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Viaggio apostolico in Giordania e Israele

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2009 21:40
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08/05/2009 16:43
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PELLEGRINAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN TERRA SANTA (8-15 MAGGIO 2009) (I)



LA PARTENZA DA ROMA

Ha inizio questa mattina il 12° Viaggio internazionale del Santo Padre Benedetto XVI, che lo porta pellegrino in Terra Santa.

L’aereo con a bordo il Santo Padre - un Airbus 320 dell’Alitalia - è partito dall’aeroporto di Fiumicino (Roma) alle ore 9.50 ed è giunto all’aeroporto internazionale Queen Alia di Amman poco prima delle ore 14.30 locali (le 13.30 ora di Roma).



TELEGRAMMI A CAPI DI STATO

Nel momento di lasciare il territorio italiano, e nel sorvolare poi gli spazi aerei di Grecia, Cipro, Libano e Siria, il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto pervenire ai rispettivi Capi di Stato i seguenti messaggi telegrafici:

A SUA ECCELLENZA IL DOTTOR GIORGIO NAPOLITANO
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
PALAZZO DEL QUIRINALE
00187 ROMA

NEL MOMENTO IN CUI MI ACCINGO A COMPIERE IL MIO PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA CHE SARÀ PER ME OCCASIONE PROVVIDENZIALE PER RICALCARE LE ORME DEL DIVINO MAESTRO COME PURE PER INCONTRARE FRATELLI E SORELLE NELLA FEDE CONDIVIDENDO CON LORO MOMENTI DI FORTE SPIRITUALITÀ PREGARE PER LA GIUSTIZIA E LA PACE ED INCORAGGIARE IL DIALOGO ECUMENICO E INTERRELIGIOSO MI È CARO RIVOLGERE A LEI SIGNOR PRESIDENTE E AL POPOLO ITALIANO IL MIO CORDIALE SALUTO CHE ACCOMPAGNO CON FERVIDI AUSPICI PER IL PROGRESSO SPIRITUALE CIVILE E SOCIALE DELLA DILETTA ITALIA

BENEDICTUS PP. XVI




SON EXCELLENCE MONSIEUR KAROLOS PAPOULIAS
PRÉSIDENT DE LA RÉPUBLIQUE HELLÉNIQUE
ATHENES

ME RENDANT EN PÈLERINAGE EN TERRE SAINTE JE SUIS HEUREUX DE SALUER VOTRE EXCELLENCE AU MOMENT OÙ JE SURVOLE LE TERRITOIRE DE LA RÉPUBLIQUE HELLÉNIQUE ET JE LUI EXPRIME MES VŒUX CORDIAUX POUR SA PERSONNE ET POUR SES COMPATRIOTES(.) JE PRIE DIEU D’ACCOMPAGNER LA NATION DANS SES EFFORTS POUR CONSTRUIRE UNE SOCIÉTÉ TOUJOURS PLUS CONVIVIALE ET J’INVOQUE SUR LE PEUPLE GREC TOUT ENTIER L’ABONDANCE DES BÉNÉDICTIONS DU SEIGNEUR.

BENEDICTUS PP. XVI




HIS EXCELLENCY DEMETRIS CHRISTOFIAS
PRESIDENT OF THE REPUBLIC OF CYPRUS
NICOSIA

AS I FLY OVER CYPRUS ON MY PILGRIMAGE TO THE HOLY LAND I OFFER GREETINGS TO YOUR EXCELLENCY AND CORDIALLY INVOKE UPON THE PEOPLE OF THE NATION GOD’S CHOICEST BLESSINGS OF PROSPERITY AND PEACE.

BENEDICTUS PP. XVI




SON EXCELLENCE LE GÉNÉRAL MICHEL SLEIMAN
PRÉSIDENT DE LA RÉPUBLIQUE DU LIBAN
BEYROUTH

AU MOMENT D’EMPRUNTER L’ESPACE AÉRIEN DE LA RÉPUBLIQUE LIBANAISE POUR ME RENDRE EN PÈLERINAGE EN TERRE SAINTE IL M’EST AGRÉABLE DE SALUER VOTRE EXCELLENCE ET DE LUI EXPRIMER LES VŒUX CORDIAUX QUE JE FORME POUR TOUS LES LIBANAIS AFIN QU’ILS TROUVENT FORCE ET COURAGE POUR CONSTRUIRE UNE NATION UNIE ET SOLIDAIRE DANS LE RESPECT DE TOUTES SES COMPOSANTES (.) QUE DIEU BÉNISSE VOTRE PERSONNE ET TOUS LES HABITANTS DU LIBAN.

BENEDICTUS PP. XVI




SON EXCELLENCE MONSIEUR BACHAR EL ASSAD
PRÉSIDENT DE LA RÉPUBLIQUE ARABE SYRIENNE
DAMAS

EMPRUNTANT L’ESPACE AÉRIEN DE LA RÉPUBLIQUE ARABE SYRIENNE POUR ME RENDRE EN PÈLERINAGE EN TERRE SAINTE, JE TIENS À PRÉSENTER MES SALUTATIONS À VOTRE EXCELLENCE ET À L’ENSEMBLE DE SES CONCITOYENS TOUT EN FORMANT DES VŒUX ARDENTS POUR LA PAIX ET LA PROSPÉRITÉ DE LA NATION ET EN IMPLORANT SUR LE PEUPLE SYRIEN TOUT ENTIER L’ABONDANCE DES BÉNÉDICTIONS DIVINES.

BENEDICTUS PP. XVI




Il colloquio del Papa con i giornalisti durante il volo per Amman. Intervista con padre Lombardi

I cristiani della Terra Santa e del Medio Oriente devono rimanere nelle loro terre. E’ stata questa una delle affermazioni rese dal Papa durante la consueta conferenza stampa che si è svolta a bordo dell’aereo papale. Benedetto XVI ha risposto durante il volo ad alcune domande dei giornalisti presenti a bordo, spiegando quali siano i sentimenti spirituali e pastorali che lo accompagneranno durante questo suo pellegrinaggio. Lo riferisce il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, contattato subito dopo l’atterraggio del volo ad Amman da Alessandro De Carolis:

R. - Il Papa ha risposto ad alcune domande che riguardano naturalmente i temi principali che sono d’attualità in questo viaggio. Il primo è quello del servizio della pace. L’interrogativo era come pensa concretamente il Papa di poter servire la pace in questo viaggio. Ed egli ha detto che ci sono tre vie per servirla, in particolare la preghiera, che vedrà anche tutto il popolo cristiano unito a lui nel domandare a Dio il dono della pace. C’è poi la grande via della formazione delle coscienze, sui veri valori e sul valore della convivenza pacifica, nel rispetto reciproco tra le persone e i popoli. E poi, molto significativo, anche il tema della ragione, ovvero l’appello a tutti ad essere ragionevoli e a seguire i dettami che una sana ragione indica a tutti gli uomini per vivere nel rispetto reciproco e nella pace. E questo mi sembra un tema piuttosto importante di questo Pontificato e che probabilmente il Papa affronterà in questi giorni.

D. - Si è parlato anche della condizione dei cristiani di Terra Santa?

R. - Sì, il Santo Padre ha detto che, naturalmente, ci sono molte iniziative per sostenerli. In particolare, ha fatto riferimento a tutta l'attività scolastica ed all'attività sanitaria: gli ospedali, le case nelle quali si presta assistenza alle persone in difficoltà, agli emarginati e ai malati. E quindi il Santo Padre ha parlato della vitalità della Chiesa, che si sente unita a questi cristiani, ed anche dello scopo di questo viaggio, che pure ha - tra le sue principali finalità - quella di manifestare la vicinanza del pastore universale, e di tutta la Chiesa con lui, a queste comunità cristiane, affinchè possano essere ancora piene di speranza per il futuro.

D. - Ci sono stati altri temi che sono emersi dalle domande dei giornalisti?

R. - Gli altri temi principali erano quelli che riguardavano il dialogo, sia con l'ebraismo, sia con l'islam, ed anche gli elementi comuni delle tre religioni che fanno capo ad Abramo. Il Santo Padre ha ricordato che egli stesso è stato tra i membri fondatori di una istituzione dedicata proprio al dialogo fra le tre grandi religioni che si appellano ad Abramo: una fondazione culturale che ha fatto anche delle pubblicazioni di testi importanti per le diverse religioni, e che ha preso iniziative concrete per facilitare il dialogo. Si tratta, dunque, di trovare un linguaggio comune, dei punti di riferimento comuni: anche il valore dell'amore di Dio e del prossimo sono certamente punti assolutamente focali di questo dialogo, che deve vedere le tre religioni collaborare insieme anche per la pace nel mondo.

D. - Un'impressione a caldo sul benvenuto che il re di Giordania ha riservato al Papa...

R. - Il discorso del re di Giordania è stato un discorso molto notevole: spontaneo, caloroso, cordiale. Si vede - come ha detto anche il Papa nel suo discorso - che qui c'è una tradizione consolidata di dialogo e si cerca veramente di condurre uno sviluppo della cultura islamica verso valori comuni, condivisi, anche con altri popoli, altre culture. Il re ha fatto riferimento a quelle stesse grandi iniziative alle quali anche il Papa si riferisce - cioè il messaggio interreligioso di Amman - che hanno dato luogo, anche recentemente, ad alcuni tra i momenti più promettenti del dialogo fra islam e cristianesimo, compreso il Forum che si è svolto a Roma recentemente, i cui partecipanti sono stati ricevuti dal Papa e che si è concluso con una dichiarazione comune piuttosto significativa. Quindi, direi che ci troviamo in un contesto in cui il dialogo tra cristianesimo ed islam mostra di poter fare dei passi avanti, di poter essere veramente fruttuoso.





Il Papa ad Amman: vengo come pellegrino per venerare i luoghi santi. Si promuova la pace in Medio Oriente, la libertà religiosa e l'alleanza tra occidente e mondo musulmano


“Vengo in Giordania come pellegrino, per venerare i luoghi santi”: con queste parole, pronunciate durante la cerimonia di benvenuto all’aeroporto di Amman, Benedetto XVI ha iniziato il suo pellegrinaggio in Terra Santa, che dall’11 al 15 maggio lo vedrà in Israele e Territori palestinesi. L’aereo papale è atterrato nell’aeroporto della capitale giordana alle 13.24 ora italiana. Ad accogliere Benedetto XVI, il Re Abdallah II, accompagnato dalla Regina Rania, e i Patriarchi e vescovi della Giordania e della Terra Santa. Il Papa ha parlato della libertà religiosa come diritto umano fondamentale, della promozione di una pace durevole e di una vera giustizia in Medio Oriente, dell’alleanza di civiltà tra mondo occidentale e quello musulmano a smentire i profeti della inevitabilità del conflitto tra le culture. Ma diamo la linea al nostro inviato ad Amman, Pietro Cocco:
E’ un benvenuto, quello tra il Re e il Papa, che ha guardato subito alle questioni cruciali di questa visita alla Terra Santa, a partire dalla Giordania. Benedetto XVI sente di venire in una terra ricca di storia, patria di antiche civiltà,profondamente intrisa di significato religioso per Ebrei, Cristiani e Musulmani:

“I come to Jordan as a pilgrim, to venerate holy places …
Vengo in Giordania come pellegrino, per venerare i luoghi santi che hanno giocato una così importante parte in alcuni degli eventi chiave della storia biblica” come il Monte Nebo, con il Memoriale di Mosè, e Betania, al di là del Giordano, dove Giovanni Battista “predicò e rese testimonianza a Gesù”.

Al tempo stesso, il Papa ha elogiato il regno haschemita per il suo impegno per la pace in Medio Oriente:

“Indeed the Kingdom of Jordan has long been at the forefront of initiative …
In effetti, il Regno di Giordania è da tempo in prima linea nelle iniziative volte a promuovere la pace nel Medio Oriente e nel mondo, incoraggiando il dialogo inter-religioso, sostenendo gli sforzi per trovare una giusta soluzione al conflitto israeliano-palestinese, accogliendo i rifugiati dal vicino Iraq, e cercando di tenere a freno l’estremismo”.

Possano questi sforzi, ha aggiunto il Papa, portare “frutto nello sforzo di promuovere una pace durevole e una vera giustizia per tutti coloro che vivono nel Medio Oriente.”

Altrettanto caloroso e attento alle dimensioni religiose e politiche, il discorso di saluto del Re di Giordania, Abdullah II. Il Re ha voluto salutare in Benedetto XVI prima di tutto un pellegrino di pace, definendo la sua presenza in Giordania come un momento storico. “Si senta a casa, le porte sono aperte”. “La coesistenza e l’armonia fra musulmani e cristiani – ha detto – sono un tema urgente nel mondo. Oggi insieme siamo impegnati nel mutuo rispetto. Qui ed ora è il momento di un dialogo globale”. “L’armonia tra noi – ha ancora proseguito il Re giordano – il dialogo, hanno la loro base nella nostra fede in un unico Dio”. Il Re ha poi espresso l’impegno suo e del suo Paese perché sia riconosciuto il diritto dei palestinesi ad uno Stato e quello di Israele alla sicurezza, così come il rispetto del carattere religioso dei Luoghi Santi di Gerusalemme.

Da parte sua, Benedetto XVI ha voluto sottolineare l’importanza del ruolo svolto dal Re giordano “nel promuovere una migliore comprensione delle virtù proclamate dall’Islam. Impegno che si è concretizzato in iniziative che hanno favorito “un’alleanza di civiltà tra il mondo occidentale e quello musulmano, smentendo le predizioni di coloro che considerano inevitabili la violenza e il conflitto”.

A riprova di questo, il Papa ha poi espresso la gioia di poter benedire nei prossimi giorni le prime pietre delle chiese che saranno costruite sul luogo tradizionale del Battesimo del Signore. La possibilità che la comunità cattolica di Giordania possa edificare pubblici luoghi di culto è un segno del rispetto di questo Paese per la religione:

“On their behalf I want to say how much this openness is appreciated…
A nome dei Cattolici desidero esprimere quanto sia apprezzata questa apertura. La libertà religiosa è certamente un diritto umano fondamentale ed è mia fervida speranza e preghiera che il rispetto per i diritti inalienabili e la dignità di ogni uomo e di ogni donna giunga ad essere sempre più affermato e difeso, non solo nel Medio Oriente, ma in ogni parte del mondo”.

Per questi motivi, Benedetto XVI ha voluto ribadire come da parte sua vi sia un profondo rispetto per la comunità musulmana: “Spero vivamente, ha concluso, che questa visita e, in realtà, tutte le iniziative programmate per promuovere buone relazioni tra cristiani e musulmani, possano aiutarci a crescere nell’amore verso Dio Onnipotente e Misericordioso, come anche nel fraterno amore vicendevole.”

Come da tradizione, Benedetto XVI ha inviato durante il viaggio aereo una serie di telegrammi indirizzati ai Paesi sorvolati, ovvero Italia, Grecia, Cipro, Libano e Siria. Col presidente della Repubblica italiana, in particolare, il Papa definisce nel telegramma “provvidenziale” la sua opportunità di “ricalcare le orme del Divino Maestro” in Terra Santa, dove ribadisce di andare per “pregare per la giustizia e per la pace” e per “incoraggiare il dialogo ecumenico e interreligioso”. “Sono certo - scrive in risposta il capo di Stato italiano - che il suo messaggio di pace e di speranza troverà terreno fertile in tutti gli uomini di buona volontà che si impegnano affinché quei luoghi diventino il simbolo di una ritrovata e pacifica convivenza fra tutti i ‘popoli del libro’”.





Discorso del Papa all’aeroporto Queen Alia di Amman


AMMAN, venerdì, 8 maggio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del discorso pronunciato questo venerdì da Benedetto XVI in occasione della cerimonia di benvenuto svoltasi al suo arrivo all’aeroporto Queen Alia di Amman, dove è stato accolto dal Re di Giordania, Abdallah II Bin Al-Hussein, e dalla Regina Rania.
* * *

Maestà,

Eccellenze,

Cari Fratelli Vescovi,

Cari Amici,

è con gioia che saluto tutti voi qui presenti, mentre inizio la mia prima visita in Medio Oriente dalla mia elezione alla Sede Apostolica, e sono lieto di posare i piedi sul suolo del Regno Ascemita di Giordania, una terra tanto ricca di storia, patria di così numerose antiche civiltà, e profondamente intrisa di significato religioso per Ebrei, Cristiani e Musulmani. Ringrazio Sua Maestà il re Abdullah II per le sue cortesi parole di benvenuto e Gli porgo le mie particolari congratulazioni in questo anno che segna il decimo anniversario della sua ascesa al trono. Nel salutare Sua Maestà, estendo di cuore i migliori auguri a tutti i membri della Famiglia Reale e del Governo, e a tutto il popolo del Regno. Saluto i Vescovi qui presenti, specialmente quelli con responsabilità pastorali in Giordania. Mi dispongo con gioia a celebrare la liturgia nella Cattedrale di San Giorgio domani sera e nello Stadio Internazionale domenica insieme con Voi, cari Vescovi, e con così numerosi fedeli affidati alla vostra cura pastorale.

Sono venuto in Giordania come pellegrino, per venerare i luoghi santi che hanno giocato una così importante parte in alcuni degli eventi chiave della storia Biblica. Sul Monte Nebo, Mosè condusse la sua gente per gettare lo sguardo entro la terra che sarebbe diventata la loro casa, e qui morì e fu sepolto. A Betania al di là del Giordano, Giovanni Battista predicò e rese testimonianza a Gesù, che egli stesso battezzò nelle acque del fiume che dà a questa terra il nome. Nei prossimi giorni visiterò entrambi questi luoghi santi e avrò la gioia di benedire le prime pietre delle chiese che saranno costruite sul luogo tradizionale del Battesimo del Signore. La possibilità che la comunità cattolica di Giordania possa edificare pubblici luoghi di culto è un segno del rispetto di questo Paese per la religione e a nome dei Cattolici desidero esprimere quanto sia apprezzata questa apertura. La libertà religiosa è certamente un diritto umano fondamentale ed è mia fervida speranza e preghiera che il rispetto per i diritti inalienabili e la dignità di ogni uomo e di ogni donna giunga ad essere sempre più affermato e difeso, non solo nel Medio Oriente, ma in ogni parte del mondo.

La mia visita in Giordania mi offre la gradita opportunità di esprimere il mio profondo rispetto per la comunità Musulmana e di rendere omaggio al ruolo di guida svolto da Sua Maestà il Re nel promuovere una migliore comprensione delle virtù proclamate dall’Islam. Ora che sono passati alcuni anni dalla pubblicazione del Messaggio di Amman e del Messaggio Interreligioso di Amman, possiamo dire che queste nobili iniziative hanno ottenuto buoni risultati nel favorire un’alleanza di civiltà tra il mondo Occidentale e quello Musulmano, smentendo le predizioni di coloro che considerano inevitabili la violenza e il conflitto. In effetti, il Regno di Giordania è da tempo in prima linea nelle iniziative volte a promuovere la pace nel Medio Oriente e nel mondo, incoraggiando il dialogo inter-religioso, sostenendo gli sforzi per trovare una giusta soluzione al conflitto Israeliano-Palestinese, accogliendo i rifugiati dal vicino Iraq, e cercando di tenere a freno l’estremismo. Non posso lasciare passare questa opportunità senza richiamare alla mente gli sforzi d’avanguardia a favore della pace nella regione fatti dal precedente re Hussein. Come appare opportuno che il mio incontro di domani con i leader religiosi musulmani, il corpo diplomatico e i rettori dell’Università abbia luogo nella moschea che porta il suo nome. Possa il suo impegno per la soluzione dei conflitti della regione continuare a portar frutto nello sforzo di promuovere una pace durevole e una vera giustizia per tutti coloro che vivono nel Medio Oriente.

Cari Amici, nel Seminario tenutosi a Roma lo scorso autunno presso il Foro Cattolico-Musulmano, i partecipanti hanno esaminato il ruolo centrale svolto, nelle nostre rispettive tradizioni religiose, dal comandamento dell’amore. Spero vivamente che questa visita e in realtà tutte le iniziative programmate per promuovere buone relazioni tra Cristiani e Musulmani, possano aiutarci a crescere nell’amore verso Dio Onnipotente e Misericordioso, come anche nel fraterno amore vicendevole. Grazie per la vostra accoglienza, Grazie per la vostra cortesia. Che Dio conceda alle loro Maestà felicità e lunga vita! Che Egli benedica la Giordania con la prosperità e la pace!

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]




Discorso del Papa al Centro "Regina Pacis" di Amman


AMMAN, venerdì, 8 maggio 2009 (ZENIT.org).- Lasciato l’aeroporto Quenn Alia, Benedetto XVI si è recato al Centro "Regina Pacis" di Amman, dove è stato accolto da mons. Salim Sayegh, Vicario Patriarcale latino per la Giordania e fondatore del Centro di riabilitazione dei portatori di handicap.
Qui il Santo Padre ha pronunciato il discorso che riportiamo di seguito:

* * *

Beatitudini,

Eccellenze,

Cari Amici,

sono molto contento di essere oggi qui con voi e di salutare ciascuno di voi, come anche i membri delle vostre famiglie, dovunque essi possano essere. Ringrazio Sua Beatitudine il Patriarca Fouad Twal per le gentili parole di saluto e in modo speciale desidero prendere atto della presenza fra noi del Vescovo Selim Sayegh, i cui progetti e lavori per questo Centro, insieme con quelli di Sua Beatitudine il Patriarca emerito Michel Sabbah, sono oggi onorati dalla benedizione dei nuovi ampliamenti appena terminati. Desidero anche salutare con grande affetto i membri del Comitato Centrale, le Suore Comboniane e il personale laico impegnato, inclusi coloro che lavorano nelle varie branche ed unità comunitarie del Centro. La stima per la vostra notevole competenza professionale, la cura compassionevole e la risoluta promozione del giusto posto nella società di coloro che hanno necessità speciali è ben conosciuta qui e in tutto il regno. Ringrazio i giovani presenti per il loro commovente benvenuto. È una grande gioia per me essere qui con voi.

Come sapete, la mia visita al Centro Nostra Signora della Pace qui in Amman è la prima tappa del mio pellegrinaggio. Come per innumerevoli migliaia di pellegrini prima di me, è ora il mio turno di soddisfare quel profondo desiderio di toccare, di trarre conforto dai luoghi dove Gesù visse e che furono santificati dalla sua presenza e di venerarli. Dai tempi apostolici, Gerusalemme è stata il principale luogo di pellegrinaggio per i Cristiani, ma ancora prima, nell’antico Vicino Oriente, i popoli Semitici costruirono luoghi sacri per indicare e commemorare una presenza o un’azione divina. E la gente comune soleva recarsi in questi centri portando una parte dei frutti della loro terra e del loro bestiame per farne offerta come atto di omaggio e di gratitudine.

Cari Amici, ognuno di noi è un pellegrino. Siamo tutti proiettati in avanti, risolutamente, sulla via di Dio. Naturalmente, tendiamo poi a volgere lo sguardo indietro al percorso della vita – talvolta con rimpianti o recriminazioni, spesso con gratitudine ed apprezzamento – ma guardiamo anche avanti - a volte con trepidazione o ansia, sempre con attesa e speranza, sapendo che ci sono anche altri ad incoraggiarci lungo la strada. So che i viaggi che hanno condotto molti di voi al Centro Regina Pacis sono stati segnati da sofferenza o prove. Alcuni di voi lottano coraggiosamente con forme di invalidità, altri hanno sopportato il rifiuto, ed alcuni di voi sono stati attratti a questo luogo di pace semplicemente per cercare incoraggiamento ed appoggio. Di particolare importanza, lo so bene, è il grande successo del Centro nel promuovere il giusto posto dell'invalido nella società e nell’assicurare che un adeguato esercizio e strumentazione siano forniti per facilitare una simile integrazione. Per questa lungimiranza e determinazione tutti voi meritate grande elogio ed incoraggiamento!

A volte è difficile trovare una ragione per ciò che appare solo come un ostacolo da superare o anche come prova – fisica o emotiva – da sopportare. Ma la fede e la ragione ci aiutano a vedere un orizzonte oltre noi stessi per immaginare la vita come Dio la vuole. L'amore incondizionato di Dio, che dà la vita ad ogni individuo umano, mira ad un significato e ad uno scopo per ogni vita umana. Il suo è un amore che salva (cfr Gv 12,32). Come i cristiani professano, è attraverso la Croce, che Gesù di fatto ci introduce nella vita eterna e nel fare ciò ci indica la strada verso il futuro – la via della speranza che guida ogni passo che facciamo lungo la strada, così che noi pure diveniamo portatori di tale speranza e carità per gli altri.

Amici, diversamente dai pellegrini d’un tempo, io non vengo portando regali od offerte. Io vengo semplicemente con un'intenzione, una speranza: pregare per il regalo prezioso dell’unità e della pace, più specificamente per il Medio Oriente. La pace per gli individui, per i genitori e i figli, per le comunità, pace per Gerusalemme, per la Terra Santa, per la regione, pace per l’intera famiglia umana; la pace durevole generata dalla giustizia, dall’integrità e dalla compassione, la pace che sorge dall'umiltà, dal perdono e dal profondo desiderio di vivere in armonia come un’unica realtà.

La preghiera è speranza in azione. Ed infatti la vera ragione è contenuta nella preghiera: noi entriamo in contatto amoroso con l’unico Dio, il Creatore universale, e nel fare così giungiamo a renderci conto della futilità delle divisioni umane e dei pregiudizi e avvertiamo le meravigliose possibilità che si aprono davanti a noi quando i nostri cuori sono convertiti alla verità di Dio, al suo progetto per ognuno di noi e per il nostro mondo.

Cari giovani amici, a voi in particolare desidero dire che stando in mezzo a voi io sento la forza che proviene da Dio. La vostra esperienza del dolore, la vostra testimonianza in favore della compassione, la vostra determinazione nel superare gli ostacoli che incontrate, mi incoraggiano a credere che la sofferenza può determinare un cambiamento in meglio. Nelle nostre personali prove, e stando accanto agli altri nelle loro sofferenze, cogliamo l'essenza della nostra umanità, diventiamo, per così dire, più umani. E incominciamo ad imparare che, su un altro piano, anche i cuori induriti dal cinismo o dall’ingiustizia o dalla riluttanza a perdonare non sono mai al di là del raggio d’azione di Dio, possono essere sempre aperti ad un nuovo modo di essere, ad una visione di pace.

Vi esorto tutti a pregare ogni giorno per il nostro mondo. Ed oggi voglio chiedervi di assumervi uno specifico compito: pregate, per favore, per me ogni giorno del mio pellegrinaggio; per il mio spirituale rinnovamento nel Signore e per la conversione dei cuori al modo di perdonare e di solidarizzare che è proprio di Dio, così che la mia speranza - la nostra speranza – per l’unità e la pace nel mondo porti frutti abbondanti.

Che Dio benedica ognuno di voi e le vostre famiglie, e gli insegnanti, gli infermieri, gli amministratori e i benefattori di questo Centro. Che Nostra Signora Regina della Pace vi protegga e vi guidi lungo il pellegrinaggio del Figlio suo, il Buon Pastore.





[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]



Le speranze della comunità cristiana in Giordania



Sull’arrivo del Papa ad Amman ascoltiamo, al microfono di Pietro Cocco, mons. Salim Sayegh, vicario patriarcale latino per la Giordania e fondatore del Centro Regina Pacis per la riabilitazione dei disabili, prima tappa della visita di Benedetto XVI nel Paese:

R. – E’ un sentimento di gioia veramente. Siamo felici di ricevere il Santo Padre perché per noi significa ricevere San Pietro.


D. – Il Papa viene anche come ospite del Re...


R. – Questo suo essere ospite del Re ci riempie di gioia, perché il Re ci rappresenta tutti.


D. – Il Papa si fermerà qui in Giordania quattro giorni, una visita molto articolata. Quali sono gli aspetti principali, a suo giudizio, degli appuntamenti che il Papa ha qui ad Amman?


R. – Prima di tutto incontrerà i poveri dei poveri della Giordania, i portatori di handicap nel Centro Nostra Signora della Pace, ed avrà una parola da dire loro. Lì incontrerà anche i giovani, perché il Centro è sia per i disabili che per i giovani. I nostri giovani in Giordania si sentono molto felici, perchè loro che partecipano alla Giornata Mondiale della Gioventù sono coscienti che è il Santo Padre a venire da loro e non loro ad andare da lui. Hanno preparato una bella lettera da presentare al Santo Padre.


D. – Ci sarà anche una visita alla Moschea Al-Hussein Bin Talal di Amman e un incontro con i capi religiosi musulmani...


R. – La visita alla Moschea riflette quel che vive la Giordania: una vita pacifica. Viviamo insieme ai fratelli musulmani da centinaia di anni. La visita del Santo Padre riflette anche il suo desiderio che tutti vivano in pace nella diversità e nell’accettazione gli uni degli altri.


D. – La Giordania in questi anni è stata molto accogliente nei confronti dei profughi, dei rifugiati, con un impegno in prima fila anche della Caritas della Giordania...


R. – Quando c’è stata la guerra in Palestina, nel 1947-1948, è la Giordania che ha ricevuto i profughi. E adesso in Giordania ci sono tanti campi di profughi palestinesi, che rimangono lì, aspettando una soluzione pacifica giusta e legale per la loro questione. Ci sono anche iracheni, che sono non meno di 600-700 mila, e tra di loro ci sono non meno di 25-30 mila cristiani.


D. – Mons. Sayegh, quali le preoccupazioni, le attese per il futuro, principali della comunità cristiana?


R. – Per la comunità cristiana della Giordania la prima cosa è educare cristianamente i giovani, la gioventù, perché loro riflettono la Chiesa del futuro. Noi oggi non possiamo educare i giovani come siamo stati educati 40-50 anni fa, altrimenti la nostra educazione rimarrà esteriore e non toccherà veramente l’anima. Quindi, dobbiamo portarli alla convinzione della loro fede, della loro missione, in questo mondo musulmano, per dare veramente la bella testimonianza di Gesù Cristo.


Sulle principali sfide per la comunità cristiana giordana, Pietro Cocco ha intervistato Adelheid Durk, responsabile di uno dei progetti umanitari della Caritas Giordania:

R. – Penso che sia il lato economico senz’altro ma anche, soprattutto, la pace perché, essendo una minoranza, rimane sempre un po’ la paura che un domani vada via il re e che vengano gli integralisti. E dopo, cosa ne sarebbe di noi? Questo è sempre un grande interrogativo però c’è sempre anche la speranza, senz’altro, che continui anche il lavoro di creare questi rapporti anche con gli altri perché bisogna convivere, non si può rimanere per sempre gli uni contro gli altri.


D. – Anche la visita del Papa va in questa direzione, proprio della cooperazione, della convivenza pacifica; verrà anche a confermare il cammino del dialogo interreligioso...


R. – Sì. Comunque la Giordania è un Paese molto aperto. Anche il re e tutta la famiglia reale sono molto aperti e molto pro-cristiani e si sente l’importanza dei cristiani, considerati il “lievito nella pasta”. I cristiani sono molto richiesti anche nei lavori perché sanno che lavorano bene e con coscienza. Certo ci sono un po’ di problemi ma sono cose che capitano. In generale però, è un Paese aperto in cui veramente convivono pacificamente cristiani e musulmani. (Montaggio a cura di Maria Brigini)






Aiutare i cristiani di Gerusalemme a rimanere in Terra Santa: intervista al parroco di Gerusalemme padre Faltas


Il muro che divide Israele dai Territori palestinesi e che “spezza” troppe famiglie, le case a prezzi insostenibili, un lavoro che non sempre garantisce il necessario per vivere. Sono i problemi quotidiani che pesano sui cristiani di Terra Santa, i quali sperano che la visita del Papa possa contribuire a risolverli. In questo scenario di precarietà, non fa eccezione la realtà di Gerusalemme, come spiega padre Ibrahim Faltas, parroco di San Salvatore, l’unica parrocchia latina della Città Santa, intervistato dal nostro inviato, Roberto Piermarini:

R. – Noi lo aspettiamo a braccia aperte, con entusiasmo. La gente è contenta: vuole essere incoraggiata, in questo periodo, perché ci sono tanti, tanti problemi. C’è il problema della casa, il problema del rinnovo della carta d’identità, della cittadinanza qui a Gerusalemme, il problema del Muro, il problema della disoccupazione … ma soprattutto, poter rimanere qui, a Gerusalemme. Prima dell’erezione del Muro, si sono celebrati molti matrimoni misti: il marito di Gerusalemme e la moglie di Betlemme o viceversa. Adesso, purtroppo, non possono stare insieme perché dopo l’erezione del Muro, chi non è di Gerusalemme deve stare a Betlemme, deve tornare in Cisgiordania. Noi chiediamo un permesso per questa gente, affinché possa rimanere qui.


D. – Padre Faltas, alla vigilia del viaggio del Papa, quali sono stati i commenti della stampa araba e di quella israeliana?


R. – Tutti si stanno preparando bene per la visita del Papa, sia la stampa araba, sia quella israeliana. Anche nelle scuole – sia arabe, sia israeliane – sono state tenute tante, tante lezioni per informare su chi è il Papa, chi è Benedetto XVI … Ogni giorno, nella stampa araba e in quella israeliana, appare una notizia sul Papa …


D. – La Custodia di Terra Santa si sta adoperando per frenare l’esodo dei cristiani dalla Terra Santa …


R. – Il 90 per cento dei cristiani di Gerusalemme non sono proprietari, non hanno terreni, non hanno case e quindi prendono case in affitto. L’affitto più basso ammonta a mille dollari al mese, per arrivare a duemila, tremila, anche di più! La Custodia sta facendo progetti di case per far rimanere la gente qui.


D. – La ripresa del pellegrinaggio in Terra Santa è una risorsa per i cristiani …


R. – Certo: la maggior parte dei cristiani di Terra Santa – oltre l’85 per cento – lavora nel settore del turismo. Se non ci sono pellegrini, la gente non ha casa, non ha terreno, non ha lavoro e quindi, cosa sta a fare, qui? E’ molto facile scappare …


D. – Padre Faltas, questa visita del Papa può ridare speranza?


R. – Penso che la visita del Papa porterà frutti, perché sicuramente il Papa chiederà di risolvere tutti i nostri problemi di cristiani. E questa è la nostra speranza e quella di tutta la gente: è veramente una sfida, vivere a Gerusalemme in questi tempi!





Il Papa in Medio Oriente come fratello dei musulmani e degli ebrei
Intervista al Vicario dei cattolici di lingua ebraica in Israele
di Karna Swanson



GERUSALEMME, venerdì, 8 maggio 2009 (ZENIT.org).- Una delle sfide più grandi legate alla visita di Benedetto XVI in Terra Santa, è quella di riuscire a mostrare ad ebrei e musulmani il volto di Cristo, secondo padre David Neuhaus.

Padre Neuhaus, Patriarca Vicario delle comunità cattoliche di lingua ebraica (www.catholic.co.il) nel Patriarcato latino di Gerusalemme, ha parlato con ZENIT in vista del viaggio del Papa in Giordania, Israele e nei territori dell’Autorità nazionale palestinese, in programma dall’8 al 15 maggio.

In questa intervista il gesuita spiega come Israele si stia preparando alla visita e parla delle principali sfide con cui si confronterà il Santo Padre in questo viaggio, e della storica importanza di questo evento.

In che modo Israele si sta preparando alla visita di Benedetto XVI? E in particolare, come si stanno preparando i cattolici di lingua ebraica in Israele?

Padre Neuhaus: Israele, come nazione, si sta preparando ad accogliere un ospite molto illustre. La bandiera del Vaticano già sventola per le strade che il Santo Padre dovrà percorrere. Le misure di sicurezza sono già visibili nei luoghi della sua visita. La stampa è piena di notizie su Papa Benedetto, sul suo programma per la visita, sugli aspetti della vita della Chiesa, e soprattutto sulla Chiesa locale che riceve generalmente scarsa attenzione in un Paese in cui i cristiani rappresentano solo il 2% o il 3% della popolazione.

Ciò nonostante, la comunità cattolica di lingua ebraica, così come quella di lingua araba, si sta preparando anzitutto ad accogliere il nostro Pastore con gioia ed entusiasmo. Ci stiamo preparando ad ascoltare e a guardare, ad imparare e ad aprire i nostri cuori. Abbiamo grande speranza di ricevere dal Papa incoraggiamento e aiuto nel comprende più profondamente la nostra vocazione ad essere una “piccola oasi” in questa terra ormai da troppo tempo caratterizzata dal conflitto. Siamo molto fieri che il Papa Benedetto abbia voluto insistere per visitare anzitutto noi e per stare con noi.

Il Santo Padre ha chiesto ripetutamente preghiere per questo suo pellegrinaggio e il suo portavoce lo ha definito un viaggio “decisamente coraggioso”. Crede che ci possano essere dei rischi particolari in un viaggio in Terra Santa oggi?

Padre Neuhaus: È effettivamente un viaggio coraggioso perché i rischi sono molteplici. Viviamo in mezzo a un conflitto politico-nazionale, e tutte le parti in causa sono pronte a sfruttare la visita del Santo Padre a proprio vantaggio. Lui si confronterà non solo con la realtà della vita religiosa in Terra Santa, ma incontrerà anche i rappresentanti ufficiali di Israele e dell’Autorità palestinese.

Li incontrerà peraltro in un contesto tra i più significativi: durante la visita a Yad Vashem (il memoriale alle vittime della Shoah) e a Aida Camp (un campo di rifugiati palestinesi della guerra del 1948). I rischi sono evidenti, sebbene il Papa venga come pellegrino in preghiera per la pace e l’unità. Molti si aspettano di sentire da lui parole a sostegno della propria causa. Ma il Papa viene come pastore. Molti cercheranno di analizzare ogni singola parola e ogni suo movimento per trarne un significato politico.

La visita dovrà essere coordinata con grande abilità, in modo da preservare le intenzioni del Santo Padre in un contesto in cui molti cercheranno di tirarlo nel pantano del conflitto e degli interessi di parte. Il Papa avrà bisogno del coraggio degli antichi profeti che si confrontarono con i potenti del loro tempo, per poter esprimere la sua parola di verità e portare a compimento la sua visita in questa terra come pellegrino della pace, dell’unità e dell’amore. Che le preghiere di Giovanni Paolo II possano dare forza a Papa Benedetto mentre cammina sul sentiero del suo predecessore. Che questo pellegrinaggio possa edificarsi e ampliarsi sulle fondamenta del meraviglioso pellegrinaggio del suo predecessore.

Il cardinale Leonardo Sandri ha rivelato questa settimana che il viaggio in Terra Santa è stato voluto dal Papa sin dall’inizio del suo pontificato. Perché è così importante?

Padre Neuhaus: L’importanza di questa visita si esprime a diversi livelli. Anzitutto, il Santo Padre arriva nella terra che è stata teatro della storia della nostra salvezza: la terra dei patriarchi, dei profeti e dei saggi dell’Antico Testamento; la terra di Gesù Nostro Signore e dei discepoli ed apostoli del Nuovo Testamento. Egli viene per ricordarci dell’importanza di questi luoghi sacri per la nostra identità come cristiani, perché rappresentano un memoriale permanente della fedeltà di Dio per noi.

In secondo luogo, egli viene per incoraggiarci e sostenere la madre Chiesa di Gerusalemme. In queste settimane – dalla Pasqua alla Pentecoste – stiamo leggendo gli Atti degli apostoli, in cui Gerusalemme e la sua Chiesa rappresentano un costante punto di riferimento. Dobbiamo rafforzare la Chiesa di Gerusalemme come costante punto di riferimento delle nostre origini e perché dare testimonianza di Gesù nella terra in cui lui ha vissuto è essenziale.

In terzo luogo, il Papa viene nel cuore di una zona in agitazione, per mostrare il volto della Chiesa come promotrice di giustizia, di pace e soprattutto di perdono e compassione. Abbiamo bisogno di questa visita in modo speciale per promuovere il perdono, così assente dai nostri discorsi sul conflitto locale.

In quarto luogo, il Papa viene per promuovere il dialogo, sia con gli ebrei, sia con i musulmani.

Questo viaggio sarà un’opportunità di incontro fra cattolici, musulmani ed ebrei. Cosa può fare il Papa per evitare incomprensioni con le religioni ebraica e islamica, come è avvenuto qualche mese fa dopo la remissione della scomunica del vescovo Richard Williamson, o con il discorso di Ratisbona all’inizio del suo pontificato?

Padre Neuhaus: L’incontro con le autorità ebraiche e islamiche è un elemento importante di questo viaggio. Il Santo Padre si recherà anche nei luoghi più importanti per queste due tradizioni religiose: Haram al-Sharif (dove visiterà la Cupola della Roccia) e il Muro occidentale (il Muro del pianto). Tutto ciò sarà preceduto da un raduno interreligioso in cui il Papa si rivolgerà a centinaia di ebrei, cristiani e musulmani, attivi nel dialogo interreligioso, nell’educazione, nel volontariato, nei diritti umani, nella democrazia e nella tolleranza: alle persone che lavorano come operatori di pace e promotori della giustizia e della riconciliazione.

Sia gli ebrei che i musulmani si attendono parole e gesti di riconciliazione, considerati i precedenti episodi di tensione. A tal fine, i momenti importanti non saranno solo le visite alle autorità religiose e ai luoghi sacri per le tradizioni ebraica e musulmana, ma anche gli incontri con la gente sofferente della regione. Questi incontri saranno a loro volta occasione per il Santo Padre di mostrare ai nostri fratelli ebrei e musulmani il volto di un fratello che rivolge a loro parole di saggezza e di amore e che compie gesti di rispetto e compassione.

Il Papa ha detto che va come “Pellegrino di pace” in Terra Santa. Come può il capo della Chiesa cattolica rappresentare una forza di pace in questa regione?

Padre Neuhaus: Si tratta di una sfida enorme, in una regione che troppo spesso sembra non volere intraprendere il cammino della pace. Il Papa non viene come leader politico, ma come leader spirituale e religioso in pellegrinaggio. Questo significa che ha la libertà dello Spirito e può tentare di trasformare la visione di chi in questa regione non riesce a vedere oltre il conflitto e lo scontro.

È poco probabile che il Santo Padre possa proporre un nuova formula ai leader politici, ma non ho alcun dubbio che egli potrà sottolineare quegli elementi che sono essenziali per un processo di pace e che tuttavia vengono raramente citati nei discorsi politici che dominano la nostra regione. Il perdono e la compassione sono due di questi elementi che il Papa, nei suoi incontri con israeliani e palestinesi, certamente vorrà sottolineare.

Il Papa viene non come un re, ma come un profeta e un saggio. Questo gli conferisce un certo grado di libertà dagli imperativi del potere e della politica, per poter considerare la nostra triste condizione con parole di verità e di amore. Se egli riuscisse anche solo ad aprire la nostra visione per farci vedere ciò che non riusciamo a vedere – ovvero che l’altro è un nostro fratello e non un nostro nemico – allora ci avrà aiutato ad esorcizzare i demoni della paura, del sospetto e dell’odio che hanno colonizzato le nostre menti e i nostri cuori.

Per coloro che seguono il viaggio del Papa dall’estero, può individuare alcuni dei principali elementi del contesto culturale di cui tenere conto?

Padre Neuhaus: Forse, semplicemente, coloro che seguono l’evento dovranno capire che il Papa si reca in luoghi che non sono cattolici, ma che sono di tradizione, storia e identità ebraica (Israele), e di tradizione, storia e identità araba musulmana (la Giordania e i territori dell’Autorità nazionale palestinese). Per la maggior parte della gente il Papa non è l’amato pastore, ma un illustre straniero che rappresenta anche parte delle sofferenze e delle difficoltà che hanno caratterizzato i rapporti fra ebrei e cattolici, e fra musulmani e cattolici.

Dobbiamo pregare, tutti noi, che questa visita possa essere un importante momento di trasformazione, in cui israeliani e palestinesi, ebrei e musulmani, possano vedere nel volto del Papa Benedetto XVI il volto di Gesù Cristo, umile, compassionevole e servo dei suoi fratelli e sorelle. È questa in definitiva la più grande sfida di questo viaggio.





Un video per accompagnare la visita del Papa in Terra Santa


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 8 maggio 2009 (ZENIT.org).- In occasione del viaggio in Terra Santa di Benedetto XVI l'editore cattolico HDH Communications distribuisce "Le Città Sante", un cofanetto da collezione da 3 DVD, un pellegrinaggio attraverso le città di Gerusalemme, Roma e Assisi.


"La terra di Cristo, la casa di Pietro, la dimora di San Francesco sono i luoghi sacri che racchiudono i valori della spiritualità cristiana. Questa serie di documentari vuole essere un percorso geografico e spirituale alla ricerca delle nostre radici cristiane", sottolinea Francesco Robatto, presidente di HDH Communications, distributore esclusivo mondiale del Centro Televisivo Vaticano.

Il cofanetto in edizione da collezione è disponibile in versione italiana, inglese e spagnola ed è proposto con uno sconto speciale del 25% sul sito www.hdhcommunications.com per tutto il mese di maggio.




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=821&sett...

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