I lefebvriani

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Paparatzifan
00sabato 21 febbraio 2009 20:46
Dal blog di Lella...

I seguaci di Lefebvre e la paura della Tradizione

Di prossima uscita un libro con una intervista a monsignor Bernard Fellay

di Mirko Testa

ROMA, venerdì, 20 febbraio 2009 (ZENIT.org).

La recente bufera sollevata dal caso del Vescovo negazionista Richard Williamson, uno dei quattro presuli cui Benedetto XVI ha revocato la scomunica risalente al 1988, ha portato molti a porsi la stessa domanda: chi sono e cosa pensano veramente gli eredi di monsignor Marcel Lefebvre?

Un libro di prossima uscita intitolato “Tradizione. Il vero volto” (Sugarco edizioni, 2009, pp. 246, Euro 14,50) riporta un colloquio a tutto campo con monsignor Bernard Fellay, dal 1994 Superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata da monsignor Lefebvre e che oggi conta all'incirca 600.000 fedeli, 500 sacerdoti diffusi in tutto il mondo in più di 60 Paesi e oltre 250 giovani che si preparano al sacerdozio.
A condurre l'intervista sono Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro che insieme avevano già firmato un altro volume dedicato alla Fraternità di San Pio X dal titolo “Rapporto sulla Tradizione” (Cantagalli, 2007).

Nel libro vengono toccate le tematiche più svariate: dalla crisi della Chiesa di fronte alle sfide della modernità, al compito del Vescovo, alle riforme del Concilio Vaticano II, fino al senso del peccato e all'inferno.

Fondamentale il tema dell’obbedienza alla Chiesa e di come conciliare questa esigenza, sempre rivendicata dai tradizionalisti della Fraternità fondata da mons. Lefebvre, con la critica serrata ai documenti conciliari del Vaticano II e con lo stesso atto delle ordinazioni episcopali senza mandato pontificio.
Infatti, in ballo c'è il riconoscimento canonico della Fraternità di San Pio X nella Chiesa Cattolica, poiché, come ha spiegato la Segreteria di Stato vaticana in una nota, la revoca della scomunica ai quattro Vescovi lefebvriani non equivale a una loro riammissione automatica, per la quale è "condizione indispensabile" il "pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI".
In merito al caso Williamson, i due parlano di una “indignazione a orologeria” orchestrata dal media system per seppellire un avvenimento cruciale nella storia della Chiesa ed “evitare che il Papa cementi il legame con la Tradizione”.
E proprio la paura per la Tradizione è la questione che percorre sottotraccia tutto il libro, anche se mons. Fellay tiene a precisare che l'opposizione che si avverte perlomeno all'interno della Chiesa riguarda maggiormente i livelli più bassi della gerarchia che non la Curia romana.

Chi è fedele al Papa e chi no

Nell'intervista monsignor Bernard Fellay dà voce al sentimento di sincera fedeltà al successore di Pietro che anima la Fraternità San Pio X: “Noi siamo veri cattolici e siamo e vogliamo continuare a essere i più grandi sostenitori del Vicario di Cristo”.
“Coloro che ci descrivono come ribelli non rendono servizio alla verità”, aggiunge.
Mons. Fellay passa poi a parlare del “vero e proprio golpe” sferrato dalla teologia prevalente degli ultimi decenni contro l'autorità del Papa, criticando il Vaticano di non essere più uno “strumento al servizio del potere papale” quanto “un agglomerato burocratico che in parte neutralizza l’autorità papale e in parte esercita un potere in proprio”.
Rispondendo all'osservazione secondo cui la Fraternità San Pio X, che oggi lamenta un attacco all’autorità del Papa e all’esercizio del suo potere, nacque in realtà da un atto di disobbedienza al Pontefice, mons. Fellay afferma che “la nostra vicenda superficialmente si coglie solo un atto che va contro un ordine del Papa. Ma questo ha una ragione, un perché”.
“Noi – spiega – non abbiamo voluto affermare la nostra volontà o una nostra opinione. Noi abbiamo solo messo in evidenza un problema: che ciò che la Chiesa ha detto e insegnato per duemila anni, a un certo punto, è stato contraddetto”.
“La Chiesa è Tradizione e il Papa nell’esercizio della sua autorità è vincolato a ciò che è stato insegnato da Nostro Signore, non può insegnare altro che quello – ha affermato –. Chiunque nella Chiesa, compreso il Santo Padre, dica qualche cosa che contraddica la dottrina commette un errore, e nessuno può essere obbligato a seguire l’errore. Anzi, quando l’errore è evidente, bisogna dirlo”.
“Se a vari livelli, dentro la Chiesa, vengono imposti insegnamenti che vanno contro ciò che la Chiesa stessa ha sempre insegnato o che mettono in circolazione idee che la Chiesa aveva già condannato, siamo in presenza di un fatto molto, molto grave”, sottolinea.

Vescovi in crisi e Conferenze episcopali autoritarie

Il successore di mons. Lefebvre tocca quindi il tema della missione dei Vescovi e delle Conferenze episcopali osservando che spesso al giorno d'oggi “si occupano di tutto, dall’emergenza rifiuti alla crisi economica, ma non dell’insegnamento della dottrina e della trasmissione della fede. Hanno acquisito una visione puramente orizzontale e hanno dimenticato quella verticale”.
La Chiesa, a suo avviso, “dovrebbe rimettere al loro posto le Conferenze episcopali e ridurne il potere. Bisogna cambiare rotta. Nella Chiesa è entrata una visione democratica che non le appartiene”.
“Le Conferenze – spiega – sono diventate anche fonte di burocrazia, e questo non fa che allontanare ulteriormente i Vescovi dai fedeli”, mentre quelli “di buona volontà si trovano ingabbiati in una serie di vincoli che ne ostacolano l’azione. In molte diocesi è praticamente impossibile incontrare personalmente il proprio Vescovo”.

La Chiesa tra Tradizione e modernità

Per mons. Fellay, la Tradizione della Chiesa consiste non nel ricalcare il passato, ma nel tramandare lo spirito che lo ha animato: “la Tradizione è ciò che la Chiesa ha fatto nel passato, considerando che noi non dobbiamo perpetuare alla lettera i singoli atti, ma mantenere e tramandare lo spirito, i princìpi che li informavano”.
Nel confrontarsi con la modernità, la Chiesa deve continuare a ripetere quanto “ha sempre detto all’uomo di tutti i tempi”, perché “quando esce dal suo binario e cerca di dire altro per essere bene accetta, non trova più gli interlocutori, che preferiscono ascoltare altre voci”.
La formula vincente, secondo mons. Fellay, è “tornare a ricordare agli uomini la Croce. Bisogna tornare a insegnare i comandamenti e spiegare che servono a santificarsi”, perché “la Chiesa [...] termina in Cielo”.
Al contrario, la Chiesa perde rilevanza nella società e snatura il messaggio cristiano quando prova a “scendere a patti con il mondo” o ricorre al “quieto vivere”, perché “fra la luce e le tenebre non può esserci compromesso”.
Riflettendo poi sul concetto di “sana laicità”, Bernard Fellay sottolinea la necessità di ripensare la relazione fra Chiesa e società, fra Chiesa e Stato, perché “la loro distinzione non implica né indipendenza, né uguaglianza: la società spirituale è superiore a quella temporale”.
In particolare, mons. Fellay si rifà agli insegnamenti della Chiesa riassunti da Papa Pio XI nel 1925 nell’enciclica Quas Primas, e parla della necessità di recuperare la nozione di “Regalità sociale di Nostro Signore”, che indica la signoria di Gesù sulla vita sociale, civile e politica.
“La società è un ente morale e, come tale, deve trarre le ragioni del suo agire dalla sorgente della morale, cioè da Dio”, sostiene.
Da questo punto di vista, le questioni legate per esempio all'aborto e all'eutanasia riflettono la libertà dell' “uomo che ha perso il senso del sacro e invade un terreno non suo”, comportandosi come “un apprendista stregone”.
Occorre quindi che “gli uomini di Chiesa tornino a dire forte che c’è un dominio, quello di Dio, dove la diplomazia non ha posto, dove non si può negoziare”, sottolinea.

La crisi d'identità del sacerdote

Secondo mons. Fellay il Concilio Vaticano II ha messo in secondo piano il ruolo del sacerdote a favore di quello del laico, scivolando sul “piano della visione protestante, in cui il sacerdote è un fedele come tutti gli altri a cui sono affidate dalla comunità delle funzioni particolari”.
Nella “Lumen gentium” (1964), la costituzione conciliare sulla Chiesa, “dei presbiteri si parla pochissimo ma il messaggio è chiarissimo perché si dice testualmente che 'sono consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino'”.
“In questo testo, prima viene la predicazione e solo dopo il sacrificio”, una interpretazione che stride con la concezione del Concilio di Trento che faceva del sacerdote innanzitutto “l'uomo del sacrificio”.
“È vero che poi si dice che 'esercitano la loro sacra funzione soprattutto nel culto eucaristico', ma anche questa affermazione viene solo dopo che si è ribadita un’altra volta la funzione di annuncio della Parola”.
“Il sacerdote ha perso la sua identità e non sa più chi sia – commenta –. Lo si vede sotto tutti gli aspetti, dalla vita di pietà e alla pratica liturgica, dalla cura delle anime alla vita privata”.
Inoltre, spiega, la riforma liturgica avviata da Paolo VI con la promulgazione nel 1970 del nuovo Messale Romano, “ha messo in secondo piano l’aspetto sacrificale della Messa a favore di quello assembleare, ha dato un colpo tremendo. Il sacerdote viene trasformato nel presidente di un’assemblea, una sorta di primus inter pares che ha ragione di essere solo nella funzione momentanea”.
Tutto ciò, a suo avviso, è “frutto dell’introduzione del concetto di 'Popolo di Dio', un concetto assolutamente inedito nella storia della Chiesa che troviamo nella 'Lumen gentium'” e che “ha agito come mito anti-istituzionale generando l’idea che il vero problema della Chiesa fosse quello di liberarsi delle sue figure istituzionali, cominciando dal Papato”.
“Ecco perché il ruolo del sacerdote è stato sminuito: perché è sempre stato il cardine dell’istituzione sul territorio, tra i fedeli”, sottolinea.
Ciò ha prodotto dapprima “il vuoto in un punto fondamentale della missione della Chiesa che è la trasmissione della fede” e di conseguenza l’ignoranza religiosa in molti fedeli.
Allo stesso tempo, però, la riforma liturgica avviata a partire dal Concilio Vaticano II ha comportato “un mutamento di orizzonte” che “costringe l’uomo a guardare per terra”: “molti cattolici, senza volerlo e senza saperlo, hanno mutato fede”.
Per Fellay la Messa in latino secondo il Messale Romano promulgato da San Pio V e aggiornato dal beato Giovanni XXIII nel 1962, è “una via privilegiata per ritrovare questo orientamento verso Dio”.

Ecumenismo e dialogo interreligioso

Mons. Fellay analizza quindi i presupposti alla base del dialogo con le altre confessioni cristiane e con le altre religioni gettate dal Vaticano II e afferma: “Se si intende la preoccupazione di riportare dentro la Chiesa cattolica coloro che nel corso dei secoli l’hanno abbandonata, non si dice nulla di nuovo. Il ritorno dei figli che se ne sono andati è da sempre uno dei desideri più grandi della Chiesa”.
Il concetto di “ecumenismo” introdotto allora, spiega, riflette invece un’idea nuova derivata dall'ambito protestante, “tanto è vero che nel decreto del Concilio Vaticano II sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio, si sente il bisogno di definire i 'Princìpi cattolici sull’ecumenismo'. In altre parole, si battezza un’idea che viene dall’esterno”.
Al contrario, continua, “l’idea cattolica in proposito è molto semplice. C’è una sola Chiesa fondata da Gesù ed è quella cattolica, la sola che riceve da Gesù i mezzi per la salvezza delle anime”.
“Si è sempre detto – prosegue mons. Fellay – che un individuo, preso singolarmente, può salvarsi anche se appartiene a un’altra religione, ma ciò sempre per merito della Chiesa cattolica e non della religione a cui appartiene”.
“Del resto non è difficile da comprendere: se esiste una sola Verità, esiste una sola religione. Dunque, questa religione è vera e le altre possono solo essere false”.
Per questo, osserva, “il fondamento dell’ecumenismo è la negazione dell’identità tra il Corpo Mistico di Cristo e la Chiesa cattolica”, un insegnamento che, a suo avviso, contrasta con l’insegnamento tramandato lungo tutta la storia della Chiesa”.
Secondo mons. Fellay, questa concezione ecclesiologica è contenuta nelle premesse della filosofia personalista”, secondo cui “una persona, per essere autentica, per compiersi, deve essere in costante dialogo con qualcuno o qualcosa d’altro”.
“Per questo, con l’ecumenismo, si arriva al dialogo per il dialogo – aggiunge –. Si intraprendono discussioni infinite al termine delle quali si pretende che ognuno rimanga ancora quello che era prima”.
“Chi, nella Chiesa cattolica, sostiene che essa non sia l’unica vera Chiesa deve assumersi tutte le responsabilità che ne conseguono per la vita di grazia dei fedeli e per la salvezza delle anime”, avverte.
“Perché deve essere evidente a tutti che sostenere, nelle parole o nei fatti, che la Chiesa cattolica non è l’unica vera Chiesa significa causare il suo dissolvimento”, conclude poi.

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Paparatzifan
00domenica 22 febbraio 2009 21:48
Dal blog di Lella...

I cattoprogressisti iniziano ad essere terrorizzati

E questo spiega le loro esagitate reazioni dell'ultimo mese.
Dalla rivista dei Gesuiti d’oltreoceano America (caratterizzata da un notevole progressismo) traduciamo quasi per intero di un articolo di P. James Martin S.J., il quale riporta i commenti di Robert Mickens, corrispondente a Roma del periodico inglese The Tablet (anch’esso cattoprogressista).

[..] Non pensate che si faranno smuovere, i lefebvriani. Il Vaticano è intento a trovare una formula che essi possano firmare senza ritrattare alcuna delle loro posizioni.
Un giovane professore dell’Università dei Legionari di Cristo a Roma, don Mauro Gagliardi, ha dato un’indicazione di cosa aspettarsi. “La Fraternità di S. Pio X può offrire alla Chiesa un importante contributo nell’applicazione della ‘ermeneutica della continuità’ che deve applicarsi ai documenti del Vaticano II”, ha detto [v. qui].
L’apparente riferimento all’ermeneutica di Papa Benedetto per interpretare il Concilio è imprecisa, come P. Joseph Komonchak e altri hanno chiaramente indicato, ma non è del tutto erronea. E don Gagliardi non è solo un professore qualunque in Roma. E’ stato recentemente nominato consultore dell’ufficio delle cerimonie liturgiche papali e si muove nei circoli che godono al momento del favore in Vaticano.
Ha detto “I ‘lefebvriani’ hanno una spiritualità ed un carisma che può essere una ricchezza per la vita dell’intera Chiesa”. Questa è certo l’opinione del card. Castrillòn e probabilmente riflette, almeno in qualche misura, pure il pensiero del Papa.

Non c’è dubbio che Papa Benedetto rivoglia la FSSPX nella Chiesa. Fino ad ora ha fatto di tutto per venire incontro alle loro richieste. Lo farà anche sull’interpretazione del Concilio. I due documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2007 (sulla natura della Chiesa il 29 giugno e sull’evangelizzazione il 3 dicembre) hanno già cominciato a preparare la strada per questo.
I lefebvriani argomenteranno, e il Papa concorderà, che, in sostanza, noi abbiamo dopo il Vaticano II la stessa dottrina che avevamo prima. Tutti i ‘cambiamenti’ furono meramente stilistici od operativi, ma non teologici; ossia, nessuno dei cambiamenti era essenziale, per cui nessuno deve essere adottato. Il Vaticano e la Fraternità diranno anche, insieme, che molto del Concilio fu fortemente mal interpretato da teologi e vescovi nel periodo postconciliare, ed essi citeranno perfino la lunga lista di teologi che la Congregazione per il culto divino ha condannato, per provare che Roma non è mai franata. Nonostante tutto sia contrario (cioè il fatto che la FSSPX non accetta realmente né vive il Vaticano II) troveranno un sistema insieme per limare una formula che li aiuti a professare “vera fedeltà e vero riconoscimento” del Concilio (alla luce della costante Tradizione) ma consenta loro di continuare a vivere come se il Vaticano II non fosse mai esistito. Ci sono già un numero di comunità Ecclesia Dei in comunione con Roma (derivazioni della FSSPX come la Fraternità sacerdotale S. Pietro) che fanno questo correntemente. La formula prodotta sarà falsa come l’inventato nonsenso delle “due forme dell’unico rito romano”.


Voi state probabilmente dicendo che questo scenario è un’esagerazione e che questo non potrebbe mai accadere. Molti l’hanno detto prima. Non poche persone mi hanno definito stridulo, isterico e peggio nel 2005 quando cominciai a dire che il Papa era intento a preparare un indulto universale per l’uso della Messa tridentina.
Il motu proprio alla fine arrivò nel luglio 2007 e allora la maggior parte delle persone cercò di minimizzarlo, dicendo che non avrebbe avuto effetto pratico nelle nostre parrocchie, ecc.

Di nuovo io dissi che gli effetti ci sarebbero stati. Sono solo passati 18 mesi (!) e i cambiamenti stanno cominciando a verificarsi, specialmente nei seminari.

Tutto questo dovrebbe essere causa di grande allarme per quelli di noi che ancora credono che qualcosa di monumentale è avvenuto al Vaticano II, che ci furono sviluppi, riforme e – sì – punti di rottura col passato (nonostante i contrari argomenti del Papa che non convincono).
Joseph Ratzinger sta completando, come papa, il lavoro che ha cominciato più di venticinque anni fa come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Niente di meno che la intera reinterpretazione del Concilio Vaticano Secondo. E nessuno sembra volerlo o poterlo fermare.

Robert Mickens - James Martin, SJ

Siamo lieti di aver offerto ai nostri lettori una lettura così riconfortante. Una vera ventata di ottimismo, ovviamente involontario, che ci ripaga di tante amarezze di queste settimane.
Segnaliamo inoltre che i commenti lasciati a questo articolo sul sito di America sono, curiosamente, per circa quattro quinti a favore del Papa e contrari alla visione dell’articolista.

Da Messainlatino.it


Paparatzifan
00domenica 22 febbraio 2009 21:54
Da "Messainlatino.it"...

sabato 21 febbraio 2009

Il vescovo di Ratisbona fa pace coi teologi dissidenti

Abbiamo dato notizia tempo addietro (v. qui) del perentorio termine intimato dal vescovo di Ratisbona a tre teologi dissidenti, rei di aver sottoscritto un appello del gruppo ultraprogressista Wir sind Kirche (Noi siamo Chiesa) contro la revoca delle scomuniche e in difesa del Concilio, documento che conteneva pesanti apprezzamenti contro il Pontefice.
Il vescovo aveva preteso che i tre si dissociassero dal 'manifesto' e giurassero davanti a lui la loro fedeltà alla Chiesa ed al Magistero, a pena di veder revocata la loro licenza di insegnamento cattolico.
Ora abbbiamo l'aggiornamento su come si è conclusa la storia. In modo squisitamente ecclesiastico, con un compromesso bolso che di fatto lascia tutti come prima: dopo un incontro tra il vescovo e la facoltà dove insegnano (e che si era pronunziata in loro favore), gli interessati hanno precisato che la loro protesta, che confermano, non intende avere contenuti offensivi verso il S. Padre ed hanno ribadito la loro "ovvia lealtà al Magistero ecclesiale".
Non abbiamo elementi per giudicare se questa "retromarcia" del vescovo Mueller fosse indispensabile. Forse sarebbe stato controproducente portare il dissidio fino alle estreme conseguenze, a rischio di creare una reazione a catena nelle (spiritualmente) corrotte facoltà di teologia tedesche ed in questi tempi turbolenti.
Ma almeno un risultato lo porta a casa: non solo un piccolo gesto di sottomissione al Magistero, pur meramente labiale; ma soprattutto il messaggio che, oltre certi limiti, ci sono ancora dei vescovi pronti a svolgere il loro compito di guardiani della Fede, usque ad effusionem atramenti (=inchiostro)...


Paparatzifan
00lunedì 23 febbraio 2009 21:39
Dal blog di Lella...

Gli ortodossi plaudono ad una riconciliazione con i lefebvriani

Dichiarazione dello Ieromonaco della Chiesa ortodossa russa Alexandre Siniakov (nella foto), responsabile delle relazioni esterne e dei rapporti con le chiese della diocesi di Chersoneso (che comprende Francia, Spagna, Portogallo e Svizzera ) e membro della rappresentanza della Chiesa russa presso l’Unione Europea. Questa dichiarazioni è da leggere in parallelo a quelle dell’allora metropolita (e ora Patriarca) Cirillo sul valore della Tradizione, anche liturgica, e sull’apprezzamento per il Papa Benedetto che riporta la sua Chiesa alla Tradizione (v. i nostri post qui e qui). Chissà che cosa diranno coloro che accusano il Papa di essere antiecumenico: mai, negli ultimi 40 anni, si erano avuti risultati così brillanti (e in poco tempo) di vero ecumenismo: con gli ortodossi, con gli anglicani tradizionalisti, con i lefebvriani.

Non possiamo che rallegrarci che ci siano stati dei passi avanti verso la comunione eucaristica tra i vescovi della Fraternità S. Pio X e il papa Benedetto XVI [..]
Sono rimasto stupefatto di constatare l’assenza di solidarietà di certi cattolici in rapporto alla decisione del papa.

Non ha fatto altro che esercitare il suo ministero di unità; è un po’ triste di vedere che questo divide la Chiesa cattolica.

Credo di poter dire che, dal loro lato, i media ortodossi russo hanno percepito piuttosto positivamente la revoca delle scomuniche. Ci sembra che il papa non voglia allontanarsi dalla tradizione anteriore al Vaticano II e desideri lasciar che i fedeli vivano ciò serenamente, senza costrizioni. Secondo noi, non si possono imporre ai fedeli delle riforme, fossero anche conciliari, senza il pieno consenso e la totale ricezione del popolo di Dio. Sarebbe far violenza al Corpo di Cristo!
La Chiesa russa ha conosciuto uno scisma per ragioni liturgiche, dopo il concilio del 1666-1667. E’ lo scisma dei vecchi credenti. Eppure le riforme erano molto meno rilevanti di quelle che hanno marcato il concilio Vaticano II. Ma delle scomuniche furono lanciate all’epoca e lo scisma dura sempre.
Nel 1970, il patriarcato di Mosca, ad iniziativa del metropolita Nicodemo (Rotov) ha tolto quelle scomuniche e anatemi.
Ma, in un certo modo, era troppo tardi. Credo modestamente che il papa abbia avuto ragione: togliere le scomuniche rapidamente è una cosa necessaria per non lasciare che uno scisma perduri.

Fonte: Forum catholique

Da Messainlatino.it



E lo dicono gli ortodossi! Ma, d'altra parte, che triste spettacolo stiamo dando ai fratelli separati! Come potrebbero loro continuare a cercare con noi la benedetta unità?
[SM=g7953]

Paparatzifan
00martedì 24 febbraio 2009 20:54
Dal blog di Lella...

Tú eres Pedro

Queridos Hermanos y amigos: Paz y Bien.

Coincide este domingo con la conmemoración de la cátedra de San Pedro. Jesús quiso sentar en esa sede apostólica principal al viejo pescador galileo, poniéndole al frente de su incipiente comunidad eclesial. Pedro será capaz de lo más grande por amor cuando esté cerca del Maestro en el Tabor o en Getsemaní. Pero también será capaz de lo más lamentable por temor, cuando en aquella noche inolvidable llegue a negar a Jesús hasta tres veces, junto a una fogata común en un patio cualquiera.
Bien sabía Jesús que Pedro era bueno, pero que también era pecador, que sería capaz de cortar la oreja a quien amenazase al Maestro, y un momento después renegar hasta la porfía que le conocía. Así sucede con cada uno de nosotros. Por eso consuela saber que quien nos llama es fiel, aunque nosotros seamos lentos y torpes. Al final, sólo nos queda decir como Pedro: Tú, Señor lo sabes todo. Sabes que te amo.
Bien viene la alusión litúrgica de esta festividad para situarnos como hijos de la Iglesia junto a quien en estos momentos prolonga aquel encargo pastoral que Jesús confiara a Pedro. El Papa Benedicto XVI, está sentado en esa misma sede de Pedro presidiendo en la caridad a toda la Iglesia universal. La Conferencia Episcopal ha publicado una nota de adhesión filial al Papa ante los ataques que viene recibiendo últimamente.
Como bien ha dicho el periodista J.L. Restán, dentro de la zarabanda de comentarios, a caballo entre la ignorancia y la mala fe, que han suscitado en la prensa europea la decisión del Papa de revocar la excomunión a los cuatro obispos ordenados por Marcel Lefebvre y las deplorables afirmaciones sobre el Holocausto del obispo Williamson, brillan algunas voces que nos ayudan a desentrañar esta alocada madeja. Así, para el filósofo alemán Robert Spaemann se ha tratado, en primer lugar, de un auténtico ajuste de cuentas que se demoraba ya más de tres años. En efecto, la mayoría de los círculos intelectuales progresistas y medios de comunicación afines habían diseñado la caricatura del oscuro inquisidor que pretendía llevar a la Iglesia a la leyenda negra medieval.
En ellos era palpable la frustración al no poder casar esa imagen con la de un Benedicto XVI caracterizado por la racionalidad y la mansedumbre en sus juicios, por la belleza y la profundidad en sus intervenciones.
Spaemann explica el significado del levantamiento de las excomuniones: “estos cuatro obispos pueden ahora confesarse, obtener la absolución de sus pecados, participar en la eucaristía y morir con los sacramentos”. No es poca cosa para quien se siente y se quiere católico, pero eso no significa que se les haya reconocido la capacidad de ejercer el ministerio episcopal en la Iglesia.
No estamos ante una calculada escenificación demagógica, ni se trata de una jugada romántica de un Papa intelectual y despistado. Igual que sucede con la interpretación del Vaticano II: los progresistas que quieren romper hacia adelante, y los conservadores que quieren romper hacia atrás, mientras que el Papa ve el Vaticano II como una continuidad de la gran Tradición de la Iglesia, sin rupturas ideológicas. Por eso el Papa ha sentido la necesidad de pedir al pueblo y a los pastores que le sostengan de modo especial en esta delicada y gravosa misión.
Lejos de cualquier oportunismo barato que esconde siempre una ideología nada inocente, nosotros queremos estar con Pedro, con el Papa que en cada tramo de la historia, sabe decirle a Cristo: Tú lo sabes todo, tú sabes que te amo. Y al que Cristo le dice: apacienta mis corderos. Nos sabemos apacentados por alguien que ama al Señor.
El Señor os bendiga y os guarde.

Jesús Sanz Montes, ofm
Obispo de Huesca y de Jaca



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Paparatzifan
00martedì 24 febbraio 2009 21:48
Dal blog di Lella...

Dietro lo scisma ricucito

GIANNI BAGET BOZZO

L’ incidente che ha turbato i rapporti tra Santa Sede e comunità ebraica è stato chiuso con l’annuncio del viaggio di papa Benedetto in Israele e in Giordania, confermato dal primo ministro Olmert. Ma si è ancora posto il problema se veramente il piccolo gruppo di Ecône e la ricomposizione dello scisma lefebvriano valessero un incidente di così ampio rilievo, tale da coinvolgere anche l’opinione del cancelliere tedesco Angela Merkel. Eppure il Papa ha riaffermato l’intenzione di continuare i rapporti con la comunità lefebvriana dopo che il suo superiore, Bernard Fellay, ha confermato l’adesione alla condanna del negazionismo.

Non è certo la dimensione del gruppo di Ecône a porre il problema; lo è invece la tesi, ricorrente nel mondo cattolico e fuori di esso, secondo cui il Vaticano II ha costituito una rottura tra Chiesa pre-conciliare e post-conciliare, abbracciando talmente la modernità da divenire il contrario della Chiesa di Pio IX e di Pio X. Infatti negli anni di Paolo VI, durante il Concilio e subito dopo, l’ingresso della teologia nella pubblicistica comune e il dibattito su tutti i temi aperti nel mondo cattolico aveva dato l’impressione che la rottura non fosse consistita in un arricchimento del linguaggio, ma nella sua alterazione.
Quindi il problema posto dal vescovo Lefebvre andava ben oltre i termini dello scisma reale, che egli aveva preparato e poi consumato. L’azione dei papi, da Paolo VI a Benedetto XVI, è stata tutta rivolta a mostrare che gli sviluppi avvenuti col Concilio erano in continuità con l’implicito della tradizione cattolica e si fondavano su posizioni antiche. In particolare, si può prendere come esempio proprio l’antigiudaismo, che poté essere usato dall’antisemitismo dell’800 come un suo supporto, ma che rimase fermo nella convinzione del valore di Israele e della sua appartenenza morale e spirituale al mondo della salvezza, sino alla fine della storia.
Il carisma di Ratzinger, anche da cardinale, fu quello di unire la continuità nella tradizione con la riforma della Chiesa attuata dal Concilio.
Ma questa posizione espressa da Papa all’inizio del pontificato chiedeva di essere testimoniata con l’apertura verso la comunità che aveva creato uno scisma e che aveva rifiutato l’autorità papale?
La comunità di Ecône si era indurita nella sua separazione, le sue posizioni pre-conciliari erano diventate anti-conciliari, lo scisma era divenuto la realtà della sua identità?

Papa Benedetto non ha seguito questo giudizio, ha praticato verso Ecône le medesime aperture che il Concilio aveva stabilito verso le Chiese ortodosse e le comunità protestanti, cercando motivi di convergenza.

Il fatto che i lefebvriani accettassero sempre formalmente l’autorità papale e il primato petrino era una strada per ottenere la possibilità del superamento dello scisma. Ciò avrebbe provato che il sentimento cattolico di continuità nella tradizione era più forte dell’attaccamento a dimensioni che la storia aveva posto in altra luce col passare del tempo.

Era stato un dramma della coscienza cattolica accettare la grande variazione conciliare e post-conciliare; ogni fedele aveva dovuto affrontare il problema dell’identità della sua fede. Risolvere lo scisma significa riconoscere lo sforzo fatto da milioni di fedeli per ritrovare nel linguaggio che i teologi formulavano l’identità del significato dottrinale e spirituale oggetto della loro fede.

La Chiesa è tesa a mantenere l’unità della fede non solo nello spazio, ma anche nel tempo. In questo la fatica del post-Concilio ha riequilibrato la figura della Chiesa. La speranza conciliare e post-conciliare di un mondo riappacificato con la modernità non si è realizzata nella forma auspicata dai teologi, perché l’avvento della scienza e della tecnica ha posto l’uomo di fronte a problemi assai diversi dalla questione sociale che il comunismo aveva posto al Concilio.

La sfida del tempo unisce la Chiesa e le permette di chiudere le ferite antiche, di fronte a un laicismo totale e all’islam traboccante nella sua coscienza religiosa.
Come forma di linguaggio, sia quello pre-conciliare che quello post-conciliare chiedono un aggiornamento nuovo. Papa Benedetto ne fornisce la chiave.

© Copyright La Stampa, 24 febbraio 2009


Paparatzifan
00mercoledì 25 febbraio 2009 22:52
Dal blog di Lella...

Lo scorso 19 febbraio la decisione del governo della Kirchner

Williamson lascia l'Argentina in incognito

Arrivato a Londra il vescovo negazionista cacciato da Buenos Aires.

Alla partenza l'alterco con un giornalista



LONDRA - A sei giorni dall'ordine datogli dal governo di Cristina Fernandez de Kirchner di allontanarsi dall'Argentina, Richard Williamson ha lasciato il Paese sudamericano ed è già atterrato a Londra. Una partenza movimentata, quella del vescovo negazionista all'aeroporto di Buenos Aires: nello scalo della capitale argentina il presule, che avrebbe voluto lasciare il Paese in incognito, è stato invece scoperto e ha avuto un alterco con un giornalista di una tv locale che voleva intervistarlo. Una emittente tv locale ha mostrato le immagini della partenza, nella quale Williamson - occhiali da sole, cappellino da baseball e giubbotto nero - non ha voluto rispondere alle domande del cronista che l'ha riconosciuto, mostrandogli anche il pugno quale gesto dissuasivo.

L'ARRIVO

Molto più sereno l'atterragio del vescovo negazionista inglese all'aeroporto londinese di Heatrow. Atteso da un gruppo di giornalisti, il vescovo, apparso calmo e sorridente, è stato scortato dalla polizia all'uscita e non ha rilasciato dichiarazioni.

L'ULTIMATUM DI BUENOS AIRES

Lo scorso 19 febbraio, il ministro degli interni, Florencio Randazzo, aveva chiesto al vescovo britannico ultra-tradizionalista di lasciare il Paese entro dieci giorni, pena l'espulsione, sulla base di «irregolarità» nella documentazione fornita dallo stesso Williamson, che per anni è stato residente a Buenos Aires, dove fino a poco tempo fa era a capo di un seminario lefebvriano. Williamson si è imbarcato martedì pomeriggio a bordo di un volo della British Airways, destinazione Heathrow, evitando così di essere espulso dal Paese. Poco prima della partenza, un portavoce del distretto per l'America meridionale della Fraternità San Pio X, della quale fa parte il vescovo negazionista, aveva riferito che in realtà il presule aveva già lasciato Buenos Aires la scorsa domenica. Probabilmente, hanno riferito analisti locali, Williamson desiderava partire in incognito, anche per evitare il costante pressing della stampa alla quale è stato sottoposto ormai da settimane a Buenos Aires. Williamson è infatti sotto accusa per aver detto di non credere che siano esistite le camere a gas e per aver sostenuto che gli ebrei sterminati nei campi di concentramento furono circa 300 mila e non sei milioni. Quasi negli stessi minuti in cui le agenzie di stampa riferivano «dell'avvenuta partenza», Williamson si trovava in realtà all'aeroporto internazionale Ezeiza di Buenos Aires, dove - hanno riferito fonti locali - ha acquistato un biglietto aereo per il primo volo a Londra, senza cioè averlo prenotato prima.

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Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 18:44
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Il Vescovo Williamson chiede perdono alle vittime dell'Olocausto e alla Chiesa

Dichiarazione emessa questo giovedì

LONDRA, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).

Monsignor Richard Williamson, uno dei quattro Vescovi della Fraternità San Pio X a cui il Papa ha rimesso la scomunica, ha chiesto perdono questo giovedì alle vittime dell'Olocausto e alla Chiesa per le dichiarazioni in cui aveva negato l'ampiezza di questo crimine contro l'umanità.
In una dichiarazione emessa dopo essere tornato a Londra in seguito alla sua espulsione da parte del Governo argentino, il presule spiega: “Il Santo Padre e il mio Superiore, il Vescovo Bernard Fellay, mi hanno chiesto di riconsiderare le dichiarazioni da me rilasciate alla televisione svedese quattro mesi fa, per il fatto che le loro conseguenze sono state così gravi”.
“Tenendo conto di queste conseguenze, posso affermare in tutta sincerità che mi rammarico di aver espresso quelle dichiarazioni, e che se avessi saputo in anticipo il danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa, ma anche ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime che hanno subito ingiustizie sotto il Terzo Reich, non le avrei rilasciate”, osserva.
Il presule constata di aver espresso alla televisione svedese solo un'“opinione” “di un non-storico, un'opinione formatasi 20 anni fa sulla base delle prove allora disponibili, e da allora raramente espressa in pubblico”.
“Gli eventi delle ultime settimane e il consiglio dei superiori della Fraternità San Pio X mi hanno convinto di essere responsabile della pena che ne è derivata”, confessa.
“Chiedo perdono davanti a Dio a tutte le anime che si sono onestamente scandalizzate per ciò che ho detto”.
“Come ha affermato il Santo Padre, ogni atto di violenza ingiusta contro un uomo ferisce tutta l'umanità”.

Un portavoce della Conferenza dei Vescovi Cattolici dell'Inghilterra e del Galles ha spiegato questo mercoledì che monsignor Williamson, come gli altri Vescovi della Fraternità San Pio X, non è in comunione con la Chiesa, motivo per il quale non può celebrare i sacramenti nella Chiesa cattolica.
“La sua ordinazione episcopale è stata illecita e non è riconosciuta dalla Chiesa cattolica”, ha ribadito.

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Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 18:49
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DECLARATION

The Holy Father and my Superior, Bishop Bernard Fellay, have requested that I reconsider the remarks I made on Swedish television four months ago, because their consequences have been so heavy.

Observing these consequences I can truthfully say that I regret having made such remarks, and that if I had known beforehand the full harm and hurt to which they would give rise, especially to the Church, but also to survivors and relatives of victims of injustice under the Third Reich, I would not have made them.

On Swedish television I gave only the opinion (..."I believe"..."I believe"...) of a non-historian, an opinion formed 20 years ago on the basis of evidence then available and rarely expressed in public since. However, the events of recent weeks and the advice of senior members of the Society of St. Pius X have persuaded me of my responsibility for much distress caused. To all souls that took honest scandal from what I saidbefore God I apologise.

As the Holy Father has said, every act of injust violence against one man hurts all mankind.

+Richard Williamson
London 26 February 2009.

TRADUZIONE IN ITALIANO

DICHIARAZIONE

Il Santo Padre e il mio Superiore, il Vescovo Bernard Fellay, mi hanno chiesto di riconsiderare le dichiarazioni da me rilasciate alla televisione svedese quattro mesi fa, per il fatto che le loro conseguenze sono state così gravi.
Tenendo conto di queste conseguenze, posso affermare in tutta sincerità che mi rammarico di aver espresso quelle dichiarazioni, e che se avessi saputo in anticipo il danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa, ma anche ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime che hanno subito ingiustizie sotto il Terzo Reich, non le avrei rilasciate.
Ho espresso alla televisione svedese solo un'opinione (..."Io penso"..."Io penso"...) di un non-storico, un'opinione formatasi 20 anni fa sulla base delle prove allora disponibili, e da allora raramente espressa in pubblico.
Gli eventi delle ultime settimane e il consiglio dei superiori della Fraternità San Pio X mi hanno convinto di essere responsabile della pena che ne è derivata.
Chiedo perdono davanti a Dio a tutte le anime che si sono onestamente scandalizzate per ciò che ho detto.
Come ha affermato il Santo Padre, ogni atto di violenza ingiusta contro un uomo ferisce tutta l'umanità.

+Richard Williamson
Londra 26 February 2009


Paparatzifan
00venerdì 27 febbraio 2009 17:51
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Lefebvriani. Vaticano: Parole Williamson non bastano

Non rispetta le condizioni richieste da Santa Sede

Città del Vaticano, 27 feb. (Apcom)

Le parole del vescovo lefebvriano Richard Williamson, che ieri ha chiesto scusa per le dichiarazioni negazioniste sulla Shoah, non bastano. Per il Vaticano, la dichiarazione diffusa ieri da Williamson "non sembra rispettare le condizioni stabilite nella nota della segreteria di Stato del 4 febbraio 2009, dove si diceva che egli dovrà anche prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah", ha dichiarato il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. "Non si tratta di una lettera indirizzata al Papa - ha poi precisato il portavoce del Vaticano - nè alla commissione Ecclesia Dei".

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Paparatzifan
00venerdì 27 febbraio 2009 17:57
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PAPA IN TERRA SANTA: RABBINO ROSEN “VISITA POSITIVA, WILLIAMSON? SCUSE NON SUFFICIENTI”

Quella di Benedetto XVI in Terra Santa sarà “una visita molto positiva, anche perché giunge dopo una crisi non di sostanza ma di percezioni. Una crisi che si poteva evitare e che si può definire di ‘bad management’, con molti equivoci”.
A dichiararlo al Sir è David Rosen, rabbino, presidente di Ijcic, International Jewish Committee on Interreligious Consultations. Secondo il rabbino “andava spiegato il fatto che quando la chiesa toglie la scomunica ciò non significa che la Chiesa accoglie qualcuno al suo interno.
Così la percezione nel mondo è che il Vaticano ha usato accenti che sono stati offensivi per gli ebrei e che poi si è scusato per questo”.
“Per quelli che sono, come noi, profondamente e attivamente coinvolti nel dialogo – spiega Rosen - questa è stata una crisi artificiale ma per la maggioranza delle persone nel mondo, che leggono solo i titoli a sensazione dei giornali, si è trattata di una vera crisi”.
Per questo, aggiunge il rabbino, “l’incontro del Papa con i leader ebrei di due settimane fa è stato molto importante e la prossima visita in Terra Santa sarà la dimostrazione del volto buono e genuino del comune impegno per il dialogo tra il popolo ebraico e cattolico”.
“Sarò felice di incontrare Benedetto XVI in Terra Santa nei meeting con i rabbini e con quelli degli esponenti delle altre religioni, ma prima di allora, - rivela – lo incontrerò anche a Roma, fra due settimane, il 12 marzo, con una delegazione dal gran Rabbinato di Israele per riprendere il dialogo che fu posticipato in seguito alla crisi fino a quando non avessimo ricevuto chiarimenti. Si tratta di una ripresa di un dialogo che non si è mai fermato”. Un ultima battuta Rosen la riserva alla notizia delle scuse del vescovo negazionista lefebvriano Williamson: “per noi non sono sufficienti. Non sono vere scuse. Non ha detto ho sbagliato, le mie opinioni erano false, me ne pento non lo farò più. Sono scuse ingenue”.

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Paparatzifan
00venerdì 27 febbraio 2009 19:56
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Lefebvriani: Non pronti a riconoscere Concilio Vaticano II

Porla come precondizione è mettere il carro davanti ai buoi

Roma, 27 feb. (Apcom)

Il Vaticano esige il riconoscimento del Concilio Vaticano II per reintegrare i lefebvriani. Ma questo "è mettere il carro davanti ai buoi": l'osservazione arriva da monsignor Bernard Fellay, superiore della Fraternità San Pio X; e successore di monsignor Lefebvre.
"Il Vaticano - dice Fellay in una intervista a 'Le Courrier' - ha riconosciuto la necessità di colloqui preliminari per trattare questioni di fondo che provengono giustamente dal Concilio Vaticano II. Fare del riconoscimento del concilio una condizione preliminare, è mettere il carro davanti ai buoi".
La revoca della scomunica dei quattro vescovi della Fraternità di San Pio X non significa una "integrazione" nella Chiesa, ma una porta aperta per il dialogo, ha precisato il 4 febbraio scorso una nota della Segreteria di Stato vaticana, in risposta alle dichiarazioni del vescovo negazionista Richard Williamson.

Monsignor Fellay ritiene che le acquisizioni del Concilio Vaticano II "sono delle pure perdite": "I frutti del Concilio - dice nell'intervista a 'Le Courrier' - sono stati di svuotare i seminari, i noviziati e le chiese.
Migliaia di preti hanno abbandonato il sacerdozio e milioni di fedeli hanno smesso di frequentare la messa o si sono rivolti alle sette. La fede è stata snaturata. Si tratta di acquisizioni strane".
In tal senso, la Fraternità San Pio X è ostile alla libertà di coscienza in materia di religione, all'ecumenismo e al dialogo interreligioso?
"E' ben evidente - risponde il superiore - che l'adesione a una religione necessita un atto libero. E dunque molto spesso mentre si dice che la Fraternità è contro la libertà di coscienza in materia religiosa, si attribuisce alla Fraternità una teoria che non ha. La coscienza è l'ultimo giudizio sulla bontà della nostra azione e in questo senso nessuno può agire contro la propria coscienza senza peccare. Resta il fatto che la coscienza non è un assoluto che dipende dal bene e dalla verità oggettivi, e che ogni uomo, di conseguenza, ha il dovere di formare, di educare rettamente la propria coscienza.
È così - prosegue mons. Fellay - che la chiesa deve essere una madre responsabile che chiarisce e guida le nostre intelligenze limitate e spesso nell'ombra.
Per quanto riguarda l'ecumenismo o il dialogo interreligioso, tutto dipende da come si intendono questi termini. C'è grande confusione nei nostri spiriti su questo tema. Evidentemente come ogni essere umano e per il bene della società noi desideriamo vivere in pace con tutti gli uomini, nostri simili".
Sul piano religioso "desideriamo rispondere ardentemente al desiderio di Nostro Signore: 'Che tutti siano uno, affinchè non ci sia che un solo gregge e un solo pastore'.
Se con il termine ecumenismo si intende il perseguimentodi questo obiettivo così nobile, siamo evidentemente a favore. Se invece vi si vede un cammino che non cerca questa unità fondamentale, unità che passa per forze di cose da uno sguardo di verità - quello di cui la chiesa cattolica dice di essere ancora oggi la sola a possederla integralmente - allora protestiamo".
Infatti, "vediamo che al giorno di oggi l'ecumenismo resta a un livello molto superficiale di intesa e di vita nella società, senza andare al fondo delle cose".
Di quale statuto in seno alla chiesa, la fraternità potrà beneficiare?
"Vedremo se le discussioni dottrinali sfociano su qualche cosa di positiva - conclude Fellay -. Sia quel che Dio vuole".

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E' vero che questo fuggi fuggi generale si è verificato dopo il Vaticano II e allora come porre rimedio a più di 40 anni di confusione? E' il compito di Papa Benedetto... Lavoro non facile!
[SM=g7953]

Paparatzifan
00sabato 28 febbraio 2009 16:40
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La Fraternità S. Pio X non sarebbe pronta a riconoscere tout court il Concilio Vaticano II

di RACHAD ARMANIOS

(Traduzione nostra)

Polemica – Il Vaticano esige il riconoscimento del Concilio per reintegrare i lefebvriani. E’ “mettere il carro davanti ai buoi”, denuncia Mons. Fellay

La revoca della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale S. Pio X (FSSPX) non significa “integrazione” nella Chiesa, ma è una porta aperta per il dialogo, aveva precisato la Segreteria di Stato, il 4 febbraio, in reazione alla polemica nata dalle affermazioni negazionisti che di uno dei prelati riabilitati, Mons. R. Williamson (che è appena rientrato in Gran Bretagna). Ora, Roma pone come condizione di questa infrazione il “pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II”, come quello “del magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Gian Paolo I, Gian Paolo II e di Benedetto XVI stesso”.

Nessun problema sul secondo punto, ma la Fraternità scismatica insiste sulle sue posizioni per quel che concerne la sua denuncia violenta contro il Concilio, in nome della sua battaglia per la “restaurazione della tradizione”. Secondo la Fraternità, gli incontri, in vista del dialogo, non sono ancora stati fissati, ma le due parti vi stanno lavorando.

Intervista con il superiore della FSSPX, mons. B. Fellay, successore del vescovo Lefebvre.

La condizione posta da Roma per una reintegrazione della Fraternità nella Chiesa è il riconoscimento del Concilio Vaticano II. La Fraternità è pronta a fare questo passo?

No. Il Vaticano ha riconosciuto la necessità di intrattenere preliminari con lo scopo di trattare delle questioni di fondo provenienti giustamente dal Concilio Vaticano II. Fare del riconoscimento del Concilio una condizione preliminare è come mettere il carro davanti ai buoi.

Voi avete dichiarato, durante i rapporti con le autorità romane in vista di una reintegrazione, di volere pervenire ad una restaurazione solida della Chiesa. La Vostra speranza è dunque che la Chiesa ritorni sui suoi passi rispetto ai traguardi del Vaticano II?

Sì. Perché questi traguardi sono delle clamorose perdite: i frutti del Concilio sono stati di svuotare i seminari, i noviziati e le chiese. Migliaia di preti hanno abbandonato il loro sacerdozio e milioni di fedeli hanno cessato di praticare o si sono rivolti a sette. Il credo dei fedeli è stato snaturato. Veramente sono degli strani traguardi.

A questo proposito la Fraternità è sempre ostile alla libertà di coscienza in materia di religione, all’ecumenismo e al dialogo interreligioso?

E’ indubbio che l’adesione ad una religione necessiti un atto libero. Dunque, molto sovente quando si dice che la Fraternità è contro la libertà di coscienza in materia di religione, si attribuisce alla Fraternità una teoria che essa non ha. La coscienza è l’ultimo giudizio sulla bontà delle nostre azioni. E in questo senso nessuno può agire contro la propria coscienza senza peccare. Resta che la coscienza non è un assoluto: essa dipende dal bene e dal vero oggettivi e che tutti gli uomini hanno, quindi, il dovere di formare e di educare correttamente la propria coscienza. Così come la Chiesa è responsabile e deve illuminare e guidare le nostre intelligenze limitate e spesso ottenebrate. Per quel che concerne l’ecumenismo o il dialogo interreligioso, tutto dipende da cosa si intende con questi nomi. Regna una grande confusione nello spirito di questi vocaboli. Molto evidentemente, come tutti gli uomini e per il bene della società noi ci auguriamo di vivere in pace con tutti gli uomini, tutti insieme. Sotto il profilo religioso noi ci auguriamo di rispondere ardentemente al desiderio di Nostro Signore: “Che tutti siano uno”, affinché ci sia “un solo gregge e un solo pastore”. Se per ecumenismo si intende il perseguimento di questo scopo nobilissimo, noi siamo evidentemente d’accordo.
Se, al contrario, si intende un cammino che non cerchi questa unità fondamentale, unità che passi obbligatoriamente per un riconoscimento della Verità – di cui la Chiesa Cattolica si dice tutt’oggi la sola detentrice nella sua integralità – allora noi protestiamo.
Di fatto, si vede che attualmente l’ecumenismo resta ad un livello molto superficiale d’intenti e di vita nella società, senza però andare al fondo delle cose.

Di quale statuto in seno alla Chiesa la Fraternità potrebbe beneficare?

Si vedrà se le discussioni dottrinali sfoceranno in qualche cosa di positivo. A Dio piacendo.

da "Messainlatino.it"


Paparatzifan
00sabato 28 febbraio 2009 21:09
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Lefebvriani: Se Williamson non ritratta sarà espulso

Fellay: le scuse sono tuttavia un passo nella direzione giusta

Roma, 28 feb. (Apcom)

Le scuse sono un passo importante nella giusta direzione, ma se il vescovo negazionista Richard Williamson tornerà a negare l'Olocausto, "verrà espulso dalla Fraternità San Pio X": è l'ultimatum lanciato dal superiore generale dei lefebvriani (successore di Marcel Lefebvre), monsignor Bernard Fellay, in un'intervista al settimanale tedesco 'Der Spiegel' in edicola lunedì.
Fellay ha definito le scuse presentate da Williamson - diffuse alcuni giorni fa dal sito Zenit.org ma ritenute dal Vaticano insufficienti - un "importante passo nella giusta direzione", sebbene siano una "prima richiesta di perdono". Ciononostante si può trovare "una migliore formulazione", ha aggiunto Fellay, uno dei quattro vescovi a cui il Papa ha revocato la scomunica.
Ma non si può tollerare che Williamson continui a negare la Shoah: "Se tace, se rimane in un qualsiasi angolo, forse è meglio per tutti", ha detto il prelato, invitando il vescovo britannico a sparire "per un buon periodo" dalla vita pubblica.
Recentemente Williamson è stato 'cacciato' dall'Argentina - dove si trovava a capo di un seminario - per rientrare a Londra, dove si trova da qualche giorno.
Due giorni fa, sono arrivate le dichiarazioni in cui il vescovo negazionista esprimeva il proprio "rammarico" per il polverone sollevato in Vaticano. E ieri, il portavoce della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha dichiarato le parole di Williamson "insufficienti e generiche" che "non rispecchiano le condizioni chieste dalla Segreteria di Stato".

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m

Paparatzifan
00domenica 1 marzo 2009 18:47
Dal blog di Lella...

Resa pubblica la lettera dei vescovi lefebvriani di ringraziamento al Papa

FRATERNITA’ SACERDOTALE SAN PIO X

A Sua Santità Papa Benedetto XVI

Santissimo Padre,

E’ con profonda gratitudine che desideriamo esprimere alla Santità Vostra la nostra profonda riconoscenza per l’atto della Sua paterna benevolenza e del Suo coraggio apostolico per mezzo del quale Ella ha reso inoperante il provvedimento che ci aveva colpito vent’anni fa a seguito della nostra consacrazione episcopale.
Il Suo decreto del 21 gennaio 2009 riabilita in qualche modo il venerato fondatore della nostra Fraternità sacerdotale, S. Ecc. Monsignor Marcel Lefebvre. Pare a noi che, rendendo giustizia ai sacerdoti ed ai fedeli di tutto il mondo i quali, legati alla Tradizione della Chiesa, non saranno più ingiustamente stigmatizzati per aver voluto mantenere la fede dei propri padri e che questo fatto procuri anche un gran bene alla Chiesa stessa.

Ed è in ragione di questo combattimento di fede che noi assicuriamo alla Santità Vostra , come Ella stessa Si augura, di «non risparmiare alcun sforzo per approfondire nei necessari colloqui con l’Autorità della Santa Sede, le questioni ancora aperte».
Desideriamo, in effetti, cominciare appena possibile con i rappresentati di Sua Santità i confronti concernenti eventuali dottrine in opposizione con il Magistero di sempre.

Attraverso questo cammino ancora necessario proposto dalla Santità Vostra, confidiamo poter essere di aiuto alla Santa Sede nel portare il rimedio appropriato contro la perdita di fede all’interno della Chiesa.

La Vergine Maria Immacolata ha visibilmente guidato i passi di Vostra Santità a questo nostro incontro, ed Ella non ci priverà della Sua benevola intercessione. E’ con questa certezza che noi chiediamo, come figli, al Pastore Universale di benedire quattro dei Suoi figlioli, i più legati al Successore di Pietro e al Suo dovere di pascere gli agnelli e le pecorelle del Signore.

Menzingen, il 29 gennaio 2009, nella festa di San Francesco di Sales

+Bernard Fellay
+Bernard Tissier de Mallerais
+Richard Williamson
+Alfonso de Galarreta

Fonte: La Porte Latine

da Messainlatino.it


Paparatzifan
00martedì 3 marzo 2009 15:29
Dal blog di Lella...
Fellay: "confesso che non ho preso abbastanza sul serio la situazione"

Intervista a Der Spiegel apparsa il 2 marzo 2009

- Monsignore, settimane orsono lei ha dato al suo collega Richard Williamson un libro in modo che potesse leggere sull’Olocausto. La settimana scorsa egli ha pubblicato un’apologia che evade la domanda del Vaticano di ritrattare la sue negazione dell’Olocausto. Secondo lei, la dichiarazione di Williamson è sufficiente?

E’ sicuramente una prima richiesta di perdono e, perciò, un passo importante nella giusta direzione. Uno può sempre sperare una miglior formulazione. Almeno la domanda di perdono è onesta e la revoca delle sue parole è genuina.

- Quella speranza sembra infondata. Dopo il suo arrivo in Londra, Williamson si è circondato di persone che hanno apertamente negato l’Olocausto, come lo storico David Irving. Sa perché?

[Commento di Messainlatino.it: Fellay non smentisce tale circostanza; tuttavia a noi risulta che le frequentazioni di Williamson con Irving siano tutte anteriori alla famosa intervista rilasciata a novembre, e diffusa a gennaio: erano anche circolate foto di un party a casa Irving, ospite Williamson. Ma nulla lascia supporre che quelle liaisons dangereuses siano riprese ora che il presule è tornato in Inghilterra: anzi Williamson ebbe a lamentarsi con Irving, tramite il suo legale, della diffusione di tali fotografie sul sito dello storico negazionista]

Ho l’impressione che Williamson sia usato da queste persone. Qui è stata data informazione ai media deliberatamente. Noi stiamo lavorando contro ciò come meglio possiamo. Io sono totalmente contrario a questi legami.

- Ma la sua influenza su Williamson sembra essere debole.

Noi siamo in contatto, egli è nel priorato della fraternità a Londra per il tempo a venire. Ma egli è anche un essere umano libero. Certo, ha un superiore, ma è libero nelle sue decisioni. Però deve portare le conseguenze di quello.

- Tornerà alle sue piene occupazioni?

Quello è impossibile nelle attuali circostanze. Ci ha danneggiato e colpito la nostra reputazione. Noi ci siamo molto chiaramente distanziati. Non è stato ordinato vescovo per i suoi propri scopi personali ma per il bene comune della Chiesa, per diffondere la verità rivelata.

- E allora perché non esclude Williamson dalla Fraternità?

Succederà se nega di nuovo l’Olocausto. E’ probabilmente meglio per tutti se resta quieto e sta in un angolo da qualche parte. Io voglio che sparisca dalla scena pubblica per un bel po’.

- Il Vaticano potrebbe ripristinare la scomunica perché non ha ritrattato.

Ne dubito. La negazione dell’Olocausto, per seria che è, non è parte del diritto canonico: sicché una scomunica non è possibile. Non siamo noi che lo diciamo, sono i canoni, gli esperti legali. Il problema è che i suoi commenti sono stati connessi con il suo incarico.

- Il vescovo di Ratisbona Gerhard Ludwig Müller ha negato al seminario tedesco della Fraternità in Zaitzkofen il permesso di ordinare altri preti. Ottempererete al divieto?

Ciò non era necessario né appropriato. Tutti questi eventi sono decisamente un tracollo per noi. Ci scaraventano indietro di 10 anni. Ma le ordinazioni continueranno.

- In Germania i politici temono che le scuole gestite dalla Fraternità non condividano i valori della costituzione tedesca. E’ preoccupato che ci siano delle ispezioni?

Non mi preoccupo affatto. Siamo gente normale. Rispettiamo le regole e ciò include l’ordine statuale. Perfino se una voce dice qualcosa di sbagliato. E’ espressamente scritto nelle lettere di S. Paolo che noi onoriamo l’autorità e preghiamo per essa.

- Così Williamson è qualcuno che si è smarrito e le critiche della Fraternità un grosso malinteso?

Ora siamo i capri espiatori del mondo ed ogni passo falso diventa immediatamente uno scandalo. Ma errori che necessitano d’esser corretti sono fatti ogni momento e dappertutto.

- Perché lei ha risposto così tardivamente alle rozze tesi di Williamson?

Confesso che non ho preso la situazione abbastanza sul serio.


Fonte: Der Spiegel

Messainlatino.it


Paparatzifan
00martedì 3 marzo 2009 18:11
Dal blog di Lella...

RATISBONA RINUNCIA A ESTRADIZIONE WILLIAMSON

(AGI) - Berlino,3 mar.

Il vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson non verra' estradato in Germania. Lo ha confermato al quotidiano 'Bild' il procuratore capo di Ratisbona, Edgar Zach, secondo il quale attualmente "non si pensa ad un'estradizione o ad un mandato di cattura". La procura della citta' danubiana ha aperto un'inchiesta per incitazione all'odio popolare nei confronti di Williamson, in seguito all'intervista alla televisione svedese in cui il vescovo della Fraternita' di Pio X aveva negato l'Olocausto e l'esistenza delle camere a gas ad Auschwitz.
Nei giorni scorsi il ministro federale della Giustizia, Brigitte Zypries (Spd), aveva ventilato la possibilita' di un mandato di cattura europeo nei confronti di Williamson. Il procuratore Zach ha precisato a 'Bild' che ci vorranno ancora diversi mesi prima di arrivare alla chiusura dell'inchiesta, al termine della quale nei confronti del vescovo lefebvriano potrebbe essere emessa un'ordinanza penale in forma di una semplice ammenda.
Il legale di Williamson aveva gia' annunciato di voler presentare un ricorso contro un'eventuale richiesta di estradizione del suo assistito, poiche', diversamente dalla Germania, in Gran Bretagna la negazione dell'Olocausto non costituisce un reato.
La settimana scorsa Wlliamson e' stato espulso dal governo argentino ed ha fatto ritorno nel suo Paese.

© Copyright Agi


Paparatzifan
00giovedì 5 marzo 2009 17:35
Dal blog di Lella...

Vescovi svizzeri: inquietudine per ritiro scomunica a Lefebvriani

Berna - La Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS), interpretando il sentimento della comunità cattolica, si dice "profondamente inquieta" per il ritiro della scomunica ai quattro vescovi tradizionalisti della Fraternità di San Pio X - i lefebvriani - voluta dal Vaticano e preparata "con troppa poco cura e grosse lacune".
La CVS ricorda tuttavia che i vescovi rimangono sospesi e non possono esercitare alcun ministero sacerdotale o episcopale: non sono quindi ancora riabilitati o reintegrati nella comunità ecclesiale. Quella della Santa Sede è soltanto un'apertura alla riconciliazione.
Riuniti dal 2 al 4 marzo a Coira per la loro 283ma assemblea ordinaria, i vescovi svizzeri hanno anche discusso l'iniziativa contro la costruzione di minareti: a loro parere sarebbe meglio che la stessa venisse ritirata, ma se fosse messa in votazione andrebbe respinta. Questa iniziativa - fanno sapere - "non può risolvere i problemi di coabitazione tra la popolazione svizzera e i musulmani, al contrario essa può solo farli peggiorare rendendo più difficile la ricerca di soluzioni".

© Copyright SDA-ATS


Paparatzifan
00giovedì 5 marzo 2009 17:37
Re: Dal blog di Lella...

Paparatzifan, 05/03/2009 17.35:


Vescovi svizzeri: inquietudine per ritiro scomunica a Lefebvriani

Berna - La Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS), interpretando il sentimento della comunità cattolica, si dice "profondamente inquieta" per il ritiro della scomunica ai quattro vescovi tradizionalisti della Fraternità di San Pio X - i lefebvriani - voluta dal Vaticano e preparata "con troppa poco cura e grosse lacune".
La CVS ricorda tuttavia che i vescovi rimangono sospesi e non possono esercitare alcun ministero sacerdotale o episcopale: non sono quindi ancora riabilitati o reintegrati nella comunità ecclesiale. Quella della Santa Sede è soltanto un'apertura alla riconciliazione.
Riuniti dal 2 al 4 marzo a Coira per la loro 283ma assemblea ordinaria, i vescovi svizzeri hanno anche discusso l'iniziativa contro la costruzione di minareti: a loro parere sarebbe meglio che la stessa venisse ritirata, ma se fosse messa in votazione andrebbe respinta. Questa iniziativa - fanno sapere - "non può risolvere i problemi di coabitazione tra la popolazione svizzera e i musulmani, al contrario essa può solo farli peggiorare rendendo più difficile la ricerca di soluzioni".

© Copyright SDA-ATS






Occupatevi dello stato delle vostre chiese e lasciate il Santo Padre esercitare il suo ministero in pace! [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629]

Paparatzifan
00giovedì 5 marzo 2009 19:33
Dal blog di Lella...

Mons. Barreiro: l'attacco al Papa proviene anche da dentro la Chiesa e nella stessa Curia

Il ricco quotidiano on line Pontifex.Roma riporta un'interessantissima intervista di Bruno Volpe a mons. Ignacio Barreiro, del quale riportiamo un ampio excerptum, rinviando al link sopraindicato per leggere integralmente l'articolo

"L’infortunio del Vescovo Williamson è stato strumentalizzato da chi, fuori e dentro la Chiesa, non vuole l’accordo con la Fraternità San Pio X”, lo afferma in questa intervista Monsignor Ignacio Barreiro Carambula, Direttore di Vita Umana Internazionale.
“Ora le spiego ciò che sta capitando: credo che le imprudenti e non condivisibili dichiarazioni rilasciate da Monsignor Williamson, che per amor di precisione definisco riduzionista e non negativista [negazionista?], siano oggi strumentalizzate e che questa opera avvenga in duplice direzione. L’attacco proviene da chi, in settori progressisti, non vuole e rifiuta l’accordo con la Fraternità San Pio X e questi settori sono sia fuori della Chiesa, che dentro la Chiesa e nella stessa Curia”.
Crede che alla fine si raggiungerà questo accordo con la Fraternità?:
“io sono ottimista anche se sui tempi non saprei dire nulla. In ogni caso non vedo il motivo di agitarsi per alcune ... dichiarazioni di Mons. Fellay sul Vaticano II in quanto un cattolico non è fuori della comunione con Roma, tanto meno eretico se nutre delle perplessità sul Concilio Vaticano II. Quel concilio, infatti, fu pastorale e non dogmatico. Non avendo natura dogmatica non è fuori della ortodossia valutarne con spirito critico gli effetti e le applicazioni. Duole riconoscerlo: le dichiarazioni inaccettabili di Williamson, al quale compete di parlare su temi pastorali o teologici, ma non storici, hanno regalato su un piatto di argento ai settori progressisti la possibilità di mettere in pericolo l’accordo con la Fraternità di San Pio X che invece è da auspicare”.
Si ferma un attimo e aggiunge: “ ma molti dimenticano una cosa, il Papa vuole fermamente l’accordo e la comunione, è molto determinato e certamente non si fa spaventare da manovre di disturbo che al massimo possono raggiungere lo scopo di allontanare l’accordo di pochi mesi, ma non di farlo naufragare come qualcuno si augura”.
In una intervista Monsignor Bernard Fellay ha sostenuto che dopo il Concilio Vaticano II vi è stato un calo di vocazioni : “Fellay in questo dice la verità.
Guardi, ma non vi è bisogno di andare dietro le dichiarazioni di Fellay.
Se legge le statistiche dell’Annuario Pontificio del 2009 si notano crescite molto tenui nelle vocazioni rispetto alla lievitazione del numero dei cattolici. Significa, senza tanti giri di parole, che le cose non vanno per niente bene. Queste cose non le afferma Fellay, ma testi provenienti dalla Santa Sede”.
E nel campo dei tradizionalisti?: “qui la tendenza è opposta. Rispetto al numero dei cattolici, la lievitazione di sacerdoti tradizionalisti e di seminaristi è in crescita. Il dato statistico insomma dice che la messa antica non è per niente morta, ma viva e vitale”. [..]

da Messainlatino.it


Paparatzifan
00venerdì 6 marzo 2009 21:35
Dal blog di Lella...

LEFEBVRIANI: CON VESCOVI CATTOLICI E' GUERRA APERTA IN GERMANIA

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 6 mar

E' durissima in Germania la polemica tra i vescovi cattolici e la lefebvriana Fraternita' Sacerdotale San Pio X, ai cui quattro vescovi papa Benedetto XVI ha recentemente revocato la scomunica. Il superiore della Fraternita' in terra tedesca, p. Franz Schmidberger, uno dei piu' stretti collaboratori dell'arcivescovo scismatico mons. Lefebvre, accusano la Conferenza episcopale tedesca di voler ''bloccare il dialogo ancora prima del suo inizio'', di ''non operare in uno spirito di fratellanza'', di lanciare ''accuse infamanti di sentimenti antigiudaici e antisemiti'', di ''rifiutare subdolamente l'autorita' papale''. P. Schmidberger reagisce con la sua nota, pubblicata oggi, al comunicato finale dell'Assemblea generale della Conferenza episcopale tedesca, che e' stato diffuso ieri.
Nel loro comunicato, i vescovi della Germania affermano che la Fraternita' lefebvriana ''non e' in comunione con la Chiesa, perche' si e' posta al di fuori della tradizione cattolica e ha rotto la l'unita' con il papa'' e deve accettare integralmente i documenti del Concilio Vaticano II, ''che appartengono alla tradizione cattolica e non possono essere divisi'', compresi quelli sulla ''liberta' religiosa, relazioni con le religioni non cristiane, ecumenismo, rapporto della Chiesa con il mondo moderno e collegialita' dei vescovi in relazione all'autorita' papale''. Inoltre, ricordano che ''anche dopo la revoca della scomunica'', i vescovi e i preti della Fraternita' ''non possono celebrare la messa e gli altri sacramenti'', con riferimento in particolare alle numerose ordinazioni di preti effettuate illecitamente quest'anno dai lefebvriani.
I vescovi tedeschi ricordano anche il ''deprimente'' rifiuto dell'Olocausto da parte del vescovo lefebvriano Richard Williamson, ''e le corrispondenti correnti anti-semite nella Fraternita' San Pio X''.

Quest'ultima affermazione, risponde p. Schmidberger, e' una ''accusa infamante'' che i vescovi tedeschi devono ''ritrattare'' al piu' presto. ''I vescovi - scrive - sono tenuti a rispettare l'ottavo comandamento, che recita ''Non pronuncerai falsa testimonianza'''.

''Sul caso Williamson - aggiunge - i superiori della Fraternita' hanno reagito immediatamente'', condannando ''immediatamente'' e ''senza ambiguita''' le ''dichiarazioni atroci'' di Williamson. Lo stesso Schmideberger, pero', in una circolare inviata per il Natale 2008 agli amici e agli affiliati della Fraternita', scriveva che ''gli ebrei di oggi partecipano della colpa di deicidio, fino a quando non prenderanno le distanze dai loro predecessori credendo nella divinita' di Gesu' Cristo''.
Il superiore dei lefebvriani in Germania accusa poi i vescovi tedeschi di ''rifiutare subdolamente l'autorita' papale'', citando, ad esempio, il fatto che la Conferenza episcopale tedesca avrebbe ignorato il desiderio del Vaticano di riformulare la preghiera per la consacrazione durante la messa, gli ostacoli in Germania all'applicazione del Motu Proprio che liberalizza la messa in latino, le critiche di alcuni teologi tedeschi al documento ''Dominus Jesus' dell'allora card. Ratzinger e alla nuova versione della preghiera ''per la conversione degli ebrei' nella messa tridentina, i dubbi sulla enciclica ''Humanae Vitae'' di Paolo VI e persino il dialogo con le comunita' protestanti.
''Apparentemente - scrive Schmidberger - vogliono la completa eliminazione di tutti gli atteggiamenti conservatori nella Chiesa. Questa opposizione al papa e', per il momento (ancora) non completa ma e' da tempo presente in modo subliminale in molte dichiarazioni''.
Sul Concilio Vaticano II, per i lefebvriani ''i vescovi tedeschi non vogliono discutere i punti controversi dei Concili ma voglio costituire delle aree tabu'''.

© Copyright Asca

E' un momento delicato e dobbiamo essere RIGOROSI!
Questa affermazione:

"Lo stesso Schmideberger, pero', in una circolare inviata per il Natale 2008 agli amici e agli affiliati della Fraternita', scriveva che ''gli ebrei di oggi partecipano della colpa di deicidio, fino a quando non prenderanno le distanze dai loro predecessori credendo nella divinita' di Gesu' Cristo''"

non e' esatta.
Dal blog "Messainlatino.it"


Paparatzifan
00venerdì 6 marzo 2009 21:40
Dal blog di Lella...

La FSSPX e l'antisemitismo

Una gentilissima lettrice abitante in Germania ci manda questa notizia sulla non sopita controversia tra la Fraternità San Pio X e la comunità ebraica tedesca, traducendo per noi un documento del distretto germanico della Fraternità, particolarmente interessante poiché compendia la posizione sulla religione ebraica e sulla condanna del razzismo antisemita.

In www.osservatorioantisemitismo.it ho trovato il seguente articolo:

In una lettera aperta della sezione tedesca della fraternità sacerdotale San Pio X ai vescovi cattolici tedeschi per chiedere il riconoscimento da parte della Chiesa cattolica delle critiche tradizionaliste al Concilio vaticano II, il leader padre Franz Schmidberger scrive che gli ebrei "sono corresponsabili dell'omicidio di Dio nella misura in cui non hanno preso le distanze dalla colpa dei loro avi attraverso il battesimo e il riconoscimento della natura divina di Cristo". Il vicepresidente dell'associazione ebraica tedesca 'Zentralrat der Juden' ha replicato immediatamente che la la fraternità San Pio X "sparge veleni" e ostacola ogni "percorso di comprensione e riconciliazione tra cattolici ed ebrei". L'ufficio stampa della fraternità San Pio X ha cercato di ricomporre la situazione, dichiarando che Gesù Cristo, "il fondatore della nostra religione, è ebreo, rabbino, nato, cresciuto e morto in Israele, sua madre era ebrea, così come tutti i suoi primi discepoli, tra i quali quello scelto per guidare la Chiesa: Pietro, il primo Papa". "Un cattolico non può essere in nessun modo antisemita, a meno che non volesse distruggere l'origine e l'essenza della sua religione". La fraternità San Pio X si è scissa dalla Chiesa cattolica negli anni Ottanta ed il Vaticano si sta sforzando di farla rientrare.
Fonte: Internet Virgilio APCOM

In www.fsspx.de, sito ufficiale in Germania della Fraternità S. Pio X, nella pagina "Posizioni ufficiali", ho trovato la seguente comunicazione di cui riporto la traduzione:

Nel documento "Le bombe a orologeria del Concilio Vaticano II" Padre Franz Schmidberger, superiore della Fraternità S. Pio X in Germania, risponde alla domanda riguardo al "deicidio" con questi termini:

1. L'affermazione che gli attuali ebrei portino la colpa dei loro avi si limita a quegli Ebrei che approvano l'uccisione di Gesù Cristo. Sfugge alla mia conoscenza se gli ebrei di oggi così facciano.

2. Gesù Cristo, Dio divenuto carne, è il Salvatore e l'unica via di salvezza anche per gli Ebrei di oggi: "Io sono la via, la verità e la vita. Solo per mezzo di me si va al Padre." (Gv 14,6). Non esiste per loro una diversa via di salvezza. Per questo motivo san Pietro, il primo Papa, un ebreo, chiama i suoi uditori a convertirsi e a lasciarsi battezzare nel nome di Gesù Cristo (cfr. At 2,38). Qui ritroviamo l’invariabile Magistero della Chiesa lungo i secoli.

3. Nostro Signore Gesù Cristo secondo la sua natura umana è un ebreo, la sua santissima Madre è un'ebrea, gli Apostoli tutti sono ebrei. Già per questo nessun cristiano può essere antisemita.

Stoccarda 20 gennaio
Padre Franz Schmidberger
Superiore distrettuale

Dal blog "Messainlatino.it"


Paparatzifan
00venerdì 6 marzo 2009 22:24
Da "Swissinfo.ch"...
8 febbraio 2009 - 16.26

Lefebvriani: un errore del Papa, secondo abate di Einsiedeln

Berna - Papa Benedetto XVI ha commesso un errore revocando la scomunica dei quattro vescovi Lefebvriani, ha affermato l'abate di Einsiedeln (SZ), Martin Werlen, in un'intervista pubblicata oggi nella "SonntagsZeitung". Il prelato spera adesso che la Chiesa cattolica tragga lezioni da questa vicenda.

La scomunica è un provvedimento "terapeutico": sottolinea un errore e deve portare ad un cambiamento di rotta, spiega l'abate nell'intervista, dove si chiede se ciò sia stato il caso. Ciò non riguarda solo Richard Williamson, che in un'intervista ad una televisione svedese ha negato l'esistenza delle camere a gas naziste, ma anche gli altri tre vescovi integralisti ordinati nel 1988 da monsignor Lefebvre, ha rilevato l'abate Werlen. Chi revoca una scomunica deve conoscer molto bene le persone interessate, ha affermato il religioso ritendo che in questo caso non sia così.

Che il Papa non abbia ammesso l'errore è, secondo l'abate, anche una "questione generazionale". Per una persona giovane è forse più facile riconoscere di aver sbagliato, ha affermato aggiungendo che non è una vergogna commettere errori e anche al Pontefice bisogna accordare il diritto di compierne.

La reazione dell'abate di Einsiedeln si aggiunge a quella del vescovo di basilea Kurt Koch che venerdì ha pubblicato una lettera aperta sul tema. Ci si può chiedere se Roma non sia andata troppo incontro alla Fraternità San Pio X mettendo così la Chiesa in una situazione difficie, scrive il responsabile della diocesi di Basilea nella sua missiva di sette pagine, precisando tuttavia di esprimersi a titolo personale. "Il prezzo da pagare per l'unità non è troppo alto?", prosegue monsignor Koch, aggiungendo di capire tutti coloro che lo pensano.

Il vescovo conservatore di Coira Vitus Huonder si mostra invece più riservato. In un'intervista accordata al "SonntagsBlick", ritiene che l'errore non stia nella decisione stessa, ma piuttosto nella sua comunicazione.

SDA-ATS


Possibile che un abate si permetta di dare lezioni al Papa?
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Paparatzifan
00venerdì 6 marzo 2009 22:35
Da "Messainlatino.it"...

«Solo un primo passo verso la riconciliazione»


Riportiamo integralmente la dichiarazione di monsignor Kurt Koch a nome della Conferenza episcopale elvetica riguardo la revoca della scomunica, pronunciata da papa Benedetto XVI il 21 gennaio,ai quattro vescovi lefebvriani.


COMUNICATO STAMPA

Con un decreto firmato dal prefetto per la Congregazione per i vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, il Papa Benedetto VI ha revocato il 21 Gennaio la pena della scomunica contro i quattro vescovi della Fraternità sacerdotale S.Pio X. Questo decreto è l’espressione della volontà del Papa di riassorbire lo scisma con una comunità che conta nel mondo alcune centinaia di migliaia di fedeli e 492 preti. Si è tuttavia prestata poca attenzione al fatto che questi quattro vescovi rimangono “sospesi a divinis”. Non è loro permesso, pertanto, di esercitare il loro ministero episcopale. Diverse reazioni hanno manifestato una rande preoccupazione di fronte a questa decisione del Papa che tende la mano per la riconciliazione. Qui bisogna evitare quivoci: secondo il diritto della Chiesa, la revoca della scomunica non è la riconciliazione o la riabilitazione, ma l’apertura ella strada verso la riconciliazione. Questo atto non è, dunque, la fine, ma il punto di partenza per un dialogo necessario sulle questioni controverse. Di fronte a queste profonde divergenze, questo cammino potrà essere lungo.

L’intervista concessa da uno di questi vescovi alla televisione svedese poco prima della pubblicazione della revoca della comunica ha aggravato le preoccupazioni. Monsignor Richard Williamson vi affermava che non c’è evidenza storica ell’esistenza delle camere a gas e che solo due-trecentomila ebrei sono stati uccisi dai nazisti e non sei milioni. La Chiesa cattolica non può in alcun modo accettare questa negazione dell’Olocausto. Il portavoce vaticano ha preso posizione al momento della pubblicazione del decreto su queste affermazioni assurde e le ha definite “totalmente inaccettabili”. Noi, vescovi svizzeri, facciamo nostra questa condanna e preghiamo i membri delle comunità ebraiche svizzere di scusare le irritazioni di questi ultimi giorni. Coloro che conoscono Benedetto XVI e il suo atteggiamento positivo nei confronti dell’ebraismo sanno che non può tollerare gli sbandamenti indifendibili di monsignor Williamson.

I vescovi svizzeri hanno inoltre appreso che monsignor Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X, ha preso le distanze dalle dichiarazioni di monsignor Williamson. Nel passato, tuttavia, i quattro vescovi hanno più volte dichiarato che, insieme alla Fraternità, non accettavano la dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra aetate sulle relazioni con l’ebraismo e le religioni non cristiane. Noi, vescovi svizzeri, attendiamo che nel corso delle discussioni condizionali al ristabilimento della comunione e alla revoca della sospensione, i quattro vescovi della Fraternità dichiarino in modo credibile che accettano il Concilio vaticano II e, in particolare, la dichiarazione Nostra aetate e che adottino un atteggiamento positivo verso l’ebraismo.


Paparatzifan
00sabato 7 marzo 2009 21:57
Dal blog di Lella...

La “non accettazione del Concilio” della Fraternità S. Pio X: una cortina di fumo

L'abbé Claude Barthe è una figura molto in vista nell'ambito ecclesiale francese, e ben al di là del campo tradizionale. Egli infatti, fondatore nel 1987 della tuttora esistente rivista Catholica, officia in rito antico a Parigi con celebret dell'Ecclesia Dei e cura corsi ai seminari dell'Istituto del Buon Pastore e dell'Istituto di Cristo Re. Ma la sua fama è legata principalmente ai suoi scritti, nei quali analizza, con una cura esemplare di documentazione e di informazione, unita ad un discorso diretto e franco, la situazione attuale della Chiesa: le sue osservazioni si caratterizzano quindi per lucidità e precisione insieme. L'abbé Barthe ha fatto a Messainlatino.it l'onore di inviare, già tradotto in italiano, un suo studio sulla riconciliazione della Fraternità San Pio X. Lo pubblichiamo con enorme piacere, sapendo di offrire ai nostri lettori un ricco banchetto di spunti di approfondimento e riflessione.

Note dell'abbé Barthe

Dopo la strumentalizzazione del deplorabile “affaire” Williamson, coloro che si oppongono ad una riconciliazione della comunità di Mons. Lefebvre strumentalizzano alcune dichiarazioni maldestre per scomunicarla di nuovo in aeternum. Ora il loro argomento è una montatura erronea.

1 La questione fondamentale: rifiutare o accettare quale Vaticano II?

Che lo si voglia o no, “l’accettazione del Concilio” è diventato un tema ideologico per far passare da quaranta anni gli abusi più gravi.
Il discorso del Papa alla Curia del 22 dicembre 2005 ha opportunamente richiamato che esistevano fin dall’origine due ermeneutiche concorrenti del Vaticano II, una di “rottura”, l’altra di “continuità”.
In breve, la prima era di Rahner e di Congar, la seconda della Nota Praevia aggiunta da Paolo VI alla Lumen Gentium.
Gli atti del presente pontificato (Summorum Pontificum, decreto del 21 gennaio 2009) tengono inoltre conto di una terza ermeneutica, quella della minorità conciliare, continuata dall’opposizione lefebvrista, e oggi trasformata e rivitalizzata intorno al Papa da una “nuova scuola romana”.
Nel senso che, per non prendere che un solo esempio, quello del n° 3 della “Unitatis Redintegratio” che sembra dire che le comunità cristiane separate possono essere in se stesse mezzi di salvezza, sarebbe ingiusto (e paradossale) di trasformare in crimine contro l’unità della Chiesa:

a) sia il fatto di stimare in coscienza che, prout sonant, le espressioni dell’Unitatis Redintegratio n° 3 non possono essere accettate come magistero della Chiesa;

b) sia il fatto di rileggerle dicendo che sono gli elementi cattolici contenuti nelle comunità separate che possono essere strumenti di unione in voto alla Chiesa di Pietro.

In maniera generale, è possibile pretendere di congelare per sempre la tradizione viva della Chiesa nelle espressioni di 40 anni fa manifestamente da correggere? Si dovrebbe avere paura a priori di fare una teologia (e domani un insegnamento magisteriale) con nuove premesse, tenendo conto non solamente degli apporti del Vaticano II, ma anche delle risposte alle “questioni aperte” da questo Concilio?

2 Dei colloqui teologici con la Fraternità S. Pio X sono già stati fatti su questo punto.

D’altronde, quando il decreto del 21 gennaio apre la via a dei “colloqui” circa le “questioni aperte”, non innova affatto. A più riprese si sono svolte delle discussioni concernenti le difficoltà sollevate, fra altri, dalla Fraternità S. Pio X, sotto l’egida del “Groupe de Rencontre entre Catholiques”, GREC. In una seduta pubblica, il 20 febbraio 2008, sul tema: “rivedere e/o interpretare alcuni passaggi del Vaticano II?”, si è evidenziata una convergenza che è quella del buon senso: il rappresentante della Fraternità S. Pio X postulava la pertinenza di una critica sana e positiva dei punti nuovi del Vaticano II, per dare gli elementi ad una futura elaborazione di testi più chiari; il teologo romano invece stimava che una ricezione del Vaticano II che si fondasse fortemente sul magistero anteriore aveva il suo posto nella Chiesa.

Sarebbe quindi irrealista fare del risultato di tali colloqui (è evidente che risiede dapprima nella maniera di abbordare i problemi, e questo non solamente per la Fraternità S. Pio X) un preliminare ad una reintegrazione canonica.
Il buon senso - che si accomuna al sentire cum Ecclesia – vuole al contrario che sia la reintegrazione canonica che permetta la tenuta di tali colloqui e di altri ancora, i quali aiuteranno alla riflessione teologica nella misura che permetteranno utilmente ad intra l’espressione di un pensiero risolutamente tradizionale.

3 Perchè domandare alla Fraternità S.Pio X ciò che ha già accettato?

Del resto, tutto ciò è virtualmente acquisito. In effetti, il 5 maggio 1988, in testa di un “protocollo d’accordo”, Mons. Lefebvre aveva firmato una ”dichiarazione dottrinale” che non rimise mai in causa. Con questa, egli dichiarava di accettare la dottrina del n° 25 della Lumen Gentium sull’adesione proporzionata al magistero secondo i suoi diversi gradi (non gli si chiedeva affatto di dire, ciò che d’altronde non è mai stato precisato dalla S. Sede, che tale o tale passo del Concilio Vaticano II rilevava dell’infallibilità solenne o ordinaria). Riconosceva inoltre la validità della liturgia nella sua nuova forma, qualora fosse celebrata secondo i testi approvati dalla S. Sede. Infine si impegnava (III° dei 5 punti della Dichiarazione) “a proposito di certi punti insegnati dal Concilio Vaticano II o concernenti le riforme posteriori sulla liturgia e il diritto canonico, e che [gli] sembravano difficilmente conciliabili con la Tradizione, ad avere un’attitudine positiva di studio e di communicazione con la Sede Apostolica, evitando ogni polemica”.

L’impegno portava sull’”assenza di polemica” e assolutamente non su un assurdo “livello zero di critica”, che del resto si domanderebbe solo ai tradizionalisti.

Leggendo bene la recente intervista accordata da Mons. Fellay, il 25 febbraio 2009, a Rachad Armanios, lecourrier.ch, non è tanto il riconoscimento del Concilio che Mons. Fellay rifiuta: è piuttosto che questo inafferabile “riconoscimento” gli sia richiesto dalla S. Sede. Peraltro, tutti possono verificare che, da 20 anni, l’atto d’adesione richiesta ai membri della Fraternità S. Pio X che vogliono individualmente o collettivamente (per es. il gruppo di Campos) ricevere una regolarizzazione canonica, riproduce la dichiarazione di Mons. Lefebvre del 1988.

In altri termini, la S. Sede non ha mai richiesto altro concernente il Concilio Vaticano II se non questa dichiarazione di buon senso all’insieme delle comunità più tradizionali della Chiesa.

***

Il problema che esisteva con la Fraternità S. Pio X, fino alla generosa decisione del Papa, era l’effetto della decisione del suo fondatore, presa per ragioni che aveva qualificato “stato di necessità”, di anticipare le consacrazioni episcopali per il suo Istituto e di farle senza il mandato pontificio. Ma è in maniera fallace che, da parte degli oppositori esterni, facendosi “alleati oggettivi” sia di certi elementi che di certe cattive e maldestre abitudini interne di questa comunità, è stato di nuovo avanzato l’ostacolo di un “preambolo” dottrinale. E’ in realtà un muro costruito di tutto punto per impedire, nell’immediato, l’unità di tutti i veri cattolici, e nel futuro un fecondo slancio della teologia nei rapporti della Chiesa e il mondo.

Perchè volere che la tradizione viva della Chiesa si sia fermata, non al Vaticano II stesso, ciò che sarebbe di per sé assurdo, ma ad un certo Vaticano II?

da Messainlatino.it


Paparatzifan
00sabato 7 marzo 2009 22:19
Dal blog di Lella...

I Lefebvriani contro il cardinal Martini: è un teologo ''sovversivo''

Attacco in piena regola dei lefebvriani al piu' noto e piu' autorevole dei cardinali progressisti della Chiesa cattolica. La Fraternita' di San Pio X si scaglia infatti oggi contro il cardinale Carlo Maria Martini, teologo "sovversivo" come Hans Kung. Inoltre, mentre le idee di quest'ultimo sono marginali, le proposte dell'ex arcivescovo di Milano hanno un buon seguito all'interno della Chiesa; Martini "e' un Kung che ha avuto successo nel seno della gerarchia ecclesiastica".

Si esprimono in questi inequivocabili termini i lefebvriani nell'apertura di pagina del loro sito Internet. La firma dell'editoriale e' dell'Abbe' Alain Lorans. Spunto per l'attacco all'anziano card. Martini e' il suo ultimo libro "Conversazioni notturne a Gerusalemme" nel quale, afferma la Fraternita' di San Pio X, "egli preconizza in effetti l'ordinazione di uomini sposati, l'accesso delle donne agli ordini che precedono il sacerdozio (in attesa di meglio!) l'accesso dei divorziati risposati all'eucaristia, l'appello ai diritti della coscienza individuale contro la disciplina dell'enciclica Humanae vitae".

Il cardinale Martini, scrivono i lefebvriani, "e' un Kung che ha avuto successo nel seno della gerarchia ecclesiastica. In realta' essi sono due ottuagenari contrari alla Chiesa che ha le promesse dell'eternita'!" Parole durissime che dimostrano come il gruppo degli ultratradizionalisti non solo non abbia alcuna intenzione di tacere, ma al contrario - dopo la crisi relativa a mons. Williamson - sta passando al contrattacco prendendo come obiettivo quell'aerea della Chiesa e delle personalita' di spicco della gerarchia e della teologia che sono maggiormente note per le loro posizioni di apertura rispetto ai temi classici della stagione post-conciliare, dalla possibilita' di ordinare uomini sposati, al sacerdozio femminile, alla liberta' di coscienza.
Dunque la corrente ex scismatica scende in campo, in segutio alla revoca della scomunica ai suoi quattro vescovi da parte della Santa Sde, per combattere contro quelli che considera i suoi nemici di sempre.
Del teologo Hans Kung, si ricorda nell'editoriale la recente intervista a Le Monde del 24 febbraio nella quale "egli propone le sue soluzioni al Papa per evitare che la Chiesa diventi una setta".
Quindi, ricorda l'abbe' Lorans, Kung propone di ammettere i divorziati risposati alla comunione, a certe condizioni, l'autorizzazione ad usare in certi casi i contraccettivi e soprattutto si sottolinea che per Kung sarebbe necessario abolire il celibato per i preti. Da qui il confronto con le idee del cardinale Martini: "Ci si puo' rassicurare, ad ogni buon conto - scrivono i lefebvriani -considerando che questa teologia sovversiva e' marginale nella Chiesa. Quella del cardinale Martini, ex arcivescovo di Milano, lo e' molto meno".

© Copyright Rainews2


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Paparatzifan
00sabato 7 marzo 2009 22:40
Dal blog di Lella...

Conf. episcopale tedesca: la FSSPX è fuori della Tradizione cattolica!

Dichiarazione dei vescovi tedeschi sull’attuale cammino della Chiesa Cattolica

Amburgo 5 marzo 2009.

La revoca delle scomuniche de quattro vescovi della FSSPX dopo venti anni ha dato origine a molta discussione in Germania e nel mondo, sia dentro sia fuori la Chiesa ed è stata discussa durante l’Assemblea Generale della Primavera [veramente siamo in inverno ma, si sa, non esistono più le mezze stagioni] 2009. Siamo giunti a una visione consolidata, cui diamo particolare importanza.

1. La FSSPX si è separata dalla Chiesa cattolica. I vescovi e preti che le appartengono, anche dopo la revoca delle scomuniche dei vescovi, non possono celebrare la S. Messa o altri sacramenti. In particolare, le ordinazioni di preti della Fraternità annunziate per quest’anno violano l’ordine e la legge della Chiesa. Chiederemo alla Sede Apostolica una pronta spiegazione di quali conseguenze legali vi saranno per un vescovo che voglia procedervi [diamo un suggerimento: le stesse che vengono irrogate ai vescovi greco-ortodossi che, contro "la legge e l’ordine" della Chiesa cattolica (che terminologia da sceriffi), osano ordinare i loro presbiteri]. La leadership della Curia deve fare rapidi miglioramenti nella coordinazione interna e nella comunicazione con le conferenze episcopali. Questo in particolare per le situazioni di conflitto.

2. La FSPPX non è perciò in comunione con la Chiesa cattolica, poiché è fuori della tradizione cattolica [fantastico!!] e ha rotto l’unità col Papa. E’ compito della FSPPX superare lo scisma e attraverso un processo di reintegrazione accettare l’unità col Papa e la dottrina della Chiesa. Il S. Padre Papa Benedetto XVI togliendo le scomuniche dei vescovi ha porto la sua mano come gesto di buona volontà. E’ responsabilità della Sede Apostolica determinare se la FSSPX è pronta a affermare e adottare chiaramente le convinzioni religiose dell’intera Chiesa e specialmente gl’insegnamenti dei papi e dei Concilii. I documenti del Concilio Vat. II appartengono alla tradizione cattolica e non possono essere annullati, tanto meno i testi sulla libertà religiosa e le relazioni con le religioni non cristiane, sull’ecumenismo e sulla Chiesa nel mondo moderno e le dichiarazioni sulla collegialità dei vescovi nelle loro relazioni con l’autorità papale [argomento assai sensibile, per una conferenza episcopale].

3. Ci spiace che in questo contesto siano sorte incertezze sul cammino della Chiesa. Lo abbiamo percepito in conversazioni e comunicazioni. Molti vescovi hanno già dato chiarimenti da subito. Le condizioni teologiche e pastorali specie del Concilio Vat. II sono l’ovvio fondamento dei nostri sforzi di rinnovare spiritualmente la Chiesa in Germania e dare nuova forza in parole e fatti alle risposte di fede sui temi religiosi del nostro tempo. Speriamo che nelle scorse settimane un nuovo interesse nelle dinamiche e orientamenti del Concilio Vat. II sia stato risvegliato. E’ un’opportunità che vogliamo utilizzare.

4. E’ particolarmente deprimente la negazione dell’Olocausto di un vescovo della FSPPX e le corrispondenti correnti antisemitiche nella Fraternità. Manca ancora una seria presa di distanza della parte in questione da tale inaccettabile attitudine, come la Sede Apostolica ha chiesto loro dal primo momento. Papa Benedetto XVI ga in più occasioni chiaramente affermato che la Chiesa cattolica rigetta attitudini antisemitiche e antiebraiche. Ci fa piacere che il S. Padre nelle scorse settimane sia stato in grado di continuare il dialogo con alti rappresentanti ebrei. In Germania, hanno avuto luogo parecchi incontri importanti con rappresentanti ebrei in cui v’è stata un’opportunità di parlare apertamente di preoccupazioni e paure e approfondire l’impegno reciproco. Ne siamo molto grati e portiamo avanti questi sforzi.

5. Sfortunatamente, sono anche stati fatti commenti sugli eventi in corso nelle recenti settimane che presentavano la situazione in modo polemico. Anche dentro la Chiesa, si sono state voci e attività prive di carità, estremamente unilaterali e perfino degradanti e hanno danneggiato l’unità. Deploriamo questo stile di trattare vicendevolmente. Soprattutto rigettiamo ogni tentativo di mettere in dubbio la reputazione e l’integrità del papa, negare la costituzione della Chiesa cattolica e lavorare per la divisione. Se la FSSPX sia in piena comunione con la Chiesa cattolica è non ancora chiarito. Molto sembra parlare contro questo ora. Ma non è questa la domanda su cui stiamo trattando in primo luogo, ma sulla preoccupazione di rafforzare e rinnovare la vita ecclesiale e testimoniare al suo servizio sostanziale e multiforme. In questo sforzo, lavoriamo con preti e diaconi, il personale in servizio alla Chiesa e con tutti i credenti, che in molti modi danno la sua forza e capacità di agire. La Chiesa vive di questa associazione di vocazione e impegno corrispondente alla missione data dal Signore risorto. Confidando in Lui con una sola voce, chiediamo la Sua benedizione.

Fonte: Cathcon

Da Messainlatino.it


Non so se piangere o ridere
! [SM=g7564]

Paparatzifan
00domenica 8 marzo 2009 18:27
Dal blog di Lella...

Ecco i preti di Linz che non volevano mons. Wagner

Josef Friedl, sacerdote e "decano" (da noi diremmo vicario foraneo o qualcosa del genere) della ormai ben nota diocesi di Linz, è uno dei membri del collegio di decani diocesani che per primi insorsero contro la nomina a vescovo ausiliare di Gerhard Wagner, raccogliendo un voto quasi unanime di rigetto e sfiducia contro quest'ultimo. Alla fine, la protesta come noto è riuscita a costringere don Wagner a rinunziare all'incarico.

Apprendiamo ora qualcosa che probabilmente spiega tanto accanimento contro un sacerdote ortodosso e di chiari principi morali: il decano Friedl ha pubblicamente ammesso in un incontro, organizzato dal Partito dei Verdi, di avere una "compagna" con la quale convive normalmente, dichiarando di rifiutare il celibato obbligatorio.

Ha aggiunto che tale comportamento è pienamente conforme alla sua coscienza e che nessuno nella sua parrocchia di Ungenach se ne fa un problema.

Secondo un rapporto di Der Welt, parecchi altri decani della diocesi di Linz hanno ignorato de facto l'obbligo di celibato. Si comprende agevolmente che avere un vescovo come Wagner potesse essere una prospettiva poco tranquillizzante per chi vuole mantenere questo andazzo.

Fonte: Cathcon

da Messainlatino.it


Mi vengono i brividi...
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Paparatzifan
00martedì 10 marzo 2009 19:31
Da "Messainlatino.it"...

Venerdì scorso il Distretto tedesco della Fraternità San Pio X ha reagito alla presa di posizione dei vescovi di quella nazione.

Eccone il testo da noi tradotto:

1. La Fraternità San Pio X non rinnega il Concilio nella sua totalità.
L'arcivescovo Lefebvre ha egli stesso partecipato al Concilio. Fece parte delle commissioni preparatorie ed ha approvato la maggior parte dei documenti.

2. La conferenza episcopale germanica mette come condizione il riconoscimento totale del concilio, compresi i punti ambigui e conflittuali.
Questo non può aver altro scopo che di metter fine al dialogo ancor prima che inizi.
Noi percepiamo chiaramente che i vescovi tedeschi non vogliono siano messi in discussione i punti controversi del concilio e a questo proposito pongono dei chiari tabù.

3. Il comportamento dei vescovi tedeschi non è improntato a uno spirito di fraternità.
Invece di cercare il dialogo e far proseguire le discussioni in maniera pacifica e costruttiva, agiscono in opposizione al segnale proveniente da Roma – che è iniziato con la rimozione del decreto di scomunica – e rigettano ogni richiesta di discussione da parte della Fraternità.

4. I vescovi sono legati all’ottavo comandamento che recita "Non dire falsa testimonianza".
Ecco perché invitiamo la conferenza episcopale a rivedere le accuse calunniose di antisemitismo o di antigiudaismo nei confronti della Fraternità San Pio X.
I superiori della Fraternità hanno immediatamente reagito nella questione Williamson. Lo stesso distretto tedesco ha preso le distanze chiaramente e categoricamente dopo aver preso conoscenza delle posizioni inqualificabili banalizzanti i crimini nazisti e si sono scusati con le persone coinvolte da queste dichiarazioni.
Vogliamo ancora sottolineare come il padre dell’arcivescovo Lefebvre perse la vita nel campo di concentramento di Sonnenburg.

5. I vescovi sembrano esigere dalla Fraternità San Pio X il riconoscimento dell’autorità papale quando la Fraternità non ha mai messo in dubbio questa stessa autorità.
Questo sta a dimostrare come i vescovi non abbiano avuto alcuna sostanziale discussione sulle posizioni della Fraternità San Pio X e neppure intendano averne.

6. Al contrario la Fraternità constata un rifiuto insidioso dell'autorità papale in seno all'episcopato tedesco.
La maniera di agire riguardo il decreto pontificio in questi ultimi tempi sembra suggerire quanto segue :

a. Il desiderio del Papa di stabilire una buona traduzione delle parole falsamente tradotte della consacrazione [pro multis=per molti, anziché per tutti] è stato fino ad ora ignorato dai vescovi tedeschi.

b. Il Motu proprio per la liberalizzazione della messa antica è stato applicato in maniera talmente restrittiva da alcuni vescovi che si è rivelato praticamente inefficace.

c. Le stesse preghiere del Venerdì Santo del Papa sono state falsamente definite come antisemite da un certo numero di teologi in Germania.

d. L'attitudine chiara del Papa riguardo al concetto di Chiesa inutilizzabile dalle comunità protestanti urta con l'incomprensione della grande maggioranza in Germania.

e. Malgrado le molteplici ingiunzioni, i vescovi tedeschi non hanno mai ritirato la Proclamazione di Königstein (1968) la quale rende praticamente inoperante l'enciclica "Humanae vitae" di Paolo VI.

f. Infine la stessa interpretazione della "Dominus Jesus" è stata severamente criticata dai teologi tedeschi in quanto parla della Chiesa come sola via di salvezza.

7. A questo proposito notiamo come alcuni vescovi vogliano rigettare il cammino di serenità e di riconciliazione intrapreso dal Papa.
Si vuole di fatto rigettare ogni attitudine conservatrice in seno alla Chiesa. Questa opposizione al Papa non è (ancora) venuta a galla, ma esiste soggiacente da molto tempo e la si legge in molte dichiarazioni.

8. Ed in questa situazione vogliamo ancora una volta ringraziare il Santo Padre per la Sua paterna benevolenza.
Da parte nostra faremo tutto il possibile per formulare in maniera chiara, disinteressata e caritatevole le posizioni della Fraternità San Pio X – che non sono chiaramente le nostre, bensì quelle del magistero ecclesiale – e così rendere possibile un confronto fruttifero fra i cattolici di buona volontà. Ci compiacciamo che ci sia ora la base per un discorso teologico.

9. Nel nostro desiderio di esprimere, nel servizio di amore della Roma eterna e versa, la FSSPX desidera in particolare rigettare l'insostenibile accusa di ordinazioni illecite. Quelle previste ordinazioni non furono mai proibite, come è stato confermato in conversazioni personali in Roma. Qui i Vescovi si espongono a un'ovvia obiezione: essi enfatizzano che non c'è ancora unità con la FSSPX, mentre allo stesso tempo vogliono piazzare un bando alle ordinazioni. Uno può solo riferirsi a ciò che l'Arcivescovo Zollitsch [il progressista presidente della Conferenza episcopale tedesca] nella sua stessa dichiarazione ha detto: è compito della Santa Sede - e non della Conferenza dei Vescovi - creare e identificare le condizioni per la piena unità.

da Messainlatino.it


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Paparatzifan
00martedì 10 marzo 2009 19:44
Dal blog di Lella...

I lefebvriani scomunicano Martini: «Sovversivo»

Martino Cervo

Ai lefebvriani il libro del cardinal Martini non è piaciuto. La cosa in sé non sbalordisce. I toni e il momento, però, non fanno passare sotto silenzio neanche un sospiro dei seguaci del monsignore la cui scomunica è stata di recente revocata da Benedetto XVI. E al faro puntato sulla Fraternità San Pio X dopo le follie negazioniste di Williamson non poteva sfuggire l’editoriale firmato dall’Abbé Alain Lorans, in pratica il portavoce dei lefebvriani in Francia.
Il quale, come di consueto, firma il fondo della rivista che è un po’ l’house-organ transalpino della comunità. Il testo è reperibile al sito www.dici.org/accueil.php. Sono solo poche righe. Lorans attacca l’intervista rilasciata il 24 febbraio scorso su Le Monde da Hans Küng, noto capofila mondiale della corrente teologica “progressista”, come tale agli antipodi rispetto ai seguaci di Pio X di un ipotetico arco parlamentare della Chiesa .
Nell’intervista, Küng invitava il Papa ad “aggiornare” il cristianesimo su temi quali l’uso dei contraccettivi, l’accesso dei divorziati all’eucarestia e quello delle donne al sacerdozio: soluzioni, spiegava il teologo che offrì la cattedra di dogmatica a Joseph Ratzinger dopo averlo conosciuto al Concilio Vaticano II, necessarie a impedire che la Chiesa diventi «una setta». Il parere del portavoce dei lefebvriani su simili fughe “liberali” è quantomeno scontato: «Ci si può consolare», chiosa Lorans, «considerando che questa teologia sovversiva è marginale dentro la Chiesa». Poi la mazzata: «Quella del cardinal Martini, ex arcivescovo di Milano, lo è molto meno.
Infatti nel suo “Conversazioni notturne a Gerusalemme” (Mondadori 2008, ndr) dice le stesse cose che dice Küng. Preconizza, di fatto, l’ordinazione di uomini sposati, l’accesso delle donne al sacerdozio (in attesa di meglio!), quello dei divorziati risposati all’eucarestia».
Il veleno è in fondo: «Un esperto al Concilio Vaticano II disse: “Teilhard de Chardin è un Lamennais che ha avuto successo”, riferendosi al tentativo di fare evolvere la Chiesa senza scismi. Da questo punto di vista, il cardinal Martini è un Küng che ha avuto successo nella gerarchia ecclesiastica. In realtà, sono due ottuagenari schierati contro la Chiesa». Il tutto sotto il titolo - di maliziosa eco biblica - “Susanna e i due vecchioni”.
Ora che della Chiesa fanno parte, i lefebvriani da un lato sono passibili di gravi rampogne - vedi Williamson: il Vaticano attende ulteriori scuse - dall’altro pare abbiano intenzione di condurre le battaglie che stanno loro a cuore, a cominciare da quella sul significato e gli esiti del Concilio.
Siamo sempre lì: da una parte lo svizzero Küng, geniale nell’interpretare il ruolo medicaticamente richiestissimo di papa del dissenso da quando il Sant’Uffizio gli ha revocato la missio canonica, ossia l’insegnamento della dottrina cattolica (giusto ieri spiegava alla Süddeutsche Zeitung che la santificazione di Pio XII sarebbe una «farsa», visto che Pacelli santificò «il papa più anti-moderno e padre spirituale dell’attuale fraternità»). Dall’altra, i lefebvriani, armati ad alzo zero contro i «sovversivi». E per quanto il termine sia fortino, soprattutto il capitolo VI del libro di Martini (“Per una Chiesa aperta”) contiene affermazioni in base alle quali l’accostamento con Küng non pare del tutto peregrino: «Vi è un’indubbia tendenza a prendere le distanze dal Concilio (...) La Chiesa si è dunque indebolita». E sulle donne: «Una certa dose di femminismo è necessaria (...) La nostra Chiesa è un po’ timida (...) Per quanto riguarda il sacerdozio, dobbiamo tenere conto del dialogo ecumenico con gli ortodossi e delle mentalità in Oriente e in altri continenti».

Tanto che ieri molti sussurravano che l’Abbé Lorans è per molti cattolici quello che Bossi è per Berlusconi: dice ciò che gli altri pensano, ma è opportuno tengano per sé.

© Copyright Libero, 8 marzo 2009


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