Google+
 
Pagina precedente | 1 2 3 4 5 | Pagina successiva

Viaggio apostolico in Portogallo

Ultimo Aggiornamento: 17/06/2010 15:39
Autore
Stampa | Notifica email    
12/05/2010 16:39
OFFLINE
Post: 15.485
Post: 3.786
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Master
INCONTRO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CON I GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO IL PORTOGALLO (11 MAGGIO 2010)

Ieri mattina, nel corso del viaggio aereo verso il Portogallo, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i giornalisti del Volo Papale. Pubblichiamo di seguito la trascrizione dell’intervista concessa dal Papa agli operatori dei media:


TESTO DELL’INTERVISTA

Padre Lombardi: Santità, quali preoccupazioni e sentimenti porta con sé sulla situazione della Chiesa in Portogallo? Che cosa si può dire al Portogallo, in passato profondamente cattolico e portatore della fede nel mondo, ma oggi in via di profonda secolarizzazione, sia nella vita quotidiana, sia a livello giuridico e culturale? Come annunciare la fede in un contesto indifferente e ostile alla Chiesa?

Papa: Innanzitutto buona giornata a voi tutti e ci auguriamo buon viaggio, nonostante la famosa nuvola sotto la quale siamo. Quanto al Portogallo, provo soprattutto sentimenti di gioia, di gratitudine per quanto ha fatto e fa questo Paese nel mondo e nella storia e per la profonda umanità di questo popolo, che ho potuto conoscere in una visita e con tanti amici portoghesi. Direi che è vero, verissimo che il Portogallo è stato una grande forza della fede cattolica, ha portato questa fede in tutte le parti del mondo; una fede coraggiosa, intelligente e creativa; ha saputo creare grande cultura, lo vediamo in Brasile, nello stesso Portogallo, ma anche la presenza dello spirito portoghese in Africa, in Asia. E d’altra parte la presenza del secolarismo non è una cosa del tutto nuova. La dialettica tra secolarismo e fede in Portogallo ha una lunga storia. Già nel ’700 c’è una forte presenza dell’Illuminismo, basti pensare al nome Pombal. Così vediamo che in questi secoli il Portogallo ha vissuto sempre nella dialettica, che naturalmente oggi si è radicalizzata e si mostra con tutti i segni dello spirito europeo di oggi. E questa mi sembra una sfida e anche una grande possibilità. In questi secoli di dialettica tra illuminismo, secolarismo e fede, non mancavano mai persone che volevano creare dei ponti e creare un dialogo, ma purtroppo la tendenza dominante fu quella della contrarietà e dell’esclusione l’uno dell’altro. Oggi vediamo che proprio questa dialettica è una chance, che dobbiamo trovare la sintesi e un foriero e profondo dialogo. Nella situazione multiculturale nella quale siamo tutti, si vede che una cultura europea che fosse solo razionalista non avrebbe la dimensione religiosa trascendente, non sarebbe in grado di entrare in dialogo con le grandi culture dell’umanità, che hanno tutte questa dimensione religiosa trascendente, che è una dimensione dell’essere umano. E quindi pensare che ci sarebbe una ragione pura, anti-storica, solo esistente in se stessa e che sarebbe questa "la" ragione, è un errore; scopriamo sempre più che tocca solo una parte dell’uomo, esprime una certa situazione storica, non è la ragione come tale. La ragione come tale è aperta alla trascendenza e solo nell’incontro tra la realtà trascendente e la fede e la ragione l’uomo trova se stesso. Quindi penso che proprio il compito e la missione dell’Europa in questa situazione è trovare questo dialogo, integrare fede e razionalità moderna in un'unica visione antropologica, che completa l’essere umano e rende così anche comunicabili le culture umane. Perciò direi che la presenza del secolarismo è una cosa normale, ma la separazione, la contrarietà tra secolarismo e cultura della fede è anomala e deve essere superata. La grande sfida di questo momento è che i due si incontrino e così trovino la loro vera identità. Questa, come ho detto, è una missione dell’Europa e la necessità umana in questa nostra storia.

Padre Lombardi: Grazie, Santità, e continuiamo allora sul tema dell’Europa. La crisi economica si è recentemente aggravata in Europa e coinvolge in particolare anche il Portogallo. Alcuni leaders europei pensano che il futuro dell’Unione Europea sia a rischio. Quali lezioni imparare da questa crisi, anche sul piano etico e morale? Quali le chiavi per consolidare l’unità e la cooperazione dei Paesi europei in futuro?

Papa: Direi che proprio questa crisi economica, con la sua componente morale, che nessuno può non vedere, sia un caso di applicazione, di concretizzazione di quanto avevo detto prima, cioè che due correnti culturali separate devono incontrarsi, altrimenti non troviamo la strada verso il futuro. Anche qui vediamo un dualismo falso, cioè un positivismo economico che pensa di potersi realizzare senza la componente etica, un mercato che è sarebbe regolato solo da se stesso, dalle pure forze economiche, dalla razionalità positivista e pragmatista dell’economia - l’etica sarebbe qualcosa d’altro, estranea a questo. In realtà, vediamo adesso che un puro pragmatismo economico, che prescinde dalla realtà dell’uomo - che è un essere etico -, non finisce positivamente, ma crea problemi irresolubili. Perciò, adesso è il momento di vedere che l’etica non è una cosa esterna, ma interna alla razionalità e al pragmatismo economico. D’altra parte, dobbiamo anche confessare che la fede cattolica, cristiana, spesso era troppo individualistica, lasciava le cose concrete, economiche al mondo e pensava solo alla salvezza individuale, agli atti religiosi, senza vedere che questi implicano una responsabilità globale, una responsabilità per il mondo. Quindi, anche qui dobbiamo entrare in un dialogo concreto. Ho cercato nella mia enciclica "Caritas in veritate" - e tutta la tradizione della Dottrina sociale della Chiesa va in questo senso - di allargare l’aspetto etico e della fede al di sopra dell’individuo, alla responsabilità verso il mondo, ad una razionalità "performata" dall’etica. D’altra parte, gli ultimi avvenimenti sul mercato, in questi ultimi due, tre anni, hanno mostrato che la dimensione etica è interna e deve entrare nell’interno dell’agire economico, perché l’uomo è uno, e si tratta dell’uomo, di un’antropologia sana, che implica tutto, e solo così si risolve il problema, solo così l’Europa svolge e realizza la sua missione.

Padre Lombardi: Grazie, e ora veniamo a Fatima, dove sarà un po’ il culmine anche spirituale di questo viaggio. Santità, quale significato hanno oggi per noi le Apparizioni di Fatima? E quando Lei presentò il testo del terzo segreto nella Sala Stampa Vaticana, nel giugno 2000, c’erano diversi di noi e altri colleghi di allora, Le fu chiesto se il messaggio poteva essere esteso, al di là dell’attentato a Giovanni Paolo II, anche alle altre sofferenze dei Papi. E’ possibile, secondo Lei, inquadrare anche in quella visione le sofferenze della Chiesa di oggi, per i peccati degli abusi sessuali sui minori?

Papa: Innanzitutto vorrei esprimere la mia gioia di andare a Fatima, di pregare davanti alla Madonna di Fatima, che per noi è un segno della presenza della fede, che proprio dai piccoli nasce una nuova forza della fede, che non si riduce ai piccoli, ma che ha un messaggio per tutto il mondo e tocca la storia proprio nel suo presente e illumina questa storia. Nel 2000, nella presentazione, avevo detto che un’apparizione, cioè un impulso soprannaturale, che non viene solo dall’immaginazione della persona, ma in realtà dalla Vergine Maria, dal soprannaturale, che un tale impulso entra in un soggetto e si esprime nelle possibilità del soggetto. Il soggetto è determinato dalle sue condizioni storiche, personali, temperamentali, e quindi traduce il grande impulso soprannaturale nelle sue possibilità di vedere, di immaginare, di esprimere, ma in queste espressioni, formate dal soggetto, si nasconde un contenuto che va oltre, più profondo, e solo nel corso della storia possiamo vedere tutta la profondità, che era - diciamo – "vestita" in questa visione possibile alle persone concrete. Così direi, anche qui, oltre questa grande visione della sofferenza del Papa, che possiamo in prima istanza riferire a Papa Giovanni Paolo II, sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano. Perciò è vero che oltre il momento indicato nella visione, si parla, si vede la necessità di una passione della Chiesa, che naturalmente si riflette nella persona del Papa, ma il Papa sta per la Chiesa e quindi sono sofferenze della Chiesa che si annunciano. Il Signore ci ha detto che la Chiesa sarebbe stata sempre sofferente, in modi diversi, fino alla fine del mondo. L’importante è che il messaggio, la risposta di Fatima, sostanzialmente non va a devozioni particolari, ma proprio alla risposta fondamentale, cioè conversione permanente, penitenza, preghiera, e le tre virtù teologali: fede, speranza e carità. Così vediamo qui la vera e fondamentale risposta che la Chiesa deve dare, che noi, ogni singolo, dobbiamo dare in questa situazione. Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia. Con una parola, dobbiamo ri-imparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza e le virtù teologali. Così rispondiamo, siamo realisti nell’attenderci che sempre il male attacca, attacca dall’interno e dall’esterno, ma che sempre anche le forze del bene sono presenti e che, alla fine, il Signore è più forte del male, e la Madonna per noi è la garanzia visibile, materna della bontà di Dio, che è sempre l’ultima parola nella storia.

Padre Lombardi: Grazie, Santità, della chiarezza, della profondità delle sue risposte e di questa parola di speranza conclusiva che ci ha dato. Noi le auguriamo veramente di poter svolgere serenamente questo viaggio così impegnativo e di poterlo vivere anche con tutta la gioia e la profondità spirituale che l’incontro con il mistero di Fatima ci ispira. Buon viaggio a Lei e noi cercheremo di fare bene il nostro servizio e di diffondere obiettivamente quello che Lei farà.












VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN PORTOGALLO NEL 10° ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE DI GIACINTA E FRANCESCO, PASTORELLI DI FÁTIMA (11 - 14 MAGGIO 2010) (VI)



INCONTRO CON IL MONDO DELLA CULTURA NEL CENTRO CULTURALE DI BELÉM A LISBOA




Questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato nella Nunziatura Apostolica di Lisboa, il Santo Padre Benedetto XVI si trasferisce in auto al Centro Culturale di Belém dove alle ore 10.00 ha luogo l’incontro con il mondo della Cultura.

Introdotto dagli indirizzi di saluto di S.E. Mons. Manuel Clemente, Vescovo di Porto e Presidente della Commissione episcopale per la Cultura, e del regista Manoel de Oliveira, dopo una breve esecuzione musicale il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:





Venerati Fratelli nell’Episcopato,

Distinte Autorità,

Illustri Cultori del Pensiero, della Scienza e dell’Arte,

Cari amici,

Sento una grande gioia nel vedere qui radunato l’insieme multiforme della cultura portoghese, che voi così degnamente rappresentate: Donne e uomini impegnati nella ricerca e costruzione dei diversi saperi. A tutti rivolgo l’espressione della mia più alta amicizia e considerazione, riconoscendo l’importanza di ciò che voi fate e di ciò che siete. Il Governo, qui rappresentato dalla Signora Ministro della Cultura, alla quale rivolgo il mio deferente e grato saluto, pensa, con benemerito sostegno, alle priorità nazionali del mondo della cultura. Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questo nostro incontro, in particolare la Commissione Episcopale della Cultura con il suo Presidente, Mons. Manuel Clemente, a cui sono grato per le espressioni di cordiale accoglienza e la presentazione della polifonica realtà della cultura portoghese, qui rappresentata da alcuni dei suoi migliori protagonisti; dei loro sentimenti e delle loro attese si è fatto portavoce il cineasta Manoel de Oliveira, di veneranda età e carriera, al quale va il mio saluto pieno di ammirazione e affetto nonché di viva riconoscenza per le parole che mi ha rivolto, lasciando intravedere in esse le ansie e le disposizioni dell’anima portoghese in mezzo alle turbolenze della società di oggi.

Infatti, oggi la cultura riflette una «tensione», che alle volte prende forme di «conflitto», fra il presente e la tradizione. La dinamica della società assolutizza il presente, staccandolo dal patrimonio culturale del passato e senza l’intenzione di delineare un futuro. Tale valorizzazione però del «presente» quale fonte ispiratrice del senso della vita, sia individuale che sociale, si scontra con la forte tradizione culturale del Popolo portoghese, profondamente segnata dal millenario influsso del cristianesimo e con un senso di responsabilità globale; essa si è affermata nell’avventura delle scoperte e nello zelo missionario, condividendo il dono della fede con altri popoli. L’ideale cristiano dell’universalità e della fraternità aveva ispirato quest’avventura comune, anche se gli influssi dell’illuminismo e del laicismo si erano fatti sentire. Detta tradizione ha dato origine a ciò che possiamo chiamare una «sapienza», cioè, un senso della vita e della storia di cui facevano parte un universo etico e un «ideale» da adempiere da parte del Portogallo, il quale ha sempre cercato di stabilire rapporti con il resto del mondo.

La Chiesa appare come la grande paladina di una sana ed alta tradizione, il cui ricco contributo colloca al servizio della società; questa continua a rispettarne e apprezzarne il servizio per il bene comune, ma si allontana dalla citata «sapienza» che fa parte del suo patrimonio. Questo «conflitto» fra la tradizione e il presente si esprime nella crisi della verità, ma unicamente questa può orientare e tracciare il sentiero di una esistenza riuscita, sia come individuo che come popolo. Infatti un popolo, che smette di sapere quale sia la propria verità, finisce perduto nei labirinti del tempo e della storia, privo di valori chiaramente definiti e senza grandi scopi chiaramente enunciati. Cari amici, c’è tutto uno sforzo di apprendimento da fare circa la forma in cui la Chiesa si situa nel mondo, aiutando la società a capire che l’annuncio della verità è un servizio che Essa offre alla società, aprendo nuovi orizzonti di futuro, di grandezza e dignità. In effetti, la Chiesa ha «una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione. […] La fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà (cfr Gv 8,32) e della possibilità di un sviluppo umano integrale. Per questo la Chiesa la ricerca, l’annunzia instancabilmente e la riconosce ovunque essa si palesi. Questa missione di verità è per la Chiesa irrinunciabile» (Enc. Caritas in veritate, 9). Per una società formata in maggioranza da cattolici e la cui cultura è stata profondamente segnata dal cristianesimo, si rivela drammatico il tentativo di trovare la verità al di fuori di Gesù Cristo. Per noi, cristiani, la Verità è divina; è il «Logos» eterno, che ha acquisito espressione umana in Gesù Cristo, il qual ha potuto affermare con oggettività: «Io sono la verità» (Gv 14,6). La convivenza della Chiesa, nella sua ferma adesione al carattere perenne della verità, con il rispetto per altre «verità», o con la verità degli altri, è un apprendistato che la Chiesa stessa sta facendo. In questo rispetto dialogante si possono aprire nuove porte alla trasmissione della verità.

«La Chiesa – scriveva il Papa Paolo VI – deve venire a dialogo con il mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa dialogo» (Enc. Ecclesiam suam, 67). Infatti, il dialogo senza ambiguità e rispettoso delle parti in esso coinvolte è oggi una priorità nel mondo, alla quale la Chiesa non intende sottrarsi. Ne dà testimonianza proprio la presenza della Santa Sede in diversi organismi internazionali, come, per esempio, nel Centro Nordsud del Consiglio dell’Europa, istituito 20 anni fa qui a Lisbona, che ha come pietra angolare il dialogo interculturale allo scopo di promuovere la cooperazione fra l’Europa, il sud del Mediterraneo e l’Africa e di costruire una cittadinanza mondiale fondata sui diritti umani e le responsabilità dei cittadini, indipendentemente dalla loro origine etnica e appartenenza politica, e rispettosa delle credenze religiose. Costatata la diversità culturale, bisogna far sì che le persone non solo accettino l’esistenza della cultura dell’altro, ma aspirino anche a venire arricchite da essa e ad offrirle ciò che si possiede di bene, di vero e di bello.

Questa è un’ora che richiede il meglio delle nostre forze, audacia profetica, rinnovata capacità per «additare nuovi mondi al mondo», come direbbe il vostro Poeta nazionale (Luigi di Camões, Os Lusíades, II, 45). Voi, operatori della cultura in ogni sua forma, creatori di pensiero e di opinione, «avete, grazie al vostro talento, la possibilità di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva, di suscitare sogni e speranze, di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano. […] E non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di dialogare con i credenti, con chi come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso la Bellezza infinita» (Discorso agli artisti, 21 novembre 2009).

Proprio con lo scopo di «mettere il mondo moderno in contatto con le energie vivificanti e perenni del Vangelo» (Giovanni XXIII, Cost. ap. Humanae salutis, 3), si è realizzato il Concilio Vaticano II, nel quale la Chiesa, partendo da una rinnovata consapevolezza della tradizione cattolica, prende sul serio e discerne, trasfigura e supera le critiche che sono alla base delle forze che hanno caratterizzato la modernità, ossia la Riforma e l’Illuminismo. Così da sé stessa la Chiesa accoglieva e ricreava il meglio delle istanze della modernità, da un lato superandole e, dall’altro evitando i suoi errori e vicoli senza uscita. L’evento conciliare ha messo i presupposti per un autentico rinnovamento cattolico e per una nuova civiltà – la «civiltà dell’amore» - come servizio evangelico all’uomo e alla società.

Cari amici, la Chiesa ritiene come sua missione prioritaria, nella cultura attuale, tenere sveglia la ricerca della verità e, conseguentemente, di Dio; portare le persone a guardare oltre le cose penultime e mettersi alla ricerca delle ultime. Vi invito ad approfondire la conoscenza di Dio così come Egli si è rivelato in Gesù Cristo per la nostra piena realizzazione. Fate cose belle, ma soprattutto fate diventare le vostre vite luoghi di bellezza. Interceda per voi Santa Maria di Betlemme, da secoli venerata dai navigatori dell’oceano e oggi dai navigatori del Bene, della Verità e della Bellezza.




INCONTRO CON IL PRIMO MINISTRO, ALLA NUNZIATURA APOSTOLICA DI LISBOA

Rientrato alla Nunziatura Apostolica di Lisboa, alle ore 12 il Santo Padre Benedetto XVI incontra il Primo Ministro, S.E. Sig. José Sócrates Carvalho Pinto de Sousa, accompagnato dal Ministro degli Esteri, dal Ministro della Repubblica e dall’Ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede. Quindi pranza con i Membri del Seguito papale.




Il Papa al mondo della cultura: missione della Chiesa è tenere sveglia la ricerca della verità, in un dialogo rispettoso ma senza ambiguità


La seconda giornata del viaggio apostolico del Papa in Portogallo si è aperta con l'incontro con il mondo della cultura nel Centro Culturale di Belém a Lisbona. Un grande e caloroso applauso ha accolto l'ingresso del Papa. Presenti oltre mille esponenti delle scienze e delle arti del Paese. All’incontro hanno partecipato anche il Corpo diplomatico accreditato presso il Portogallo e i rappresentanti di cinque comunità religiose: ebraica, indù, evangelica, musulmana e ismaelita. Intenso il discorso di saluto rivolto al Papa dal grande regista portoghese Manoel de Oliveira. Benedetto XVI, nel suo intervento, ha sottolineato che la Chiesa ritiene come sua missione prioritaria tenere sveglia la ricerca della verità nella cultura attuale, promuovendo nello stesso tempo un dialogo rispettoso ma senza ambiguità. Il servizio del nostro inviato Roberto Piermarini:

(musica)


Spesso la società di oggi guarda solo il presente, dimenticando la forte tradizione culturale del popolo portoghese segnata dal millennio del cristianesimo. Una tradizione che il Papa ha definito una “sapienza”, che dà un senso alla vita e alla storia che ha formato un universo etico che il Portogallo ha sempre cercato di stabilire con il resto del mondo. Questo “conflitto” tra la tradizione e il presente si esprime nella crisi della verità, ha osservato il Papa:


"De facto, um povo, que deixa de saber qual é a sua verdade, fica perdido ...
Infatti un popolo che smette di sapere quale sia la propria verità, finisce perduto nei labirinti del tempo e della storia, privo di valori chiaramente definiti e senza grandi scopi chiaramente enunciati”.

La Chiesa allora si colloca nel mondo aiutando la società a capire che l’annuncio della verità è un servizio che essa offre alla società stessa, aprendo nuovi orizzonti di futuro, di grandezza e dignità. Per la Chiesa è "irrinunciabile" questa missione alla verità:


"Para uma sociedade composta na sua maioria por católicos e cuja cultura ...
Per una società formata in maggioranza da cattolici e la cui cultura è stata profondamente segnata dal cristianesimo, si rivela drammatico il tentativo di trovare la verità al di fuori di Gesù Cristo. Per noi cristiani, la Verità è divina; è il «Logos» eterno, che ha acquisito espressione umana in Gesù Cristo”.

La Chiesa, nella sua ferma adesione al carattere perenne della verità, deve fare un apprendistato con le altre verità o con le "verità" degli altri, in un dialogo che può aprire nuove porte alla trasmissione della verità. “Il dialogo senza ambiguità e rispettoso delle parti in esso coinvolte – ha detto il Papa – è oggi una priorità nel mondo, alla quale la Chiesa non intende sottrarsi”. Ne è una testimonianza la presenza della Santa Sede in diversi organismi internazionali come, per esempio, nel Centro Nordsud del Consiglio d’Europa istituito 20 anni fa proprio a Lisbona che promuove il dialogo interculturale fra l’Europa, il Sud del Mediterraneo e l’Africa. Constatata la diversità culturale, bisogna far sì che le persone non solo accettino l’esistenza della cultura dell’altro, ma aspirino anche a venire arricchite da essa e ad offrirle ciò che si possiede di bene, di vero e di bello. Infine Benedetto XVI si è rivolto direttamente ai rappresentanti della società civile portoghese e li ha invitati ad ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano guardando al dialogo con i credenti, con la Chiesa del dopo-Concilio:


"Vós, obreiros da cultura (...) não tenhais medo de vos confrontar com a fonte ...
Voi, operatori della cultura, non abbiate paura – ha detto riprendendo il suo discorso agli artisti del novembre scorso – di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di dialogare con i credenti, con chi come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso la Bellezza infinita”.

Con il Concilio Vaticano II, la Chiesa, partendo da una rinnovata consapevolezza della tradizione cattolica, prende sul serio e discerne, trasfigura e supera le critiche che sono alla base delle forze che hanno caratterizzato la modernità, ossia la Riforma e l’Illuminismo. L’evento conciliare ha messo i presupposti per un autentico rinnovamento cattolico e per una nuova civiltà – la «civiltà dell’amore» - come servizio evangelico all’uomo e alla società:


"A Igreja sente como sua missão prioritária, na cultura actual, manter desperta ...
La Chiesa – ha concluso il Papa - ritiene come sua missione prioritaria, nella cultura attuale, tenere sveglia la ricerca della verità e conseguentemente di Dio, ed ha invitato ad approfondire la conoscenza di Dio così come Egli si è rivelato in Gesù Cristo per la nostra piena realizzazione”.

Nel suo breve indirizzo di saluto al Papa, il regista Manoel de Oliveira, 102 anni, considerato il più grande cineasta portoghese vivente ed uno dei più significativi della storia del cinema europeo, ha detto che Religione ed Arte sono intimamente diretti all’uomo e all’universo e che il cristianesimo è stato prodigo di espressioni artistiche. “Le radici della nazione portoghese e di tutta l’Europa – ha osservato de Oliveira – lo vogliano o no, sono cristiane”.


(musica)







Cordiale incontro del Papa col premier portoghese Socrates


Il Papa, dopo l'incontro col mondo della cultura, ha avuto un colloquio in nunziatura col premier portoghese José Socrates. Si è trattato un incontro di cortesia, durato mezz'ora; il dialogo è stato cordiale. Da parte vaticana, con il Papa, erano presenti il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il sostituto della Segreteria di Stato mons. Fernando Filoni ed il nunzio apostolico in Portogallo mons. Rino Passigato. Hanno accompagnato il premier Socrates il ministro degli Esteri Luis Amado, il ministro della Repubblica e l'ambasciatore presso la Santa Sede Rochas de Paris. Tra gli argomenti al centro dei colloqui, il grande contributo della Chiesa in campo sociale ed educativo nella vita portoghese, i buoni rapporti Stato-Chiesa, il dialogo con la Conferenza episcopale portoghese. E’ stata inoltre ricordata l'importanza della religione cattolica anche come elemento unificatore nei Paesi di lingua portoghese nel mondo.





Il festoso incontro con i giovani. Il Papa: continuo a contare su di voi e sulle vostre preghiere


La prima giornata del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Portogallo si è conclusa ieri sera con il festoso incontro con i giovani, raccolti davanti alla nunziatura apostolica di Lisbona, dove il Papa ha alloggiato per la notte, in attesa del suo saluto. Ce ne parla Sergio Centofanti.

(canto)


C’è tanta gioia e affetto tra i giovani riuniti alla nunziatura per aspettare il saluto del Papa. Cantano, pregano, meditano sul Vangelo: è il passo di Luca in cui Gesù chiama i primi discepoli presso il Lago di Genèsaret, invitando Pietro a prendere il largo e calare le reti per la pesca. Pietro è dubbioso: ormai è giorno, e loro hanno faticato tutta la notte senza prendere nulla. Ma sulla parola del Signore getta le reti. E presero una quantità enorme di pesci. Dopo la lettura del Vangelo, i giovani riprendono a cantare e il Papa si affaccia per salutarli:


“Queridos amigos…”
“Cari amici – dice il Papa - ho apprezzato la viva e numerosa partecipazione dei giovani all’Eucaristia” in questa prima giornata in Portogallo. Avete dato prova della vostra fede e della vostra volontà “di costruire il futuro sul Vangelo di Gesù Cristo”.


“Obrigado pelo testemunho jubiloso que prestais a Cristo…”
"Grazie per la gioiosa testimonianza che offrite a Cristo, l’eternamente giovane, e per la premura manifestata al suo povero Vicario in terra con questo incontro serale. Siete venuti ad augurarmi la buona notte e di cuore vi ringrazio – ha proseguito il Papa in tono più scherzoso - ma adesso dovete lasciarmi andare a dormire, altrimenti la notte non sarebbe buona, e ci aspetta il giorno di domani”. Tra l’entusiasmo dei ragazzi Benedetto XVI esprime la sua “grande gioia” nel potersi unire alla moltitudine dei pellegrini di Fatima in occasione del decimo anniversario della Beatificazione di Francesco e di Giacinta. “Essi – sottolinea - con l’aiuto della Madonna, hanno imparato a vedere la luce di Dio nell’intimo dei loro cuori e ad adorarla nella loro vita. Che la Vergine Maria vi ottenga la stessa grazia e vi protegga!”. E conclude:


“Continuo a contar convosco e com as vossas orações…”
“Continuo a contare su di voi e sulle vostre preghiere, affinché questa Visita in Portogallo sia ricolma di frutti….Buona notte! A domani. Grazie tante”.


(applausi-canto)







Il Papa ai giornalisti sull'aereo: la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici esterni ma dai peccati al suo interno


Il rapporto tra secolarizzazione e fede, la crisi economica e i suoi influssi sull’Europa, il senso dell’imminente pellegrinaggio a Fatima, con una riflessione sulle ferite più recenti patite dalla Chiesa, come quella degli abusi sessuali, che trovano eco nel messaggio stesso di Fatima. Sono i temi affrontati questa mattina da Benedetto XVI nell’incontro con i giornalisti a bordo del volo papale diretto a Lisbona. Riferendosi in particolare alla questione degli abusi commessi dal clero, Benedetto XVI ha affermato che “le più grandi persecuzioni” contro la Chiesa oggi vengono non da fuori ma “dai peccati” al suo interno. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Le parole di Benedetto XVI echeggiano chiare e incisive all’interno dell’Airbus 320 dell’Alitalia, gremito dai giornalisti come sempre ansiosi di ascoltare le prime considerazioni del Papa all’inizio di un viaggio apostolico. La terza domanda dei cronisti tocca uno dei punti nevralgici: è possibile cogliere nel Messaggio di Fatima, chiedono, oltre a ciò che riguardò Giovanni Paolo II e l’attentato subito, anche il senso delle sofferenze che vive la Chiesa contemporanea, scossa dalle vicende degli abusi sessuali sui minori? La replica di Benedetto XVI è netta. Ciò che di nuovo si può scoprire oggi nel Messaggio di Fatima è che in esso, dice, si vede la “passione” che vive la Chiesa che “si riflette sulla persona del Papa”:

“Non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione alla Chiesa non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa, e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di reimparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia”.

Detto questo, ribadisce il Papa, dobbiamo ricordare che “il Signore è più forte del male e la Madonna per noi è la garanzia visibile, materna della bontà di Dio, che è sempre l’ultima parola nella storia”. In precedenza, il Pontefice aveva risposto a una domanda sulla realtà di secolarizzazione del Portogallo, Paese un tempo profondamente cattolico. Benedetto XVI ha riconosciuto anzitutto la presenza lungo i secoli di una “fede coraggiosa, intelligente e creativa”, testimoniata dalla nazione lusitana anche in molte parti del mondo, come in Brasile. Pur notando come “la dialettica tra fede e secolarismo in Portogallo” conti “una lunga storia”, tuttavia non sono mancate persone, ha detto, intenzionate a “creare dei ponti”, a “creare un dialogo” tra le due posizioni. Un compito che non è mai tramontato ed è tuttora attuale:

“Penso che proprio il compito, la missione dell’Europa in questa situazione è trovare questo dialogo, integrare fede e razionalità moderna in un'unica visione antropologica che completa l’essere umano e rende così anche comunicabile le culture umane. La presenza del secolarismo è una cosa normale, ma la separazione, la contrapposizione tra secolarismo e cultura della fede è anomala e deve essere superata. La grande sfida di questo momento è che i due si incontrino, così che trovino la loro vera identità. E’ una missione dell’Europa e una necessità umana in questa nostra storia".

Benedetto XVI ha pure risposto a una domanda sulla crisi economica che metterebbe a rischio, per alcuni, la stabilità stessa dell’Europa comunitaria. Prendendo spunto dalla Dottrina sociale della Chiesa, che invita il positivismo economico a entrare in dialogo con una visione etica dell’economia, il Papa ha anche confessato che la fede cattolica ha “spesso” lasciato, in passato, le questioni economiche al mondo pensando solo “alla salvezza individuale”. Ed ha concluso:

“Tutta la tradizione della Dottrina sociale della Chiesa va nel senso di allargare l’aspetto etico e della fede, oltre l'individuo, alla responsabilità del mondo, a una razionalità 'performata' dall’etica. E d’altra parte, gli ultimi avvenimenti sul mercato in questi ultimi due-tre anni hanno dimostrato che la dimensione etica è interna e deve entrare nell’interno dell’agire economico (...) Solo così, l’Europa realizza la sua missione”.








www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2010&videoclip=1385&sett...

www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2010&videoclip=1384&sett...







Il Papa a Fatima: intervista con padre Dotti


Nel pomeriggio il Papa arriva a Fatima per la seconda tappa del suo viaggio in Portogallo: alle 18.30 ore italiane, visita la Cappellina delle Apparizioni; quindi presiede i Vespri con i religiosi nella Chiesa della Santissima Trinità. Chiuderà la giornata la benedizione delle fiaccole e la recita del Rosario. Tanti i fedeli che saranno presenti a questi eventi. Fatima è uno dei Santuari mariani più amati e visitati nel mondo. Ma cosa portano i pellegrini in questo luogo? Il nostro inviato Roberto Piermarini lo ha chiesto a padre Clemente Dotti, responsabile dei pellegrinaggi italiani a Fatima:

R. – Ognuno porta con sé la propria vita, le proprie esigenze, le proprie necessità e presenta alla Madonna varie richieste. Potremmo dire che la maggioranza, vengono per fede; vengono a chiedere la conversione dei figli, che si sono magari lasciati trasportare dalla droga o da altre situazioni e hanno abbandonato la fede. Molte mamme in questa realtà piangono qui davanti alla Madonna e chiedono la grazia della conversione. Sono pochi quelli che vengono – e questo lo si vede - senza fede o solo per curiosità o perché di passaggio. Ma questi sono certamente pochi!


D. - Colpisce la fede dei tanti pellegrini che giungono a piedi da ogni angolo del Portogallo, percorrendo - anche scalzi - decine di chilometri per giungere davanti alla Vergine. Come vede questa tradizione?


R. – Sicuramente questo colpisce. Io mi ricordo di una signora che è partita con un gruppo a 400 chilometri di distanza da Fatima e che a metà del percorso si è sentita male e il medico le ha proibito di continuare e l'ha fatta andare in ospedale. Quando poi è arrivata a Fatima, è venuta a chiedere come poteva risolvere il problema, perché aveva fatto il percorso a metà e se l’anno prossimo avrebbe potuto compiere l’altra metà. Quindi 400 chilometri a piedi, proprio come espressione di fede, per chiedere una grazia o magari per ringraziare. Un precedente rettore, mons. Luciano Guerra, ci diceva di un signore che dopo aver fatto chilometri a piedi, percorse l’ultimo tratto sdraiato, strisciando a terra. Mons. Guerra andò da lui e disse: “Non faccia questo, la Madonna non vuole, non ha certo queste esigenze…”. Ma lui rispose: “Lei non sa quello che ho passato durante la guerra in Africa, dove - da una parte - c’erano animali feroci che ti mangiavano e - dall’altra - c’erano i nemici che ti ammazzavano; strisciando nella foresta sono riuscito a scappare vivo e quindi questo è niente in confronto a quello che ho vissuto in quei tempi”. La fede di molta gente si manifesta anche attraverso questa realtà – diciamo – esteriore di un pellegrinaggio.


D. - Cosa risponde a chi parla di eccessiva religiosità popolare a Fatima, che spesso non è accompagnata da una coerente vita di fede?


R. – Certamente il Signore conosce il cuore di ogni persona e sa quello che c’è di bene e di male in ciascuno di noi. La religiosità – diciamo così – esteriore, popolare porta alla fede più sincera e se si tralascia la religiosità popolare, penso che anche la fede sincera e il vivere cristianamente nella realtà quotidiana ne soffrano molto.


D. - In questo Anno Sacerdotale che si sta concludendo, cosa si aspettano i sacerdoti dal Papa che lo incontreranno proprio qui a Fatima?


R. – Veramente il Papa parla molto chiaro e forse proprio per la sua chiarezza, per la sua decisione nel parlare delle verità della fede e di una realtà – potremmo dire - così dimenticata dal mondo di oggi e anche dai religiosi di oggi, in questo vedo il perché sia così perseguitato. Per cui penso che il clero aspetti la parola certa del padre che accompagna, che assicura, che dà forza e coraggio per continuare nella loro fedeltà. Inviterà a pregare e ad essere ancora più fedeli di fronte ad un numero molto ridotto di alcuni che non sono capaci di vivere la loro realtà di offerta; una esortazione a pregare soprattutto perché la generosità di altri supplisca a quelle mancanze, alle quali purtroppo come creature umane siamo soggetti. (Montaggio a cura di Maria Brigini)






Benedetto XVI a Fatima con il sogno di Giovanni Paolo II nel cuore
di Renzo Allegri


ROMA, mercoledì, 12 maggio 2010 (ZENIT.org).- Quando i Papi si muovono, è la Chiesa che si muove. In questo mese di maggio, Benedetto XVI è stato a Torino a per l'ostensione della Sindone e ora è a Fatima.

"Pregherò per la Chiesa, per i sacerdoti e per la pace", ha detto prima di mettersi in viaggio. Il primo Pontefice ad andare pellegrino in quel Santuario fu Paolo VI, e vi si recò nel 1967, cinquantesimo anniversario delle apparizioni. Poi Giovanni Paolo II vi si recò nel 1982, l'anno dopo l'attentato subito in Piazza San Pietro. Papa Wojtyla era convinto di essere stato miracolato dalla Madonna di Fatima. L'attentato si era avuto il 13 maggio del 1981, giorno anniversario della prima apparizione della Madonna nella cittadina portoghese. I colpi sparati dall'attentatore erano mortali, ma la pallottola, che aveva colpito il Papa all'addome, aveva tenuto all'interno del suo corpo un percorso a zig zag, assolutamente inspiegabile.

"Era come", disse il professor Francesco Crucitti, che aveva operato il Pontefice "se avesse voluto evitare gli organi vitali. Per questo il Papa si è salvato". E Giovanni Paolo II a Fatima, ringraziando la Vergine dello scampato pericolo, affermò: "Una mano ha sparato e un'altra mano ha guidato il proiettile".

Giovanni Paolo II tornò a Fatima nel 1991, nel decimo anniversario dell'attento, ancora per ringraziare la Vergine. E vi ritornò per la terza volta nel 2000 per celebrare la beatificazione di Francesco e Giacinta, i due veggenti morti qualche anno dopo le apparizioni. E in quell'occasione, volle rendere pubblico il contenuto della terza parte del Segreto, dove si parla appunto dell'attentato al Papa, nel quale egli si era riconosciuto.

Quest'anno, a Fatima, si ricordano i dieci anni dalla beatificazione di Francesco e Giacinta e i cento anni dalla nascita di Giacinta. Ma per quanto importanti, queste ricorrenze non sono tali da giustificare un viaggio papale.

Come lo stesso Benedetto XVI ha detto, l'obiettivo del suo viaggio a Fatima riguarda "la Chiesa, i sacerdoti e la pace nel mondo". Tre grandi temi che sono di estrema attualità, con notizie anche drammatiche ogni giorno sui giornali.

E sono i temi fondamentali del Messaggio di Fatima. Nel corso della Terza apparizione, quella del 13 luglio 1917, la Madonna, dopo aver mostrato ai bambini la "terribile visione" dell'inferno, parlò ad essi proprio di queste tematiche, attraverso indicazioni profetiche che si sono poi realizzate alla lettera come forse in poche altre occasioni della storia era accaduto. Le sue parole sulla prima guerra mondiale che stava per finire; su una seconda guerra più terribile che sarebbe scoppiata; sul suolo della Russia con la diffusione per il mondo dell'ideologia comunista portatrice di guerre, morti, fame, distruzione di intere nazioni; sulle sofferenze della Chiesa con il martirio di molti suoi rappresentanti, vescovi, sacerdoti, laici, e con l'attentato al Papa, erano una cronaca precisa di quello che sarebbe poi accaduto. E, oggi, 93 anni dopo quelle apparizioni, siamo testimoni che le indicazioni profetiche si sono realizzate.

Al termine delle sue confidenze ai tre veggenti, la Vergine disse: "Alla fine il mio cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre mi consacrerà la Russia, che si convertirà e sarà concesso al mondo un periodo di pace". La consacrazione della Russia, chiesta dalla Madonna, ebbe un tragitto travagliato, anche all'interno della Chiesa stessa, e solo nel 1984 Giovanni Paolo II riuscì a realizzarla in qualche modo. Però, gli effetti si manifestarono immediatamente con la caduta dell'impero comunista sovietico e il ritorno della libertà religiosa in Russia e negli altri Paesi ex comunisti. Restano insolute le ultime due indicazioni date dalla Vergine: il "trionfo" del suo Cuore Immacolato e la pace nel mondo.

Sembrano traguardi ancora lontani, ma è in questa direzione che si muove la Chiesa. E' questo il vero scopo del pellegrinaggio di Benedetto XVI. Un pellegrinaggio che si riallaccia alle indicazioni di Giovanni Paolo II, e che Papa Ratzinger ha programmato da tempo, come dimostrano le attenzioni verso Fatima da lui espresse in varie occasioni.

Nel maggio 2006, un anno dopo la elezione di Benedetto XVI, ricorreva il 25° anniversario dell'attentato a Giovanni Paolo II. Il cardinale Ruini organizzò a Roma una grande manifestazione, facendo venire da Fatima la statuetta originale che si venera nella cappella delle Apparizioni. E il Papa inviò un messaggio al cardinale Ruini, in cui tra l'altro disse: "Mi unisco con gioia a quanti si ritrovano oggi in Piazza S. Pietro vicino all'immagine di Nostra Signora di Fatima, per affidare all'intercessione di Maria le grandi intenzioni della Chiesa e del mondo".


Un mese dopo, a monsignor Josef Clemens, segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, in procinto di partire per Fatima, come presidente di un grande pellegrinaggio internazionale, Papa Ratzinger disse: "Quando sarà a Fatima, saluti in mio nome tutti i pellegrini di tutti i Paesi. Chieda loro una preghiera per il Papa, perché il Papa possa realizzare la sua missione di condurre la Chiesa. Chieda loro che rimangano con il Papa".

L'anno successivo, 2007, ricorrevano i 90 anni delle apparizioni a Fatima. Il 13 maggio, Benedetto si trovava in Brasile, in occasione della V Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. Celebrò la Messa sulla Spianata del Santuario dell'Aparecida, che si trova nel Nord dello Stato di San Paulo ed è il centro spirituale del Brasile. Alla preghiera dell'Angelus, volle ricordare le apparizioni di Fatima: "Ricorre oggi il novantesimo anniversario delle Apparizioni di Nostra Signora di Fatima. Con il suo forte appello alla conversione ed alla penitenza essa è, senza dubbio, la più profetica delle apparizioni moderne. Chiediamo alla Madre della Chiesa, a Colei che conosce le sofferenze e le speranze dell'umanità, di proteggere i nostri focolari e le nostre comunità".

Il 14 ottobre di quello stesso anno, 2007, a Fatima erano in corso le celebrazioni per il novantesimo anniversario delle apparizioni. In collegamento da Roma per la preghiera dell'Angelus, il Papa disse: "Questa mia Benedizione per quanti recitano con me la preghiera dell'Angelus - qui presenti o uniti attraverso i mezzi di comunicazione - di buon grado la estendo ai pellegrini riuniti nel Santuario di Fatima, in Portogallo. Lì, da novant'anni, continuano a risuonare gli appelli della Vergine Madre, che chiama i suoi figli a vivere la propria consacrazione battesimale in ogni momento dell'esistenza".

Due mesi dopo, il 10 novembre 2007, ricevendo i vescovi portoghesi in visita "ad limina", disse: "Mi piace pensare a Fatima come ad una scuola di fede che ha la Vergine Maria come Maestra; là Ella ha eretto la sua cattedra per insegnare ai piccoli Veggenti, e in seguito alle moltitudini, le verità eterne e l'arte di pregare, credere e amare".

E poi, nel 2008, l'annuncio del viaggio che avrebbe fatto a Fatima nel 2010.

Viene spontaneo pensare ai viaggi a Fatima di Papa Wojtyla, con quei suoi discorsi infuocati e accorati. Nel 1982, discorsi pieni di preoccupazione e di dolore, che facevano intendere come la Chiesa e il mondo stavano attraversando un momento drammatico. "Dalla guerra nucleare, da una autodistruzione incalcolabile, da ogni genere di guerra, liberaci", aveva gridato rivolto alla Vergine. Nel 1991, invece, discorsi aperti alla speranza e all'ottimismo. "Una nuova aurora sembra sorgere nel cielo della storia. Da Fatima sembra diffondersi una luce consolatrice, colma si speranza", aveva detto Papa Wojtyla al milione di pellegrini radunati nella spianata davanti al santuario. Nel 2000, poi, la rivelazione della terza parte del famoso Segreto, quasi a offrire la chiave d'interpretazione delle preoccupazioni espresse ne 1982 e della speranza del 1991.

Joseph Ratzinger fu la persona più vicina a Papa Wojtyla in quegli anni. Era il suo confidente, il suo consigliere, l'amico personale, e visse quei momenti in stretta unione con lui. Ed essendo poi diventato il successore di Giovanni Paolo II, sa che deve portare a termine i progetti che Papa Wojtyla aveva fatto alla luce degli eventi vissuti in prima persona.

Come abbiamo visto, tutte le indicazioni profetiche espresse dalla Vergine nel 1917, si sono realizzate. Mancano le due ultime: il trionfo del Cuore Immacolato di Maria e la pace nel mondo.

Purtroppo, con la libertà religiosa nei Paesi ex comunisti, sono ri­sorti anche gli antichi problemi della "divisione" dei credenti. Divisione tra cattolici, ortodossi, protestanti, cioè divisione tra i se­guaci dello stesso Dio, dello stesso Salvatore Gesù, tra i credenti nella stessa Fede.

La Chiesa dei credenti costituisce il "Corpo Mistico di Cristo". Ma quando i credenti sono divisi, il "Corpo Mistico di Cristo" è lacerato, ferito, martoriato. Non può trionfare il cuore di una madre quando i suoi figli sono divisi all'interno della famiglia. La strada, quindi, per arrivare alla conclusione indicata dalla Madonna a Fatima nel 1917 è l'unità dei cri­stiani. Papa Wojtyla continuò a sperare fino all'ultimo. Sognava di riuscire ad andare a Mosca per suggellare, con un fraterno abbraccio ad Alessio II, Patriarca della Chiesa ortodossa russa, la riunificazione delle due Chiese. Per cercare di realizzare quel suo grande sogno, intraprese viaggi nelle nazioni dell'Est europeo, liberate dai regimi comunisti. Fu in Albania, in Croazia, in Bosnia, in Li­tuania, nella Lettonia, in Estonia, nella Repubblica Ceca, nella Slovenia, in Ungheria, in Bulgaria, nell'Azerbaijan, nella Slovacchia, in Ucraina. In ognuna di quelle nazioni cercava l'incontro con gli ortodossi, l'abbraccio con gli ortodossi per lanciare messaggi al Patriarca di Mosca. Ma non è riuscito nel suo scopo. E' morto senza poter fare quel viaggio.


Il progetto, e il compito di realizzarlo, è passato al successore. Benedetto XVI, che aveva condiviso in pieno le speranze e le attese di Giovanni Paolo II, ha proseguito il cammino verso quel sogno. Con una diplomazia diversa, ma assai efficace. E ora quel sogno potrebbe diventare realtà. L'abbraccio con gli ortodossi non sembra più molto lontano. E si è anche aperta una corsia preferenziale verso i luterani. A settembre, infatti, Benedetto XVI sarà a Londra, prima visita di stato ufficiale di un Pontefice in Gran Bretagna. Incontrerà le massime autorità della Chiesa anglicana: la Regina Elisabetta, governatore supremo della Chiesa Anglicana, e l'arcivescovo di Canterbury, che è il capo della Chiesa Anglicana. Obiettivi grandi, e proprio per questo avversati tremendamente dalle Forze del Male. La campagna di odio contro la Chiesa, e contro Papa Ratzinger, scatenata nel mondo negli ultimi mesi, è un segno emblematico. Un tentativo estremo per far fallire i progetti di unione che sono ormai vicini. Progetti che porterebbero a compimento anche l'ultima parte del Messaggio della Madonna di Fatima.

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 3 4 5 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 07:18. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com