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Viaggi pastorali in Italia

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2012 20:47
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30/04/2009 18:11
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LE ANALISI

L’umanità nascosta del papa teologo

di Michele Partipilo

È un papa completamente diverso quello visto ieri nell’Abruzzo del terremoto.
Non più teologo severo, al centro di polemiche e distinguo dottrinali, ma pastore, meglio «padre» - come lo hanno chiamato gli sfollati abruzzesi - che prova a confortare i figli colpiti dall’enorme tragedia.
Nonostante le difficoltà e i pericoli - il papa a un certo punto ha anche rischiato di cadere - questa visita ci voleva. Serviva alle migliaia di persone che vedono il loro futuro avvolto nella più totale incertezza, serviva a Benedetto XVI il cui tratto di umanità - che pure è notevole - era stato messo in ombra da vicende più di tono politico ed etico.
A Onna come davanti alla basilica di Collemaggio l’uomo Ratzinger è finalmente emerso, al di là di ogni timidezza e riservatezza.
Il protocollo vaticano è stato pressoché cancellato: le persone si sono potute avvicinare al Pontefice e baciargli l’anello, ma anche abbracciarlo, posandogli addirittura le mani sulle spalle, proprio come si fa con una persona cara.
E Benedetto XVI non si è tirato indietro. Sentiva di dover dare una testimonianza d’affetto e di disponibilità a quella gente così sfortunata e sentiva di dover fare il pieno della sincera gratitudine che in quelle ore ha ricevuto in cambio e che ha ricoperto dolore, fango e macerie.
Davanti alla Casa dello studente, all’Aquila, forse il momento più toccante, ma anche quello più profondo e profetico. Gli studenti hanno ringraziato il papa per «la tenerezza della Chiesa» che in questi giorni, e ieri in particolare, hanno sentita vicina come non mai.
Già, la tenerezza della Chiesa. Ci voleva forse il terremoto per portare sulle pagine dei giornali, intrise di sangue e violenze quotidiane, un pensiero d’amore che racchiude i valori fondanti del cattolicesimo, ma vestendoli di sentimenti ed emozioni. Deve aver molto colpito il papa quella «tenerezza della Chiesa» sbucata fra pianti e distruzione. Essa è insieme speranza e richiesta d’aiuto, è sentirsi parte di una realtà più vasta come il popolo di Dio, ma anche affidarsi alle proprie forze.
Nelle poche parole dei discorsi ufficiali l’eco della solidarietà e del voler lavorare tutti insieme, da destra a da sinistra, per ridare un tetto e un futuro a migliaia di persone. Il Pontefice è stato chiaro su questo punto: «case e chiese belle e solide». La sintesi di ciò che chiedono gli abruzzesi, ma anche il monito perché la ricostruzione vada esattamente in questo modo e non diversamente, come invece si teme possa accadere.
Non è cosa da tutti giorni - e non era accaduta neppure con Wojtyla - vedere il papa in auto, seduto accanto al conducente, laddove il conducente è Guido Bertolaso, l’uomo che - onore al merito - sta combattendo una straordinaria battaglia per sconfiggere anche l’emergenza terremoto.
Basta guardare le immagini per convicersi dell’atmosfera diversa: il papa con il gomito che sporge dal finestrino e il capo della Protezione civile al volante. Due amici qualunque che si spostano in auto.
Quelli della sicurezza vaticana devono aver visto i sorci verdi ieri davanti ai continui cambiamenti di programma, agli spostamenti che tutti i manuali di security avrebbero sconsigliato. E invece no.
Benedetto XVI è andato avanti deciso, infischiandosene delle regole e degli appelli a rispettare i tempi. C’erano i terremotati da ascoltare. E tutti hanno avuto un sorriso, una carezza, un abbraccio, una benedizione.
Benedetto XVI è voluto andare in Abruzzo per i terremotati e a loro si è dedicato. A quelli che, dando prova di una smisurata dignità, si sono scusati di non poter offrire più di tanto al papa in visita. Invece gli hanno regalato una giornata meravigliosa, forse una delle più intense dei suoi quattro anni di pontificato, in cui è riuscito a mettere insieme la grandezza della Chiesa con il calore dell’uomo. È vero, a volte nella vita servono anche le scosse.

© Copyright Gazzetta del Mezzogiorno, 29 aprile 2009


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