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Viaggio apostolico in Portogallo

Ultimo Aggiornamento: 17/06/2010 15:39
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13/05/2010 16:08
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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN PORTOGALLO NEL 10° ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE DI GIACINTA E FRANCESCO, PASTORELLI DI FÁTIMA (11 - 14 MAGGIO 2010) (XI)


SANTA MESSA SUL SAGRATO DEL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DI FÁTIMA



Alle ore 9.40 di questa mattina, Solennità della Beata Maria Vergine di Fátima, il Santo Padre Benedetto XVI si reca alla Cappellina delle Apparizioni, da dove ha inizio la solenne processione fino al sagrato del Santuario. Il Papa si unisce alla processione a bordo della papamobile.

Alle ore 10.00, sulla spianata del Santuario, il Papa presiede la Santa Messa della Solennità, nella ricorrenza del 10° anniversario della Beatificazione di Giacinta e Francesco. Quest’anno ricorrono anche il 5° anniversario della morte di Suor Lucia e il 100° anniversario della nascita di Giacinta.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, introdotta dal saluto del Vescovo di Leiria-Fátima, S.E. Mons. António Augusto dos Santos Marto, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Santo Padre pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE


Cari pellegrini,

«Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, […] essi sono la stirpe benedetta dal Signore » (Is 61, 9). Così iniziava la prima lettura di questa Eucaristia, le cui parole trovano mirabile compimento in questa assemblea devotamente raccolta ai piedi della Madonna di Fatima. Sorelle e fratelli tanto amati, anch’io sono venuto come pellegrino a Fatima, a questa «casa» che Maria ha scelto per parlare a noi nei tempi moderni. Sono venuto a Fatima per gioire della presenza di Maria e della sua materna protezione. Sono venuto a Fatima, perché verso questo luogo converge oggi la Chiesa pellegrinante, voluta dal Figlio suo quale strumento di evangelizzazione e sacramento di salvezza. Sono venuto a Fatima per pregare, con Maria e con tanti pellegrini, per la nostra umanità afflitta da miserie e sofferenze. Infine, sono venuto a Fatima, con gli stessi sentimenti dei Beati Francesco e Giacinta e della Serva di Dio Lucia, per affidare alla Madonna l’intima confessione che «amo», che la Chiesa, che i sacerdoti «amano» Gesù e desiderano tenere fissi gli occhi in Lui, mentre si conclude quest’Anno Sacerdotale, e per affidare alla materna protezione di Maria i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, i missionari e tutti gli operatori di bene che rendono accogliente e benefica la Casa di Dio.

Essi sono la stirpe che il Signore ha benedetto… Stirpe che il Signore ha benedetto sei tu, amata diocesi di Leiria-Fatima, con il tuo Pastore Mons. Antonio Marto, che ringrazio per il saluto rivoltomi all’inizio e per ogni premura di cui mi ha colmato, anche mediante i suoi collaboratori, in questo santuario. Saluto il Signor Presidente della Repubblica e le altre autorità al servizio di questa gloriosa Nazione. Idealmente abbraccio tutte le diocesi del Portogallo, qui rappresentate dai loro Vescovi, e affido al Cielo tutti i popoli e le nazioni della terra. In Dio, stringo al cuore tutti i loro figli e figlie, in particolare quanti di loro vivono nella tribolazione o abbandonati, nel desiderio di trasmettere loro quella speranza grande che arde nel mio cuore e che qui, a Fatima, si fa trovare in maniera più palpabile. La nostra grande speranza getti radici nella vita di ognuno di voi, cari pellegrini qui presenti, e di quanti sono uniti con noi attraverso i mezzi di comunicazione sociale.

Sì! Il Signore, la nostra grande speranza, è con noi; nel suo amore misericordioso, offre un futuro al suo popolo: un futuro di comunione con sé. Avendo sperimentato la misericordia e la consolazione di Dio che non lo aveva abbandonato lungo il faticoso cammino di ritorno dall’esilio di Babilonia, il popolo di Dio esclama: «Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio» (Is 61,10). Figlia eccelsa di questo popolo è la Vergine Madre di Nazaret, la quale, rivestita di grazia e dolcemente sorpresa per la gestazione di Dio che si veniva compiendo nel suo grembo, fa ugualmente propria questa gioia e questa speranza nel cantico del Magnificat: «Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore». Nel frattempo Ella non si vede come una privilegiata in mezzo a un popolo sterile, anzi profetizza per loro le dolci gioie di una prodigiosa maternità di Dio, perché «di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono» (Lc 1, 47.50).

Ne è prova questo luogo benedetto. Tra sette anni ritornerete qui per celebrare il centenario della prima visita fatta dalla Signora «venuta dal Cielo», come Maestra che introduce i piccoli veggenti nell’intima conoscenza dell’Amore trinitario e li porta ad assaporare Dio stesso come la cosa più bella dell’esistenza umana. Un’esperienza di grazia che li ha fatti diventare innamorati di Dio in Gesù, al punto che Giacinta esclamava: «Mi piace tanto dire a Gesù che Lo amo! Quando Glielo dico molte volte, mi sembra di avere un fuoco nel petto, ma non mi brucio». E Francesco diceva: «Quel che m’è piaciuto più di tutto, fu di vedere Nostro Signore in quella luce che la Nostra Madre ci mise nel petto. Voglio tanto bene a Dio!» (Memorie di Suor Lucia, I, 42 e 126).

Fratelli, nell’udire queste innocenti e profonde confidenze mistiche dei Pastorelli, qualcuno potrebbe guardarli con un po’ d’invidia perché essi hanno visto, oppure con la delusa rassegnazione di chi non ha avuto la stessa fortuna, ma insiste nel voler vedere. A tali persone, il Papa dice come Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio?» (Mc 12,24). Le Scritture ci invitano a credere: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20, 29), ma Dio – più intimo a me di quanto lo sia io stesso (cfr S. Agostino, Confessioni, III, 6, 11) – ha il potere di arrivare fino a noi, in particolare mediante i sensi interiori, così che l’anima riceve il tocco soave di una realtà che si trova oltre il sensibile e che la rende capace di raggiungere il non sensibile, il non visibile ai sensi. A tale scopo si richiede una vigilanza interiore del cuore che, per la maggior parte del tempo, non abbiamo a causa della forte pressione delle realtà esterne e delle immagini e preoccupazioni che riempiono l’anima (cfr Commento teologico del Messaggio di Fatima, anno 2000). Sì! Dio può raggiungerci, offrendosi alla nostra visione interiore.

Di più, quella Luce nell’intimo dei Pastorelli, che proviene dal futuro di Dio, è la stessa che si è manifestata nella pienezza dei tempi ed è venuta per tutti: il Figlio di Dio fatto uomo. Che Egli abbia il potere di infiammare i cuori più freddi e tristi, lo vediamo nei discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,32). Perciò la nostra speranza ha fondamento reale, poggia su un evento che si colloca nella storia e al tempo stesso la supera: è Gesù di Nazaret. E l’entusiasmo suscitato dalla sua saggezza e dalla sua potenza salvifica nella gente di allora era tale che una donna in mezzo alla moltitudine – come abbiamo ascoltato nel Vangelo – esclama: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato». Tuttavia Gesù rispose: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11, 27.28). Ma chi ha tempo per ascoltare la sua parola e lasciarsi affascinare dal suo amore? Chi veglia, nella notte del dubbio e dell’incertezza, con il cuore desto in preghiera? Chi aspetta l’alba del nuovo giorno, tenendo accesa la fiamma della fede? La fede in Dio apre all’uomo l’orizzonte di una speranza certa che non delude; indica un solido fondamento sul quale poggiare, senza paura, la propria vita; richiede l’abbandono, pieno di fiducia, nelle mani dell’Amore che sostiene il mondo.

«Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, […] essi sono la stirpe benedetta dal Signore» (Is 61,9) con una speranza incrollabile e che fruttifica in un amore che si sacrifica per gli altri ma non sacrifica gli altri; anzi – come abbiamo ascoltato nella seconda lettura – «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,7). Di ciò sono esempio e stimolo i Pastorelli, che hanno fatto della loro vita un’offerta a Dio e una condivisione con gli altri per amore di Dio. La Madonna li ha aiutati ad aprire il cuore all’universalità dell’amore. In particolare, la beata Giacinta si mostrava instancabile nella condivisione con i poveri e nel sacrificio per la conversione dei peccatori. Soltanto con questo amore di fraternità e di condivisione riusciremo ad edificare la civiltà dell’Amore e della Pace.

Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l’umanità sin dai suoi primordi: «Dov’è Abele, tuo fratello? […] La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gen 4, 9). L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo… Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui, in Fatima, quando la Madonna domanda: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?» (Memorie di Suor Lucia, I, 162).

Con la famiglia umana pronta a sacrificare i suoi legami più santi sull’altare di gretti egoismi di nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo, è venuta dal Cielo la nostra Madre benedetta offrendosi per trapiantare nel cuore di quanti le si affidano l’Amore di Dio che arde nel suo. In quel tempo erano soltanto tre, il cui esempio di vita si è diffuso e moltiplicato in gruppi innumerevoli per l’intera superficie della terra, in particolare al passaggio della Vergine Pellegrina, i quali si sono dedicati alla causa della solidarietà fraterna. Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità.





Il Papa: la missione profetica di Fatima non è conclusa. Dio ha il potere d'infiammare i cuori più freddi e tristi


Stamani, nella terza giornata del suo viaggio apostolico in Portogallo, il Papa ha celebrato la Messa nella Solennità della Beata Vergine di Fatima sulla spianata del Santuario a lei dedicato. 500 mila i pellegrini giunti per l’occasione nella cittadina portoghese. Benedetto XVI, nella sua omelia, ha affermato che la missione profetica di Fatima non è conclusa: l’invito di Maria alla conversione e alla penitenza conserva tutta la sua urgenza. L’amore misericordioso di Gesù – ha aggiunto – è la nostra speranza. Dio ha il potere d'infiammare i cuori più freddi e tristi. Linea al nostro inviato Roberto Piermarini:


(Canto)


La splendida e toccante immagine della Vergine, su un cuscino di fiori ha attraversato la grande spianata di Fatima portata a braccio dai soldati dei tre rami delle Forze armate portoghesi, tra lo sventolio frenetico di migliaia di fazzoletti agitati dai pellegrini provenienti da tutto il Portogallo e da vari Paesi europei. La loro fede ha sfidato il freddo ed i continui scrosci di pioggia per stringersi intorno al Papa venuto come pellegrino ai piedi della Vergine. Presente al rito anche il presidente della Repubblica Cavaco Silva. All’omelia il Papa ha spiegato i motivi del suo pellegrinaggio a Fatima: per pregare con Maria per la nostra umanità afflitta da miseria e sofferenze e per affidare alla Madonna l’intima confessione che “amo” Gesù, che la Chiesa e i sacerdoti lo “amano” e desiderano tenere fissi gli occhi in Lui, mentre si conclude questo Anno Sacerdotale, e per affidare alla materna protezione di Maria i sacerdoti e tutte le persone consacrate. I pastorelli si sono innamorati di Dio in Gesù – ha affermato il Papa – grazie alle apparizioni della Vergine Maria, ma questo non vuole essere un evento esclusivo avvenuto 93 anni fa, Dio stesso può raggiungerci oggi, offrendosi alla nostra visione interiore. “La nostra speranza – ha detto il Papa – ha un fondamento reale, poggia su un evento che si colloca nella storia e al tempo stesso la supera: è Gesù di Nazareth”:

“A fé em Deus abre ao homem o horizonte de uma esperança certa...
La fede in Dio - ha detto - apre all’uomo l’orizzonte di una speranza certa che non delude; indica un solido fondamento sul quale poggiare, senza paura, la propria vita; richiede l’abbandono, pieno di fiducia, nelle mani dell’Amore che sostiene il mondo”.


Benedetto XVI è poi tornato a parlare della vita dei Pastorelli per mostrare come la vicinanza a Dio porta a una vita più fraterna, più gioiosa, più comunitaria. “La Madonna infatti li ha aiutati ad aprire il cuore all’universalità dell’amore”, come la beata Giacinta instancabile nella condivisione con i poveri e nel sacrificio per la conversione dei peccatori. “Soltanto con questo amore di fraternità e di condivisione – ha detto il Papa – riusciremo ad edificare la civiltà dell’Amore e della Pace”. Questo non è solo una pagina chiusa di storia. E’ una sfida per la generazione presente, una sfida per il mondo di oggi. La missione profetica non si è conclusa, ha detto il Papa:


“Com a família humana pronta a sacrificar os seus laços mais sagrados...
Con la famiglia umana pronta a sacrificare i suoi legami più santi sull’altare di gretti egoismi di nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo, è venuta dal Cielo la nostra Madre benedetta offrendosi per trapiantare nel cuore di quanti le si affidano l’Amore di Dio che arde nel suo. In quel tempo erano soltanto tre, il cui esempio di vita si è diffuso e moltiplicato in gruppi innumerevoli per l’intera superficie della Terra, in particolare al passaggio della Vergine Pellegrina, i quali si sono dedicati alla causa della solidarietà fraterna. Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità”.


Al termine dell’Eucarestia il Papa ha benedetto ed ha rivolto una parola di speranza per i malati. Una speranza che non rende inutile la sofferenza che se vissuta con Cristo, serve per la salvezza dei fratelli. Cristo – ha detto – più che spiegarci le ragioni della sofferenza, ha preferito chiamare ciascuno a seguirlo prendendo la propria croce:


“Vem comigo. Toma parte com o teu sofrimento nesta obra de salvação...
Vieni con me. Prendi parte, con la tua sofferenza, a quest’opera di salvezza del mondo, che si realizza mediante la mia sofferenza, per mezzo della mia Croce. Man mano che abbracci la tua croce, - ha detto il Papa - unendoti spiritualmente alla mia Croce, si svelerà ai tuoi occhi il significato salvifico della sofferenza. Troverai nella sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale”.


Infine, in più lingue, ha rivolto un saluto ai vari gruppi di pellegrini presenti a Fatima:


“Cari fratelli e sorelle, da Fatima, dove la Vergine Maria ha lasciato un segno indelebile del suo amore materno, invoco la sua protezione su di voi, sulle vostre famiglie, specialmente su quanti sono nella prova. Vi benedico di cuore!”


Un tiepido sole e un grande arcobaleno hanno fatto da sfondo alla celebrazione, simbolo dell’alleanza che la Vergine Maria, con la sua apparizione ha rinnovato a tutta l’umanità.


Ascoltiamo le testimonianze di alcuni fedeli presenti sulla spianata del Santuario di Fatima. Le ha raccolte per noi Roberto Piermarini:

D. – Con che spirito siete venuti qui a Fatima per questa Messa di Benedetto XVI?


R. – Con uno spirito pieno di gioia, pieno di allegria, condividiamo questo evento con il Santo Padre e gli stiamo vicini in questo posto, dove è venuto prima Giovanni Paolo II, e dove vogliamo ringraziare per tutti i doni e le grazie che riceviamo.


D. – Cosa rappresenta per voi la Madonna di Fatima?


R. – Per noi rappresenta la Madre, Colei che ci accompagna ogni giorno nella nostra vita e ci consola. La Madre Consolatrice nelle afflizioni, ma anche Colei che ci dà molta gioia e la sicurezza che è sempre con noi e che ci accompagna.


D. – Con noi è una giovane che è presente qui alla Messa del Papa…


R. – Io ho già fatto altri pellegrinaggi, ma per me è sempre una gioia poter seguire il Santo Padre. Questi pellegrinaggi ci donano molta pace, anche per accettare quella che è la nostra vita e la nostra storia. Torniamo, quindi, nelle nostre case, nelle nostre famiglie con allegria.


D. – Con che spirito siete venuti qui a Fatima per questa Messa con Benedetto XVI?


R. – Per arrivare ci abbiamo impiegato quasi tre giorni, perché siamo venuti con la nave da Napoli. Sicuramente lo spirito è quello di penitenza, come dice Benedetto XVI: penitenza per i cristiani e soprattutto in questo periodo abbastanza critico per la Chiesa.


D. – Qual è il messaggio per la vostra vita viene dalla Vergine di Fatima?


R. – Sicuramente una chiamata alla conversione, ad un cambiamento di vita radicale al quale ci invita sia il Santo Padre, sia anche questo luogo. E’ la prima volta che sono qui e devo dire che si vive uno spirito di preghiera forte, si tocca con mano. Io sono qui con la mia famiglia e siamo tutti contenti di essere qui ad ascoltare la voce del Santo Padre e il messaggio di Fatima.





www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2010&videoclip=1387&sett...


www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2010&videoclip=1386&sett...





Il saluto del Papa ai malati: siete redentori nel Redentore


Al termine della Messa il Papa ha rivolto un saluto ai malati. Ecco le sue parole:

Cari Fratelli e Sorelle malati,

Prima di avvicinarmi a voi qui presenti, portando nelle mani l’ostensorio con Gesù Eucaristia, vorrei rivolgervi una parola di incoraggiamento e di speranza, che estendo a tutti i malati che ci accompagnano mediante la radio e la televisione e a quanti non hanno neppure questa possibilità, ma sono uniti a noi tramite i vincoli più profondi dello spirito, ossia, nella fede e nella preghiera:

Fratello mio e Sorella mia, agli occhi di Dio hai «un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù. Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza» (Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 39). Con questa speranza nel cuore, potrai uscire dalle sabbie mobili della malattia e della morte e rimanere in piedi sulla salda roccia dell’amore divino. In altre parole: potrai superare la sensazione di inutilità della sofferenza che consuma la persona nell’’intimo di se stessa e la fa sentire un peso per gli altri, quando, in verità, la sofferenza, vissuta con Gesù, serve per la salvezza dei fratelli.

Come è possibile? Le sorgenti della potenza divina sgorgano proprio in mezzo alla debolezza umana. E’ il paradosso del Vangelo. Perciò il divino Maestro, più che dilungarsi a spiegare le ragioni della sofferenza, ha preferito chiamare ciascuno a seguirlo, dicendo: «Prendi la tua croce e seguimi» (cfr Mc 8, 34). Vieni con me. Prendi parte, con la tua sofferenza, a quest’opera di salvezza del mondo, che si realizza mediante la mia sofferenza, per mezzo della mia Croce. Man mano che abbracci la tua croce, unendoti spiritualmente alla mia Croce, si svelerà ai tuoi occhi il significato salvifico della sofferenza. Troverai nella sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale.

Cari malati, accogliete questa chiamata di Gesù che passerà accanto a voi nel Santissimo Sacramento e affidategli ogni contrarietà e pena che affrontate, affinché diventino – secondo i suoi disegni – mezzo di redenzione per il mondo intero. Voi sarete redentori nel Redentore, come siete figli nel Figlio. Presso la croce… si trova la Madre di Gesù, la nostra Madre.











La preghiera del Papa alla Madonna di Fatima: "tutti affido e consacro a te". Benedetto XVI ringrazia quanti pregano per lui


Prima tappa del Papa a Fatima è stata ieri la visita alla Cappella delle Apparizioni dove Benedetto XVI ha elevato la sua preghiera alla Madonna. Ce ne parla Sergio Centofanti.


(canto)


E’ stato un momento di grande intensità. Il Papa si è raccolto in ginocchio davanti all’immagine della Madonna, posta nel punto in cui i tre pastorelli videro la Vergine.


“Aqui estou como um filho...
Eccomi come un figlio che viene a visitare sua Madre – ha detto nella sua preghiera - e lo fa in compagnia di una moltitudine di fratelli e sorelle” per “presentare al tuo Cuore Immacolato le gioie e le speranze … i problemi e le sofferenze” dei tuoi figli: “tutti affido e consacro a te”.



Benedetto XVI ricorda quando Giovanni Paolo II venne a Fatima per ringraziare “quella mano invisibile” che lo liberò dalla morte nell’attentato del 13 maggio 1981, offrendo alla Madonna un proiettile che lo aveva gravemente ferito e che fu posto nella corona della statua di Maria.


“É profundamente consolador...
È di profonda consolazione – ha affermato il Pontefice - sapere che tu sei coronata non soltanto con l’argento e l’oro delle nostre gioie e speranze, ma anche con il «proiettile» delle nostre preoccupazioni e sofferenze”. Benedetto XVI ringrazia per “le preghiere e i sacrifici che i Pastorelli di Fatima facevano per il Papa” condotti dai sentimenti ispirati da Maria e ringrazia “anche tutti coloro che, ogni giorno, pregano per il Successore di Pietro e per le sue intenzioni affinché il Papa sia forte nella fede, audace nella speranza e zelante nell’amore”.


Infine ha offerto alla Madonna una Rosa d’Oro “come omaggio di gratitudine del Papa per le meraviglie che l’Onnipotente” ha compiuto per mezzo di Maria nei cuori dei tanti pellegrini che vengono a Fatima.


(canto)






La fedeltà nel tempo è il nome dell'amore: così il Papa ai Vespri. I sacerdoti affidati al Cuore Immacolato di Maria


Con coraggio e fiducia, siate fedeli alla vostra vocazione: è l’esortazione di Benedetto XVI ai fedeli, in particolare ai consacrati, rivolta ieri sera alla celebrazione dei Vespri nella Chiesa della Santissima Trinità di Fatima, definita “ideale cenacolo di fede”. Nell’incontro dedicato al clero nell’Anno Sacerdotale, il Papa ha anche pronunciato un “Atto di affidamento e consacrazione dei sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Canti

“Ognuno di noi – ha affermato Benedetto XVI - è chiamato ad essere, con Maria e come Maria, un segno umile e semplice della Chiesa”. Il Papa ha quindi ricordato che “la principale preoccupazione di ogni cristiano, specialmente della persona consacrata e del ministro dell’Altare, dev’essere la fedeltà, la lealtà alla propria vocazione, come discepolo che vuole seguire il Signore”:

“A fidelidade no tempo é o nome do amor…”
“La fedeltà nel tempo è il nome dell’amore”, ha detto il Papa, “di un amore coerente, vero e profondo a Cristo Sacerdote”. Quindi, nell’Anno Sacerdotale che volge al termine, ha invitato i presbiteri a vivere con gioia la consacrazione, testimoniando la “fedeltà sacerdotale, fondata sulla fedeltà di Cristo”:
“Isto supõe, evidentemente, uma verdadeira intimidade com Cristo…”
“Ciò – ha osservato nell’omelia – suppone evidentemente una vera intimità con Cristo nella preghiera, poiché sarà l’esperienza forte ed intensa dell’amore del Signore che dovrà portare i sacerdoti e i consacrati a corrispondere in un modo esclusivo e sponsale al suo amore”. Questa vita di “speciale consacrazione”, ha aggiunto, “è nata come memoria evangelica per il popolo di Dio, memoria che manifesta, certifica e annuncia all’intera Chiesa la radicalità evangelica e la venuta del Regno”. Ha così messo l’accento sulla preghiera, l’ascesi, la vita spirituale e l’azione apostolica dei consacrati:
“Como é grande, hoje, a necessidade deste testemunho...”
“Quanto grande è oggi il bisogno di questa testimonianza”, ha detto il Papa, specie nel momento in cui molti “vivono come se non ci fosse un Aldilà, senza preoccuparsi della propria salvezza eterna”. La Chiesa ha “la missione di aiutare” gli uomini ad “aderire alla conoscenza e all’amore di Dio”. Certo, ha proseguito, “Dio è padrone dei suoi doni e la conversione degli uomini è grazia”. Ma i consacrati, ha avvertito, “sono chiamati ad aderire alla conoscenza e all’amore di Dio, e la Chiesa ha la missione di aiutarli in questa vocazione”. Il Pontefice ha quindi rivolto il pensiero alla profonda solidarietà tra tutti i membri del Corpo di Cristo. Come ci insegna Giovanni Maria Vianney, ha ricordato, non è possibile amare Cristo senza amare i propri fratelli. Parole corredate da una viva esortazione ai sacerdoti:
“A fidelidade à própria vocação exige coragem…”
“La fedeltà alla propria vocazione – ha detto – esige coraggio e fiducia, ma il Signore vuole anche che sappiate unire le vostre forze”, essendo “solleciti gli uni verso gli altri” e sostenendosi fraternamente. E li ha invitati a riservare “particolare attenzione alle situazioni di un certo indebolimento degli ideali sacerdotali oppure al fatto di dedicarsi ad attività che non si accordano integralmente con ciò che proprio di un ministro di Gesù Cristo”. Infine, li ha incoraggiati ad una preghiera “fiduciosa e perseverante” per le nuove vocazioni sacerdotali tra i fedeli.

Canti

A conclusione dei Vespri, il Papa ha pronunciato un “Atto di affidamento e consacrazione dei sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria”. Possa la Chiesa, è stata la sua invocazione, “essere rinnovata da santi sacerdoti, trasfigurati dalla grazia di Colui che fa nuove tutte le cose”:

“Ajudai-nos, com a vossa poderosa intercessão…”
“Aiutaci con la tua potente intercessione – ha detto il Papa alla Vergine – a non venir meno a questa sublime vocazione, a non cedere ai nostri egoismi, alle lusinghe del mondo ed alle suggestioni del Maligno”. Benedetto XVI ha chiesto a Maria di avvolgere i fedeli col suo amore materno, non stancandosi di “visitarci, consolarci e sostenerci”:

“Com este acto de entrega…”
“Con questo atto di affidamento e di consacrazione – ha detto il Santo Padre – vogliamo accoglierti in modo più profondo e radicale, per sempre e totalmente nella nostra esistenza umana e sacerdotale”. “La tua presenza – ha concluso – faccia rifiorire il deserto delle nostre solitudini e brillare il sole sulle nostre oscurità, faccia tornare la calma dopo la tempesta, affinché ogni uomo veda la salvezza del Signore”.

Dopo i Vespri, il nostro inviato Roberto Piermarini ha raccolto alcune testimonianze dei presenti, a cominciare dal rettore del seminario Redemptoris Mater di Colonia che si sofferma su un passaggio dell’omelia del Papa:

R. – Quando ci ha chiamati a diventare degli uomini liberi, in grado di amare, in grado di donarsi, preti liberi per essere casti, umili, obbedienti. Anche come rettore sono rimasto molto colpito, quando ha detto che siamo stati liberati per mezzo di Cristo da noi stessi. E credo che questo sia il punto fondamentale nella formazione dei seminaristi: far loro presente che la vocazione è una chiamata alla libertà in Cristo e che è Cristo che ci dona questa libertà attraverso il suo Spirito Santo.

D. – Adesso la parola ad un seminarista...

R. – Mi ha colpito tantissimo vedere l’amore con cui il Papa ha parlato con noi. Mi ha colpito anche l'invito a vivere questa chiamata di Cristo come libertà, sapere che Lui mi chiama con amore. E vivere il Sacramento dell’Eucaristia come punto centrale della mia vita; sperimentare veramente ogni giorno Cristo nella mia vita, attraverso questo Sacramento; sperimentare questo amore, che è un amore non soltanto per me, ma un amore che mi chiama a portare questo messaggio di Cristo, morto e risorto, a tutto il mondo.

D. – Chiediamo un commento anche all’omelia di Benedetto XVI qui a Fatima ad una religiosa...

R. – E' stato qualcosa di molto profondo, un invito forte a meditare e pregare davanti al Santissimo.

D. – Un sacerdote portoghese...

R. – Per me è stato un invito alla fedeltà, a servire Dio e la Chiesa con tutta la nostra forza, rinnovando ogni giorno la nostra volontà di amare e servire il popolo di Dio.

D. – Chiediamo ad un padre gesuita spagnolo un commento sull’omelia di Benedetto XVI...

R. – La cosa che mi ha colpito è quando ha detto che noi dobbiamo avere al primo posto la fedeltà, la fedeltà della nostra consacrazione, nel tempo e anche nell’amore a Cristo Gesù. Questa è stata la cosa più preziosa che ho potuto cogliere della sua omelia.







Il "mare di luce" dei pellegrini che recita il Rosario con il Papa alla Veglia di Fatima: alimentate la fiamma della fede che rischia di spegnersi


La seconda giornata della visita in Portogallo si era conclusa, ieri sera, con la suggestiva fiumana di luce che ha visto decine di migliaia di persone intonare il Rosario assieme al Papa, pregando con le fiaccole accese davanti alla Cappellina delle Apparizioni del Santuario di Fatima. Alessandro De Carolis lo racconta in questo servizio:

(canto)


Il “roveto ardente” per una notte si accende a Fatima. E’ questa l’impressione che Benedetto XVI ricava nell’osservare quel “mare di luce”, come lo chiama, che si estende a perdita d’occhio. Oltre 200 mila ceri e fiaccole si danno appuntamento alla Cappella delle Apparizioni del Santuario portoghese per ascoltare il Papa e pregare con lui il Rosario. Anche la “via di ritorno dalla terra al cielo” della Madonna, ricorda nel suo discorso alla folla Benedetto XVI, apparve ai pastorelli “come una striscia di luce”. E l’immagine delle fiaccole nella notte di Fatima ispira al Papa un pensiero, che è poi la riconferma di un messaggio già più volte espresso in questi primi giorni del viaggio apostolico:

“No nosso tempo em que a fé…
Nel nostro tempo, in cui la fede in ampie regioni della terra, rischia di spegnersi come una fiamma che non viene più alimentata, la priorità al di sopra di tutte è rendere Dio presente in questo mondo ed aprire agli uomini l’accesso a Dio (…) Non abbiate paura di parlare di Dio e di manifestare senza vergogna i segni della fede, facendo risplendere agli occhi dei vostri contemporanei la luce di Cristo”.

Il parallelo tra Fatima e il roveto di Mosè indica, afferma il Papa, che oltre ogni diritto umano di possedere un territorio sul quale vivere – e Mosè dopo l’incontro con Dio libererà gli ebrei dall’Egitto – è “il diritto alla libertà di adorazione”, di culto, quello che deve essere difeso e custodito. “Uno spazio aperto a Dio” come quello che 93 anni fa tre piccoli pastori aprirono su un pezzo di terra, dopo aver aperto il cuore alla Vergine:


“Neste lugar è impressionante observar…
In questo luogo stupisce osservare come tre bambini si sono arresi alla forza interiore che li ha invasi nelle apparizioni dell’Angelo e della Madre del Cielo. Qui, dove tante volte ci è stato chiesto di recitare il Rosario, lasciamoci attrarre dai misteri di Cristo, i misteri del Rosario di Maria (...) Contempliamo l’intima partecipazione di Maria a questo mistero e la nostra vita in Cristo oggi, che pure si presenta tessuta di momenti di gioia e di dolore, di ombre e di luce, di trepidazione e di speranza”.

(preghiera Rosario)


Mentre Benedetto XVI si congeda dalla folla dopo la recita del Rosario, il cardinale Tarcisio Bertone presiede la Messa che viene celebrata subito dopo, a proseguire la Veglia che prepara la grande festa del 13 maggio. La riflessione del segretario di Stato è in sintonia con le parole del Papa sui tre veggenti. Sono loro, “i piccoli del Regno”, l’esempio da seguire, dice. Farci umili e piccoli “piccoli il più possibile”, prosegue, ci rende capaci di essere cristiani autentici, che comunicano l’amore di Cristo:

“Às vezes lamentamo-nos da presença…
A volte ci lamentiamo a causa della presenza marginale del cristianesimo nella società attuale, della difficoltà nel trasmettere la fede ai giovani, della diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose… e si potrebbero elencare altri motivi di preoccupazione; infatti non di rado ci sentiamo dei perdenti al cospetto del mondo. L’avventura della speranza però ci porta più lontano. Ci dice che il mondo è di chi più lo ama e meglio glielo dimostra”.

(canto)




L'omelia del cardinale Bertone a Fatima: solo i piccoli e gli umili entrano nel regno dei cieli


Ieri sera, al termine del Rosario, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha celebrato la Messa della Veglia della Solennità della Vergine di Fatima. Il porporato nell’omelia, ricordando i piccoli veggenti di Fatima, ha sottolineato le parole di Gesù: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Per entrare nel regno – ha affermato - dobbiamo farci umili, sempre di più umili e piccoli, piccoli il più possibile: questo è il segreto della vita mistica. Un serio avvio della vita spirituale ha inizio quando una persona fa un autentico atto di umiltà, lasciando la difficile posizione di chi si ritiene sempre il centro dell’universo per abbandonarsi nelle braccia del mistero di Dio, con un’anima da bambino. Nelle braccia del mistero di Dio! … Egli, che è Dio di infinita grandezza, si è fatto così piccolo e umile davanti a noi che soltanto gli occhi della fede e dei semplici Lo possono riconoscere (cfr Mt 11,25). Così ha messo in discussione l’istinto naturale di protagonismo che regna in noi: «Diventare come Dio» (cfr Gen 3,5). Ebbene! Dio è apparso sulla terra come bambino. Adesso sappiamo come è Dio: è un bambino. Bisognava vedere per credere! Egli è venuto incontro al nostro prepotente bisogno di emergere, ma ne ha invertito la direzione proponendoci di metterlo al servizio dell’amore; emergere sì, ma come il più pacifico, indulgente, generoso e servizievole di tutti: il servo e l’ultimo di tutti”. Il cardinale Bertone, parlando dell’amore, ha fatto poi questa considerazione: “A volte ci lamentiamo a causa della presenza marginale del cristianesimo nella società attuale, della difficoltà nel trasmettere la fede ai giovani, della diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose… e si potrebbero elencare altri motivi di preoccupazione; infatti non di rado ci sentiamo dei perdenti al cospetto del mondo. L’avventura della speranza però ci porta più lontano. Ci dice che il mondo è di chi più lo ama e meglio glielo dimostra. Nel cuore di ogni persona c’è una sete infinita d’amore; e noi, con l’amore che Dio riversa nei nostri cuori (cfr Rm 5,5), possiamo soddisfarla. Naturalmente, il nostro amore deve esprimersi «non a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità», sovvenendo gioiosamente e sollecitamente con i nostri beni alle necessità degli indigenti (cfr 1Gv 3,16-18)”. Quindi ha invitato a leggere la Visita del Papa in Portogallo alla luce del suo motto: «Papa Benedetto XVI, con te camminiamo nella Speranza!» “Queste – ha detto - sono parole che hanno il sapore sia di una confessione collettiva di fede e adesione alla Chiesa con il suo fondamento visibile in Pietro, sia di un personale apprendistato di fiducia e di lealtà nei confronti della guida paterna e saggia di colui che il Cielo ha scelto per indicare alla umanità di questo tempo la via sicura che ivi porta”. Infine ha elevato la sua preghiera a Maria perché ci insegni a donare il Cielo alla terra: “O Vergine Maria, insegnaci a credere, adorare, sperare e amare con te! Indicaci la via verso il regno di Gesù, la via dell’infanzia spirituale. Tu, Stella della Speranza che trepidante ci attendi nella Luce senza tramonto della Patria celeste, brilla su di noi e guidaci nelle vicende di ogni giorno, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen”.





Padre De Fiores: da Fatima l'appello permanente all'urgenza della conversione


Sul messaggio che ancora oggi viene da Fatima, Federico Piana ha sentito il padre monfortano Stefano de Fiores:

R. – Fatima – come diceva lo storico Rumi – non è un fuoco d’artificio, ma è qualcosa di veramente serio che ci dà la comprensione del XX secolo e non solo: Papa Ratzinger ha fatto capire che il messaggio di Fatima non si conclude con il secolo passato, ma si proietta anche verso l’avvenire, perché ha prospettive che sicuramente riguardano il futuro.


D. – Attualmente, cosa rappresenta Fatima?


R. – Fatima è una tromba che appella alla responsabilità! Non solamente alla fede in Dio, ma alla nostra identificazione con il Cuore Immacolato di Maria, cioè con questa figura luminosa che è tutta per la vita e che vuole disintegrare le forze di morte. Quindi, noi dobbiamo prendere una nostra decisione, una nostra posizione perché Fatima interpella proprio l’uomo.


D. – Il Papa dice: “Nella Chiesa c’è il peccato come c’è sempre stato”, e naturalmente chiede penitenza, che è poi anche quello che ha detto la Vergine a Fatima …


R. – La concezione che Benedetto XVI ha della Chiesa è proprio quella di una Chiesa che soffre e che quindi percorre la via del Calvario, sempre!, perché o perseguitata dall’esterno, oppure perseguitata all’interno, attraverso i peccati della Chiesa stessa e dei figli della Chiesa, per cui riguarda la concezione della Chiesa che attraverso la Croce deve pervenire alla gloria.


D. – Padre Stefano, ma la penitenza noi cristiani la stiamo facendo oppure no?


R. – Eh … purtroppo, non possiamo vantarci perché pensiamo sempre meno a quello che la Vergine Maria richiede da noi da parte di Dio, perché già nel passato e anche nella seconda parte del segreto di Fatima, si dice: se non ascolteranno, ci sarà la guerra. E la guerra c’è stata! Quindi, vuol dire che non c’è stata la risposta che Maria aspettava e la stessa cosa dobbiamo ripetere ora; è bene, proprio attraverso questi mezzi di comunicazione, far risuonare questa urgenza, perché se la Madonna ci chiede la penitenza, ci chiede la conversione vuol dire che il futuro della Chiesa esige tutto questo, per non trovarci impreparati di fronte alla lotta contro il male che sta sempre più affilando, purtroppo, le proprie armi e quindi è necessario un salto di qualità nella santità della Chiesa che viene a noi, appunto, dalla figura luminosa della Vergine Maria, il primo frutto della redenzione di Cristo.


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