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Viaggio apostolico in Giordania e Israele

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2009 21:40
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2/5/2009

Il Papa, il Muro e il Ritorno

Marco Tosatti


Fra una settimana Benedetto XVI partirà per Giordania, Israele e Territori dell'Autorità Nazionale Palestinese, nel viaggio più delicato del suo regno.

Il Papa si reca in Terra Santa come pellegrino di pace. Lo dice lo stesso Pontefice, nel discorso rivolto questa mattina ai membri della 'Papal Foundation' (ente statunitense che sostiene la carità del Papa), a pochi giorni dalla visita in Terra Santa (8-15 maggio). "Il mondo di oggi - dice - ha sinceramente bisogno di pace, specialmente di fronte alle tragedie della guerra, della divisione, della povertà e delle disuguaglianze. Fra pochi giorni avrò il privilegio di visitare la Terra Santa. Vado come pellegrino di pace. Da più di 60 anni, questa regione - la terra nativa di nostro Signore, morto e risorto, un posto sacro per le tre grandi religioni monoteistiche - è stato luogo di violenze e ingiustizie. Questo - aggiunge Benedetto XVI - ha portato una generale atmosfera di incomprensioni, incertezze e paura, mettendo vicini contro vicini, fratelli contro fratelli". Il Papa prega poi per quella terra. "Mentre mi preparo per questo significativo viaggio - dice - chiedo in special modo che vi uniate a me nella preghiera per tutte le persone della Terra Santa e per la regione intera. Possano ricevere il dono della riconciliazione, della speranza e della pace".
“Non sarà un viaggio politico...” a dispetto della frase che viene costantemente ripetuta nei sacri palazzi in questi ultimi giorni di preparazione della visita di Benedetto XVI in Terrasanta, sarà praticamente impossibile tenere fuori la politica dal pellegrinaggio del Papa. Anche se nella sua permanenza in Giordania, Israele e nei territori dell’Autorità palestinese i discorsi che pronuncerà saranno incentrati sulla figura di Gesù, per ribadire, nei luoghi della sua vita terrena, che il cristianesimo è un avvenimento storico e i cristiani non seguono un’idea, ma una persona. La Santa Sede teme strumentalizzazioni; ma questo è uno dei rischi che il Papa, a dispetto degli avvertimenti della sua diplomazia e dei collaboratori, ha voluto correre.
La comunità cristiana di Terrasanta era ben contenta di accogliere il Papa, ma era altrettanto convinta che il momento fosse quello meno adatto: i lavori della commissione bilaterale sugli accordi fondamentali tra Israele e Vaticano che procedono a rilento (anche se ora si parla di un’accelerazione la prossima sessione di colloqui si terrà a dicembre…), il delicato momento politico che attraversa Israele dopo la formazione del nuovo governo con esponenti dell’estrema destra; le tensioni gravi e irrisolte all’interno del popolo palestinese, diviso tra Hamas e Fatah erano e sono tutti elementi che facevano suggerire un rinvio del viaggio. È stato lo stesso patriarca latino, Fuad Twal, a confermare nei giorni scorsi il timore che l’arrivo del Pontefice potesse servire soprattutto a regolare i rapporti con Israele e a consolidare l’amicizia con il mondo ebraico, facendo passare in secondo piano i problemi vissuti dai cristiani e le sofferenze dei palestinesi. Ma, ha detto Twal, “avendo constatato che il programma del pellegrinaggio era ben bilanciato, abbiamo finito per riconoscere che questo viaggio non poteva che essere una benedizione per tutti”.
Ma è evidente che i problemi emergeranno. E basta leggere questa nota del SIR (Servizio Informazione Religiosa) sulla visita al campo profughi di Aida per rendersene conto.
"Un ciondolo con una chiave, simbolo sia della missione di ‘custode delle chiavi’ affidata da Cristo a san Pietro e ai suoi successori, che della ‘chiave del ritorno’ dei profughi palestinesi, ed una mappa della Palestina incisa su una pietra del mare di Galilea: sono i doni che gli abitanti del campo di Aida, Betlemme (circa 5000 persone di cui 14 famiglie cristiane), faranno a Benedetto XVI in occasione della sua visita al campo il 13 maggio, prevista dal viaggio in Terra Santa. A quanto si legge nel sito del Patriarcato Latino, per la visita, che durerà un’ora, è al lavoro un comitato che annovera tra i suoi membri oltre a Ziyad Al Bandak, presidente del governo locale anche padre Majdi Syriani, sacerdote del Patriarcato. Da quanto si apprende dal Patriarcato i bambini del campo accoglieranno il Papa su entrambi i lati delle strade decorate con manifesti, striscioni e bandiere dell'Autorità palestinese e del Vaticano. La cerimonia avrà inizio vicino al muro di separazione. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas terrà un discorso, seguito da quello di Benedetto XVI. Prenderanno la parola anche rappresentanti del campo e due programmi artistici concluderanno l'evento. “Il Papa che entra ad Aida – dice p. Syriani - sarà come una luce nella notte per gli abitanti del campo e l’occasione per mostrare le sofferenze dei profughi e la volontà di mettere fine ad esse rendendo giustizia ai palestinesi”.


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