Google+
 
Pagina precedente | 1 2 3 4 5 6 7 » | Pagina successiva

Viaggio apostolico in Giordania e Israele

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2009 21:40
Autore
Stampa | Notifica email    
13/05/2009 01:52
OFFLINE
Post: 10.059
Post: 998
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Senior
Gerusalemme sia la città della pace non della discriminazione e della violenza! Così il Papa alla Messa nella Valle di Giosafat


“Nella Terra Santa c’è posto per tutti! Mentre esorto le autorità a rispettare e sostenere la presenza cristiana qui, desidero al tempo stesso assicurarvi della solidarietà, dell’amore e del sostegno di tutta la Chiesa e della Santa Sede”. È quanto ha detto il Papa nella Santa Messa presieduta nella Josafat Valley a Gerusalemme. Benedetto XVI è tornato a parlare dell’emigrazione dei cristiani dalla Terra Santa definita “un grande impoverimento culturale e spirituale”. “Trovandomi qui davanti a voi oggi – ha detto - desidero riconoscere le difficoltà, la frustrazione, la pena e la sofferenza che tanti tra voi hanno subito in conseguenza dei conflitti che hanno afflitto queste terre, ed anche le amare esperienze dello spostamento che molte delle vostre famiglie hanno conosciuto e – Dio non lo permetta – possono ancora conoscere. Spero che la mia presenza qui sia un segno che voi non siete dimenticati, che la vostra perseverante presenza e testimonianza sono di fatto preziose agli occhi di Dio e sono una componente del futuro di queste terre”. Bisogna davvero rendere Gerusalemme una “città della pace” ha aggiunto: “Come un microcosmo del nostro mondo globalizzato, questa Città, se deve vivere la sua vocazione universale, deve essere un luogo che insegna l'universalità, il rispetto per gli altri, il dialogo e la vicendevole comprensione; un luogo dove il pregiudizio, l’ignoranza e la paura che li alimenta, siano superati dall’onestà, dall’integrità e dalla ricerca della pace. Non dovrebbe esservi posto tra queste mura per la chiusura, la discriminazione, la violenza e l’ingiustizia. I credenti in un Dio di misericordia – si qualifichino essi Ebrei, Cristiani o Musulmani –, devono essere i primi a promuovere questa cultura della riconciliazione e della pace, per quanto lento possa essere il processo e gravoso il peso dei ricordi passati”.


[Radio Vaticana]



Il Papa chiede di evitare l'esodo dei cristiani dalla Terra Santa
La Messa nella Valle di Giosafat diventa un forte gesto di sostegno



GERUSALEMME, martedì, 12 maggio 2009 (ZENIT.org).- La Messa che Benedetto XVI ha celebrato questo martedì pomeriggio nella Valle di Giosafat si è trasformata in una manifestazione di sostegno della Chiesa universale ai cattolici sofferenti di Terra Santa e in una richiesta alle autorità perché pongano le condizioni per evitarne l'esodo.

Per la prima volta nella storia, un Papa ha celebrato una Messa all'aperto a Gerusalemme con la partecipazione di circa 6.000 fedeli. Il luogo non poteva essere più suggestivo: l'Orto degli Ulivi, in cui Gesù agonizzò prima della morte.

"Desidero riconoscere le difficoltà, la frustrazione, la pena e la sofferenza che tanti tra voi hanno subito in conseguenza dei conflitti che hanno afflitto queste terre, ed anche le amare esperienze dello spostamento che molte delle vostre famiglie hanno conosciuto e - Dio non lo permetta - possono ancora conoscere", ha detto il Pontefice.

Il Patriarca latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal, all'inizio della Messa ha descritto la situazione in cui vivono i cattolici di Terra Santa.

"Assistiamo da un lato all'agonia del popolo palestinese, che sogna di vivere in uno Stato palestinese libero e indipendente, ma non ci riesce - ha affermato il Patriarca -; e assistiamo dall'altro lato all'agonia di un popolo israeliano che sogna una vita normale in pace e sicurezza ma, nonostante la potenzia mediatica e militare, non le ottiene".

Il Papa ha auspicato "che la mia presenza qui sia un segno che voi non siete dimenticati, che la vostra perseverante presenza e testimonianza sono di fatto preziose agli occhi di Dio e sono una componente del futuro di queste terre".

"Proprio a causa delle vostre profonde radici in questi luoghi, la vostra antica e forte cultura cristiana, e la vostra perdurante fiducia nelle promesse di Dio, voi Cristiani della Terra Santa, siete chiamati a servire non solo come un faro di fede per la Chiesa universale, ma anche come lievito di armonia, saggezza ed equilibrio nella vita di una società che tradizionalmente è stata, e continua ad essere, pluralistica, multietnica e multireligiosa".

Benedetto XVI ha rivolto un energico appello perché si eviti la migrazione dei cristiani di Terra Santa. Secondo dati della Custodia di Terra Santa, nel 1946, due anni prima della fondazione dello Stato di Israele, la comunità cristiana di Gerusalemme contava circa 31.000 membri, il 20% della popolazione. Oggi i cristiani rappresentano il 2% della popolazione, sono circa 14.000, compresi religiosi e i sacerdoti stranieri.

"Vorrei qui accennare direttamente alla tragica realtà - che non può mai cessare di essere fonte di preoccupazione per tutti coloro che amano questa Città e questa terra - della partenza di così numerosi membri della comunità cristiana negli anni recenti. Benché ragioni comprensibili portino molti, specialmente giovani, ad emigrare, questa decisione reca con sé come conseguenza un grande impoverimento culturale e spirituale della città", ha osservato.

Il Papa ha ribadito un messaggio che aveva già espresso in passato: "Nella Terra Santa c'è posto per tutti!".

"Mentre esorto le autorità a rispettare e sostenere la presenza cristiana qui, desidero al tempo stesso assicurarvi della solidarietà, dell'amore e del sostegno di tutta la Chiesa e della Santa Sede", ha constatato.

Amnon Ramon, dell'Istituto di Gerusalemme per gli Studi di Israele, autore di vasti studi sulle comunità cristiane del Paese, sostiene che la comunità cattolica (a Gerusalemme) è la più numerosa con circa 4.500 membri; i greci ortodossi sono 3.500, gli armeni 1.500. I protestanti, delle varie denominazioni, sono 850, i siriano-copti 250, gli etiopi 60.

La Messa è stata celebrata in varie lingue, soprattutto in latino e in arabo. Nella preghiera dei fedeli si è pregato in ebraico, francese, spagnolo, inglese e italiano.

Il messaggio lasciato dal Papa nella sua omelia, applaudita fin dal primo istante, è stato innanzitutto di speranza.

"In questa Santa Città dove la vita ha sconfitto la morte, dove lo Spirito è stato infuso come primo frutto della nuova creazione, la speranza continua a combattere la disperazione, la frustrazione e il cinismo, mentre la pace, che è dono e chiamata di Dio, continua ad essere minacciata dall'egoismo, dal conflitto, dalla divisione e dal peso delle passate offese", ha dichiarato.

Questo mercoledì il Pontefice si recherà nella città cisgiordana di Betlemme, dove celebrerà la Messa nella Piazza della Mangiatoia e visiterà la Grotta della Natività e il campo di rifugiati di Aida, venendo ricevuto dall'Autorità Nazionale Palestinese.





Il Papa: i cristiani di Terra Santa, promotori di pace e comunione
Visita al Cenacolo e alla Concattedrale latina di Gerusalemme

di Mirko Testa


GERUSALEMME, martedì, 12 maggio (ZENIT.org).- La missione affidata ai cristiani di Terra Santa è quella di essere promotori di pace e comunione, nell'impegno sociale come nella vita contemplativa.

E' questo il messaggio sottolineato da Benedetto XVI in due incontri successivi tenutisi questo martedì, nel Cenacolo per la preghiera del Regina Coeli con gli Ordinari di Terra Santa e durante la visita presso la chiesa "madre" della diocesi di Gerusalemme.

Lasciato il Centro "Hechal Shlomo", il Santo Padre si è recato nel luogo dove, secondo il Vangelo, Gesù apparve agli apostoli dopo la sua risurrezione e dove si ritrovano uniti in preghiera con Maria, quando discese su di loro lo Spirito Santo nel giorno della Pentecoste.

Il Cenacolo è una ex moschea di proprietà dello Stato di Israele, visitabile come fosse un museo, anche perché nella parte inferiore del fabbricato si trova una tomba venerata dagli ebrei come la sepoltura di Davide.

Qui i francescani, già stabilititisi a Gerusalemme nel 1229, fondarono il primo convento nel 1335. In seguito, nel 1551, furono espulsi definitivamente dal Cenacolo dovendo lasciarlo ai musulmani. Ci ritorneranno, scegliendo un'abitazione non lontana dal Cenacolo, solo nel 1936.

Nel fare gli onori di casa il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, OFM, ha detto al Santo Padre: “Qui, proprio in questo luogo così semplice si è celebrata la Cena di Pasqua del Signore Gesù con gli Apostoli, prima della Passione, e ci richiama ogni volta l’istituzione dell’Eucaristia, ma anche il gesto di testimonianza del Signore e Maestro che lava i piedi ai suoi discepoli, il comandamento nuovo, la promessa dello Spirito, e la sua grande preghiera”.

“Cenacolo è il timore che fa chiudere le porte agli Apostoli, e il Cristo risorto che entra e dice: Pace a voi. Cenacolo è l’attesa nella preghiera, con Maria, è lo Spirito che irrompe come vento gagliardo e la nascita della Chiesa, una e indivisa…”, ha continuato, denunciando poi lo stato di abbandono dell'edificio.

Prendendo la parola, Benedetto XVI ha ricordato che “la nostra vita come cristiani non è semplicemente uno sforzo umano di vivere le esigenze del Vangelo imposte a noi come doveri. Nell'Eucaristia noi siamo tirati dentro il mistero dell’amore divino”.

E “questo amore trasformante”, ha continuato il Santo Padre, “ci sollecita, come individui e come comunità, a superare la tentazione di ripiegarci su noi stessi nell'egoismo o nell’indolenza, nell’isolamento, nel pregiudizio o nella paura, e a donarci generosamente al Signore ed agli altri”.

“L'invito alla comunione di mente e di cuore, così strettamente collegato col comandamento dell’amore e col centrale ruolo unificante dell'Eucaristia nelle nostre vite, è di speciale rilevanza nella Terra Santa”, ha poi aggiunto.

Infatti, “la missione della Chiesa è di predicare l'amore universale di Dio e di riunire da lontano e da vicino tutti quelli che sono chiamati da Lui, in modo che, con le loro tradizioni ed i loro talenti, formino l’unica famiglia di Dio”.

“Nella misura in cui il dono dell’amore è accettato e cresce nella Chiesa, la presenza cristiana nella Terra Santa e nelle regioni vicine sarà viva”, ha ricordato.

In conclusione, il Papa ha auspicato che i cristiani di Terra Santa possano continuare a “perseverare nella loro missione di promotori di comunione e di pace”.

Dopo il suo discorso e la recita della preghiera mariana del Regina Coeli, il Santo Padre ha raggiunto dapprima in auto il Patriarcato Latino di Gerusalemme per poi compiere una breve visita alla Concattedrale latina dedicata al Santissimo Nome di Gesù, alla presenza di circa 300 persone, tra cui alcune religiose contemplative.


Nell'accogliere il Papa in questo luogo, già onorato dalle visite di Paolo VI (6 gennaio 1964) e di Giovanni Paolo II (26 marzo 2000), il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Sua Beatitudine Fouad Twal, ha rivolto un breve saluto in francese.


Nelle sue parole, il Patriarca ha elogiato i tanti sacerdoti, seminaristi, religiosi, religiose e laici impegnati nei diversi ambiti del sociale, dall'insegnamento, all'assistenza ai poveri, ai malati e ai portatori di handicap, e che rappresentano “un tesoro inestimabile” in Terra Santa.

Una piccola Chiesa se si pensa che la comunità cattolica – la più numerosa – a Gerusalemme conta circa 4.500 membri, mentre i cristiani sono circa 14.000, compresi religiosi e i sacerdoti stranieri (il 2% della popolazione).

Dopo aver quindi ricordato il contributo dei cattolici al benessere comune, Sua Beatitudine Fouad Twal ha quindi sottolineato che “la presenza di preghiera e di contemplazione non è meno preziosa”.


“Tra le molte congregazioni religiose presenti nel nostro patriarcato – ha spiegato -, riunite nell'Unione delle religiose di Terra Santa, una quindicina hanno una vocazione esclusivamente contemplativa. Questi fratelli e sorelle sono le 'sentinelle dell'invisibile'”.

“Nel segreto della preghiera e di una vita tutta offerta, invisibilmente portano sulle loro braccia la nostra Chiesa e la Terra Santa tutta intera – ha detto –. Essi intercedono per la missione e l'unità della Chiesa, e per la riconciliazione tra i popoli e le religioni”.

A questo proposito, nel suo discorso, il Papa ha sottolineato che da sempre a sostenere l'opera di evangelizzazione della Chiesa sono state “le preghiere di coloro la cui vocazione, secondo le parole di Santa Teresa di Lisieux, è di essere 'l’amore profondo nel cuore della Chiesa'".

Per questo ha espresso il proprio “apprezzamento per l’apostolato nascosto delle persone di vita contemplativa”: “con le parole del Salmista chiedo anch’io a voi di 'pregare per la pace di Gerusalemme', di pregare continuamente per la fine del conflitto che ha arrecato così grandi sofferenze ai popoli di questa regione”.




La Chiesa continua il cammino di riconciliazione fra cristiani ed ebrei
Visita del Papa al Muro del Pianto e alla sede del Gran Rabbinato d'Israele

di Mirko Testa


GERUSALEMME, martedì, 12 maggio (ZENIT.org).- Nel secondo giorno della sua visita a Gerusalemme, Benedetto XVI ha voluto sottolineare con le parole e i gesti simbolici il comune patrimonio spirituale di ebrei e cristiani, ribadendo l'intenzione della Chiesa di proseguire il cammino di riconciliazione avviato con il Concilio Vaticano II.

Seguendo le orme del suo predecessore, Giovanni Paolo II, il Papa tedesco ha visitato il Muro Occidentale, chiamato anche Muro del Pianto o "Muro al-Buraq" (dai musulmani), il muro di cinta risalente all'epoca del primo Tempio di Gerusalemme (il Tempio di Salomone), costruito nel X secolo a.C. e distrutto dai babilonesi nel 586 a.C.

Giunto in questo luogo, il Papa ha trovato ad accoglierlo Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Muro Occidentale e dei Luoghi Sacri d'Israele, che ha detto: “Le pietre del Muro Occidentale recano testimonianza del glorioso passato del popolo ebraico, stillando in esso la forza di resistere alle avversità e alla persecuzione”.

“Proprio come queste pietre sono sopravvissute ad eventi difficili – ha aggiunto –, così il popolo ebraico ha patito le persecuzioni e le torture, rimanendo un popolo eterno e morale, ancora invitto. E' compito di ogni persona di fede assicurare che nessuno danno venga recato al popolo ebraico”.

Il Rabbino ha poi recitato in ebraico alcuni versi tratti dalla invocazione di Re Salomone per la dedicazione del Tempio di Gerusalemme (1Re 8), in cui il sovrano chiede che ogni supplica e preghiera elevata da un ebreo come da un non ebreo possa essere accolta nel Sacro Tempio.

Il Papa ha invece recitato in latino il Salmo 122 (121), l'Inno in onore di Gerusalemme, in cui si dice: "Gerusalemme, città ben costruita, raccolta entro le tue mura! A te salgono le tribù, le tribù del Signore. Qui Israele deve lodare il nome del Signore. Qui, nel palazzo di Davide, siedono i re a rendere giustizia. Pregate per la pace di Gerusalemme".

Successivamente, Benedetto XVI si è avvicinato al Muro del Pianto per appoggiare in una fenditura – come vuole la tradizione ebraica – una preghiera al Signore sostando poi in silenziosa preghiera.

Nel messaggio il Papa, rivolgendosi al “Dio di tutti i tempi”, supplica: “Ascolta il grido degli afflitti, dei timorosi, dei diseredati; manda la pace sulla Terra Santa, sul Medio Oriente, su tutta la famiglia umana”.

“Smuovi i cuori di tutti coloro che invocano il tuo nome, affinché camminino umilmente nel sentiero di giustizia e compassione”, si legge ancora nel testo.

Il messaggio si chiude poi con una verso tratta dai poemetti delle Lamentazioni, che descrivono la situazione di Gerusalemme, dopo la sua distruzione nel 587 a.C., pur aprendosi alla speranza in Dio: “Buono è il Signore con chi spera in Lui, con colui che lo cerca”.

Gran Rabbinato d'Israele

Più tardi, Benedetto XVI si è quindi recato in auto al Centro "Hechal Shlomo", sede del Gran Rabbinato a Gerusalemme per la visita di cortesia ai due Rabbini Capo di Israele: il Gran Rabbino askenazita Yona Metzger e il Gran Rabbino sefardita Shlomo Amar.

Il suo nome, “Hechal Shlomo”, in ebraico significa “Residenza di Salomone”, e infatti ricorda per la sua imponente struttura il Tempio di Salomone. Il Gran Rabbinato di Israele è l'organo religioso supremo ebraico dello Stato di Israele.

La sinagoga che c’è all’interno dell’edificio custodisce inoltre un'Arca dell'Alleanza traslata da Padova.

Nel prendere la parola il Rabbino Capo sefardita Shlomo Amar ha detto: "Lei rappresenta una vasta nazione di fedeli che conosce che cos'è la Bibbia, ed è suo compito far giungere il messaggio che il popolo ebraico merita una rinascita e un po' di rispetto per poter vivere in questa terra”.

Il Gran Rabbino askenazita Yona Metzger, dal canto suo, ha poi aggiunto: "Mi sono detto che se solo un evento storico come questo, in cui il Capo della più grande religione al mondo si fosse incontrato a Gerusalemme con i Capi dell'Ebraismo, e se solo questo fosse accaduto molti anni prima, tanto sangue innocente sarebbe stato risparmiato”.

Nel prendere successivamente la parola il Santo Padre ha espresso la propria gioia per i passi avanti nel dialogo compiuti dalla Chiesa Cattolica e dal Gran Rabbinato attraverso la Commissione bilaterale avviata a Gerusalemme nel 2002.

“Ebrei e cristiani – ha quindi detto – sono ugualmente interessati ad assicurare rispetto per la sacralità della vita umana, la centralità della famiglia, una valida educazione dei giovani, la libertà di religione e di coscienza per una società sana”.

Parlando poi delle minacce attuali rappresentate dal “relativismo morale” e dalle “offese che esso genera contro la dignità della persona umana”, “le nostre due comunità – ha aggiunto – si trovano di fronte alla sfida di impegnare a livello di ragione le persone di buona volontà, additando loro simultaneamente i fondamenti religiosi che meglio sostengono i perenni valori morali”.

“Oggi – ha continuato – ho l’opportunità di ripetere che la Chiesa Cattolica è irrevocabilmente impegnata sulla strada decisa dal Concilio Vaticano Secondo per una autentica e durevole riconciliazione fra cristiani ed ebrei”.

“Guardando ai risultati finora raggiunti, e traendo la nostra ispirazione dalle Sacre Scritture, possiamo con fiducia puntare ad una sempre più convinta cooperazione fra le nostre comunità – insieme con tutte le persone di buona volontà – nel condannare odio e persecuzione in tutto il mondo”, ha poi concluso.





Benedetto XVI non ha mai fatto parte della Gioventù hitleriana
Il portavoce lamenta informazioni errate o lacune informative



GERUSALEMME, martedì, 12 maggio 2009 (ZENIT.org).- Il portavoce della Santa Sede ha smentito che Benedetto XVI abbia fatto parte della "Hitlerjugend" (la Gioventù hitleriana), chiarendo alcune notizie pubblicate dai mezzi di informazione di Israele durante il suo pellegrinaggio.

P. Federico Lombardi, S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha spiegato questo martedì durante una conferenza stampa a Gerusalemme: "Ho letto una cosa non vera: il Papa non è mai, mai stato nella Hitlerjugend, che era un corpo di volontari fanatici e ideologici".

Benedetto XVI "non ha niente a che fare con la violenza, è una persona gentile e umile, dolce. Non è mai stato contro gli ebrei", ha spiegato il portavoce.

Il sacerdote ha sottolineato che il Papa in quel momento "era un seminarista che studiava teologia e, all'età di 16 anni, è stato coscritto nei corpi ausiliari della contraerea, come tutte le persone della sua età. Nulla a che vedere con la Hitlerjugend e l'ideologia nazista".

Il portavoce ha anche risposto alle critiche apparse sulla stampa israeliana e internazionale contro il Papa per non aver menzionato nel suo discorso al Memoriale di Yad Vashem i milioni di morti nell'Olocausto o la sua origine tedesca.

P. Lombardi ha spiegato che il Pontefice non può ripetere gli stessi concetti in ogni discorso. "Ha scelto il tema della memoria e ha sviluppato la questione dei nomi. Non è che dovesse fare un trattato sull'Olocausto. Della Germania, del suo passato e del nazismo ha già parlato altre volte. La mattina, inoltre, aveva già detto che ci sono sei milioni di ebrei morti che non possiamo dimenticare, che c'è ancora l'antisemitismo".

P. Lombardi ha rivelato che il Papa non si offende quando i mezzi di comunicazione alterano le sue parole.

"Non è uno che reagisca in modo superficiale o immediato, è molto paziente e pronto ad ascoltare gli altri, ognuno può fare il suo discorso. Certo sente che non è stato capito, io sento lo stesso, ma sappiamo cosa è il mondo e quali sono gli atteggiamenti. Non si è sempre pronti a capire bene, a volte ci sono pregiudizi, e non tutti sono pronti a un atteggiamento di ascolto", ha concluso.

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 3 4 5 6 7 » | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 16:28. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com