunità di fedeli cattolici che vivono in Francia. So che quest'anno la loro gioia sarà grande nel vedere canonizzata la beata Jeanne Jugan, fondatrice della Congregazione delle Piccole Sorelle dei Poveri. Molti francesi sono in effetti debitori della testimonianza umile e salda di carità resa dalle religiose che hanno seguito i suoi passi per servire soprattutto le persone povere e anziane.

Questo evento mostrerà, ancora una volta, quanto la fede viva sia prodiga di opere buone, quanto la santità sia un balsamo benefico per le piaghe dell'umanità.

Mentre lei inaugura la sua nobile missione di rappresentanza presso la Santa Sede, desidero onorare la memoria del suo predecessore, Sua Eccellenza Bernard Kessedjian, rendendo omaggio alle qualità umane che ha dimostrato nella sua missione al servizio delle relazioni fra la Francia e la Santa Sede. Lo affido con riconoscenza, insieme ai suoi cari, alla tenerezza del Signore.

Signor Ambasciatore, le formulo i miei voti migliori per il felice svolgimento della sua missione. Sia certo che troverà sempre presso i miei collaboratori l'accoglienza e la comprensione di cui potrà aver bisogno. Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e sui suoi collaboratori, come pure sull'intero popolo francese e sui suoi dirigenti, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni divine.


[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]



28/01/2009 17:38
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RINUNCE E NOMINE


Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Juiz de Fora (Brasile), presentata da S.E. Mons. Eurico dos Santos Veloso, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Juiz de Fora (Brasile) S.E. Mons. Gil Antônio Moreira, finora Vescovo di Jundiaí,

S.E. Mons. Gil Antônio Moreira

S.E. Mons. Gil Antônio Moreira è nato a Itapecerica, nella diocesi di Divinópolis, nello Stato di Minas Gerais, il 9 ottobre 1950. Dopo gli studi iniziali nel "Colégio São Geraldo" di Divinópolis, ha seguito i corsi della Facoltà di scienze e lettere a Divinópolis ottenendone il baccalaureato. Dal 1970 al 1973 ha seguito i corsi di filosofia nel Seminario Maggiore diocesano e, dal 1974 al 1976, quelli di teologia presso la Pontificia Università Cattolica di Belo Horizonte. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha conseguito la licenza in Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana ed ha partecipato al corso per formatori dei seminari a Viamão e a Toluca (Messico).

Il 18 dicembre 1976 ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale. Quindi è stato Vicario Parrocchiale a "São Benedito", a Itapecerica (1976-1979); Parroco di "São Joaquim de Bicas", a Igarapé (1979-1986); Parroco di "Santo Antônio", a Mateus Leme (1986-1989). Dal 1977 al 1989 è stato anche Coordinatore diocesano della pastorale vocazionale e, dal 1980 al 1989, Rettore del Seminario Maggiore di Divinópolis. Dal 1994 al 1997 è stato Rettore del Seminario Maggiore provinciale di Campo Grande (MS) e Professore di Storia della Chiesa, Liturgia e Pastorale presso l’Istituto Teologico di tale Arcidiocesi. Nel Regionale Leste 2 della Conferenza Episcopale è stato Rappresentante del Clero e Presidente Regionale dell'Organizzazione dei Seminari e degli Istituti di Filosofia e Teologia del Brasile (O.S.I.B.). Dal 1997 al 1999 ha svolto, presso la sede della Conferenza Episcopale a Brasília, l'incarico di Sotto-Segretario.

Il 14 luglio 1999 è stato nominato Vescovo titolare di Torre di Mauritania e Ausiliare di São Paulo, ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 16 ottobre successivo. Come Vescovo Ausiliare ha svolto le seguenti attività: Responsabile per i Seminari e Coordinatore della Pastorale Vocazionale; Coordinatore dell’équipe di formazione dei diaconi permanenti; Responsabile per la Pastorale giovanile e universitaria; Presidente della Commissione Regionale per i Beni Culturali della Chiesa; Membro della Commissione Episcopale Nazionale per i Ministeri Ordinati e la Vita Consacrata.

Dal 7 gennaio 2004 è Vescovo di Jundiaí e dall’aprile 2007 è Membro della Congregazione per l’Educazione Cattolica.



RINUNCIA DEL VESCOVO DI BOM JESUS DA LAPA (BRASILE) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Bom Jesus da Lapa (Brasile), presentata da S.E. Mons. Francisco Batistela, C.SS.R., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Bom Jesus da Lapa (Brasile) il Rev.do Don José Valmor César Teixeira, S.D.B., già Ispettore della Ispettoria Salesiana São Pio X, nell’arcidiocesi di Porto Alegre.

Rev.do Don José Valmor César Teixeira, S.D.B.

Il Rev.do Don José Valmor César Teixeira, S.D.B., è nato il 1º marzo 1953 a Rio do Sul, Stato di Santa Catarina. Ha fatto il noviziato presso i Salesiani a Taquaré negli anni 1970-1971 e nel 1977 ha emesso i voti perpetui. Ha studiato Filosofia presso la Facoltà Salesiana di Filosofia, Scienze e Lettere a Lorena e São Paulo. Ha completato la Teologia presso lo Studium del Padri Claretiani a Curitiba. Ha conseguito la Licenza in Storia della Chiesa presso l’Università Gregoriana di Roma, il Baccalaureato in Studi Sociali nella Facoltà Salesiana di Filosofia, Scienze e Lettere a Lorena e la Licenza in Educação e Sistema Preventivo presso la Università Cattolica di Porto Alegre.

È stato ordinato sacerdote il 9 dicembre 1979 ed ha svolto i seguenti incarichi: Formatore nell’Ispettoria São Pio X; Professore presso la Studium Theologicum a Curitiba (1997-2000); Direttore dell’Istituto Salesiano a Curitiba (1989-1990/1997-2002); Consigliere Ispettoriale a Porto Alegre (1985-1986 / 1987-1990 / 1997-2002); Vicario Ispettoriale a Porto Alegre (1990-1996); Coordinatore Nazionale dell’Equipe Ispettoriale della Pastorale Giovanile (1995-1998); Ispettore della Ispettoria di Porto Alegre (2002-2008) e, dal 2003, anche Vice-Presidente della CISBRASIL (Conferência das Inspetorias Salesianas de Dom Bosco do Brasil).



RINUNCIA DEL VESCOVO PRELATO DI ÓBIDOS (BRASILE) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Prelatura di Óbidos (Brasile), presentata da S.E. Mons. Martinho Lammers, O.F.M., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo Prelato di Óbidos (Brasile) il Rev.do Padre Bernardo Johannes Bahlmann, O.F.M., Responsabile dei Progetti Albergue São Francisco e del Centro Francescano de Re-inserção Social, nell’arcidiocesi di São Paulo.

Rev.do Padre Bernardo Johannes Bahlmann, O.F.M.

Il Rev.do Padre Bernardo Johannes Bahlmann, O.F.M., è nato il 10 dicembre 1960, a Visbek (Germania). Nella scuola Professionale di Wildeshausen ha fatto studi di Economia, Agronomia e Zootecnia. Arrivato in Brasile quando aveva 22 anni, è entrato nel Postulantato dell’Ordine dei Frati Minori, a Guratinguetá, poi nel Noviziato a Rodeio. Ha studiato filosofia presso l’Istituto São Boaventura a Campo Largo e la teologia presso l’Istituto Teologico Francescano a Petrópolis.

Ha emesso la professione religiosa nell’Ordine dei Frati Minori il 4 ottobre 1991 ed è stato ordinato sacerdote il 12 luglio 1997 a Visbek.

È stato successivamente Vicario parrocchiale, Presidente del Centro Educacional Terra Santa in Petrópolis (1998-2007); Membro del Consiglio Presbiterale della diocesi di Petrópolis; più volte Guardiano di case dei Frati Minori; Visitatore Generale della Custodia Francescana São Benedito dell’Amazzonia; Responsabile del Progetto Albergue São Francisco e Centro Franciscano de Re-inserção Social, a São Paulo; Coordinatore Provinciale della "Campagna per l’eliminazione della lebbra".



NOMINA DI AUSILIARE DI BARCELONA (SPAGNA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Barcelona (Spagna) il Rev.do Sebastián Taltavull Anglada, del clero della diocesi di Menorca, Direttore del Segretariato della Commissione della Conferenza Episcopale Spagnola per la Pastorale assegnandogli la sede titolare vescovile di Gabi.

Rev.do Sebastián Taltavull Anglada

Il Rev.do Sebastián Taltavull Anglada è nato il 28 gennaio 1948 a Ciudadela (Menorca). Nel Seminario Diocesano di Menorca ha seguito gli studi filosofici e teologici e quindi ha ottenuto la Licenza in Teologia Dogmatica nella Facoltà Teologica di Barcellona.

È stato ordinato sacerdote il 23 settembre 1972 e da allora ha ricoperto i seguenti incarichi nella diocesi di Menorca: Direttore della Casa Diocesana di Spiritualità di Monte-Toro (1972-1984); delegato Diocesano della Gioventù (1972-1989); Rettore del Santuario di Nostra Signora del Monte-Toro (1975-1984); segretario del Consiglio Diocesano di Pastorale (1973-1977), Segretario del Consiglio Presbiterale e del Consiglio dei Consultori (1983-1989); Formatore (1977-1984) e Professore di Teologia Dogmatica (1977-1994) del Seminario Diocesano e dell’Istituto Diocesano di Teologia; Parroco di San Rafael di Ciudadela (1984-1992); Delegato alla Catechesi (1989-1995); Vicario Generale e Moderatore della Curia (1989-2002); Rettore del Seminario Diocesano (1995-2002); Parroco della Cattedrale, Decano del Capitolo e Penitenziere (2002-2005); Delegato alle Comunicazioni Sociali e apporti Istituzionali (2002-2005). Inoltre, ha insegnato per molti anni Religione nelle scuole.

Dal 2002 è Assessore della Sotto-Commissione Episcopale per la Catechesi della Conferenza Episcopale Spagnola. Dal 2005 è Direttore del Segretariato della Commissione per la Pastorale della medesima Conferenza Episcopale.

28/01/2009 17:39
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L’UDIENZA GENERALE


L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa, riprendendo il ciclo di catechesi su San Paolo Apostolo, si è soffermato sulle Lettere a Timoteo e a Tito.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

le ultime Lettere dell'epistolario paolino, delle quali vorrei parlare oggi, vengono chiamate Lettere Pastorali, perché sono state inviate a singole figure di Pastori della Chiesa: due a Timoteo e una a Tito, collaboratori stretti di san Paolo. In Timoteo l’Apostolo vedeva quasi un alter ego; infatti gli affidò delle missioni importanti (in Macedonia: cfr At 19,22; a Tessalonica: cfr 1 Ts 3,6-7; a Corinto: cfr 1 Cor 4,17; 16,10-11), e poi scrisse di lui un elogio lusinghiero: "Io non ho nessuno di animo uguale come lui, che sappia occuparsi così di cuore delle cose che vi riguardano" (Fil 2,20). Secondo la Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, del IV secolo, Timoteo fu poi il primo Vescovo di Efeso (cfr 3,4). Quanto a Tito, anch'egli doveva essere stato molto caro all'Apostolo, che lo definisce esplicitamente "pieno di zelo... mio compagno e collaboratore" (2 Cor 8,17.23), anzi "mio vero figlio nella fede comune" (Tt 1,4). Egli era stato incaricato di un paio di missioni molto delicate nella Chiesa di Corinto, il cui risultato rincuorò Paolo (cfr 2 Cor 7,6-7.13; 8,6). In seguito, per quanto ci è tramandato, Tito raggiunse Paolo a Nicopoli nell’Epiro, in Grecia (cfr Tt 3,12), e fu poi da lui inviato in Dalmazia (cfr 2 Tm 4,10). Secondo la Lettera a lui indirizzata, egli risulta poi essere stato Vescovo di Creta (cfr Tt 1,5).

Le Lettere indirizzate a questi due Pastori occupano un posto tutto particolare all'interno del Nuovo Testamento. La maggioranza degli esegeti è oggi del parere che queste Lettere non sarebbero state scritte da Paolo stesso, ma la loro origine sarebbe nella "scuola di Paolo", e rifletterebbe la sua eredità per una nuova generazione, forse integrando qualche breve scritto o parola dell’Apostolo stesso. Ad esempio, alcune parole della Seconda Lettera a Timoteo appaiono talmente autentiche da poter venire solo dal cuore e dalla bocca dell’Apostolo.

Senza dubbio la situazione ecclesiale che emerge da queste Lettere è diversa da quella degli anni centrali della vita di Paolo. Egli, adesso, in retrospettiva si autodefinisce "araldo, apostolo, e maestro" dei pagani nella fede e nella verità, (cfr 1 Tm 2,7; 2 Tm 1,11); si presenta come uno che ha ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo – così scrive – "ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta la sua magnanimità, perché io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna". (1 Tm 1,16). Quindi essenziale è che realmente in Paolo, persecutore convertito dalla presenza del Risorto, appare la magnanimità del Signore a incoraggiamento per noi, per indurci a sperare e ad avere fiducia nella misericordia del Signore che, nonostante la nostra piccolezza, può fare cose grandi. Oltre gli anni centrali della vita di Paolo vanno anche i nuovi contesti culturali qui presupposti. Infatti si fa allusione all'insorgenza di insegnamenti da considerare del tutto errati e falsi (cfr 1 Tm 4,1-2; 2 Tm 3,1-5), come quelli di chi pretendeva che il matrimonio non fosse buono (cfr 1 Tm 4,3a). Vediamo come sia moderna questa preoccupazione, perché anche oggi si legge a volte la Scrittura come oggetto di curiosità storica e non come parola dello Spirito Santo, nella quale possiamo sentire la stessa voce del Signore e conoscere la sua presenza nella storia. Potremmo dire che, con questo breve elenco di errori presenti nelle tre Lettere, appaiono anticipati alcuni tratti di quel successivo orientamento erroneo che va sotto il nome di Gnosticismo (cfr 1 Tm 2,5-6; 2 Tm 3,6-8).

A queste dottrine l'autore fa fronte con due richiami di fondo. L'uno consiste nel rimando a una lettura spirituale della Sacra Scrittura (cfr 2 Tm 3,14-17), cioè a una lettura che la considera realmente come "ispirata" e proveniente dallo Spirito Santo, così che da essa si può essere "istruiti per la salvezza". Si legge la Scrittura giustamente ponendosi in colloquio con lo Spirito Santo, così da trarne luce "per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia" (2 Tm 3,16). In questo senso aggiunge la Lettera: "perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (2 Tm 3,17). L’altro richiamo consiste nell’accenno al buon "deposito" (parathéke): è una parola speciale delle Lettere pastorali con cui si indica la tradizione della fede apostolica da custodire con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi. Questo cosiddetto "deposito" è quindi da considerare come la somma della Tradizione apostolica e come criterio di fedeltà all’annuncio del Vangelo. E qui dobbiamo tenere presente che nelle Lettere pastorali come in tutto il Nuovo Testamento, il termine "Scritture" significa esplicitamente l’Antico Testamento, perché gli scritti del Nuovo Testamento o non c’erano ancora o non facevano ancora parte di un canone delle Scritture. Quindi la Tradizione dell’annuncio apostolico, questo "deposito", è la chiave di lettura per capire la Scrittura, il Nuovo Testamento. In questo senso, Scrittura e Tradizione, Scrittura e annuncio apostolico come chiave di lettura, vengono accostate e quasi si fondono, per formare insieme il "fondamento saldo gettato da Dio" (2 Tm 2,19). L’annuncio apostolico, cioè la Tradizione, è necessario per introdursi nella comprensione della Scrittura e cogliervi la voce di Cristo. Occorre infatti essere "tenacemente ancorati alla parola degna di fede, quella conforme agli insegnamenti ricevuti" (Tt 1,9). Alla base di tutto c'è appunto la fede nella rivelazione storica della bontà di Dio, il quale in Gesù Cristo ha manifestato concretamente il suo "amore per gli uomini", un amore che nel testo originale greco è significativamente qualificato come filanthropía (Tt 3,4; cfr 2 Tm 1,9-10); Dio ama l’umanità.

Nell’insieme, si vede bene che la comunità cristiana va configurandosi in termini molto netti, secondo una identità che non solo prende le distanze da interpretazioni incongrue, ma soprattutto afferma il proprio ancoraggio ai punti essenziali della fede, che qui è sinonimo di "verità" (1 Tm 2,4.7; 4,3; 6,5; 2 Tm 2,15.18.25; 3,7.8; 4,4; Tt 1,1.14). Nella fede appare la verità essenziale di chi siamo noi, chi è Dio, come dobbiamo vivere. E di questa verità (la verità della fede) la Chiesa è definita "colonna e sostegno" (1 Tm 3,15). In ogni caso, essa resta una comunità aperta, dal respiro universale, la quale prega per tutti gli uomini di ogni ordine e grado, perché giungano alla conoscenza della verità: "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità", perche "Gesù Cristo ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1 Tm 2,4-5). Quindi il senso dell’universalità, anche se le comunità sono ancora piccole, è forte e determinante per queste Lettere. Inoltre tale comunità cristiana "non parla male di nessuno" e "mostra ogni dolcezza verso tutti gli uomini" (Tt 3,2). Questa è una prima componente importante di queste Lettere: l’universalità e la fede come verità, come chiave di lettura della Sacra Scrittura, dell’Antico Testamento e così si delinea una unità di annuncio e di Scrittura e una fede viva aperta a tutti e testimone dell’amore di Dio per tutti.

Un’altra componente tipica di queste Lettere è la loro riflessione sulla struttura ministeriale della Chiesa. Sono esse che per la prima volta presentano la triplice suddivisione di episcopi, presbiteri e diaconi (cfr 1 Tm 3,1-13; 4,13; 2 Tm 1,6; Tt 1,5-9). Possiamo osservare nelle Lettere pastorali il confluire di due diverse strutture ministeriali e così la costituzione della forma definitiva del ministero nella Chiesa. Nelle Lettere paoline degli anni centrali della sua vita, Paolo parla di "episcopi" (Fil 1,1), e di "diaconi": questa è la struttura tipica della Chiesa formatasi all’epoca nel mondo pagano. Rimane pertanto dominante la figura dell’apostolo stesso e perciò solo man mano si sviluppano gli altri ministeri.

Se, come detto, nelle Chiese formate nel mondo pagano abbiamo episcopi e diaconi, e non presbiteri, nelle Chiese formate nel mondo giudeo-cristiano i presbiteri sono la struttura dominante. Alla fine nelle Lettere pastorali, le due strutture si uniscono: appare adesso "l’episcopo", (il vescovo) (cfr 1 Tm 3,2; Tt 1,7), sempre al singolare, accompagnato dall’articolo determinativo "l’episcopo". E accanto a "l’episcopo" troviamo i presbiteri e i diaconi. Sempre ancora è determinante la figura dell’Apostolo, ma le tre Lettere, come ho già detto, sono indirizzate non più a comunità, ma a persone: Timoteo e Tito, i quali da una parte appaiono come Vescovi, dall’altra cominciano a stare al posto dell’Apostolo.

Si nota così inizialmente la realtà che più tardi si chiamerà "successione apostolica". Paolo dice con tono di grande solennità a Timoteo: "Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbiteri" (1 Tim 4, 14). Possiamo dire che in queste parole appare inizialmente anche il carattere sacramentale del ministero. E così abbiamo l’essenziale della struttura cattolica: Scrittura e Tradizione, Scrittura e annuncio, formano un insieme, ma a questa struttura, per così dire dottrinale, deve aggiungersi la struttura personale, i successori degli Apostoli, come testimoni dell’annuncio apostolico.

Importante infine notare che in queste Lettere la Chiesa comprende se stessa in termini molto umani, in analogia con la casa e la famiglia. Particolarmente in 1 Tm 3,2-7 si leggono istruzioni molto dettagliate sull'episcopo, come queste: egli dev'essere "irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria casa, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre... è necessario che egli goda buona testimonianza presso quelli di fuori". Si devono notare qui soprattutto l'importante attitudine all'insegnamento (cfr anche 1 Tm 5,17), di cui si trovano echi anche in altri passi (cfr 1 Tm 6,2c; 2 Tm 3,10; Tt 2,1), e poi una speciale caratteristica personale, quella della "paternità". L’episcopo infatti è considerato padre della comunità cristiana (cfr anche 1 Tm 3,15). Del resto l'idea di Chiesa come "casa di Dio" affonda le sue radici nell'Antico Testamento (cfr Nm 12,7) e si trova riformulata in Eb 3,2.6, mentre altrove si legge che tutti i cristiani non sono più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari della casa di Dio (cfr Ef 2,19).

Preghiamo il Signore e san Paolo perché anche noi, come cristiani, possiamo sempre più caratterizzarci, in rapporto alla società in cui viviamo, come membri della "famiglia di Dio". E preghiamo anche perché i pastori della Chiesa acquisiscano sempre più sentimenti paterni, insieme teneri e forti, nella formazione della Casa di Dio, della comunità, della Chiesa.



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

Considérons aujourd’hui les Lettres Pastorales de saint Paul. Elles étaient adressées à des Pasteurs de l'Église : deux à Timothée et une à Tite, ses proches collaborateurs qu’il a aimés comme des fils très chers et à qui il a confié des missions importantes et délicates. Ces lettres évoquent une situation ecclésiale différente de celle qu’a connue directement Paul : de nouveaux contextes culturels et des doctrines erronées surgissent. L’auteur des Lettres les affronte en rappelant qu’il faut faire une lecture intelligente des Écritures et se référer sans cesse au « dépôt » transmis par les générations précédentes. Écriture et Tradition sont le « fondement solide posé par Dieu » (2 Tm 2,19). Il faut donc être « attaché à la parole sûre et conforme à la doctrine » (Tt 1,9). À la base de tout il y a la foi dans la révélation historique de la bonté de Dieu.

La communauté chrétienne se présente comme enracinée sur les points essentiels de la foi qui ici est synonyme de « vérité ». Elle est ouverte à l’universel et elle prie pour tous les hommes afin qu’ils parviennent à la connaissance de la vérité. Dans ces Lettres apparaît pour la première fois le triple ministère d’évêque, de prêtre et de diacre. L'Église est comme une maison familiale, la « maison de Dieu », dont l’épiscope est le père. Prions saint Paul pour que nous puissions toujours plus être perçus comme membres de la « famille de Dieu ».

Je salue avec affection les pèlerins de la paroisse Sainte-Croix et les jeunes de l’externat « Saint-Joseph » d’Ollioules. Je vous souhaite d’être pleinement concitoyens des saints et familiers de Dieu. Avec ma Bénédiction apostolique !


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

In our catechesis on the writings of Saint Paul, we come now to the Pastoral Epistles, the two Letters addressed to Timothy and the one to Titus. Although their authorship remains debated, these three Letters, while subsequent to the central years of Paul’s life and activity, clearly appeal to his authority and draw from his teaching. Against threats to the purity of the apostolic tradition, they insist on a discerning understanding of the Scriptures and fidelity to the deposit of faith. Scripture and Tradition are seen as the "firm foundation laid by God" for the life of the Church (cf. 2 Tim 2:19), and the basis of her mission of leading all people to the knowledge of God’s saving truth (cf. 1 Tim 2:1-4). The Pastoral Epistles also reflect the development of the Church’s ministerial structures, and in particular the emergence of the figure of the Bishop within the group of presbyters. They present the Church in very human terms as God’s household, a family in which the Bishop acts with the authority of a father. Inspired by this vision, let us ask Saint Paul to help all Christians to live as members of God’s family, and their Pastors to be strong and loving fathers, committed to building up their flocks in faith and unity.

I am pleased to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Audience, including the groups from England and the United States of America. Upon you and your families I willingly invoke God’s blessings of peace and joy!


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Im Verlauf des Paulusjahres behandle ich in den Katechesen der Generalaudienzen einige Kernthemen der Paulusbriefe. So kommen wir heute zu den drei sogenannten Pastoralbriefen, die an Timotheus und an Titus gerichtet sind. Beide waren enge Mitarbeiter des Apostels und standen dann den Gläubigen von Ephesus beziehungsweise Kreta als Hirten und Bischöfe vor. In diesen Texten, die bereits eine gereifte Entwicklung und Struktur der christlichen Gemeinde wiederspiegeln, spielen zwei Fragen eine besondere Rolle: Was verleiht Bestand inmitten falscher Lehren und welche Anforderungen werden an den Bischof gestellt, der aus den übrigen Dienstämtern der Priester und der Diakone herausragt? Die Gemeinde kann in stürmischen Zeiten der Verwirrung nur durch ein weises Verständnis der Schrift und durch die Bewahrung des anvertrauten Glaubensguts bestehen; denn beides verankert sie in dem Fundament, das Gott durch die Offenbarung seiner Liebe in Christus gelegt hat. Dementsprechend ist das Festhalten an der Lehre und die Fähigkeit, andere im Glauben zu unterweisen, auch eine Hauptanforderung an den Bischof. Seine Aufgabe können wir besser verstehen, wenn wir die Kirche mit den Pastoralbriefen als Haus und Familie Gottes betrachten. Der Bischof ist gleichsam der Vater der Gemeinde, der in väterlicher Güte und zugleich mit der nötigen Stärke für Gottes Kinder sorgen muß.

Ganz herzlich grüße ich die deutschsprachigen Pilger und Besucher, besonders die Ökonominnen der Salvatorianerinnen und die Schülergruppen. Beten wir, daß unsere Diözesen, Pfarreien und alle kirchlichen Gemeinschaften immer mehr zu einer „Familie Gottes" werden, so daß die Menschen in ihnen die Liebe Christi und seine frohe Botschaft erfahren können. Der Herr segne euch und eure Angehörigen.


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Hoy nos referimos a la visión teológica que nos presentan las últimas cartas paulinas, llamadas Cartas pastorales porque están dirigidas a Timoteo y Tito, dos Pastores de la Iglesia que habían sido estrechos colaboradores de san Pablo. En ellas se refleja una situación en la que surgen algunas doctrinas erróneas o incertidumbres sobre el valor de la Escritura. Ante ello, el autor de las Cartas reafirma que la Escritura, inspirada por Dios, es útil para instruir en orden a la salvación, y que se ha de custodiar y seguir fielmente, como criterio seguro, el depósito transmitido por las generaciones precedentes. Al mismo tiempo, en estas comunidades cristianas se reafirma su propio arraigo a los puntos esenciales de la fe, sinónimo de "verdad", de la cual la Iglesia es columna y base, a la vez que siguen siendo comunidades abiertas a lo universal, que oran para que todos los hombres lleguen al conocimiento de la verdad. En estas Cartas pastorales se perfila un modo de ser de la Iglesia que estaba naciendo, con el surgir de la figura del Obispo como persona individual y el ambiente familiar que reina entre todos sus miembros.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los miembros de la Hermandad del Rocío, de Bruselas, así como a los demás grupos venidos de España, México, Chile y otros países latinoamericanos. Invito a todos a renovar cada día el espíritu de ser miembros gozosos de la "familia de Dios" en la Iglesia.

Muchas gracias.



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Saluto in lingua portoghese

A todos os peregrinos de língua portuguesa, especialmente aos brasileiros provindos de diversas partes do País, envio uma afetuosa saudação, rogando a Deus que este encontro com o Sucessor de Pedro vos leve a um sempre maior compromisso com a Igreja reunida na caridade e, como "membros da família de Deus", saibam servi-la com generosidade para a edificação do Reino de Deus neste mundo. Com a minha Bênção Apostólica.


○ Saluto in lingua polacca

Pozdrawiam pielgrzymów z Polski. Witam szczególnie przedstawicieli Stowarzyszenia Comunità Regina della Pace, które ofiarowało piękny tryptyk eucharystyczny przeznaczony do kaplicy czwartej stacji Drogi Krzyżowej w Jerozolimie. Będzie to miejsce nieustannej modlitwy o pokój w Ziemi Świętej i na całym świecie. Proszę Boga, aby wysłuchał tej modlitwy i napełnił serca ludzi swoim pokojem. Niech Bóg wam błogosławi.

[Saluto i pellegrini provenienti dalla Polonia. Do un particolare benvenuto ai rappresentanti della Società Regina della Pace, che ha offerto il bellissimo trittico eucaristico destinato alla cappella della quarta stazione della Via Crucis a Gerusalemme. Questo sarà un posto della continua preghiera per la pace in Terra Santa e in tutto il mondo. Chiedo a Dio che ascolti questa preghiera e colmi i cuori degli uomini della sua pace. Dio vi benedica.]


○ Saluto in lingua italiana

Rivolgo un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai rappresentanti delle Equipes Notre-Dame e agli esponenti del Segretariato Pellegrinaggi Italiani. Cari amici, auspico che questo incontro accresca il vostro impegno di testimonianza evangelica nella società.

Saluto poi i giovani, i malati e gli sposi novelli. Celebriamo quest’oggi la memoria liturgica di San Tommaso d’Aquino, patrono delle Scuole cattoliche. Il suo esempio spinga voi, cari giovani, specialmente voi studenti dell’Associazione Erasmus, a seguire Gesù come autentico maestro di vita e santità. L’intercessione di questo Santo Dottore della Chiesa ottenga per voi, cari malati, la serenità e la pace che si attingono al mistero della croce, e per voi, cari sposi novelli, la sapienza del cuore perchè compiate generosamente la vostra missione.



COMUNICAZIONI DEL SANTO PADRE

Dopo il saluto in polacco, il Papa ha aggiunto:

Prima dei saluti ai pellegrini italiani ho ancora tre comunicazioni da fare. La prima:

Ho appreso con gioia la notizia dell’elezione del metropolita Kirill a nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Invoco su di lui la luce dello Spirito Santo per un generoso servizio alla Chiesa ortodossa russa, affidandolo alla speciale protezione della Madre di Dio.

La seconda.

Nell’omelia pronunciata in occasione della solenne inaugurazione del mio Pontificato dicevo che è "esplicito" compito del Pastore "la chiamata all’unità", e commentando le parole evangeliche relative alla pesca miracolosa ho detto: "sebbene fossero così tanti i pesci, la rete non si strappò", proseguivo dopo queste parole evangeliche: "Ahimè, amato Signore, essa – la rete - ora si è strappata, vorremmo dire addolorati". E continuavo: "Ma no – non dobbiamo essere tristi! Rallegriamoci per la tua promessa che non delude e facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità che tu hai promesso…. Non permettere, Signore, che la tua rete si strappi e aiutaci ad essere servitori dell’unità".

Proprio in adempimento di questo servizio all’unità, che qualifica in modo specifico il mio ministero di Successore di Pietro, ho deciso giorni fa di concedere la remissione della scomunica in cui erano incorsi i quattro Vescovi ordinati nel 1988 da Mons. Lefebvre senza mandato pontificio. Ho compiuto questo atto di paterna misericordia, perché ripetutamente questi Presuli mi hanno manifestato la loro viva sofferenza per la situazione in cui si erano venuti a trovare. Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del Papa e del Concilio Vaticano II.

La terza comunicazione.

In questi giorni nei quali ricordiamo la Shoah, mi ritornano alla memoria le immagini raccolte nelle mie ripetute visite ad Auschwitz, uno dei lager nei quali si è consumato l’eccidio efferato di milioni di ebrei, vittime innocenti di un cieco odio razziale e religioso. Mentre rinnovo con affetto l’espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza, auspico che la memoria della Shoah induca l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo. La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti. Nessun uomo è un’isola, ha scritto un noto poeta. La Shoah insegni specialmente sia alle vecchie sia alle nuove generazioni che solo il faticoso cammino dell’ascolto e del dialogo, dell’amore e del perdono conduce i popoli, le culture e le religioni del mondo all’auspicato traguardo della fraternità e della pace nella verità. Mai più la violenza umili la dignità dell’uomo!

28/01/2009 17:40
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TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE A SUA SANTITÀ KIRILL PER LA SUA ELEZIONE A PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTE LE RUSSIE

Pubblichiamo di seguito il telegramma che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato a Sua Santità Kirill, che il Concilio plenario della Chiesa Ortodossa Russa ha eletto ieri sera nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie:


TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

TO HIS HOLINESS KIRILL

PATRIARCH OF MOSCOW AND OF ALL RUSSIA

I HAVE RECEIVED WITH GLADNESS THE NEWS OF YOUR ELECTION AS PATRIARCH OF MOSCOW AND ALL RUSSIA. I WARMLY CONGRATULATE YOU AND WISH YOU EVERY STRENGTH AND JOY IN THE FULFILMENT OF THE GREAT TASK WHICH LIES BEFORE YOU AS YOU GUIDE THE CHURCH OVER WHICH YOU NOW PRESIDE ALONG THE PATH OF SPIRITUAL GROWTH AND UNITY. IN PRAYER, I ASK THE LORD TO GRANT YOU AN ABUNDANCE OF WISDOM TO DISCERN HIS WILL, TO PERSEVERE IN LOVING SERVICE OF THE PEOPLE ENTRUSTED TO YOUR PATRIARCHAL MINISTRY, AND TO SUSTAIN THEM IN FIDELITY TO THE GOSPEL AND THE GREAT TRADITIONS OF RUSSIAN ORTHODOXY. MAY THE ALMIGHTY ALSO BLESS YOUR EFFORTS TO MAINTAIN COMMUNION AMONG THE ORTHODOX CHURCHES AND TO SEEK THAT FULLNESS OF COMMUNION WHICH IS THE GOAL OF CATHOLIC-ORTHODOX COLLABORATION AND DIALOGUE. I ASSURE YOUR HOLINESS OF MY SPIRITUAL CLOSENESS AND OF THE CATHOLIC CHURCH’S COMMITMENT TO COOPERATE WITH THE RUSSIAN ORTHODOX CHURCH FOR AN EVER CLEARER WITNESS TO THE TRUTH OF THE CHRISTIAN MESSAGE AND TO THE VALUES WHICH ALONE CAN SUSTAIN TODAY’S WORLD ALONG THE WAY OF PEACE, JUSTICE AND LOVING CARE OF THE MARGINALIZED. WITH BROTHERLY AFFECTION IN THE LORD JESUS CHRIST, I INVOKE UPON YOU THE HOLY SPIRIT’S GIFTS OF WISDOM, STRENGTH AND PEACE.

BENEDICTUS PP. XVI


29/01/2009 17:03
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Gruppo dei Vescovi della Conferenza Episcopale della Russia, in Visita "ad Limina Apostolorum";

S.E. Mons. Antoni Stankiewicz, Vescovo tit. di Novapietra, Decano del Tribunale della Rota Romana;

Collegio dei Prelati Uditori del Tribunale della Rota Romana.




RINUNCE E NOMINE


RINUNCIA DELL’ABATE TERRITORIALE DI WETTINGEN-MEHRERAU (AUSTRIA)

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Abbazia territoriale di Wettingen-Mehrerau (Austria), presentata dal Rev.mo Padre Abate Dom Kassian Lauterer, O. Cist., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

29/01/2009 17:03
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VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEI VESCOVI DELLA RUSSIA



Alle ore 11.15 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i Vescovi della Russia, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha loro rivolto:


Cari e venerati Fratelli!

Nel contesto dell’Anno Paolino, che stiamo celebrando, mi è particolarmente gradito accogliervi e con gioia vi saluto con le parole dell’Apostolo: "Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (1 Cor 1,3). Siete venuti a Roma per venerare i luoghi sacri dove san Pietro e san Paolo hanno sigillato la loro esistenza al servizio del Vangelo con il martirio, ed è proprio questo il primo significato della visita ad limina Apostolorum. Successori degli Apostoli, voi incontrate il Successore di Pietro, ponendo in luce la comunione che vi lega a lui. La comunione con il Vescovo di Roma, garante dell’unità ecclesiale, permette alle comunità affidate alle vostre cure pastorali, sebbene minoritarie, di sentirsi cum Petro e sub Petro, parte viva del Corpo di Cristo esteso su tutta la terra. L’unità, che è dono di Cristo, cresce e si sviluppa infatti nelle concrete situazioni delle varie Chiese locali. A questo riguardo, il Concilio Vaticano II ricorda che "i singoli Vescovi sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese, formate a immagine della Chiesa universale, e in esse e da esse è costituita l’una e l’unica Chiesa cattolica" (Cost. Lumen gentium, 23). A voi, Pastori della Chiesa che vive in Russia, il Successore di Pietro rinnova l’espressione della sua sollecitudine e vicinanza spirituale, con l’incoraggiamento a proseguire uniti nell’attività pastorale, beneficiando anche dell’esperienza della Chiesa universale.

Ho ascoltato con grande interesse quanto mi avete riferito circa le vostre comunità che stanno vivendo un processo di maturazione e vanno approfondendo insieme il loro "volto" di Chiesa cattolica locale. A questo tende del resto anche il vostro sforzo di inculturazione della fede. Esprimo volentieri il mio apprezzamento per l’impegno con cui curate il rilancio della partecipazione liturgica-sacramentale, della catechesi, della formazione sacerdotale e della preparazione di un laicato maturo e responsabile, che sia fermento evangelico nelle famiglie e nella società civile. Purtroppo anche in Russia, come in altre parti del mondo, si registra la crisi della famiglia e il conseguente calo demografico, insieme con le altre problematiche che assillano la società contemporanea. Come è noto, tali problematiche preoccupano anche le Autorità statali, con le quali è perciò opportuno proseguire la collaborazione per il bene di tutti. In questo contesto giustamente la vostra attenzione si dirige specialmente ai giovani, ai quali la comunità cattolica russa, fedele alla "memoria" dei propri testimoni e martiri ed utilizzando opportuni strumenti e linguaggi, è chiamata a trasmettere inalterato il patrimonio di santità e di fedeltà a Cristo, e i valori umani e spirituali che sono alla base di un’efficace promozione umana ed evangelica.

Cari Fratelli nell’Episcopato, poiché non sono poche le preoccupazioni con cui vi dovete quotidianamente misurare, vi esorto a non scoraggiarvi se vi paiono talora modeste le realtà ecclesiali, e i risultati pastorali che ottenete non sembrano confacenti agli sforzi dispiegati. Alimentate, piuttosto, in voi e nei vostri collaboratori un autentico spirito di fede, con la consapevolezza tutta evangelica che Gesù Cristo non mancherà di rendere fecondo, con la grazia del suo Spirito, il vostro ministero per la gloria del Padre, secondo tempi e modalità che solo Lui conosce. Proseguite nel promuovere e nel curare, con costante impegno e attenzione, le vocazioni sacerdotali e religiose: quella delle vocazioni è una pastorale particolarmente necessaria in questo nostro tempo. Abbiate cura di formare presbiteri con la stessa sollecitudine di san Paolo verso il suo discepolo Timoteo, perché siano autentici "uomini di Dio" (cfr 1 Tm 6,11). Per loro siate padri e modelli nel servizio ai fratelli; incoraggiate la loro fraternità e amicizia e collaborazione; sosteneteli nella formazione permanente dottrinale e spirituale. Pregate per i sacerdoti e insieme con loro, sapendo che soltanto chi vive di Cristo e in Cristo può esserne fedele ministro e testimone. Ugualmente, abbiate a cuore la formazione delle persone consacrate e la crescita spirituale dei fedeli laici, affinché sentano la loro vita come una risposta alla chiamata universale alla santità, che deve esprimersi in una coerente testimonianza evangelica in ogni circostanza quotidiana.

Voi vivete in un contesto ecclesiale particolare, cioè in un Paese contrassegnato nella maggioranza della sua popolazione da una millenaria tradizione ortodossa con un ricco patrimonio religioso e culturale. E’ essenziale tener conto della necessità di un rinnovato impegno nel dialogo con i nostri fratelli e sorelle ortodossi; sappiamo che questo dialogo, nonostante i progressi compiuti, conosce ancora alcune difficoltà. In questi giorni mi sento spiritualmente vicino ai cari fratelli e sorelle della Chiesa Ortodossa Russa, che gioiscono per l’elezione del Metropolita Kirill a nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie: a lui porgo i miei auguri più cordiali per il delicato compito ecclesiale che gli è stato affidato. Chiedo al Signore di confermarci tutti nell’impegno di camminare insieme sulla via della riconciliazione e dell’amore fraterno.

La vostra presenza in Russia sia un richiamo e uno stimolo al dialogo anche personale. Se nei vari incontri non si riesce sempre ad affrontare questioni di fondo, tuttavia tali contatti contribuiscono a una migliore conoscenza reciproca, grazie alla quale è possibile collaborare insieme in ambiti di comune interesse per l’educazione delle nuove generazioni. E’ importante che i cristiani affrontino uniti le grandi sfide culturali ed etiche del momento presente, concernenti la dignità della persona umana e i suoi diritti inalienabili, la difesa della vita in ogni sua fase, la tutela della famiglia e altre urgenti questioni economiche e sociali.

Cari Fratelli, lodo il Signore e vi sono profondamente grato per il bene che compite, svolgendo il vostro ministero episcopale in piena fedeltà al Magistero. Vi assicuro un quotidiano ricordo nella preghiera. Attraverso di voi giunga il mio ringraziamento ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai laici, che con voi collaborano al servizio di Cristo e del suo Vangelo. Invoco la materna intercessione della beata Vergine Maria e degli Apostoli Pietro e Paolo su di voi e sui vostri programmi apostolici, e di cuore imparto una speciale Benedizione Apostolica a ciascuno di voi, estendendola con affetto ai sacerdoti, ai religiosi e religiose e all’intera comunità cattolica che rende testimonianza a Cristo tra le popolazioni della Federazione Russa.

29/01/2009 17:04
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UDIENZA AL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA IN OCCASIONE DELL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO


Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza i Prelati Uditori, gli Officiali e gli Avvocati del Tribunale della Rota Romana in occasione della solenne inaugurazione dell’Anno giudiziario.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha loro rivolto e l’indirizzo di omaggio del Decano del Tribunale della Rota Romana, S.E. Mons. Antoni Stankiewicz:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Illustri Giudici, Officiali e Collaboratori

del Tribunale della Rota Romana!

La solenne inaugurazione dell’attività giudiziaria del vostro Tribunale mi offre anche quest’anno la gioia di riceverne i degni componenti: Monsignor Decano, che ringrazio per il nobile indirizzo di saluto, il Collegio dei Prelati Uditori, gli Officiali del Tribunale e gli Avvocati dello Studio Rotale. A voi tutti rivolgo il mio saluto cordiale, insieme con l’espressione del mio apprezzamento per gli importanti compiti a cui attendete quali fedeli collaboratori del Papa e della Santa Sede.

Voi vi aspettate dal Papa, all’inizio del vostro anno di lavoro, una parola che vi sia luce e orientamento nel disimpegno delle vostre delicate mansioni. Molteplici potrebbero essere gli argomenti su cui intrattenerci in questa circostanza, ma a vent’anni di distanza dalle allocuzioni di Giovanni Paolo II sull’incapacità psichica nelle cause di nullità matrimoniale, del 5 febbraio 1987 (AAS 79 [1987], pp. 1453-1459) e del 25 gennaio 1988 (AAS 80 [1988], pp. 1178-1185), sembra opportuno chiedersi in quale misura questi interventi abbiano avuto una recezione adeguata nei tribunali ecclesiastici. Non è questo il momento per tracciare un bilancio, ma è davanti agli occhi di tutti il dato di fatto di un problema che continua ad essere di grande attualità. In alcuni casi si può purtroppo avvertire ancora viva l’esigenza di cui parlava il mio venerato Predecessore: quella di preservare la comunità ecclesiale «dallo scandalo di vedere in pratica distrutto il valore del matrimonio cristiano dal moltiplicarsi esagerato e quasi automatico delle dichiarazioni di nullità, in caso di fallimento del matrimonio, sotto il pretesto di una qualche immaturità o debolezza psichica del contraente» (Allocuzione alla Rota Romana, 5.2.1987, cit., n. 9, p. 1458).

Nel nostro odierno incontro mi preme richiamare l’attenzione degli operatori del diritto sull’esigenza di trattare le cause con la doverosa profondità richiesta dal ministero di verità e di carità che è proprio della Rota Romana. All’esigenza del rigore procedurale, infatti, le summenzionate allocuzioni, in base ai principi dell’antropologia cristiana, forniscono i criteri di fondo non solo per il vaglio delle perizie psichiatriche e psicologiche, ma anche per la stessa definizione giudiziale delle cause. Al riguardo, è opportuno ricordare ancora alcune distinzioni che tracciano la linea di demarcazione innanzitutto tra «una maturità psichica che sarebbe il punto d’arrivo dello sviluppo umano», e «la maturità canonica, che è invece il punto minimo di partenza per la validità del matrimonio» (ibid., n. 6, p. 1457); in secondo luogo, tra incapacità e difficoltà, in quanto «solo l’incapacità, e non già la difficoltà a prestare il consenso e a realizzare una vera comunità di vita e di amore, rende nullo il matrimonio» (ibid., n. 7, p. 1457); in terzo luogo, tra la dimensione canonistica della normalità, che ispirandosi alla visione integrale della persona umana, «comprende anche moderate forme di difficoltà psicologica», e la dimensione clinica che esclude dal concetto di essa ogni limitazione di maturità e «ogni forma di psicopatologia» (Allocuzione alla Rota Romana, 25.1.1988, cit., n. 5, p. 1181); infine, tra la «capacità minima, sufficiente per un valido consenso» e la capacità idealizzata «di una piena maturità in ordine ad una vita coniugale felice» (ibid., n. 9, p. 1183).

Atteso poi il coinvolgimento delle facoltà intellettive e volitive nella formazione del consenso matrimoniale, il Papa Giovanni Paolo II, nel menzionato intervento del 5 febbraio 1987, riaffermava il principio secondo cui una vera incapacità «è ipotizzabile solo in presenza di una seria forma di anomalia che, comunque si voglia definire, deve intaccare sostanzialmente le capacità di intendere e/o di volere» (Allocuzione alla Rota Romana, cit., n. 7, p. 1457). Al riguardo, sembra opportuno ricordare che la norma codiciale sull’incapacità psichica nel suo aspetto applicativo è stata arricchita e integrata anche dalla recente Istruzione Dignitas connubii del 25 gennaio 2005. Essa, infatti, per l’avverarsi di tale incapacità richiede, già al tempo del matrimonio, la presenza di una particolare anomalia psichica (art. 209, § 1) che perturbi gravemente l’uso di ragione (art. 209, § 2, n. 1; can. 1095, n. 1), o la facoltà critica ed elettiva in relazione a gravi decisioni, particolarmente per quanto attiene alla libera scelta dello stato di vita (art. 209, § 2, n. 2; can. 1095, n. 2), o che provochi nel contraente non solo una grave difficoltà, ma anche l’impossibilità di far fronte ai compiti inerenti agli obblighi essenziali del matrimonio (art. 209, § 2, n. 3; can. 1095, n. 3).

In quest’occasione, tuttavia, vorrei altresì riconsiderare il tema dell’incapacità a contrarre matrimonio, di cui al canone 1095, alla luce del rapporto tra la persona umana e il matrimonio e ricordare alcuni principi fondamentali che devono illuminare gli operatori del diritto. Occorre anzitutto riscoprire in positivo la capacità che in principio ogni persona umana ha di sposarsi in virtù della sua stessa natura di uomo o di donna. Corriamo infatti il rischio di cadere in un pessimismo antropologico che, alla luce dell’odierna situazione culturale, considera quasi impossibile sposarsi. A parte il fatto che tale situazione non è uniforme nelle varie regioni del mondo, non si possono confondere con la vera incapacità consensuale le reali difficoltà in cui versano molti, specialmente i giovani, giungendo a ritenere che l’unione matrimoniale sia normalmente impensabile e impraticabile. Anzi, la riaffermazione della innata capacità umana al matrimonio è proprio il punto di partenza per aiutare le coppie a scoprire la realtà naturale del matrimonio e il rilievo che ha sul piano della salvezza. Ciò che in definitiva è in gioco è la stessa verità sul matrimonio e sulla sua intrinseca natura giuridica (cfr Benedetto XVI, Allocuzione alla Rota Romana, 27.1.2007, AAS 99 [2007], pp. 86-91), presupposto imprescindibile per poter cogliere e valutare la capacità richiesta per sposarsi.

In questo senso, la capacità deve essere messa in relazione con ciò che è essenzialmente il matrimonio, cioè «l’intima comunione di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 48), e, in modo particolare, con gli obblighi essenziali ad essa inerenti, da assumersi da parte degli sposi (can. 1095, n. 3). Questa capacità non viene misurata in relazione ad un determinato grado di realizzazione esistenziale o effettiva dell’unione coniugale mediante l’adempimento degli obblighi essenziali, ma in relazione all’efficace volere di ciascuno dei contraenti, che rende possibile ed operante tale realizzazione già al momento del patto nuziale. Il discorso sulla capacità o incapacità, quindi, ha senso nella misura in cui riguarda l’atto stesso di contrarre matrimonio, poiché il vincolo messo in atto dalla volontà degli sposi costituisce la realtà giuridica dell’una caro biblica (Gn 2, 24; Mc 10, 8; Ef 5, 31; cfr can. 1061, § 1), la cui valida sussistenza non dipende dal successivo comportamento dei coniugi lungo la vita matrimoniale. Diversamente, nell’ottica riduzionistica che misconosce la verità sul matrimonio, la realizzazione effettiva di una vera comunione di vita e di amore, idealizzata su un piano di benessere puramente umano, diventa essenzialmente dipendente soltanto da fattori accidentali, e non invece dall’esercizio della libertà umana sorretta dalla grazia. È vero che questa libertà della natura umana, «ferita nelle sue proprie forze naturali» ed «inclinata al peccato» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 405), è limitata e imperfetta, ma non per questo è inautentica e insufficiente a realizzare quell’atto di autodeterminazione dei contraenti che è il patto coniugale, che dà vita al matrimonio e alla famiglia fondata su esso.

Ovviamente alcune correnti antropologiche «umanistiche», orientate all’autorealizzazione e all’autotrascendenza egocentrica, idealizzano talmente la persona umana e il matrimonio che finiscono per negare la capacità psichica di tante persone, fondandola su elementi che non corrispondono alle esigenze essenziali del vincolo coniugale. Dinanzi a queste concezioni, i cultori del diritto ecclesiale non possono non tener conto del sano realismo a cui faceva riferimento il mio venerato Predecessore (cfr Giovanni Paolo II, Allocuzione alla Rota Romana, 27.1.1997, n. 4, AAS 89 [1997], p. 488), perché la capacità fa riferimento al minimo necessario affinché i nubendi possano donare il loro essere di persona maschile e di persona femminile per fondare quel vincolo al quale è chiamata la stragrande maggioranza degli esseri umani. Ne segue che le cause di nullità per incapacità psichica esigono, in linea di principio, che il giudice si serva dell’aiuto dei periti per accertare l’esistenza di una vera incapacità (can. 1680; art. 203, § 1, DC), che è sempre un’eccezione al principio naturale della capacità necessaria per comprendere, decidere e realizzare la donazione di sé stessi dalla quale nasce il vincolo coniugale.

Ecco quanto, venerati componenti del Tribunale della Rota Romana, desideravo esporvi in questa circostanza solenne e a me sempre tanto gradita. Nell’esortarvi a perseverare con alta coscienza cristiana nell’esercizio del vostro ufficio, la cui grande importanza per la vita della Chiesa emerge anche dalla cose testé dette, vi auguro che il Signore vi accompagni sempre nel vostro delicato lavoro con la luce della sua grazia, di cui vuol essere pegno l’Apostolica Benedizione, che a ciascuno imparto con profondo affetto.



INDIRIZZO DI OMAGGIO DEL DECANO S.E. MONS. A. STANKIEWICZ

Beatissimo Padre,

Con filiale devozione e grande gioia desidero esprimere alla Santità Vostra, a nome dei Prelati Uditori, degli Officiali, degli Avvocati e dei Collaboratori del Tribunale della Rota Romana, profonda gratitudine per la concessione di questa Udienza inaugurale del nuovo Anno Giudiziario, tanto desiderata da tutti noi. L'incontro annuale con il Successore di Pietro e Giudice Supremo in tutto l'orbe cattolico (can. 1442), per l'autorità del Quale esercitiamo in modo vicario il munus iudicandi nelle cause a iure riservate alla Rota Romana (can. 1405, § 3) e affidate (can. 1444, § 2) o deferite ad essa per legittimo appello (can. 1444, § 1), illumina ed arricchisce la nostra singolare diaconia canonico-giudiziaria, pure di carattere pastorale, nei confronti di ogni fedele e di ogni uomo (cf. can. 1476) per la tutela dei loro legittimi diritti nella Chiesa, e, in modo specifico, di quei diritti che spettano loro nell'ambito dell'istituto matrimoniale e familiare.

Invero, il Vostro Magistero, Beatissimo Padre, in merito al matrimonio e alla famiglia, specialmente su ciò che è essenziale e costitutivo nella realtà matrimoniale, radicata «dentro l'essenza più profonda dell'essere umano» (Benedetto XVI, Discorso di apertura del Convegno ecclesiale della diocesi di Roma, 6 giugno 2005; Insegnamenti, vol. I, Città del Vaticano 2006, p. 202), e su ciò che rientra nella capacità richiesta per la valida celebrazione del patto coniugale, costituisce una sicura «guida immediata» non solo per il nostro operato quotidiano presso il Tribunale Apostolico della Rota Romana, ma anche «per l'operato di tutti i Tribunali della Chiesa» (Benedetto XVI, Allocuzione alla Rota Romana, 26 gennaio 2008, AAS 100 [2008], p. 87). Infatti, al Magistero ecclesiale, che è «una fonte prioritaria per comprendere ed applicare rettamente il diritto matrimoniale canonico», spetta anche «l'interpretazione autentica della parola di Dio su queste realtà (cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, n. 10), compresi i loro aspetti giuridici» (Giovanni Paolo II, Allocuzione alla Rota Romana, 27 gennaio 1997, AAS 89 [1997], p. 487), che vincola, quindi, anche le pronunce nelle cause di nullità matrimoniale, sottoposte alla verifica della fondatezza e al giudizio definitivo della giustizia ecclesiale.

Ma vi è di più. L'intervento del Magistero, auspicabile e non di rado perfino necessario, data la complessità della realtà antropologica e teologica del matrimonio, in modo immediato ed efficace contribuisce all'uniformità non solo delle decisioni giudiziali, ma anche della stessa giurisprudenza canonica fondata su di esse, alla quale fornisce un rilevante indirizzo interpretativo per l'accertamento della verità oggettiva nella retta amministrazione della giustizia della Chiesa in questo campo.

E proprio la giurisprudenza canonica così qualificata ottenne un elogio da parte del servo di Dio, Papa Paolo VI (Allocuzione alla Rota Romana, 31 gennaio 1974, AAS 66 [1974], p. 86), che lo espresse con le parole del celeberrimo giurista romano Ulpiano, sebbene riferibili antiquitus alla scienza del diritto, denominata iurisprudentia, e cioè: «divinarum atque humanarum rerum notitia, iusti atque iniusti scientia» (Ulp. 1 Reg. D. 1, 1, 10, 2). Questa mutuazione del significato enunciativo in favore del ruolo della giurisprudenza nell'ambito ecclesiale, fu dettata dalla ripercussione religiosa presente nel discernimento giudiziale del iustum atque iniustum, per cui «il senso sacrale della funzione giudiziaria ha sempre accompagnato nel processo storico della civiltà coloro che tale funzione hanno esercitato, ovvero su di essa hanno saggiamente discorso» (Paolo VI, Allocuzione, cit., p. 86).

D'altra parte, la Chiesa come realtà sacramentale, ossia l'universale salutis sacramentum, mediante la funzione giudiziaria esercitata nelle cause di nullità del matrimonio, dimostra il suo amore pastorale verso i fedeli che soffrono a causa di relazioni familiari difficili, trovandosi in una situazione matrimoniale irregolare, dissonante con il messaggio del Vangelo, e, di conseguenza, mette «a loro disposizione i suoi mezzi di salvezza» (Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Familiaris consortio, n. 84). Tale ministero di carità richiede anche la consonanza con il ministero di verità, che conduce al giudizio sulle cose «secundum quod sunt» (cf. S. Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, q. 60, a. 4, ad 2), in quanto «la verità è la legge della giustizia» (Pio XII, Allocuzione alla Rota Romana, 1° ottobre 1942, AAS 34 [1942], p. 342).

Per questo motivo il discernimento canonico della realtà dei matrimoni falliti, e poi accusati di nullità nel foro ecclesiale, non può prescindere dalla dimensione della verità del matrimonio.

Questa verità, secondo l'insegnamento di Vostra Santità, non è «una costruzione sociologica casuale, frutto di particolari situazioni storiche ed economiche», bensì «affonda le sue radici nella verità dell'uomo ed ha trovato la sua attuazione nella storia della salvezza, al cui centro sta la parola: `Dio ama il suo popolo'. La rivelazione biblica, infatti, è anzitutto espressione di una storia d'amore, la storia dell'alleanza di Dio con gli uomini: perciò la storia dell'amore e dell'unione di un uomo ed una donna nell'alleanza dei matrimonio ha potuto essere assunta da Dio quale simbolo della storia della salvezza» (Benedetto XVI, Discorso di apertura del Convegno ecclesiale, cit., p. 203).

Certamente le dolorose vicende umane della vita matrimoniale e familiare, raccontate dagli atti delle cause matrimoniali, riflettono spesso l'influsso sulla mentalità dei fedeli del crescente fenomeno della pluralizzazione dei percorsi matrimoniali e paramatrimoniali, alimentato dal relativismo, il quale, «non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura il proprio ‘Io’ con le sue voglie, e sotto l'apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione, perché separa l'uno dall'altro, riducendo ciascuno a ritrovarsi chiuso dentro il proprio ‘Io’» (ibid., p. 207).

Ma perfino nelle suddette «tendenze e sviluppi negativi» - come insegna la Santità Vostra - «questo legame profondo tra Dio e l'uomo, tra l'amore di Dio e l'amore umano, trova conferma». Infatti, con le stesse armi adoperate «per scacciare Dio dall'uomo, per allontanare Dio dallo sguardo e dal cuore dell'uomo», e per «liberare la natura da Dio», nello stesso tempo «si distrugge il disegno del Creatore e così la verità della nostra natura» (ibid., p. 204).

In una temperie marcata da tali tendenze, il nostro servizio ecclesiale nel campo giudiziale accompagna i fedeli che hanno intrapreso il percorso di conversione per regolare la loro situazione mediante l'accertamento della verità sul loro matrimonio nel processo canonico.

Beatissimo Padre!

In questo servizio cerchiamo di rendere il nostro operato «sempre più vicino ai fedeli». Affidandoci a Maria, Speculum Iustitiae, chiediamo di illuminarci con la Vostra augusta parola e di impartirci la Vostra Benedizione Apostolica per il nostro quotidiano impegno.

30/01/2009 16:51
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. Antonio Cañizares Llovera, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti;

Em.mo Card. Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. Cláudio Hummes, Prefetto della Congregazione per il Clero;

Partecipanti alla Riunione della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Orientali Ortodosse.




RINUNCE E NOMINE


NOMINA DI AUSILIARI DI LIMA (PERÚ)

Il Santo Padre ha nominato Vescovi Ausiliari di Lima (Perú) i Rev.di Guillermo Martín Abanto Guzmán, del clero dell’arcidiocesi di Lima, Vicario Episcopale e Parroco della parrocchia "El Señor de la Divina Misericordia", assegnandogli la sede titolare vescovile di Pinhel e Raúl Antonio Chau Quispe, del clero dell’arcidiocesi di Lima, già Vicario della Parrocchia di "Santa Rosa de Lima", assegnandogli la sede titolare vescovile di Aveia.

Rev.do Guillermo Martín Abanto Guzmán

Il Rev.do Guillermo Martín Abanto Guzmán è nato a Trujillo il 1° luglio 1964. Ha frequentato i corsi di filosofia e teologia nel Seminario Santo Toribio e nella Facoltà di Teologia Pontificia e Civile di Lima.

È stato ordinato sacerdote il 12 dicembre 1992.

Ha svolto i seguenti ministeri: formatore nel Pre-Seminario "Casa de Nazareth" (1993), Parroco della parrocchia "San Norberto" (1994-2002), e quindi della parrocchia "San Juan María Vianney" (2002-2006). Dal 2006 è Parroco della parrocchia "El Señor de la Divina Misericordia". È anche Vicario Episcopale del Decanato 15, Membro del Collegio dei Consultori, Cancelliere e Cappellano del Collego delle Suore Orsoline.

Rev.do Raúl Antonio Chau Quispe

Il Rev.do Raúl Antonio Chau Quispe è nato a Lima il 15 settembre 1967. Prima di entrare in Seminario ha ottenuto il diploma di "Contador Público" nell’Università di Lima, esercitando per un breve periodo la professione di Commercialista. Ha frequentato i corsi di filosofia e teologia nel Seminario Santo Toribio e nella Facoltà di Teologia Pontificia e Civile di Lima.

È stato ordinato sacerdote il 12 dicembre 1992.

Come sacerdote ha svolto i seguenti ministeri: Vicario Parrocchiale nella Parrocchia "Santa Rosa de Lima", Segretario Particolare dell’Em.mo Cardinale Augusto Vargas Alzamora, S.I. e poi dell’Em.mo Cardinale Juan Cipriani Thorne. È stato anche Membro del Consiglio Presbiterale.


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UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA RIUNIONE DELLA COMMISSIONE MISTA INTERNAZIONALE PER IL DIALOGO TEOLOGICO TRA LA CHIESA CATTOLICA E LE CHIESE ORIENTALI ORTODOSSE

Alle ore 12.30 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla Riunione della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Orientali Ortodosse e ha loro rivolto il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Dear brothers in Christ,

I extend a warm welcome to you, the members of the Joint International Commission for Theological Dialogue between the Catholic Church and the Oriental Orthodox Churches. At the end of this week of dedicated work we can give thanks together to the Lord for your steadfast commitment to the search for reconciliation and communion in the Body of Christ which is the Church.

Indeed, each of you brings to this task not only the richness of your own tradition, but also the commitment of the Churches involved in this dialogue to overcome the divisions of the past and to strengthen the united witness of Christians in the face of the enormous challenges facing believers today.

The world needs a visible sign of the mystery of unity that binds the three divine Persons and, that two thousand years ago, with the Incarnation of the Son of God, was revealed to us. The tangibility of the Gospel message is conveyed perfectly by John, when he declares his intention to express what he has heard and his eyes have seen and his hands have touched, so that all may have fellowship with the Father and with his Son Jesus Christ (cf. 1 Jn 1:1-4). Our communion through the grace of the Holy Spirit in the life that unites the Father and the Son has a perceptible dimension within the Church, the Body of Christ, "the fullness of him who fills all in all" (Eph 1:23), and we all have a duty to work for the manifestation of that essential dimension of the Church to the world.

Your sixth meeting has taken important steps precisely in the study of the Church as communion. The very fact that the dialogue has continued over time and is hosted each year by one of the several Churches you represent is itself a sign of hope and encouragement. We need only cast our minds to the Middle East - from where many of you come - to see that true seeds of hope are urgently needed in a world wounded by the tragedy of division, conflict and immense human suffering.

The Week of Prayer for Christian Unity has just concluded with the ceremony in the Basilica dedicated to the great apostle Paul, at which many of you were present. Paul was the first great champion and theologian of the Church’s unity. His efforts and struggles were inspired by the enduring aspiration to maintain a visible, not merely external, but real and full communion among the Lord’s disciples. Therefore, through Paul’s intercession, I ask for God’s blessings on you all, and on the Churches and the peoples you represent.


Benedetto XVI alle Chiese Orientali Ortodosse: in un mondo ferito dalle divisioni è urgente lavorare per l’unità dei cristiani

L’unità dei cristiani è ancor più urgente oggi in un mondo segnato da divisioni e conflitti: così, Benedetto XVI nell’udienza ai partecipanti alla riunione della Commissione mista internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese Orientali Ortodosse. Si tratta di un gruppo di sette Chiese locali che si separarono dalla Chiesa nel 451 non accettando alcune formulazioni del Concilio di Calcedonia. Nel suo discorso, il Papa ha anche ribadito la necessità che vengano gettati semi di speranza in Medio Oriente. Il servizio di Alessandro Gisotti:

The world needs a visible sign…
“Il mondo ha bisogno di un segno visibile del mistero dell’unità”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI che ha lodato l’impegno delle Chiese Orientali Ortodosse in favore del dialogo con la Chiesa cattolica. Un dialogo, ha rilevato, necessario a superare le divisioni del passato e a rafforzare “l’unità testimoniata dai cristiani di fronte alle enormi sfide che oggi devono affrontare i credenti”. Ed ha ribadito che è un dovere dei fedeli lavorare per la manifestazione della dimensione comunionale della Chiesa:


We need only cast our minds to the Middle East…
“Basti pensare al Medio Oriente, dal quale molti di voi provengono – ha costatato il Papa – per vedere che abbiamo urgente bisogno di semi autentici di speranza in un mondo ferito dalla tragedia delle divisioni, dei conflitti e dell’immensa sofferenza umana”. Benedetto XVI ha quindi definito un “segnale di speranza e incoraggiamento” il fatto che il dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese Orientali Ortodosse sia proseguito negli anni, compiendo passi importanti in particolare, da ultimo, nello studio della Chiesa come comunione.


The Week of Prayer for Christian Unity…
“La Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani – ha proseguito – si è da poco conclusa con una cerimonia nella Basilica dedicata al grande Apostolo Paolo”. Proprio Paolo, ha sottolineato il Pontefice, “è stato il primo difensore e teologo dell’unità della Chiesa”. I suoi sforzi, il suo impegno, ha concluso, “erano ispirati da una duratura aspirazione a mantenere una visibile” e “reale comunione tra i discepoli del Signore”.





Discorso di Benedetto XVI alla Commissione mista cattolico-ortodossa



CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 23 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere questo venerdì in udienza i membri della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese orientali ortodosse.



* * *



Cari fratelli in Cristo,

porgo un cordiale benvenuto a voi, membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese orientali ortodosse. Al termine di questa settimana d'intenso lavoro possiamo insieme rendere grazie al Signore per il vostro fermo impegno nella ricerca della riconciliazione e della comunione nel Corpo di Cristo, che è la Chiesa.

Certamente ognuno di voi contribuisce a questo compito non solo con la ricchezza della propria tradizione, ma anche con l'impegno delle Chiese partecipanti a questo dialogo per superare le divisioni del passato e per rafforzare la testimonianza comune dei cristiani dinanzi alle enormi sfide che i credenti devono affrontare oggi.

Il mondo ha bisogno di un segno visibile del mistero di unità che lega le tre Persone divine e che ci è stato rivelato duemila anni fa, con l'Incarnazione del Figlio di Dio. La concretezza del messaggio evangelico viene espressa in modo perfetto da Giovanni, quando dichiara la sua intenzione di annunciare ciò che ha udito, che i suoi occhi hanno visto e che le sue mani hanno toccato, affinché tutti possano essere in comunione con il Padre e con Suo Figlio Gesù. La nostra comunione attraverso la grazia dello Spirito Santo nella vita che unisce il Padre e il Figlio, ha una dimensione percepibile in seno alla Chiesa, Corpo di Cristo, «la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose» (Ef 1, 23), e tutti noi abbiamo il dovere di impegnarci perché questa dimensione fondamentale della Chiesa si manifesti al mondo.

Nel vostro sesto incontro si sono compiuti passi importanti soprattutto nello studio della Chiesa come comunione. Il fatto stesso che il dialogo sia proseguito nel tempo e venga ospitato ogni anno da una delle diverse Chiese che rappresentate è di per sé un segno di speranza e d'incoraggiamento. Dobbiamo solo volgere la nostra mente verso il Medio Oriente — da dove provengono molti di voi — per vedere che sono urgentemente necessari semi autentici di speranza in un mondo ferito dalla tragedia della divisione, del conflitto e dell'immensa sofferenza umana.

La Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani si è appena conclusa con la cerimonia nella Basilica dedicata al grande apostolo Paolo, alla quale molti di voi hanno partecipato. Paolo è stato il primo grande difensore e teologo dell'unità della Chiesa. I suoi sforzi e le sue lotte sono stati ispirati dalla costante aspirazione a mantenere una comunione visibile non solo esteriore, ma reale e piena, tra i discepoli del Signore. Pertanto, per l'intercessione di Paolo, chiedo la benedizione di Dio per tutti voi e per le Chiese e i popoli che rappresentate.

[Traduzione del testo originale in inglese de “L’Osservatore Romano”]







www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=681&set...

31/01/2009 15:52
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UDIENZA AI DIRIGENTI DELLA CONFEDERAZIONE ITALIANA SINDACATI LAVORATORI (CISL)

Alle ore 12.20 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Dirigenti della Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL) e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Illustri Signori, gentili Signore!

Con vivo compiacimento accolgo in voi e cordialmente saluto i membri del gruppo dirigente della Confederazione Italiana Sindacale Lavoratori: saluto in particolare il Segretario Generale, e lo ringrazio per le parole che mi ha indirizzato a nome di tutti. Egli ha ricordato che proprio 60 anni fa, la CISL muoveva i primi passi prendendo parte attiva alla fondazione del sindacato libero internazionale e recava al nascente soggetto il contributo dell’ancoraggio ai principi della dottrina sociale della Chiesa e la pratica di un sindacalismo libero ed autonomo da schieramenti politici e dai partiti. Questi stessi orientamenti voi oggi intendete ribadire, desiderando continuare a trarre dal magistero sociale della Chiesa ispirazione nella vostra azione finalizzata a tutelare gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici e dei pensionati d’Italia. Come ha opportunamente richiamato il Segretario Generale, la grande sfida ed opportunità che la preoccupante crisi economica del momento invita a saper cogliere, è di trovare una nuova sintesi tra bene comune e mercato, tra capitale e lavoro. Ed in questo ambito, significativo è il contributo che possono apportare le organizzazioni sindacali.

Nel pieno rispetto della legittima autonomia di ogni istituzione, la Chiesa, esperta in umanità, non si stanca di offrire il contributo del suo insegnamento e della sua esperienza a coloro che intendono servire la causa dell’uomo, del lavoro e del progresso, della giustizia sociale e della pace. La sua attenzione alle problematiche sociali è cresciuta nel corso dell’ultimo secolo. Proprio per questo, i miei venerati Predecessori, attenti ai segni dei tempi, non hanno mancato di fornire opportune indicazioni ai credenti e agli uomini di buona volontà, illuminandoli nel loro impegno per la salvaguardia della dignità dell’uomo e le reali esigenze della società.

All’alba del XX secolo, con l’Enciclica Rerum novarum, il Papa Leone XIII fece una difesa accorata dell’inalienabile dignità dei lavoratori. Gli orientamenti ideali, contenuti in tale documento, contribuirono a rafforzare l’animazione cristiana della vita sociale; e questo si tradusse, tra l’altro, nella nascita e nel consolidarsi di non poche iniziative di interesse civile, come i centri di studi sociali, le società operaie, le cooperative e i sindacati. Si verificò pure un impulso notevole verso una legislazione del lavoro rispettosa delle legittime attese degli operai, specialmente delle donne e dei minori, e si ebbe anche un sensibile miglioramento dei salari e delle stesse condizioni di lavoro. Di questa Enciclica, che ha avuto "il privilegio" di essere commemorata da vari successivi documenti pontifici, Giovanni Paolo II ha voluto solennizzare il centesimo anniversario pubblicando l’Enciclica Centesimus annus, nella quale osserva che la dottrina sociale della Chiesa, specialmente in questo nostro periodo storico, considera l’uomo inserito nella complessa rete di relazioni che è tipica delle società moderne. Le scienze umane, per parte loro, contribuiscono a metterlo in grado di capire sempre meglio se stesso, in quanto essere sociale. "Soltanto la fede, però, - nota il mio venerato Predecessore - gli rivela pienamente la sua identità vera, e proprio da essa prende avvio la dottrina sociale della Chiesa, la quale, avvalendosi di tutti gli apporti delle scienze e della filosofia, si propone di assistere l’uomo nel cammino della salvezza" (n. 54).

Nella sua precedente Enciclica sociale Laborem exercens del 1981, dedicata al tema del lavoro, Papa Giovanni Paolo II aveva sottolineato che la Chiesa non ha mai smesso di considerare i problemi del lavoro all’interno di una questione sociale che è andata assumendo progressivamente dimensioni mondiali. Anzi, il lavoro – egli insiste - va visto come la "chiave essenziale" dell’intera questione sociale, perché condiziona lo sviluppo non solo economico, ma anche culturale e morale, delle persone, delle famiglie, delle comunità e dell’intera umanità (cfr n. 1). Sempre in questo importante documento vengono posti in luce il ruolo e l’importanza strategica dei sindacati, definiti "un indispensabile elemento della vita sociale, specialmente nelle moderne società industrializzate" (cfr n. 20).

C’è un altro elemento che ritorna frequentemente nel magistero dei Papi del Novecento ed è il richiamo alla solidarietà ed alla responsabilità. Per superare la crisi economica e sociale che stiamo vivendo, sappiamo che occorre uno sforzo libero e responsabile da parte di tutti; è necessario, cioè, superare gli interessi particolaristici e di settore, così da affrontare insieme ed uniti le difficoltà che investono ogni ambito della società, in modo speciale il mondo del lavoro. Mai come oggi si avverte una tale urgenza; le difficoltà che travagliano il mondo del lavoro spingono ad una effettiva e più serrata concertazione tra le molteplici e diverse componenti della società. Il richiamo alla collaborazione trova significativi riferimenti anche nella Bibbia. Ad esempio, nel libro del Qoèlet leggiamo: "Meglio essere in due che uno solo, perchè otterranno migliore compenso per la loro fatica. Infatti, se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi" (4,9-10). L’auspicio è quindi che dall’attuale crisi mondiale scaturisca la volontà comune di dar vita a una nuova cultura della solidarietà e della partecipazione responsabile, condizioni indispensabili per costruire insieme l’avvenire del nostro pianeta.

Cari amici, la celebrazione del 60° anniversario di fondazione della vostra organizzazione sindacale sia motivo per rinnovare l’entusiasmo degli inizi e riscoprire ancor più il vostro originario carisma. Il mondo ha bisogno di persone che si dedichino con disinteresse alla causa del lavoro nel pieno rispetto della dignità umana e del bene comune. La Chiesa, che apprezza il ruolo fondamentale dei sindacati, vi è vicina oggi come ieri, ed è pronta ad aiutarvi, perché possiate adempiere al meglio il vostro compito nella società. Nell’odierna festa di san Giovanni Bosco, desidero infine affidare l’attività e i progetti del vostro sindacato a questo Apostolo dei giovani, che con grande sensibilità sociale fece del lavoro un prezioso strumento di formazione e di educazione delle nuove generazioni. Invoco, inoltre, su di voi e sulle vostre famiglie la protezione della Madonna e di san Giuseppe, buon padre e lavoratore esperto che si prese quotidiana cura della famiglia di Nazaret. Per parte mia, vi assicuro un ricordo nella preghiera, mentre con affetto benedico voi qui presenti e tutti gli iscritti alla vostra Confederazione.

31/01/2009 15:53
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede;

Em.mo Card. Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

S.E. Mons. Javier Echevarría Rodríguez, Vescovo tit. di Cilibia, Prelato della Prelatura Personale dell’Opus Dei;

Dirigenti della Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL).




RINUNCE E NOMINE



NOMINA DELL’ARCIVESCOVO COADIUTORE DI MARIBOR (SLOVENIA)

Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Coadiutore di Maribor (Slovenia) S.E. Mons. Anton Stres, C.M., finora Vescovo di Celje.

S.E. Mons. Anton Stres, C.M.

S.E. Mons. Anton Stres, C.M., è nato il 15 dicembre 1942 a Donačka Gora, diocesi di Celje. Dopo aver frequentato le scuole medie e superiori a Zagabria (1957-1962), ha seguito i corsi di filosofia e teologia presso la Facoltà Teologica di Ljubljana (1962-1966) e presso l’Istituto Cattolico di Parigi (1966-1969). Si è laureato prima in Teologia a Ljubljana (1974) e poi in filosofia a Parigi (1984). Entrato nella Congregazione della Missione il 22 agosto 1960, ha emesso i voti il 28 marzo 1967. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 20 aprile 1968.

È stato professore e Decano presso la Facoltà Teologica di Lubiana, il Provinciale della Provincia slovena della Congregazione della Missione.

Il 13 maggio 2000 è stato eletto Vescovo titolare di Ptuj e nominato Vescovo Ausiliare di Maribor. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 24 giugno dello stesso anno.

Il 7 aprile 2006 è stato nominato Vescovo di Celje.

Ha pubblicato numerosi libri e articoli di carattere filosofico e spirituale.



NOMINA DELL’AUSILIARE DI LINZ (AUSTRIA)

Il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare di Linz (Austria) il Rev.do Gerhard Wagner, del clero della medesima diocesi, Parroco a Windischgarsten, assegnandogli la sede titolare vescovile di Zuri.

Rev.do Gerhard Wagner

Il Rev.do Gerhard Wagner è nato a Wartberg ob der Aist (diocesi di Linz) il 17 luglio 1954.

Dopo gli studi umanistici ha frequentato i corsi teologici alla Pontificia Università Gregoriana, dove ha ottenuto il Dottorato in Teologia.

È stato ordinato sacerdote il 10 ottobre 1978 a Roma per la diocesi di Linz.

Ha ricoperto l’incarico di Vicario Cooperatore successivamente a Bad Zell, Bad Ischl e Marchtrenk.

Dal 1988 è parroco di Windischgarsten.



NOMINA DI MEMBRO DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Il Santo Padre ha nominato Membro della Congregazione delle Cause dei Santi S.E. Mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano.



NOMINA DI CONSULTORE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI

Il Papa ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, Arcivescovo titolare di Tibica, Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.



NOMINA DI MEMBRI DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

Il Santo Padre ha nominato Membri della Pontificia Commissione Biblica i Reverendi: P. Pietro Bovati, S.I., docente presso il Pontificio Istituto Biblico, Roma; Juan Miguel Díaz Rodelas, docente presso la Facoltà di Teologia di Valencia, Presidente dell’Associazione Biblica Spagnola (Spagna); P. Francolino Gonçalves, O.P. (Portogallo), docente presso l’École Biblique et Archéologique Française di Gerusalemme; John Chijioke Iwe, Rettore e docente di Antico Testamento presso il Seat of Wisdom Major Seminary di Owerri (Nigeria); Thomas Manjaly, docente presso l’Oriens Theological College di Shillong e il Sacred Heart’s College di Mawlai (India); Fearghus O’Fearghail, docente di Esegesi del Nuovo Testamento presso il Mater Dei Institute of Education di Dublin (Irlanda); Yeong-sik Johan Pahk, dell’Arcidiocesi di Seoul (Corea); Henryk Witczyk, docente presso l’Università Cattolica di Lublin (Polonia).



NOMINA DI CAPO UFFICIO NELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Il Papa ha nominato Capo Ufficio nella Congregazione per la Dottrina della Fede il Rev.do Padre Pedro Miguel Funes Díaz, dei Crociati di Cristo Re, finora Aiutante di Studio nel medesimo Dicastero.



NOMINA DEL DIRETTORE GENERALE DELLA TIPOGRAFIA VATICANA - EDITRICE "L’OSSERVATORE ROMANO"

L’Em.mo Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, ha nominato Direttore Generale della Tipografia Vaticana - Editrice "L’Osservatore Romano" il Rev.do Don Pietro Migliasso, S.D.B.



01/02/2009 17:38
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Quest’anno, nelle celebrazioni domenicali, la liturgia propone alla nostra meditazione il Vangelo di san Marco, del quale una singolare caratteristica è il cosiddetto "segreto messianico", il fatto cioè che Gesù non vuole che per il momento si sappia, al di fuori del gruppo ristretto dei discepoli, che Lui è il Cristo, il Figlio di Dio. Ecco allora che a più riprese ammonisce sia gli apostoli, sia i malati che guarisce di non rivelare a nessuno la sua identità. Ad esempio, il brano evangelico di questa domenica (Mc 1,21-28) narra di un uomo posseduto dal demonio, che all’improvviso si mette a gridare: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!". E Gesù gli intima: "Taci! Esci da lui!". E subito, nota l’evangelista, lo spirito maligno, con grida strazianti, uscì da quell’uomo. Gesù non solo scaccia i demoni dalle persone, liberandole dalla peggiore schiavitù, ma impedisce ai demoni stessi di rivelare la sua identità. Ed insiste su questo "segreto" perché è in gioco la riuscita della sua stessa missione, da cui dipende la nostra salvezza. Sa infatti che per liberare l’umanità dal dominio del peccato, Egli dovrà essere sacrificato sulla croce come vero Agnello pasquale. Il diavolo, da parte sua, cerca di distoglierlo per dirottarlo invece verso la logica umana di un Messia potente e pieno di successo. La croce di Cristo sarà la rovina del demonio, ed è per questo che Gesù non smette di insegnare ai suoi discepoli che per entrare nella sua gloria deve patire molto, essere rifiutato, condannato e crocifisso (cfr Lc 24,26), essendo la sofferenza parte integrante della sua missione.

Gesù soffre e muore in croce per amore. In questo modo, a ben vedere, ha dato senso alla nostra sofferenza, un senso che molti uomini e donne di ogni epoca hanno capito e fatto proprio, sperimentando serenità profonda anche nell’amarezza di dure prove fisiche e morali. E proprio "la forza della vita nella sofferenza" è il tema che i Vescovi italiani hanno scelto per il consueto Messaggio in occasione dell’odierna Giornata per la Vita. Mi unisco di cuore alle loro parole, nelle quali si avverte l’amore dei Pastori per la gente, e il coraggio di annunciare la verità, il coraggio di dire con chiarezza, ad esempio, che l’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo. La vera risposta non può essere infatti dare la morte, per quanto "dolce", ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano. Siamone certi: nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio.

La Vergine Maria ha custodito nel suo cuore di madre il segreto del suo Figlio, ne ha condiviso l’ora dolorosa della passione e della crocifissione, sorretta dalla speranza della risurrezione. A Lei affidiamo le persone che sono nella sofferenza e chi si impegna ogni giorno al loro sostegno, servendo la vita in ogni sua fase: genitori, operatori sanitari, sacerdoti, religiosi, ricercatori, volontari, e molti altri. Per tutti preghiamo.



DOPO L’ANGELUS

Domani celebreremo la festa liturgica della Presentazione di Gesù al Tempio. Quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, Maria e Giuseppe lo portarono a Gerusalemme, seguendo le prescrizioni della Legge di Mosè. Ogni primo nato, infatti, secondo le Scritture, apparteneva al Signore, e andava quindi riscattato con un sacrificio. In questo avvenimento si manifesta la consacrazione di Gesù a Dio Padre e, legata ad essa, quella di Maria Vergine. Perciò il mio amato predecessore Giovanni Paolo II ha voluto che questa ricorrenza, in cui molte persone consacrate emettono o rinnovano i loro voti, diventasse Giornata della Vita consacrata. Domani pomeriggio, pertanto, al termine della Santa Messa presieduta dal Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica, incontrerò nella Basilica di San Pietro i consacrati e le consacrate presenti a Roma. Invito tutti a ringraziare il Signore per il prezioso dono di questi fratelli e sorelle, e a domandare a Lui, per intercessione della Madonna, tante nuove vocazioni, nella varietà dei carismi di cui è ricca la Chiesa.

Les lectures de ce dimanche, chers pèlerins francophones, nous parlent de joie et de bonheur. Demain le 2 février, fête de la Présentation du Seigneur au temple, nous célébrerons la journée mondiale de la vie consacrée. À l’exemple du vieillard Syméon et sous la conduite de l’Esprit-Saint, que les religieux, les religieuses et tous les consacrés ouvrent leurs cœurs au Christ ! Lui seul peut conduire au vrai bonheur et la Vierge Marie saura intercéder pour nous tous ! Bon dimanche. Avec ma Bénédiction Apostolique.

I offer a warm welcome to the English-speaking visitors gathered for this Angelus prayer. In today’s Gospel, Jesus reveals his divine authority in his teaching and his work of healing. Let us ask the Lord to open our minds ever more fully to his saving truth, and our hearts to his merciful and gracious love. Upon you and your families I cordially invoke God’s blessings of joy and peace!

Ganz herzlich begrüße ich alle deutschsprachigen Brüder und Schwestern hier auf dem Petersplatz. Die Schriftlesungen dieses Sonntags erläutern uns, wie Gottes Wort auf Erden mit Vollmacht verkündet wird. In einzigartiger Weise spricht Jesus die Menschen an. Aber auch die Worte von Moses oder Paulus kommen aus der Kraft des Heiligen Geistes. Derselbe Geist redet heute durch die Heilige Schrift und durch die Kirche zu uns; er offenbart uns die Liebe Gottes und ruft uns in den Dienst des Herrn. Gott segne euch und eure Familien.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana y a todos los que se unen a ella a través de la radio y la televisión. Siguiendo la invitación del salmista, os invito a aclamar al Señor, a darle gracias, bendecir su Nombre y a acoger su Palabra para que no se endurezca nuestro corazón. La Santísima Virgen nos acompaña e intercede por nosotros en esta hermosa misión. Feliz domingo.

Pozdrawiam serdecznie Polaków. Jutro święto Matki Bożej Gromnicznej, Dzień Życia Konsekrowanego. Osoby, które przez profesję zakonną oddały swe życie Chrystusowi, gorąco zachęcam: trwajcie mocno w miłości i pokorze, zachowujcie wasze śluby i charyzmaty służąc potrzebującym, módlcie się o pokój i nawrócenie dla świata. Z całym Kościołem modlę się w waszych intencjach. Z serca błogosławię wam i tym, którym posługujecie.
[Saluto cordialmente i Polacchi. Domani è la Festa della Presentazione di Gesù al Tempio, Giornata della Vita Consacrata. Incoraggio fervidamente le persone che hanno donato la vita a Cristo mediante la professione religiosa: rimanete fortemente radicati nella carità e nell’umiltà, osservate i vostri voti e i vostri carismi, avendo particolare cura dei bisognosi; pregate per la pace e per la conversione del mondo. Con tutta la Chiesa prego per voi e vi benedico di cuore con quanti assistete.]

Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare il Movimento per la Vita, le delegazioni delle Facoltà di Medicina e Chirurgia delle Università di Roma, e quanti sono impegnati a difesa e promozione del fondamentale bene della vita. Apprezzo ed incoraggio l’impegno della Diocesi di Roma in questo campo, e presento auguri cordiali anche per la "Settimana della Famiglia", che inizia oggi. Saluto inoltre i fedeli provenienti da San Vito Romano, Salerno, Cava dei Tirreni, Palestrina e dalla parrocchia di Santa Maria in Traspontina in Roma, come pure gli allievi del Centro di formazione professionale salesiano di Soverato. A tutti auguro una buona domenica.


Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
02/02/2009 16:52
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LE UDIENZE

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Signor János Balassa, Ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali;

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale di Turchia, in Visita "ad Limina Apostolorum":

S.E. Mons. Ruggero Franceschini, O.F.M. Cap., Arcivescovo di Izmir;

S.E. Mons. Luigi Padovese, O.F.M. Cap., Vescovo tit. di Monteverde, Vicario Apostolico di Anatolia;

S.E. Mons. Louis Pelâtre, A.A., Vescovo tit. di Sasima, Vicario Apostolico di Istanbul; Amministratore Apostolico dell’Esarcato Apostolico di Istanbul;

S.E. Mons. Georges Khazzoum, dell’Ist. del Clero Patriarcale di Bzommar, Arcivescovo Coadiutore di Istanbul degli Armeni.

Corepiscopo Yusuf Sa—, Vicario Patriarcale dei siro-cattolici in Turchia;

Mons. François Yakan, Vicario Patriarcale per i siro-caldei in Turchia.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Gruppo degli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale di Turchia, in Visita "ad Limina Apostolorum".

02/02/2009 16:52
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LE LETTERE CREDENZIALI DELL’AMBASCIATORE DI UNGHERIA PRESSO LA SANTA SEDE

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI, ha ricevuto in Udienza S.E. il Signor János Balassa, Ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha rivolto al nuovo Ambasciatore, nonché i cenni biografici essenziali di S.E. il Signor János Balassa:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Your Excellency,

I am pleased to welcome you at the start of your mission and to accept the Letters accrediting you as Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary of the Republic of Hungary to the Holy See. I thank you for your kind words and for the greetings you bring from President László Sólyom. Please convey to him my respectful good wishes and the assurance of my prayers for all the people of your nation.

The Holy See’s reestablishment of full diplomatic relations with the countries of the former Eastern bloc, after the momentous events of 1989, opened up new horizons of hope for the future. In the twenty years that have passed since, Hungary has made great progress in establishing the structures of a free and democratic society, able and willing to play its part in an increasingly globalized world community. As you have observed, the forces that govern economic and political affairs in the modern world need to be properly directed – they need, in other words to be built upon an ethical foundation, giving priority always to the dignity and the rights of the human person and the common good of humanity. In view of its strong Christian heritage, stretching back over a thousand years, Hungary is well placed to assist in the promotion of these humane ideals within the European community and the wider world community, and it is my hope that our diplomatic relations will serve to support this vital dimension of your country’s contribution to international affairs.

The experience of newly gained freedom has, at times, brought with it the risk that those same Christian and human values, so deeply rooted in the history and culture of individual peoples, and indeed of the whole continent of Europe, can be supplanted by others, based on unsound visions of man and his dignity and harmful to the development of a truly flourishing society. In my 2008 World Day of Peace Message, I stressed the primordial importance of the family for building peaceful community relations at every level. In much of modern Europe the vital cohesive role that the family has to play in human affairs is being called into question and even endangered as a result of misguided ways of thinking that at times find expression in aggressive social and political policies. It is my earnest hope that ways will be found of safeguarding this essential element of our society, which is the heart of every culture and nation. One of the specific ways government can support the family is by assuring that parents are allowed to exercise their fundamental right as the primary educators of their children, which would include the option to send their children to religious schools when they so desire.

The Catholic Church in Hungary has lived with particular intensity the transition between the period of totalitarian government and the freedom that your country now enjoys. After decades of oppression, sustained by the heroic witness of so many Christians, she has emerged to take her place in a transformed society, able once more to proclaim the Gospel freely. She seeks no privileges for herself, but is eager to play her part in the life of the nation, true to her nature and mission. As the process continues of implementing the agreements between Hungary and the Holy See – I think of the recently signed memorandum on religious assistance for the armed forces and border police - I am confident that any outstanding questions affecting the life of the Church in your country will be resolved in the spirit of good will and fruitful dialogue which has characterized our diplomatic relations ever since they were so happily restored.

Your Excellency, I pray that the diplomatic mission which you begin today will further strengthen the bonds of friendship that exist between the Holy See and the Republic of Hungary. I assure you that the various departments of the Roman Curia are always ready to offer help and support in the fulfilment of your duties. With my sincere good wishes, I invoke upon you, your family, and all your fellow citizens abundant blessings of peace and prosperity. May God bless Hungary!

S.E. il Signor János Balassa,

Ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede

È nato a Budapest il 15 settembre 1951.

È sposato ed ha quattro figlie.

Laureato in Relazioni Internazionali, ha conseguito un master in Economia (Università di Budapest).

Dopo avere svolto attività dirigenziali presso aziende private (1972-1981), ha intrapreso la carriera diplomatica ricoprendo i seguenti incarichi: Desk officer presso il Ministero degli Affari Esteri (1981-1987); Segretario di Ambasciata a Lagos (1988-1992) Desk officer presso il Ministero degli Affari Esteri (1992-1993); Incaricato d’Affari a.i. a Nairobi (1993); Capo di Divisione presso il Ministero degli Affari Esteri (1993-1996); Ambasciatore in Nigeria, Costa d’Avorio, Ghana e Benin, con sede a Lagos ed a Abuja (1996-2001); Capo di Divisione presso il Minsitero degli Affari Esteri (2001-2002); Vice Capo (2002) e successivamente Capo di Dipartimento presso il Ministero degli Affari Esteri (2002-2004); Ambasciatore di Irlanda (2004-2007); Capo di Dipartimento presso il Ministero degli Affari Esteri (2007-2008).

Oltre la lingua madre, parla l’inglese ed il russo.

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A SUA SANTITÀ KIRILL, PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTE LE RUSSIE, IN OCCASIONE DELLA SUA INTRONIZZAZIONE

Domenica 1° febbraio si sono svolte a Mosca, nella Cattedrale di Cristo Salvatore, le solenni celebrazioni di intronizzazione del nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Sua Santità Kirill.

Il Santo Padre, che aveva espresso al nuovo Patriarca, subito dopo l’elezione, il suo augurio e assicurato il ricordo nelle sue preghiere, ha inviato a dette celebrazioni una Delegazione guidata dall’Em.mo Card. Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e composta da S.E. Mons. Brian Farrell, L.C., Segretario dello stesso Dicastero, da S.E. Mons. Antonio Mennini, Rappresentante della Santa Sede presso la Federazione Russa, da S.E. Mons. Paolo Pezzi, F.S.C.B., Arcivescovo dell’Arcidiocesi "Madre di Dio a Mosca" e dal Rev.do P. Milan Žust, S.I., Officiale del menzionato Pontificio Consiglio.

Il Papa ha affidato all’Em.mo Card. Walter Kasper per il Patriarca Kirill un suo Messaggio e il dono di un calice, pegno del desiderio di giungere presto alla piena comunione.

Pubblichiamo qui di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

To His Holiness Kirill

Patriarch of Moscow and of All Russia

I greet Your Holiness with joy as you undertake the great responsibility of shepherding the venerable Russian Orthodox Church. I readily recall the good will which characterized our meetings at the time of your service as President of the Department of External Church Relations. On the occasion of your enthronement I wish, therefore, to reaffirm my esteem and my spiritual closeness. I pray that our heavenly Father will grant you the abundant gifts of the Holy Spirit in your ministry and enable you to guide the Church in the love and peace of Christ.

You are now the successor of our beloved brother of revered memory, His Holiness Alexy II, who left his people a deep and abiding inheritance of ecclesial renewal and development, as he led the Russian Orthodox Church out of the long and difficult period of suffering under the totalitarian and atheistic system to a new, active presence and service in today’s society. Patriarch Alexis II worked assiduously for the unity of the Russian Orthodox Church and for communion with the other Orthodox Churches. He likewise maintained a spirit of openness and cooperation with other Christians, and with the Catholic Church in particular, for the defence of Christian values in Europe and in the world. I am certain that Your Holiness will continue to build on this solid foundation, for the good of your people and for the benefit of Christians everywhere.

As President of the Department of External Church Relations, you yourself played an outstanding role in forging a new relationship between our Churches, a relationship based on friendship, mutual acceptance and sincere dialogue in facing the difficulties of our common journey. It is my earnest hope that we will continue to cooperate in finding ways to foster and strengthen communion in the Body of Christ, in fidelity to our Saviour’s prayer that all may be one, so that the world may believe (cf. Jn 17:21).

Conscious of the enormous responsibilities which accompany the spiritual and pastoral ministry to which the Holy Spirit has called you, I renew to Your Holiness the assurance of my prayers and fraternal good will. I ask Almighty God to bless you with his love, to watch over the beloved Russian Church, and to sustain the Bishops, priests and all the faithful in the unfailing hope which is ours in Christ Jesus.

From the Vatican, 28 January 2009

BENEDICTUS PP. XVI


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VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA TURCHIA

Alle ore 12.30 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI incontra gli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale della Turchia, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge loro:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Chers Frères dans l’Épiscopat et dans le Sacerdoce,

Je suis heureux de vous recevoir ce matin, alors que vous accomplissez votre pèlerinage sur les tombeaux des Apôtres Pierre et Paul, signe éloquent de votre communion avec le Successeur de Pierre. Je remercie le Président de votre Conférence épiscopale, Mgr Luigi Padovese, Vicaire Apostolique d’Anatolie, pour les aimables paroles qu’il m’a adressées en votre nom. À travers votre présence, ce sont vos communautés aux multiples visages qui viennent aussi à la rencontre de l’Église de Rome, manifestant ainsi l’unité profonde qui les rassemble. À votre retour chez vous, saluez affectueusement en mon nom les prêtres, les religieux et les religieuses et tous les fidèles de vos diocèses. Dites-leur que le Pape, dans le souvenir toujours présent à son cœur de son pèlerinage en Turquie, demeure proche de chacun d’eux, de leurs préoccupations et de leurs espérances.

Votre visite, qui se déroule providentiellement en cette année consacrée à saint Paul, prend une importance particulière pour vous qui êtes les Pasteurs de l’Église catholique en Turquie, cette terre où est né l’Apôtre des Nations et où il a fondé plusieurs communautés. Comme je l’ai déclaré dans la Basilique où se trouve sa tombe, j’ai voulu promulguer cette année paulinienne « pour écouter et pour apprendre à présent de lui, qui est notre maître, ‘la foi et la vérité’, dans lesquelles sont enracinées les raisons de l’unité parmi les disciples du Christ » (Basilique Saint-Paul hors-les-Murs, 28 juin 2008). Je sais que dans votre pays, vous avez voulu donner un éclat particulier à cette année jubilaire et que de nombreux pèlerins visitent les lieux chers à la tradition chrétienne. Je souhaite que l’accès à ces lieux significatifs pour la foi chrétienne, ainsi que la célébration du culte, soient toujours mieux facilités aux pèlerins. Par ailleurs, je me réjouis vivement de la dimension œcuménique qui a été donnée à cette année paulinienne, manifestant ainsi l’importance de cette initiative pour les autres Églises et communautés chrétiennes. Puisse cette année permettre de nouveaux progrès sur le chemin vers l’unité de tous les chrétiens! L’existence de vos Églises locales, dans toute leur diversité, se situe dans le prolongement d’une riche histoire marquée par le développement des premières communautés chrétiennes. Tant de noms, si chers aux disciples du Christ, demeurent attachés à votre terre, depuis saint Jean, saint Ignace d’Antioche, saint Polycarpe de Smyrne et tant d’autres illustres Pères de l’Église, sans oublier le concile d’Éphèse où la Vierge Marie fut proclamée « Théotokos ». Plus récemment, le Pape Benoît XV et le bienheureux Jean XXIII ont aussi marqué la vie de la nation et de l’Église en Turquie. Et je voudrais encore faire mémoire de tous les chrétiens, prêtres et laïcs, qui ont témoigné de la charité du Christ, parfois jusqu’au don suprême de leur vie, comme le Père Andrea Santoro. Que cette histoire prestigieuse soit pour vos communautés, dont je connais la vigueur de la foi et l’abnégation dans les épreuves, non seulement le souvenir d’un passé glorieux, mais un encouragement à poursuivre généreusement sur la voie tracée, en témoignant parmi leurs frères de l’amour de Dieu pour tout homme.

Chers Frères, les Conciles de Nicée et de Constantinople ont donné au Credo son expression définitive. Que ce soit pour vous et pour vos fidèles, une incitation pressante à approfondir la foi de l’Église et à vivre avec toujours plus d’ardeur de l’espérance qui en découle. Le peuple de Dieu trouvera un soutien efficace à sa foi et à son espérance dans une authentique communion ecclésiale. En effet, « l’Église est une communion structurée, qui se réalise dans la coordination des divers charismes, ministères et services, et est ordonnée à l’obtention du but commun qui est le salut » (Pastores gregis, n. 44 ), et les évêques sont les premiers responsables de la réalisation concrète de cette unité. La profonde communion qui doit régner entre eux, dans la diversité des rites, s’exprime notamment par une réelle fraternité et une collaboration mutuelle qui leur permet d’accomplir leur ministère dans un esprit collégial et de renforcer l’unité du Corps du Christ.

Cette unité trouve une source vitale dans la Parole de Dieu, dont le récent Synode des Évêques a remis en lumière l’importance dans la vie et dans la mission de l’Église. Je vous invite donc à former les fidèles de vos diocèses, afin que la sainte Écriture ne soit pas une Parole du passé, mais qu’elle éclaire leur existence et leur ouvre un authentique accès à Dieu. Dans ce contexte, il m’est agréable de rappeler que la méditation de la Parole de Dieu par le Patriarche œcuménique de Constantinople, Bartholomeos 1er, a été un moment important de cette Assemblée synodale.

Permettez-moi aussi de saluer les prêtres et les religieux qui collaborent avec vous pour l’annonce de l’Évangile. Venant pour un grand nombre d’autres pays, leur tâche est souvent éprouvante. Je les encourage à être toujours mieux insérés dans les réalités de vos Églises locales, afin de pouvoir donner à tous les membres de la communauté catholique l’attention pastorale nécessaire, sans oublier les personnes les plus faibles et les plus isolées. Le petit nombre de prêtres, souvent insuffisant pour l’étendue du travail, ne peut que vous inciter à développer une vigoureuse pastorale des vocations.

La pastorale des jeunes est l’une de vos préoccupations majeures. Il est en effet important qu’ils puissent acquérir une formation chrétienne qui les aide à consolider leur foi et à la vivre dans un contexte souvent difficile. Dans la même perspective, la formation des laïcs doit aussi leur permettre d’assumer avec compétence et efficacité les responsabilités qui leur sont demandées au sein de l’Église.

La communauté chrétienne de votre pays vit dans une nation régie par une Constitution qui affirme la laïcité de l’État, mais dont la plus grande partie des habitants est musulmane. Il est donc très important que chrétiens et musulmans puissent s’engager ensemble pour l’homme, pour la vie, ainsi que pour la paix et la justice. Par ailleurs, la distinction entre la sphère civile et la sphère religieuse est certainement une valeur qui doit être protégée. Toutefois, dans ce cadre, il revient à l’État d’assurer de manière effective aux citoyens et aux communautés religieuses la liberté de culte et la liberté religieuse, rendant inacceptable toute violence à l’égard des croyants, quelle qu’en soit la religion. Dans ce contexte, je connais votre désir et votre disponibilité pour un dialogue sincère avec les Autorités, afin de trouver une solution aux différents problèmes qui se posent à vos communautés, dont celui de la reconnaissance juridique de l’Église catholique et de ses biens. Une telle reconnaissance ne peut qu’avoir des conséquences positives pour tous. Il est à souhaiter que des contacts permanents puissent être établis, par exemple par l’intermédiaire d’une Commission bilatérale, pour étudier les questions qui ne sont pas encore résolues.

Chers Frères, au terme de notre rencontre, je voudrais vous redire ces paroles d’espérance adressées aux Églises d’Éphèse et de Smyrne dans le livre de l’Apocalypse : « Tu ne manques pas de persévérance, car tu as beaucoup supporté pour mon nom, sans jamais te lasser. …Sois sans aucune crainte pour ce que tu va souffrir. …Sois fidèle jusqu’à la mort et je te donnerai la couronne de la vie », (Ap. 2, 3.10). Que l’intercession de saint Paul et de la Théotokos, vous donne de vivre dans cette espérance qui nous vient du Christ Ressuscité et vivant parmi nous. De grand cœur, je vous adresse une affectueuse Bénédiction apostolique, ainsi qu’aux prêtres, aux religieux et aux religieuses, et à tous les fidèles de vos diocèses.

03/02/2009 01:53
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Discorso del Papa ai Vescovi della Turchia in visita “ad limina”



CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 2 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere questo lunedì in udienza i Vescovi della Turchia in occasione della loro visita “ad limina Apostolorum”.






* * *





Cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,

Sono lieto di ricevervi questa mattina, mentre realizzate il vostro pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, segno eloquente della vostra comunione con il Successore di Pietro. Ringrazio il Presidente della vostra Conferenza episcopale, monsignor Luigi Padovese, Vicario Apostolico d'Anatolia, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome vostro. Attraverso la vostra presenza, sono anche le comunità dai molteplici volti a incontrare la Chiesa di Roma, mostrando così la loro unità profonda. Una volta tornati nel vostro paese, salutate affettuosamente a nome mio i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli delle vostre diocesi. Dite loro che il Papa, nel ricordo sempre presente nel suo cuore del suo pellegrinaggio in Turchia, resta vicino a ognuno di essi, alle loro preoccupazioni e alle loro speranze.

La vostra visita, che si svolge provvidenzialmente in questo anno dedicato a san Paolo, assume un'importanza particolare per voi che siete i Pastori della Chiesa cattolica in Turchia, terra in cui è nato l'Apostolo delle Genti e in cui ha fondato numerose comunità. Come ho dichiarato nella Basilica che accoglie la sua tomba, ho voluto indire questo anno paolino «per ascoltarlo e per apprendere ora da lui, quale nostro maestro, “la fede la verità”, in cui sono radicate le ragioni dell'unità tra i discepoli di Cristo» (Omelia, Basilica di San Paolo Fuori le Mura, 28 giugno 2008). So che nel vostro paese avete voluto dare un risalto particolare a questo anno giubilare e che molti pellegrini stanno visitando i luoghi cari alla tradizione cristiana. Auspico che l'accesso a questi luoghi significativi per la fede cristiana, come pure la celebrazione del culto, sia sempre più agevole per i pellegrini. Inoltre mi rallegro vivamente della dimensione ecumenica conferita all'anno paolino, mostrando così l'importanza di questa iniziativa per le altre Chiese e comunità cristiane. Possa questo anno permettere nuovi progressi lungo il cammino verso l'unità di tutti i cristiani!

L'esistenza delle vostre Chiese locali, nella loro diversità, si situa nel prolungamento di una ricca storia contraddistinta dalla crescita delle prime comunità cristiane. Tanti nomi, così cari ai discepoli di Cristo, restano legati alla vostra terra, a partire da san Giovanni, sant'Ignazio di Loyola, san Policarpo di Smirne e tanti altri illustri Padri della Chiesa, senza dimenticare il concilio di Efeso in cui la Vergine Maria fu proclamata «Théotokos». Più di recente, Papa Benedetto xv e il beato Giovanni xxiii hanno a loro volta segnato la vita della nazione e della Chiesa in Turchia. Desidero anche ricordare tutti i cristiani, sacerdoti e laici, che hanno testimoniato la carità di Cristo, a volte fino al dono supremo della loro vita, come Padre Andrea Santoro. Che questa storia prestigiosa sia per le vostre comunità, delle quali conosco il vigore della fede e l'abnegazione nelle prove, non solo il ricordo di un passato glorioso, ma anche un incoraggiamento a proseguire generosamente lungo la via tracciata, testimoniando fra i loro fratelli l'amore di Dio per ogni uomo.

Cari Fratelli, i Concili di Nicea e di Costantinopoli hanno dato al Credo la sua espressione definitiva. Che sia per voi e per i vostri fedeli un incitamento pressante ad approfondire la fede della Chiesa e a vivere, con sempre maggiore ardore, della speranza che ne scaturisce. Il popolo di Dio troverà in un'autentica comunione ecclesiale un sostegno efficace alla sua fede e alla sua speranza. Di fatto, «la Chiesa è una comunione organica, che si realizza nel coordinamento dei diversi carismi, ministeri e servizi, in ordine al conseguimento del fine comune che è la salvezza» (Pastores gregis, n. 44), e i vescovi sono i primi responsabili della realizzazione concreta di questa unità. La profonda comunione che deve regnare fra di essi, nella diversità dei riti, si esprime soprattutto attraverso una reale fraternità e una collaborazione reciproca che permettano loro di svolgere il proprio ministero in uno spirito collegiale e di rafforzare l'unità del Corpo di Cristo.

Questa unità trova una fonte vitale nella Parola di Dio, di cui il recente Sinodo dei Vescovi ha rimesso in luce l'importanza nella vita e nella missione della Chiesa. Vi invito dunque a formare i fedeli delle vostre diocesi, affinché la Sacra Scrittura non sia una Parola del passato, ma illumini la loro esistenza e permetta loro di accedere veramente a Dio. In questo contesto, mi è gradito ricordare che la meditazione della Parola di Dio da parte del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, è stato un momento importante di questa Assemblea sinodale.

Permettetemi anche di salutare i sacerdoti e i religiosi che collaborano con voi nell'annuncio del Vangelo. Provenendo in gran numero da altri paesi, il loro compito è spesso faticoso. Li incoraggio a essere sempre meglio inseriti nelle realtà delle vostre Chiese locali, al fine di poter dare a tutti i membri della comunità cattolica l'attenzione pastorale necessaria, senza dimenticare le persone più deboli e più isolate. L'esiguo numero di sacerdoti, spesso insufficiente per la vastità del lavoro, non può che spingervi a sviluppare una vigorosa pastorale delle vocazioni.

La pastorale dei giovani è una delle vostre maggiori preoccupazioni. È in effetti importante che possano acquisire una formazione cristiana che li aiuti a consolidare la loro fede e a viverla in un contesto spesso difficile. Nella stessa prospettiva, la formazione dei laici deve anche permettere loro di assumere con competenza ed efficacia le responsabilità affidate loro in seno alla Chiesa.

La comunità cristiana del vostro paese vive in una nazione retta da una Costituzione che afferma la laicità dello Stato, ma dove la maggior parte degli abitanti è musulmana. È dunque molto importante che cristiani e musulmani si possano impegnare insieme per l'uomo, per la vita, come pure per la pace e la giustizia. Inoltre, la distinzione fra la sfera civile e la sfera religiosa è certamente un valore che deve essere tutelato. Tuttavia, in questo ambito, spetta allo Stato assicurare in maniera effettiva ai cittadini e alle comunità religiose la libertà di culto e la libertà religiosa, rendendo inaccettabile qualsiasi violenza nei confronti dei credenti, qualunque sia la loro religione. In questo contesto, conosco il vostro desiderio e la vostra disponibilità a un dialogo sincero con le Autorità, al fine di trovare una soluzione ai diversi problemi che le vostre comunità devono affrontare, fra i quali il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica e dei suoi beni. Un simile riconoscimento non può che avere conseguenze positive per tutti. È auspicabile che si possano stabilire contatti permanenti, ad esempio tramite una Commissione bilaterale, per esaminare questioni ancora irrisolte.

Cari Fratelli, al termine del nostro incontro, desidero ripetervi le parole di speranza rivolte alle Chiese di Efeso e di Smirne nel libro dell'Apocalisse: «Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti... Non temere ciò che stai per soffrire... Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita» (Ap, 2, 3.10). Che l'intercessione di san Paolo e della Théotokos vi permetta di vivere questa speranza che viene da Cristo Risorto che è vivo in mezzo a noi! Di tutto cuore vi imparto un'affettuosa Benedizione apostolica, che estendo ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, e a tutti i fedeli delle vostre diocesi.

[Traduzione del testo originale in francese a cura de “L'Osservatore Romano”]







Il discorso di Benedetto XVI al nuovo Ambasciatore di Ungheria


Invito a difendere in Europa la famiglia da politiche aggressive




CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 2 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere questo lunedì in udienza il signor János Balassa, Ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle lettere credenziali.







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Eccellenza,

sono lieto di accoglierla all'inizio della sua missione e di accettare le Lettere che l'accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica di Ungheria presso la Santa Sede. La ringrazio per le cordiali parole e per i saluti che mi porge da parte del Presidente László Sólyom. La prego di trasmettergli i miei rispettosi buoni auspici e l'assicurazione delle mie preghiere per tutto il popolo della sua nazione.

Il ripristino da parte della Santa Sede di piene relazioni diplomatiche con i Paesi dell'ex blocco orientale, dopo gli eventi importantissimi del 1989, ha schiuso nuovi orizzonti di speranza per il futuro. Nei venti anni che sono trascorsi da allora, l'Ungheria ha compiuto grandi progressi nel creare le strutture di una società libera e democratica, desiderosa e capace di svolgere il proprio ruolo in una comunità mondiale sempre più globalizzata. Come ha osservato, le forze che governano gli affari economici e politici del mondo moderno devono essere gestite correttamente. In altre parole devono fondarsi su una base etica, accordando sempre priorità alla dignità e ai diritti della persona umana e al bene comune dell'umanità. In considerazione della sua forte eredità cristiana, che risale a più di mille anni fa, l'Ungheria si trova nella condizione di contribuire alla promozione di questi ideali umani nella comunità europea e in quella mondiale più ampia. Spero che le nostre relazioni diplomatiche saranno di sostegno a questa dimensione vitale del contributo del suo Paese agli affari internazionali.

A volte, l'esperienza di una recente libertà ha comportato il rischio che quegli stessi valori cristiani e umani, così profondamente radicati nella storia e nella cultura dei singoli popoli, e di fatto dell'intero continente europeo, potessero essere soppiantati da altri basati su visioni errate dell'uomo e della sua dignità e dannose per lo sviluppo di una società veramente prospera. Nel mio Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace del 2008, ho sottolineato l'importanza primaria della famiglia per l'edificazione di relazioni comunitarie pacifiche a ogni livello. In gran parte dell'Europa moderna il ruolo vitale di coesione che la famiglia deve svolgere nelle questioni umane viene messo in dubbio e addirittura a repentaglio come risultato di modi fuorviati di pensare, a volte espressi in strategie sociali e politiche aggressive. Spero sinceramente nell'elaborazione di modalità per tutelare questo elemento essenziale della nostra società, che è il cuore di ogni cultura e nazione. Un modo specifico con cui il Governo può sostenere la famiglia è assicurare che i genitori possano esercitare il loro diritto fondamentale di primi educatori dei propri figli, cosa che include la possibilità di scegliere di mandarli in scuole religiose, se lo si vuole.

La Chiesa cattolica in Ungheria ha vissuto con particolare intensità la transizione dal periodo del governo totalitario alla libertà di cui il suo Paese ora gode. Dopo decenni di oppressione, sostenuta dalla testimonianza eroica di così tanti cristiani, la Chiesa è emersa per prendere il proprio posto in una società trasformata, in grado di nuovo di proclamare liberamente il Vangelo. Non cerca privilegi per sé, ma desidera svolgere il proprio ruolo nella vita della nazione, fedele alla sua natura e alla sua missione. Mentre prosegue il processo di realizzazione degli accordi fra l'Ungheria e la Santa Sede, penso al memorandum firmato di recente sull'assistenza religiosa alle forze armate e alla polizia frontaliera. Confido nel fatto che qualsiasi questione straordinaria relativa alla vita della Chiesa nel suo Paese sarà risolta con lo spirito di buona volontà e di dialogo fecondo che caratterizza le nostre relazioni diplomatiche da quando sono state tanto felicemente ripristinate.

Eccellenza, prego affinché la missione diplomatica che comincia oggi rafforzerà ulteriormente i vincoli di amicizia già esistenti fra la Santa Sede e la Repubblica di Ungheria. L'assicuro del fatto che i vari dicasteri della Curia Romana saranno sempre pronti a offrire aiuto e sostegno nello svolgimento dei suoi compiti. Con i miei sinceri buoni auspici, invoco su di Lei, sulla sua famiglia e su tutti i suoi concittadini abbondanti benedizioni di pace e prosperità. Che Dio benedica l'Ungheria!

[Traduzione del testo originale in inglese de “L'Osservatore Romano”]









Messaggio di Benedetto XVI per il Patriarca Kirill di Mosca



CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 2 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del messaggio che Benedetto XVI ha inviato in occasione delle solenni celebrazioni di intronizzazione del nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill.






* * *

A Sua Santità Cirillo

Patriarca di Mosca e di tutte le Russie

La saluto con gioia mentre assume la responsabilità di pastore della venerata Chiesa Ortodossa Russa. Ricordo bene la buona volontà che ha caratterizzato i nostri incontri durante il suo servizio come Presidente del Dipartimento delle Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca. In occasione della sua intronizzazione desidero, quindi, riaffermare la mia stima e la mia vicinanza spirituale. Prego affinché il nostro Padre celeste le conceda i doni abbondanti dello Spirito Santo nel suo ministero e le permetta di guidare la Chiesa nell'amore e nella pace di Cristo.

Lei è ora il successore del nostro amato fratello di venerata memoria, Sua Santità Alessio ii, che ha lasciato al suo popolo un'eredità profonda e duratura di rinnovamento e di sviluppo ecclesiale, poiché ha guidato la Chiesa Ortodossa Russa fuori dal lungo e difficile periodo della sofferenza causata dal sistema totalitario e ateo verso una presenza e un servizio nuovi e attivi nella società di oggi. Il Patriarca Alessio ii ha operato assiduamente per l'unità della Chiesa Ortodossa Russa e per la comunione con le altre Chiese Ortodosse. Parimenti ha conservato uno spirito di apertura e cooperazione con altri cristiani e con la Chiesa cattolica in particolare, per la difesa dei valori cristiani in Europa e nel mondo. Sono certo che Lei, Santità, continuerà a edificare su questa solida base per il bene del suo popolo e a beneficio dei Cristiani ovunque.

Quale Presidente delle Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, lei stesso ha svolto un ruolo eccezionale nell'instaurare un nuovo rapporto fra le nostre Chiese, un rapporto basato su amicizia, accettazione reciproca e dialogo sincero nell'affrontare le difficoltà del nostro cammino comune. Spero con fervore che continueremo a cooperare per elaborare modalità per promuovere e rafforzare la comunione nel Corpo di Cristo, in fedeltà alla preghiera del nostro Salvatore che tutti siano una cosa sola perché il mondo creda (cfr. Gv 17, 21).

Consapevole delle enormi responsabilità che accompagnano il ministero spirituale e pastorale a cui lo Spirito Santo l'ha chiamata, le rinnovo, Santità, l'assicurazione delle mie preghiere e della mia buona volontà fraterna. Chiedo a Dio Onnipotente di benedirla con il suo amore, di vegliare sull'amata Chiesa russa e di sostenere i Vescovi, i sacerdoti e tutti i fedeli nella speranza incrollabile che è nostra in Gesù Cristo.

Dal Vaticano, 28 gennaio 2009

Benedetto PP. XVI

[Traduzione del testo originale in inglese de “L'Osservatore Romano”]

03/02/2009 16:28
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Discorso di Benedetto XVI per la Giornata della Vita Consacrata


CITTA' DEL VATICANO, martedì, 3 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato da Benedetto XVI questo lunedì pomeriggio, Festa della Presentazione del Signore e XIII Giornata della Vita Consacrata, dopo la celebrazione eucaristica per i religiosi e le religiose presieduta nella Basilica vaticana dal Cardinale Franc Rodé, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

* * *






Signor Cardinale,

venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,

cari fratelli e sorelle!

Con grande gioia vi incontro al termine del Santo Sacrificio della Messa, in questa Festa liturgica che, da tredici anni ormai, riunisce religiosi e religiose per la Giornata della Vita Consacrata. Saluto cordialmente il Cardinale Franc Rodé, con speciale riconoscenza a lui ed ai suoi collaboratori della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica per il servizio che rendono alla Santa Sede e a quello che chiamerei il "cosmo" della vita consacrata. Con affetto saluto i Superiori e le Superiore generali qui presenti e tutti voi, fratelli e sorelle, che sul modello della Vergine Maria portate nella Chiesa e nel mondo la luce di Cristo con la vostra testimonianza di persone consacrate. Faccio mie, in questo Anno Paolino, le parole dell'Apostolo: «Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi. Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente" (Fil 1,3-5). In questo saluto, indirizzato alla comunità cristiana di Filippi, Paolo esprime il ricordo affettuoso che egli conserva di quanti vivono personalmente il Vangelo e si impegnano a trasmetterlo, unendo alla cura della vita interiore la fatica della missione apostolica.

Nella tradizione della Chiesa, san Paolo è stato sempre riconosciuto padre e maestro di quanti, chiamati dal Signore, hanno fatto la scelta di un'incondizionata dedizione a Lui e al suo Vangelo. Diversi Istituti religiosi prendono da san Paolo il nome e da lui attingono un'ispirazione carismatica specifica. Si può dire che per tutti i consacrati e le consacrate egli ripete un invito schietto e affettuoso: «Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo" (1 Cor 11,1). Che cos'è infatti la vita consacrata se non un'imitazione radicale di Gesù, una totale "sequela" di Lui? (cfr Mt 19,27-28). Ebbene, in tutto ciò Paolo rappresenta una mediazione pedagogica sicura: imitarlo nel seguire Gesù, carissimi, è via privilegiata per corrispondere fino in fondo alla vostra vocazione di speciale consacrazione nella Chiesa.

Anzi, dalla sua stessa voce possiamo conoscere uno stile di vita che esprime la sostanza della vita consacrata ispirata ai consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. Nella vita di povertà egli vede la garanzia di un annuncio del Vangelo realizzato in totale gratuità (cfr 1 Cor 9,1-23), mentre esprime, allo stesso tempo, la concreta solidarietà verso i fratelli nel bisogno. Al riguardo tutti conosciamo la decisione di Paolo di mantenersi con il lavoro delle sue mani e il suo impegno per la colletta a favore dei poveri di Gerusalemme (cfr 1 Ts 2,9; 2 Cor 8-9). Paolo è anche un apostolo che, accogliendo la chiamata di Dio alla castità, ha donato il cuore al Signore in maniera indivisa, per poter servire con ancor più grande libertà e dedizione i suoi fratelli (cfr 1 Cor 7,7; 2 Cor 11,1-2); inoltre, in un mondo nel quale i valori della castità cristiana avevano scarsa cittadinanza (cfr 1 Cor 6,12-20), egli offre un sicuro riferimento di condotta. Quanto poi all'obbedienza, basti notare che il compimento della volontà di Dio e l'«assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le chiese» (2 Cor 11,28) ne hanno animato, plasmato e consumato l'esistenza, resa sacrificio gradito a Dio. Tutto questo lo porta a proclamare, come scrive ai Filippesi: «Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno » (Fil 1,21).

Altro aspetto fondamentale della vita consacrata di Paolo è la missione. Egli è tutto di Gesù per essere, come Gesù, di tutti; anzi, per essere Gesù per tutti: «Mi sono fatto tutto per tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22). A lui, così strettamente unito alla persona di Cristo, riconosciamo una profonda capacità di coniugare vita spirituale e azione missionaria; in lui le due dimensioni si richiamano reciprocamente. E così, possiamo dire che egli appartiene a quella schiera di "mistici costruttori", la cui esistenza è insieme contemplativa ed attiva, aperta su Dio e sui fratelli per svolgere un efficace servizio al Vangelo. In questa tensione mistico-apostolica, mi piace rimarcare il coraggio dell'Apostolo di fronte al sacrificio nell'affrontare prove terribili, fino al martirio (cfr 2 Cor 11,16-33), la fiducia incrollabile basata sulle parole del suo Signore: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,9-10). La sua esperienza spirituale ci appare così come la traduzione vissuta del mistero pasquale, che egli ha intensamente investigato ed annunciato come forma di vita del cristiano. Paolo vive per, con e in Cristo. «Sono stato crocifisso con Cristo - egli scrive -, e non vivo più io, ma Cristo vive in me » (Gal 2,20); e ancora: «per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21).

Questo spiega perché egli non si stanchi di esortare a fare in modo che la parola di Cristo abiti in noi nella sua ricchezza (cfr Col 3,16). Questo fa pensare all'invito a voi indirizzato dalla recente Istruzione su Il servizio dell'autorità e l'obbedienza, a cercare «ogni mattina il contatto vivo e costante con la Parola che in quel giorno è proclamata, meditandola e custodendola nel cuore come tesoro, facendone la radice d'ogni azione e il criterio primo d'ogni scelta» (n. 7). Auspico, pertanto, che l'Anno Paolino alimenti ancor più in voi il proposito di accogliere la testimonianza di san Paolo, meditando ogni giorno la Parola di Dio con la pratica fedele della lectio divina, pregando «con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine» (Col 3,16). Egli vi aiuti inoltre a realizzare il vostro servizio apostolico nella e con la Chiesa con uno spirito di comunione senza riserve, facendo dono agli altri dei propri carismi (cfr 1 Cor 14,12), e testimoniando in primo luogo il carisma più grande che è la carità (cfr 1 Cor 13).

Cari fratelli e sorelle, l'odierna liturgia ci esorta a guardare alla Vergine Maria, la "Consacrata" per eccellenza. Paolo parla di Lei con una formula concisa ma efficace, che ne descrive la grandezza e il compito: è la "donna" da cui, nella pienezza dei tempi, è nato il Figlio di Dio (cfr Gal 4,4). Maria è la madre che oggi al Tempio presenta il Figlio al Padre, dando seguito anche in questo atto al "sì" pronunciato al momento dell'Annunciazione. Sia ancora essa la madre che accompagna e sostiene noi, figli di Dio e figli suoi, nel compimento di un servizio generoso a Dio e ai fratelli. A tal fine, invoco la sua celeste intercessione, mentre di cuore imparto la Benedizione Apostolica a tutti voi e alle vostre rispettive Famiglie religiose.

[© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana]



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