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Enciclica "Caritas in veritate"

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2010 00:26
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09/07/2009 16:30
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L’umanesimo cristiano al servizio dello sviluppo integrale della persona: il commento del prof. Bruni sull’Enciclica “Caritas in veritate”


A due giorni dalla pubblicazione, l’Enciclica “Caritas in veritate” di Benedetto XVI è sempre in primo piano sui media internazionali che sottolineano come questo documento pontificio possa anche fungere da “guida” per il G8 dell’Aquila. Per una riflessione sui passaggi più significativi dell’Enciclica, Fabio Colagrande ha intervistato il prof. Luigino Bruni, docente di economia politica all’Università di Milano Bicocca e professore all'Istituto universitario "Sophia" del Movimento dei Focolari a Loppiano:

R. – E’ molto importante questa Enciclica, perché è una pietra miliare di questo momento di riflessione sul mercato, sulla vita in comune, sul senso della finanza nell’impresa. Mai come in questo momento il mercato è sottoposto, da una parte, a esaltazioni di chi lo vede come l’unica forma di rapporto davvero libero e civile, e dall’altra chi lo vede come luogo di contaminazione delle virtù civili e di corruzione della morale. In realtà, la linea del Papa è una linea coerente con tutto il grande umanesimo cristiano, con le tradizioni dell’economia civile, che vede il mercato come un luogo della vita in comune non sempre buono e non sempre negativo ma, come tutti gli ambiti della vita in comune, assume i tratti delle persone che lo abitano. Quindi, a me sembra un grande messaggio di speranza, un grande messaggio che non può che essere accolto con grande simpatia, con grande positività da tutti coloro che come me ed altri operano nei mercati, nella politica, nella finanza.


D. - Qual è uno degli aspetti che l’ha colpita della “Caritas in veritate”?


R. – In particolare, quello che mi ha colpito molto è questa esigenza, questo richiamo forte all’unità della vita. In fondo, noi ci portiamo dietro dal mondo greco alcuni grandi dicotomie - corpo e anima, vita spirituale e vita materiale - e una delle ultime dicotomie che restano ben forti e ben salde nella modernità: proprio quella tra il dono e il mercato, tra gratuità ed economia. Come se le cose belle e alte della vita non potessero passare per la sfera economica, anzi se ci passano ne escono contaminate. In realtà, l’inizio dell’Enciclica è fondamentale, cioè che l’amore, la carità, l’agape è la fonte al tempo stesso della vita spirituale e dell’impegno politico ed economico. Le prime righe dell’Enciclica cominciano esattamente così: “E’ la carità che ispira l’impegno per lo sviluppo, l’impegno per l’economia, l’impegno per la politica”. Questo è straordinario perché si riunifica una dimensione della vita che è quella economica con l’altra che è quella civile, spirituale, o umanistica in senso ampio. Cioè, il Papa ci dice: si può essere pienamente umani, pienamente cristiani impegnandosi per la famiglia, impegnandosi per la comunità, impegnandosi per la vita più spirituale ma si può vivere perfettamente la stessa carità, lo stesso amore, impegnandosi in politica e impegnandosi in economia. A me questo sembra un messaggio di straordinaria speranza e di grandissima attualità, proprio oggi che il mercato tende ad invadere tutte le sfere della vita noi possiamo difenderci sicuramente come fanno tanti che hanno paura del mercato e lo tengono ben distante. Oppure, possiamo "contaminarlo" con la carità, lo possiamo cambiare, lo possiamo sfidare dal di dentro, facendolo diventare un luogo pienamente umano perché irrorato da quello che il Papa definisce il “principio di gratuità”, il “principio di reciprocità” che può essere vissuto anche nelle imprese anche nel mercato.






I commenti alla "Caritas in veritate" dei cardinali Renato Raffaele Martino e Paul Joseph Cordes


Come prevedibile, vasta eco nel mondo hanno suscitato le affermazioni di Benedetto XVI contenute nell’Encilica Caritas in veritate. Luca Collodi ha chiesto un commento a uno dei relatori che ieri hanno presentato il documento ai giornalisti, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.



R. - E’ questa l’intenzione del Papa: quella di rivolgersi a tutte le persone, a tutti gli uomini di buona volontà e anche a tutte le religioni ed ai loro rappresentanti, perche la religione deve essere ormai parte della vita pubblica e deve trovare un posto nella sfera pubblica, perché ha la sua parola da dire. E ciò è importante nel momento in cui il relativismo ed il laicismo vogliono escludere ogni espressione religiosa dalla vita pubblica.



D. - L’Enciclica invita l'uomo a ripensare se stesso nel rapporto costante tra fede e ragione...



R. - Assolutamente. E questo è proprio importante. La ragione ha sempre bisogno di essere purificata dalla fede. E questo vale anche per la ragione politica, che non deve credersi onnipotente. Ma, allo stesso momento, la religione ha bisogno di essere purificata dalla ragione per mostrare il suo autentico volto umano e per rimanere a contatto con le realtà terrene.



D. - Il mercato non è però il "male"...



R. - La Dottrina sociale della Chiesa da sempre riconosce la legittimità del profitto, del mercato, altrimenti non ci sarebbe incentivo a mettere sul mercato nessuna cosa. Però, non deve essere lasciato in balia di se stesso per il maggiore profitto, ma deve essere controllato innanzitutto dallo Stato. Ma ci sono molte altre maniere di esercitare un controllo, ad esempio attraverso le associazioni dei consumatori, importanti in quest'ottica. Inoltre, il mercato deve anche interessare chi produce, quindi i lavoratori: anche loro hanno la loro parte di interesse e, quindi, il profitto non deve andare sempre unicamente all’imprenditore, all’impresa, ma deve tener conto di tutti quelli che partecipano alla produzione di un bene.



D. - Per questo l’Enciclica chiede anche una riflessione sul modo di fare sindacato?



R. - Sì. Ha ripetuto e ripete l’incoraggiamento che la Chiesa, con la Dottrina sociale, ha sempre dato ai sindacati. Naturalmente, in questa era di globalizzazione i sindacati devono fare uno sforzo di modernizzazione, perché con la globalizzazione il mercato del lavoro si estende a tutto il mondo. Devono fare lo sforzo di mettersi alla pari della globalizzazione. E’ importante, ma troveranno sempre l’appoggio della Chiesa e della Dottrina sociale per questo.



D. - Si chiedono riforme e meno burocrazie anche agli organismi internazionali, soprattutto per vincere le povertà…



R. - C’e una critica molto severa, perche talvolta l’aiuto allo sviluppo è un aiuto agli sviluppatori. Cioè, di un qualsiasi programma, non solo dell’Onu ma anche di tante altre Organizzazioni, gli addetti alla sua realizzazione percepiscono lauti stipendi e spesso i riceventi nei Paesi in via di sviluppo sono quasi una scusa per mantenere in piedi un programma che aiuta, piuttosto, le tasche dei promotori. Ma quello che tengo soprattutto a dire e che l’Enciclica ha parole di apprezzamento per le Nazioni Unite e per le sue agenzie, sottolineando - e questa è la richiesta di anni, dal tempo in cui io rappresentavo la Santa Sede all’Onu - la necessità di una riforma.



D. - Anche il rispetto della vita è alla base dello sviluppo umano?



R. - Certo. L’Enciclica richiama i due documenti, l’Evangelium Vitae e l’Humanae Vitae. In più di un passaggio, si fa riferimento al rispetto della vita perché è la condizione necessaria per poter godere di tutti gli altri diritti, così pure come l’altro riferimento è quello alla libertà di religione. Ora questo è importante, e c’è pure una condanna chiara all’aborto, all’eutanasia, alle modificazioni embrionali. L’Enciclica ci dà un quadro generale su tutte queste cose, delle direttive, dei consigli su tutto quanto è dibattuto oggi in questo mondo globalizzato.

Sulla terza enciclica di Benedetto XVI, la prima di carattere sociale, si è soffermato anche l’altro relatore in conferenza stampa, il cardinale Paul Joseph Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum. Al microfono di Hélène Destombes, della nostra redazione francese, il porporato ha evocato la particolarità della Caritas in veritate rispetto alle precedenti Encicliche sociali, in particolare la Rerum Novarum di Leone XIII e la Populorum Progressio di Paolo VI:



R. - Pour moi, le neuf dans cette encyclique est dans le fait que elle s’occupe …

A mio avviso, la novità di questa Enciclica sta nel fatto che essa si concentra maggiormente sugli attori che devono operare il bene, piuttosto che sulle cose che debbono essere cambiate. All’inizio, c’è soprattutto la miseria nella società e contro questa miseria la dottrina sociale della Chiesa ha reagito ed ha suggerito dei cambiamenti o piuttosto una giustizia maggiore. Oggi vediamo che è necessario cambiare le cose, ma è necessario cambiarle attraverso le persone che hanno la responsabilità e il potere per operare questi cambiamenti. Questo, a mio avviso, è l’elemento nuovo nella dottrina sociale. E’ vero anche che è intervenuta la crisi economica: negli ultimi 40 anni, dopo la pubblicazione della Populorum Progressio, il mondo è cambiato molto in diversi ambiti. La tutela della vita, l’ecologia, l’universalità del mercato, la globalizzazione sono ambiti nuovi sui quali l’enciclica si pronuncia. Secondo me, l’elemento essenziale è la visione degli “attori”, delle persone che devono cambiare, che possono cambiare, e quindi l’appello rivolto a questi “attori”.



D. – Possiamo dire che non si tratta solo di una critica alle strutture economiche attuali, ma che in realtà il Papa si rivolge all’uomo, perché è il cuore dell’uomo che egli vuole raggiungere?



R. – Bien sur! Je pense que la critique est assez dure et assez claire. …

Certamente. Ma la critica è molto dura e anche molto chiara. Il Santo Padre suggerisce che le persone - come ad esempio in questo momento i partecipanti al G8 - debbano impegnarsi per cambiare le strutture, perché noi tutti dipendiamo anche dalle strutture. Fu Giovanni Paolo II ad introdurre il concetto di “peccato della struttura” e all’inizio la sorpresa fu grande. E’ necessario avere non soltanto buona volontà, ma anche premere sui responsabili affinché essi riflettano e cambino le strutture.




Radio Vaticana

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