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Viaggio apostolico in Giordania e Israele

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2009 21:40
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06/05/2009 16:34
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Padre Pizzaballa: il viaggio del Papa, grande incoraggiamento per la piccola comunità cristiana di Terra Santa


Il Papa, dunque, tra due giorni, l’8 maggio prossimo, partirà per la Terra Santa: un pellegrinaggio che in otto giorni lo porterà in Giordania, Israele e Territori palestinesi. Grande, in particolare, l’attesa della piccola comunità cristiana locale. Il nostro inviato a Gerusalemme, Roberto Piermarini, ne ha parlato col custode di Terra Santa, il padre francescano Pierbattista Pizzaballa:

R. – E’ un viaggio che è stato pensato innanzitutto per loro, proprio per queste comunità che soffrono un po’, che si sentono un po’ isolate. Questa visita quindi è un momento molto forte ed importante perché è un grande incoraggiamento ed anche un grande richiamo a tutta la Chiesa universale, a guardare in Terra Santa e a guardare queste comunità.


D. – I cristiani di Terra Santa temono strumentalizzazioni sul piano politico per questo viaggio del Papa che ha un carattere squisitamente religioso e pastorale…


R. – Le strumentalizzazioni in questo Paese sono sempre facilissime ma se uno dovesse fare tutti questi calcoli, alla fine, non farebbe niente. Quindi, il Papa verrà sicuramente con molta libertà, come ha dimostrato nel fare questo gesto importante per le comunità, senza escludere l’aspetto interreligioso naturalmente e quello politico. Che poi ci saranno strumentalizzazioni, non ci dobbiamo preoccupare.


D. – Dal punto di vista ecumenico, come è stata accolta questa visita del Papa?


R. – Tutte le chiese sono contente, anche perché è un momento forte, per tutti i cristiani - non solo per i cattolici - di visibilità innanzitutto, ma anche per far conoscere a tutto il mondo, quanto è importante che i cristiani stiano qui.


D. – Sul piano invece interreligioso, con ebrei e musulmani?


R. – Con ebrei e musulmani ci saranno diversi incontri per cui, sicuramente, questo aspetto è accentuato, ancora più, forse, della volta precedente con Giovanni Paolo II. Attendiamo una parola chiara. Sicuramente il Papa non può fare gesti nuovi rispetto all’ebraismo e all’Islam, perché sono già stati fatti ma potrà dire una parola forte, nuova e chiara di come deve essere il rapporto tra noi, soprattutto in questo contesto dove ci sono, come lei ha detto, anche diverse e tante strumentalizzazioni e polemiche faziose.


D. – Padre Pizzaballa, si è sbloccato il problema dei visti per i religiosi di Terra Santa, specialmente per quelli provenienti dai Paesi arabi?


R. – Sì e no, va a periodi. Adesso, in questo momento, forse anche legato alla visita del Papa, ci sono delle facilitazioni ma ancora non abbiamo un riferimento chiaro di procedura. Però, ultimamente, diciamo che i permessi sono arrivati.


D. – Cosa sta facendo la Custodia di Terra Santa per l’esodo dei cristiani? E’ una ferita aperta…


R. – Sì, l’esodo è una ferita aperta, soprattutto nell’autonomia palestinese ma anche qui a Gerusalemme. La Custodia è attiva su diversi fronti: innanzitutto nella creazione di posti di lavoro, creando opportunità di lavoro nelle scuole e nelle piccole iniziative di carattere commerciale dove i cristiani possono lavorare. Poi, nel costruire case: come Custodia, siamo qui da tanti secoli e siamo riusciti ad acquisire molti terreni sui quali cerchiamo di costruire case a prezzi agevolati per i cristiani perché è un problema molto grave per i cristiani questo, soprattutto a Gerusalemme. Si cerca quindi di facilitarli a restare qui. E poi li aiutiamo con un’opera di formazione, per quanto possibile.


D. – Si sta parlando molto, e se n’è parlato anche durante la visita del 2000 di Giovanni Paolo II, della restituzione del Cenacolo. Voi, come Custodia di Terra Santa, sareste contenti di questa restituzione del Cenacolo?


R. – Non saremmo soltanto contenti, saremmo entusiasti se ci restituissero il Cenacolo. Sono piuttosto scettico, devo dire, sulla restituzione almeno prossima. Non c’è una trattativa reale, diciamo, specifica su questo argomento, c’è una trattativa più generale sui luoghi santi. Prima o poi, arriveremo a discutere in maniera più seria anche di questo ma devo dire che, all’orizzonte, non si vede ancora nulla di chiaro e preciso.





L'attesa del Papa in Giordania: la gioia di cristiani e musulmani


Apertura e ospitalità sono le due parole che ricorrono in Giordania a due giorni dall’arrivo del Papa, a sottolineare il clima di grande attenzione per una visita che toccherà luoghi simbolo di questo Paese. A cominciare da quelli che rappresentano la monarchia haschemita con l’incontro con il Re Abdallah II, alla Moschea Al- Hussein Bin Talal di Amman, al memoriale di Mosè sul Monte Nebo, all’antico sito del Battesimo, dove operava San Giovanni Battista sulle rive del Giordano. Autorità civili e religiose sono univoche nel mostrare una grande concordia nella preparazione dell’accoglienza al Papa. Tutti sottolineano come la Giordania si sia sempre contraddistinta per una coesistenza pacifica tra la maggioranza musulmana e le comunità arabe cristiane che in queste terre vivono dai tempi di Gesù. Questo pomeriggio, nel Centro stampa allestito dal Governo, ne parleranno in conferenza stampa il vicario latino per la Giordania, il vescovo Salim Sayegh, e il vescovo di Petra e Filadelfia dei Greco-Melkiti, mons. Yaser Ayyash, insieme al nunzio apostolico in Giordania, l’arcivescovo Francis Assisi Chullikat. Tra i momenti più significativi della visita del Papa ci sarà anche la benedizione delle prime pietre di due nuove chiese cattoliche, una latina e l’altra greco-melkita, e di una nuova Università del Patriarcato cattolico latino a Madaba. A testimoniare che qui i cristiani arabi, piccola minoranza del tre per cento su circa cinque milioni e mezzo di abitanti, vogliono continuare a vivere e a contribuire al futuro di questo Paese e dell’intera regione. Sul clima di attesa in Giordania, ascoltiamo il portavoce della Chiesa Cattolica Latina in questo Paese, padre Rif’at Bader, intervistato dal nostro inviato ad Amman, Pietro Cocco:

R. – Tutta la Giordania si prepara a questa visita. C’è grande gioia e grande collaborazione tra la Chiesa e le autorità, i ministri, soprattutto il ministro del turismo che si prepara a ricevere tutti i visitatori e i pellegrini che vengono per pregare con noi, soprattutto nella Messa di domenica prossima, che sarà la prima Messa domenicale celebrata in Giordania da un Papa.


D. – Nelle settimane scorse ci sono stati anche momenti di preghiera proprio per preparare la comunità cristiana all’arrivo del Papa …


R. – Abbiamo invitato tutti i sacerdoti, insieme ai religiosi e alle religiose, ad una giornata di preghiera e di riflessione sulla visita, perché noi crediamo che la visita sia un momento spirituale per Sua Santità ma anche per noi, credenti in Gesù Cristo, per il fatto di avere il Successore di Pietro tra noi che non soltanto parla, ma prega. Noi vogliamo pregare con lui, vogliamo pregare per lui, per tutta la Chiesa in tutto il mondo. Ecco perché abbiamo letto una preghiera speciale dei vescovi cattolici di Terra Santa in cui si mostra a tutti che la visita è un momento spirituale, che il Papa viene – come lui stesso ha detto – come pellegrino di pace, un pellegrino che quindi viene per pregare. Prima della visita avremo delle Messe speciali, reciteremo il Rosario, perché il mese di maggio è il mese di Maria: tutte le preghiere del Rosario sono per la riuscita della sua visita in Giordania.


D. – Abbiamo visto che c’è molta attesa anche da parte della maggioranza della popolazione che è musulmana. Lei, in particolare, ha scritto anche un libro, “Apertura e ospitalità”, proprio per spiegare chi è questo capo religioso che viene a visitare la Giordania. Non è il primo evento del suo genere in assoluto – sono già venuti Paolo VI e Giovanni Paolo II – ma sicuramente è la più lunga e la più articolata, come visita …


R. – Questa volta, abbiamo il Papa per quattro giorni: una benedizione! Questo significa che ci sono tante cose da vedere, in Giordania, e tante attività da benedire. Il libro che ho pubblicato un mese prima della visita e che si chiama “Ospitalità e apertura”, trae il titolo dal discorso di Giovanni Paolo II, nel 2000, davanti a Sua Maestà: è il Re che riceve il secondo Papa in nove anni. Ecco, è veramente una benedizione! Giovanni Paolo II disse al Re che il popolo giordano è speciale nell’ospitalità e nell’apertura per tutti. Ecco perché vediamo, in questi giorni, un’attesa grande, una gioia grande per tutti i cuori – dei musulmani, dei cristiani – perché una visita alla Giordania significa una visita al Re, una visita al governo, una visita al popolo giordano, una visita a tutti! In Giordania, infatti, si vive un modello della coesistenza, del dialogo interreligioso e questo dialogo non è soltanto un dialogo intellettuale, ma anche un dialogo di vita. Viviamo insieme, lavoriamo insieme e così condividiamo la vita: come abbiamo partecipato in passato, così è nel presente e così sarà in futuro. E questo perché c’è coesistenza, c’è amore, c’è dialogo e c’è rispetto reciproco. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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