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Viaggio apostolico in Inghilterra ed Scozia

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2010 00:27
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14/09/2010 15:30
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Rowan Williams, un primate anglicano tutto da scoprire
Parlerà con Bendetto XVI di riconciliazione in Gran Bretagna

di Renzo Allegri


ROMA, martedì, 14 settembre 2010 (ZENIT.org).- Le polemiche sul viaggio di Papa Benedetto XVI in Gran Bretagna hanno preso il sopravvento, nei media, sui profondi significati che esso contiene e per i quali è stato organizzato. I contestatori e gli scontenti polarizzano l’attenzione dei giornali, distraendoli dai contenuti di questo evento che giustamente è definito “storico”.

Benedetto XVI è il secondo Papa che mette piede sul suolo del Regno Unito, dopo lo scisma anglicano del secolo XVI. Il primo fu Giovanni Paolo II nel 1982. Ma questa è la prima visita di Stato ufficiale di un pontefice in Gran Bretagna, perché quella di Papa Wojtyla aveva il carattere di visita pastorale.

Papa Ratzinger visiterà quattro città: Edimburgo, Glasgow, Londra e Birmingham, dove presiederà la cerimonia di beatificazione del cardinale Henry Newman, grande figura del cattolicesimo inglese dell’Ottocento. Avrà incontri con la Regina, con i vescovi cattolici, con le autorità civili, con i leader religiosi, e con l’arcivescovo di Canterbury, che è il Primate della Comunione Anglicana. E anche se non se ne parla molto, è questo l’incontro più importante, quello che avrà certamente un grande peso sul futuro, anche se non immediato.

La divisione tra cattolici e anglicani conta ormai cinque secoli. E’ una divisione provocata da vicende personali di re Enrico VIII. Da un punto di vista dottrinale, il “Credo” anglicano non si discosta molto da quello cattolico. Per cui, cattolici e anglicani sono molto vicini, parenti stretti se non addirittura fratelli, e ci si chiede come mai, in tempi come i nostri, dove ovunque ormai le persone civili si stringono la mano senza guardare il colore della pelle o le ideologie personali, ci siano ancora divisioni tra persone che, in fondo, professano la stessa fede religiosa.

Il tema dell’ecumenismo è un tema caldo e urgente nel mondo religioso del nostro tempo. Coinvolge aperture tra le religioni monoteistiche, ma riguarda soprattutto quelli che si professano seguaci di Cristo. E a renderlo “caldo” è stato anche Giovanni Paolo II quando iniziò a prendere sul serio le confidenze profetiche fatte dalla Madonna a Fatima nel 1917 ai tre pastorelli.

Papa Wojtyla volle conoscerle bene dopo l’attentato mortale da lui subito in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981. Qualcuno gli ricordò che si trattava di un attentato previsto dalla Madonna di Fatima. Giovanni Paolo II volle leggere la famosa “Terza parte” del segreto di Fatima che non era ancora stata resa pubblica, e si riconobbe in quel “vescovo vestito di bianco” che sale verso la montagna sormontata da una grande Croce e giunto alla cima viene ucciso.

Nel luglio 1917, durante la terza apparizione ai tre pastorelli di Fatima, la Madonna confidava loro un segreto con varie indicazioni sulla vita dell’Europa, che si sono poi realizzate alla lettera. Annunciava la terza guerra mondiale e si soffermava sulla Russia e sulle tragedie provocate dell’ideologia comunista. Dopo aver indicato la data della terza guerra mondiale, diceva: “Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace”. Chiudeva, affermando: “Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace”.

Nel 1984, Giovanni Paolo II volle realizzare quella consacrazione al Cuore Immacolato di Maria che la Madonna aveva chiesto a Lucia, ma che non era mai stata eseguita. Alcuni anni dopo, tra il 1988 e il 1992, si verificò la totale caduta dei regimi comunisti nei Paesi dell’Est e il ritorno, in quei Paesi, della libertà religiosa. Sembrava che le condizioni per il grande cambiamento ci fossero tutte: la consacrazione della Russia alla Madonna era avvenuta, il comunismo era caduto, la libertà religiosa era tornata nei Paesi dell’ex Unione Sovietica. Molti, quindi, pensarono che poteva essere vicino il “trionfo” del Cuore Immacolato di Maria, e la pace nel mondo.

Ma lo stesso Papa Wojtyla si rese conto che ciò non poteva avvenire senza un ulteriore radicale cambiamento, e questo all’interno delle varie chiese cristiane. La “Chiesa dei credenti” è costituita da un popolo che crede in un “unico Dio e in Gesù suo figlio Unigenito”. Questo popolo forma il "Corpo Mistico di Cristo". Quando, però, i credenti sono divisi, il "Corpo Mistico di Cristo" è lacerato, ferito, martoriato. Non può, quindi, trionfare il cuore di una madre quando i figli sono divisi all'interno della stessa famiglia. La strada, perciò, per arrivare alla “pace nel mondo” indicata dalla Madonna a Fatima nel 1917 è l’unità dei cri­stiani. Soprattutto quella tra cattolici, ortodossi e anglicani, in quanto tra essi le differenze dottrinali sono in pratica poche.

Papa Wojtyla intraprese viaggi e iniziative di ogni genere per raggiungere questa unità. Il suo successore, Benedetto XVI, ha continuato e continua. Negli ultimi anni ci sono state straordinarie aperture sia con gli ortodossi orientali e della grande Russia, come con gli anglicani. L’attuale viaggio in Inghilterra di Papa Ratzinger ha, nella sua essenza, l’obiettivo dell’unità, della riconciliazione con la Chiesa Anglicana.

Questo sarà certamente il tema delle conversazioni di Benedetto XVI soprattutto con Sua Grazia Rowan Williams, attuale Arcivescovo di Canterbury e da sette anni Primate della Comunione Anglicana.

L’arcivescovo Williams non è un personaggio molto conosciuto al di fuori dell’Inghilterra. Gallese, 60 anni, è ritenuto uno degli uomini più colti del nostro tempo. Conosce e parla otto lingue. Laureato in filosofia e in teologia, ha trascorso gran parte della sua vita come docente nelle due più importanti università inglesi, quella di Cambridge e quella di Oxford. Dal 1981 è sposato con Jane Paul, anche lei teologa e docente universitaria, dalla quale ha avuto due figli.

La formazione religiosa dell’arcivescovo ha caratteristiche molto speciali. E’ il frutto di amore e conoscenza delle varie forme in cui, lungo il corso dei secoli, si è divisa la religione cristiana. Egli proviene da una famiglia di luterani-giansenisti, che hanno dato le basi alla sua fede religiosa. Ma, da giovane, volle essere ducato nella tradizione anglo-cattolica, e poi, da adulto, si appassionò allo studio della tradizione russo-ortodossa. L’ecumenismo è, quindi, un elemento connaturale del suo spirito.

Una caratteristica assai sorprendente di questo personaggio è costituita dal fatto che egli è, anche, uno dei grandi poeti del nostro tempo. E’ annoverato tra i classici moderni, come Thomas Stearns Eliot, per esempio.

Le sue opere fanno già parte della storia della Letteratura inglese. Sotto questo profilo, in Italia, Rowan Williams è sconosciuto. Da noi vi è una sola raccolta di sue poesie, pubblicata di recente dall’Editrice Ancora, con il titolo “La dodicesima notte”. Un libretto che documenta magnificamente il grande talento di questo autore. Le poesie sono precedute da un’ampia e dotta nota introduttiva di padre Antonio Spadaro, gesuita, esperto del settore Letteratura della “Civiltà Cattolica”, la prestigiosa rivista dei gesuiti, che compie quest’anno 140 anni ed è la più antica di tutte quelle attualmente esistenti nel panorama culturale italiano.

Nel suo saggio, che si intitola “Come leggere la poesia di Rowan Williams”, padre Spadaro evidenzia subito che non si tratta di “una poesia religiosa o teologica in senso stretto”. “Semmai la teologia raccoglie l’ esperienza del mondo dell’autore e la compenetra di significati e di risonanze profonde”.

Leggere i versi dell’arcivescovo di Canterbury è “impresa ardua e difficile”, spiega padre Spadaro. Ma proprio perché l’autore è un vero artista, che usa un linguaggio ricco di simboli e affronta le tematiche più drammatiche dell’umanità del nostro tempo, rivivendole nell’ottica del soprannaturale. Ne scaturisce un magma di straordinario fascino, che turba, impressione, coinvolge.

Un vero poeta, quindi. E questo artista si troverà a confronto con un altro grande intellettuale, Joseph Ratzinger, che già al tempo del Concilio Vaticano II, quando era poco più che trentacinquenne, veniva considerato uno degli uomini più colti d’Europa. Grande teologo, ma anche grande umanista. Appassionato di musica classica, profondo conoscitore e cultore degli immortali capolavori sinfonici dei compositori europei, e pianista egli stesso. Due teologi, che sono anche due artisti, discuteranno dei problemi che riguardano l’uomo e Dio. E lo faranno da teologi, ma certamente anche da artisti. Con uno stile, quindi, inedito, come suggerisce il motto scelto da Benedetto XVI per questa sua visita in Gran Bretagna: “Il cuore parla al cuore”.

Quale il risultato? Forse non lo sapremo dalle cronache degli eventi di questi giorni. Ma potrebbe essere sorprendente e assai superiore ad ogni aspettativa.

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