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Viaggio apostolico in Camerun e Angola

Ultimo Aggiornamento: 02/05/2009 17:13
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20/03/2009 16:22
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CAPITOLO III
CHIESA FAMIGLIA DI DIO:
«SALE DELLA TERRA»
E «LUCE DEL MONDO»

70. Rispondendo alle domande dei Lineamenta, le Chiese particolari auspicano di aprire cammini di riconciliazione, giustizia e pace nel continente. Per questo, i Padri del Sinodo rifletteranno sul problema del radicamento delle loro comunità nella cultura africana, nella Tradizione viva della Chiesa e nei valori evangelici. Essi dovranno scoprire, per la Chiesa, il modo migliore di essere «sale» e «luce» nel cuore dell’Africa, in sinergia con la società africana e per essa.


I. Radicarsi in una cultura africana trasfigurata

71. Le Chiese particolari constatano che la sfida dell’inculturazione è più che mai cruciale per le nostre società africane le cui culture sono minacciate.

1. Le sfide della globalizzazione

72. Come ricordava il Santo Padre Benedetto XVI all’inizio dell’anno, «la famiglia umana [è] oggi ulteriormente unificata dal fenomeno della globalizzazione» [38]. In questo contesto mondiale in cui l’Africa è lesa, alcune risposte suggeriscono che i Padri del Sinodo cerchino le vie di un’azione della Chiesa a favore di una maggiore integrazione delle società e delle Nazioni del continente. In effetti, nell’attuale corsa dei Paesi industrializzati ad occupare le riserve minerarie più grandi del mondo, l’abbondanza delle risorse naturali del continente continua ad essere una fonte di minaccia alla pace, alla giustizia e alla riconciliazione, e le società inoltre rischiano di essere deturpate dalla logica dell’economia mondiale a scapito di ciò che costruisce la persona umana, cioè il meglio delle nostre tradizioni locali e della nostra fede [39].

2. La necessità del radicamento culturale

73. Il Vangelo si radica nel tessuto umano della cultura. Le società africane constatano, impotenti, la disgregazione delle loro culture. La Chiesa può formare cristiani autentici [40] solo prendendo seriamente in mano l’inculturazione del messaggio evangelico. In questo anno giubilare di San Paolo, le Chiese particolari auspicano che i Padri sinodali mettano la figura di San Paolo al centro delle loro riflessioni, poiché «l’Apostolo è stato un eccezionale arte­fice di inculturazione del messaggio biblico entro nuove coordinate culturali. È ciò che la Chiesa è chiamata a fare anche oggi […]. Essa deve far penetrare la Parola di Dio nella molteplicità delle culture ed esprimerla secondo i loro linguaggi, le loro concezioni, i loro simboli e le loro tradizioni religiose» [41].

3. Il lievito del Vangelo nei valori africani

74. Nelle risposte si evidenzia la necessità di una pastorale migliore, affinché le verità e i valori delle culture africane siano toccati e trasfigurati dal Vangelo. Ciò che il Servo di Dio Giovanni Paolo II diceva a questo riguardo resta una preoccupazione. L’«inculturazione – egli affermava – […] sarà realmente un riflesso dell’incarnazione del Verbo, quando una cultura, trasformata e rigenerata dal Vangelo, produce dalla sua propria viva tradizione espressioni originali di vita, di celebrazione, di pensiero cristiani» [42]. Radicandosi nella Scrittura – tradotta nelle lingue locali –, i cristiani saranno capaci di comprendere il Verbo di Dio e di ascoltarne la Parola. Essi gli obbediranno secondo l’accezione comune del verbo “ascoltare” nelle lingue africane, per vivere in maniera profonda i valori evangelici, senza tradirli con pratiche e comportamenti culturalmente ammessi ma contrari allo spirito di Cristo (cf. Mt 5, 17). Come dice l’Apostolo Paolo: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8, 38-39).

II. Attingere forza nella fede in Cristo

75. Nella maggior parte delle risposte, le Conferenze Episcopali sottolineano che il legame con Cristo, che ha costituito gli uomini figli di Dio mediante il battesimo, sostiene le comunità ecclesiali nella loro azione. Esse alimentano questa relazione mediante l’ascolto della Parola, la frazione del pane eucaristico e la pratica del Sacramento della riconciliazione (cf. At 2, 42).

1. La presenza operante di Cristo nelle nostre vite

76. Come un fermento nelle nostre vite, la fede in Cristo presente e operante ci impegna e ci rende capaci di solidarietà e condivisione con l’assistenza ai poveri, ai malati, agli orfani e alle vedove, in cui vediamo il Suo volto (cf. Mt 25), per trasmettere il Suo amore, la Sua bontà e la Sua compassione. È grazie a questa fede che noi, discepoli di Cristo, assolviamo coscienziosamente il nostro lavoro. Essa ci stimola ad occuparci delle parrocchie nella misura delle nostre possibilità e della formazione dei futuri sacerdoti e persone consacrate in seno alle Comunità Ecclesiali Viventi.

77. Questa fede ci rinvia a Cristo, modello e riferimento nella profondità dei nostri interrogativi. In Lui troviamo l’orientamento della nostra vita, mediante il discernimento della volontà di Dio nostro Padre nelle situazioni che affrontiamo, «essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato» (Eb 4, 15).

78. Poiché Gesù Cristo è Salvatore e Signore, abbiamo potuto prendere delle iniziative al fine di promuovere la riconciliazione, la giustizia e la pace. Nelle difficoltà, non siamo indietreggiati davanti alla lotta contro gli antivalori e siamo rimasti aggrappati alla nostra comunità di fede senza fuggire verso soluzioni facili di salvezza proposte dalle sette. Nei momenti di persecuzione la Signoria di Cristo ci ha riempiti di coraggio, temperanza e pace. Noi restiamo nella speranza poiché, come Egli diceva, «voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (Gv 16, 33). E ancora: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).

2. Cristo, Pane di Vita

79. Come ricordava ancora la Dodicesima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, è alla tavola di Cristo Pane di Vita che i cristiani nutrono la koinonia («comunione fraterna» [43]), che trasmettono in seguito alla società.

L’incontro eucaristico

80. Nell’Eucaristia, Cristo resta in mezzo a noi e in ciascuno di noi. Donandosi a noi, confessano le Chiese particolari, Egli ci riunisce e fa di noi un popolo di figli e figlie di Dio riconciliati e in armonia con il Padre, e gli uni con gli altri affinché, a nostra volta, noi possiamo essere agenti di riconciliazione, artefici di pace e di giustizia. Partecipi dell’offerta di Cristo al Padre, noi possiamo vivere, in Lui, azioni e gesti di pace e riconciliazione, e acconsentire al sacrificio del dono di noi stessi. Poiché «Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3, 16), affinché il Regno del Padre si diffonda. La celebrazione eucaristica è vissuta allora nella sua dimensione di luogo di esperienza spirituale in cui il memoriale di Cristo ispira i nostri impegni, ci dona la forza per andare verso gli altri in testimonianza evangelica di fede e di amore.

81. L’Eucaristia è Sacramento d’amore. E là dove c’è l’amore, non sono ammessi l’odio, la vendetta e l’ingiustizia. Così, una comunità edificata dall’Eucaristia diventa autentico sacramento d’unità, fraternità e riconciliazione nel cuore dell’umanità. Poiché in essa il Signore vuole coronare di successo tutti i nostri sforzi diretti a fare del mondo un luogo di Gloria per il Padre suo, poiché «la gloria di Dio – dice Sant’Ireneo – è l’uomo vivente» [44].

82. È ancora in questo Sacramento che ci riconcilia con il Padre che otteniamo la guarigione delle nostre divisioni mediante la preparazione penitenziale, la pace di Cristo data e ricevuta e il Pane di Vita condiviso, in cui Gesù stesso ci nutre del suo Corpo e della sua Parola.

La forza della Parola di Dio

83. La Parola di Dio nutre la nostra fede e sostiene il nostro impegno. Essa ispira la vita personale, illumina gli avvenimenti quotidiani e offre criteri di discernimento nell’azione.

84. Forza di coesione e di costruzione di comunità cristiane e di società più giuste e più fraterne, la Parola di Dio ridinamizza e rivivifica i membri delle nostre comunità [45]. È importante dunque ascoltare, meditare ed approfondire la Parola, luogo privilegiato in cui si realizza il progetto meraviglioso di Dio sulla persona umana e sulla creazione. Le esperienze di certe famiglie in cui la Bibbia è al centro della loro vita e serve all’educazione dei figli e alle relazioni tra i genitori, attestano che la Parola di Dio ristabilisce l’armonia e la concordia nella casa, e rinsalda i legami familiari. La familiarità con la Parola di Dio ascoltata e condivisa in famiglia ammonisce le coscienze e protegge da derive quali il concubinato, l’adulterio e l’alcolismo. Essa mantiene lo sguardo dei suoi membri fisso su Gesù Cristo.

85. Queste esperienze ci invitano a lottare contro l’analfabetismo e a sollecitare una vasta solidarietà per ridurre il costo delle bibbie, affinché ciascun cristiano o almeno tutte le famiglie vi possano avere accesso. Se letta e spiegata in gruppi o nelle Comunità Ecclesiali Viventi, la Sacra Scrittura diventerà il fermento che rinnova e ricrea la nostra cultura affinché formi uomini e donne nuovi «nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4, 13).

Il sacramento della riconciliazione

86. Fedele al suo ministero di riconciliazione dell’uomo con Dio e degli uomini tra di loro, la Chiesa assicura ai suoi figli e figlie il servizio del sacramento di penitenza, riconciliazione e perdono. Attraverso la sua pratica abituale, i cristiani testimoniano che essi apprendono a guardare in faccia la loro vita per confessare l’esperienza della misericordia e della bontà di Dio [46] verso la loro miseria, il loro peccato e le loro mancanze d’amore [47]. Tale pratica sacramentale è diventata luogo autentico in cui la grazia di Dio li ha riconciliati con se stessi e con gli altri. Essi hanno progressivamente appreso ad entrare nella logica della riconciliazione (cf. Mt 6, 15; 18, 23-35). Una forma di celebrazione comunitaria del sacramento, secondo le norme della Chiesa, non potrebbe contribuire a medicare le ferite delle società lacerate da esperienze di violenza, di conflitti e di guerre?


III. Agire come Chiesa Famiglia di Dio

1. Figli e figlie dello stesso Padre nel Figlio unigenito

87. Benché provenienti da origini diverse, l’appartenenza a Cristo ci riunisce come fratelli e sorelle di una stessa famiglia di figli e figlie di Dio. In questo modo, essa ci invita a trasformare le nostre differenze tribali, etniche, razziali o di classe sociale, che a volte ostacolano il nostro camminare insieme, affinché l’acqua del battesimo sia più forte del sangue (cf. Gal 3, 27-28).

88. Poiché fondata sulla paternità di Dio, l’immagine della Chiesa come Famiglia ha messo in rilievo i valori familiari africani di solidarietà, condivisione, rispetto dell’altro, coesione, ecc. Questo modello ha aperto i cuori e gli animi a una gestione dei conflitti mediante il dialogo sotto l’arbre à palabre e mediante i riti di riconciliazione che, per noi discepoli di Cristo, sono la Parola di Dio, ascoltata e condivisa [48], il sacramento della penitenza e l’Eucaristia che suggella la comunione. È ciò che ci insegna l’esperienza dei sinodi diocesani, delle giornate sacerdotali, dei forum di fedeli laici e delle Comunità Ecclesiali Viventi.

2. Segno e strumento di riconciliazione
89. La Chiesa Famiglia diventa segno visibile e strumento di giustizia, di pace e di riconciliazione operate da Cristo a beneficio del genere umano, quand’essa vive in coerenza con la sua identità di famiglia «sale della terra» e «luce del mondo» [49]. Ne ha dato un esempio il Servo di Dio Giovanni Paolo II a Gorée (Senegal) nel 1992 e alla soglia del terzo millennio a Roma (12 marzo 2000). Dopo di lui, i Vescovi del SCEAM hanno ripreso il suo gesto a Gorée nel 2003.

La Chiesa sacramento di riconciliazione

90. La Chiesa nel continente africano ha occupato un posto ragguardevole nella riconciliazione in occasione dei conflitti. Essa gode, altresì, di una grande credibilità in molte società africane. Non è forse questo un invito ad un impegno più coraggioso a costruire ponti tra gli uomini? Ad esempio, poiché la forza di cui le comunità ecclesiali dispongono proviene loro dallo Spirito Santo, alcune di esse testimoniano che in nome della loro fede in Cristo, esse hanno il coraggio di intraprendere iniziative per riconciliare, al livello delle Comunità Ecclesiali Viventi, le coppie separate, le famiglie in conflitto e le comunità divise dei villaggi.

La riconciliazione autentica: guarigione per la giustizia e la pace

91. Come un seme gettato in terra che spinge senza che ce se ne accorga, così avviene per il Regno di Dio di cui la Chiesa è segno e strumento. L’efficacia della sua azione è invisibile agli occhi dell’uomo. La riconciliazione che Cristo continua ad operare attraverso di essa per l’unità del genere umano è una guarigione lenta e lunga che esige da tutti i cristiani che essi vi lavorino con la fede di Mosè che, «rimase saldo, come se vedesse l’invisibile» (Eb 11, 27). Guariti dall’unzione dello Spirito di Cristo, essi potranno operare per riconciliare gli uomini tra di loro e ristabilire la pace nei cuori e nella società.


IV. Impegnarsi per un’Africa riconciliata

92. È riconosciuto che la Chiesa è profondamente impegnata nella società africana al servizio di tutti attraverso le sue istituzioni educative e sanitarie e i programmi di sviluppo. Come possono queste altre istituzioni e comunità (Conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, Comunità Ecclesiali Viventi) dare gli stessi segni?

1. La Chiesa, Famiglia per le Nazioni
93. Le Comunità Ecclesiali Viventi incarnano questa preoccupazione di convivialità familiare nella Chiesa. La vita cristiana a misura umana si vive in questo quadro. Le solidarietà positive come espressione della carità cristiana si sperimentano in maniera esemplare in queste comunità. In alcuni luoghi, la Parola di Dio è letta, condivisa e vissuta a questo livello. Diventa importante, pertanto, il ruolo degli animatori laici delle comunità per assicurare un servizio di leadership che aiuti i membri a crescere nella fede e nell’impegno per una società riconciliata, giusta e pacifica. Un lavoro teologico è senza dubbio auspicato in questo “luogo”.

94. La Chiesa prende la Famiglia come modello. Essa deve far sì che questa “chiesa domestica” sia a immagine della Sacra Famiglia in cui il dono totale di sé all’altro è contrassegnato da rispetto, disponibilità e collaborazione (cf. Mt 2, 13-14.19-23; Lc 2, 21ss.; Gv 2, 1-12; 19, 26-27; At 1, 14). I coniugi e la famiglia richiedono un’attenzione particolare. Il matrimonio tradizionale obbliga, a volte, i cristiani a vivere ai margini della loro comunità. Cosa fare affinché la celebrazione cristiana del matrimonio si radichi sempre più nella tradizione africana dell’alleanza matrimoniale e quest’ultima sia elevata e trasformata dai valori evangelici del matrimonio cristiano? [50] Quali disposizioni adottare per ridurre il costo, spesso molto elevato, dei matrimoni in Chiesa e incoraggiare i più poveri a celebrare questo Sacramento? La questione della coppia cristiana riguarda naturalmente quella della famiglia. La complessità del controllo delle nascite richiede che la Chiesa vi si dedichi con l’aiuto di esperti e in dialogo con i coniugi cristiani, nel rispetto dei valori culturali africani legati alla vita, nel rispetto della legge morale che la Chiesa insegna, e nell’utilizzo dei migliori consigli medici per la “pianificazione familiare naturale”.

95. D’altronde, con il calo della pratica cristiana si constata, in certe Chiese particolari, un affievolimento del tessuto familiare ecclesiale. Le ragioni sono varie. La mancanza di un progetto comune rallenta lo sforzo della Chiesa per la pace e la risoluzione dei conflitti. I cristiani sono resi fragili poiché non hanno una comprensione solida della loro fede per viverla e «rispondere a chiunque […] domandi ragione della speranza che è in [loro]» (1 Pt 3, 15). La Sacra Scrittura, che deve aiutarli in questo, non è ancora entrata nel loro modo di vita come fonte di apprendimento del cammino con Dio nel cuore del mondo e della storia. A volte, essi ricorrono perfino alla stregoneria e alle pratiche su deplorate, o si lasciano influenzare dalle ideologie politiche e dalle sette cristiane che attaccano la Chiesa cattolica. Per un gran numero di cristiani, la Chiesa è la gerarchia; essi non hanno presente la dimensione del corpo mistico con le sue molteplici membra. Non c’è dubbio che la mancanza di operai apostolici in certe Chiese particolari e i problemi economici che esse incontrano, indeboliscono la volontà di intraprendere progetti capaci di edificare questo sentimento di essere Chiesa. D’altronde, la Chiesa soffre del fatto che alcuni sacerdoti, religiosi e religiose danno a volte il cattivo esempio abbandonandosi a pratiche occulte – e ciò può perfino avvenire nelle preghiere di guarigione e di liberazione – e a lotte di posizione sociale, invece di dedicarsi al servizio degli ultimi.


2. Il servizio della società: salute, educazione e sviluppo socio-economico

96. In certe regioni del continente, le infrastrutture sanitarie, già insufficienti, non solo sono distrutte dalle guerre, ma rese anche inefficaci a seguito dell’incompetenza e della corruzione. L’espressione della solidarietà cristiana e africana si trova così messa a dura prova, e, in maniera singolare, proprio là dove il numero di malati colpiti da malattie endemiche è molto elevato. In altre regioni, le strutture sanitarie sono significative; esse sono in grado, difatti, di accogliere i malati, i feriti di guerra e altri bisognosi. Le mutue sanitarie inoltre concretizzano la volontà ecclesiale di solidarietà. Grazie, poi, all’aiuto della Caritas e delle Comunità Ecclesiali Viventi, ci si prende cura dei più poveri e dei malati di AIDS. In alcune Chiese particolari ci sono associazioni che accompagnano le famiglie nella pianificazione familiare secondo i metodi naturali. L’abnegazione e l’esemplare generosità del personale curante nelle istituzioni sanitarie rendono visibile la sollecitudine della Chiesa per i malati.

97. Per quanto riguarda il settore dell’educazione, numerose Chiese particolari hanno creato delle strutture, non senza difficoltà. Tuttavia, la loro gestione è difficile a causa della pletora di giovani e della mancanza di personale qualificato. Poiché non hanno spazi di divertimento e gioco per ricrearsi, i giovani si divertono in luoghi in cui la cattiva compagnia li trascina verso la droga e la violenza. Inoltre, essi sono vittime di abusi sessuali e di altri crimini, quando non sono arruolati come soldati nelle guerre o sfruttati per il lavoro nei campi o nelle miniere. La situazione peggiora quando si ha a che fare con gli orfani o, più in generale, quando mancano l’interesse, l’attenzione e il controllo della famiglia. Ora, i bambini, hanno i loro diritti [51]: lavorare con e per la gioventù, vuol dire pensare all’avvenire di tutta la società. Questo è un compito che si impone, pertanto, a tutti i cristiani. Le scuole cattoliche ne hanno la preoccupazione, ma quelle che non beneficiano di sovvenzioni fanno fatica a mantenersi o si mantengono a costi proibitivi per i poveri. Ciò nonostante, lo sviluppo delle università cattoliche nel continente è ragguardevole. Detto ciò, la dedizione al compito e l’attenzione agli alunni e agli studenti da parte di tutti coloro che lavorano nel settore educativo suscitano ammirazione e meritano l’incoraggiamento di tutta la Chiesa.

98. Al di là dei settori specifici della salute e dell’educazione, la grande maggioranza delle Chiese particolari si sono impegnate in differenti ambiti socio-economici al servizio dei poveri, dei rifugiati, dei nomadi e della gioventù. Esse hanno una preoccupazione particolare per i cattolici impegnati nella vita politica ed economica.



3. Il dialogo ecumenico

99. Grazie ad alcuni luoghi abituali di incontro, alla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, alla traduzione della Bibbia nelle nostre lingue locali con l’Alleanza biblica, il dialogo tra cristiani in Africa, tutte le confessioni incluse, prosegue e meriterebbe di essere maggiormente stimolato.

100. Il desiderio di proseguire il dialogo con i nostri fratelli e sorelle cristiani si scontra, tuttavia, con alcuni ostacoli: da un lato, c’è una divergenza di riferimenti dottrinali, principi d’ermeneutica biblica, natura e missione della Chiesa, morale e disciplina ecclesiastica, nonché di stili liturgici; dall’altro, si innalzano diffidenza, rivalità tra gruppi di cristiani e un fondamentalismo mosso da complessi espressi, tra l’altro, da una mimetizzazione nell’abbigliamento (abiti clericali, insegne episcopali, paramenti liturgici). La mancanza di tolleranza e comprensione reciproca, nonché le accuse da ambo i lati, rendono molto difficili gli incontri. Nello spazio pubblico, la Chiesa cattolica è oggetto di una virulenta aggressione da parte delle sette cristiane, strumentalizzate dai politici per abbattere i valori che essa difende: famiglia, rispetto della dignità e della sacralità della vita umana, unità. Nonostante le sfide il dialogo deve proseguire, in particolare negli incontri nazionali e internazionali del Consiglio Ecumenico delle Chiese.

4. La relazione con la Religione Tradizionale Africana
101. La relazione pastorale suggerita con gli adepti della religione tradizionale africana è quella di uno studio benevolo di questa religione e della cultura che ne costituisce la matrice, al fine di identificare quegli elementi buoni e nobili che il Cristianesimo può adottare, purificando quelli che ritiene incompatibili con il Vangelo, al fine di forgiare una cultura di riconciliazione, di giustizia e di pace. Un approccio di questo tipo faciliterebbe la collaborazione con gli adepti di questa religione e contribuirebbe a una vera inculturazione nella Chiesa [52]. Si dovranno tuttavia distinguere gli adepti della RTA dagli sciovinisti che la difendono come patrimonio nazionale e ne fanno oggetto di orgoglio nazionale, benché non la pratichino.


5. Il dialogo con l’Islam

102. In certi luoghi, la convivenza con i nostri fratelli musulmani è sana e buona; in altri, invece, la diffidenza da entrambi i lati impedisce un dialogo sereno: i conflitti occasionati dai matrimoni misti ne sono una prova. L’intolleranza poi di certi gruppi islamici genera ostilità e alimenta i pregiudizi. Non aiutano neanche le posizioni dottrinali di alcune correnti a proposito della Jihad: come lavorare alla pace mediante il dialogo e la riconciliazione come ci chiede il Cristianesimo? La tendenza a politicizzare le appartenenze religiose è del resto un pericolo comparso laddove si era iniziato il dialogo. Tuttavia, all’interno delle crisi, in alcune regioni la collaborazione in materia di educazione civica ed elettorale si è rivelata fruttuosa. A volte i documenti delle Conferenze Episcopali sono stati accolti positivamente dai musulmani. Talvolta le strutture della Chiesa sono servite a comunità musulmane per distribuire beni ai poveri e ai bisognosi. Manifesta è la solidarietà di alcuni ambienti musulmani con la Chiesa quando questa organizza incontri di riflessione sui problemi della società: coesistenza pacifica, corruzione, povertà, ecc. Infine, il rispetto dell’identità religiosa dei bambini musulmani nelle nostre scuole cattoliche concorre, in maniera esemplare ed efficace, ad educare la società alla tolleranza e alla pace.

CAPITOLO IV
LA CHIESA FAMIGLIA DI DIO ALL’OPERA:
TESTIMONIANZA E NUOVE PROSPETTIVE

103. Dopo la Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, le Chiese particolari cercano di vivere gli orientamenti e le direttive di Ecclesia in Africa e di metterne in pratica le raccomandazioni, particolarmente in materia di giustizia, pace e unità secondo lo spirito della Chiesa Famiglia di Dio. Esse attendono dai Padri della Seconda Assemblea riflessioni rinnovate che li impegnino ancor più nello sforzo sul piano personale, comunitario e istituzionale, e li orientino nella ricerca di vie verso la riconciliazione, la giustizia e la pace.

I. La testimonianza di vita

104. Come discepoli di Cristo (Vescovi, sacerdoti, consacrati e fedeli laici) e muniti delle armi della fede, la risposta più appropriata che noi possiamo dare è la conversione sulla via della santità: attraverso l’ascolto della Parola, la vita sacramentale e gli esercizi spirituali; nell’accogliere la domanda che ci viene dal prossimo, dalla società e dagli avvenimenti; mediante uno sforzo di conversione morale, una coerenza tra la vita che conduciamo e la Parola che annunciamo, un esercizio fedele delle responsabilità affidate a ciascuno; per mezzo di opere di penitenza, misericordia e carità; con i nostri impegni sociali che vanno controcorrente rispetto ai criteri del mondo, e mediante uno stile di vita semplice, ispirato al Vangelo. La vera natura dell’evangelizzazione, infatti, è l’incontro personale di Gesù Cristo nella preghiera quotidiana, nei Sacramenti e nella vita spirituale, nella convinzione che «se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori» (Sal 127, 1).

105. Maria, Madre Dio, resta il modello per eccellenza per la testimonianza dei discepoli di Cristo in Africa. In lei, ciascun cristiano impara l’ascolto obbediente della Parola di Dio che si fa carne nella sua vita. In effetti, il suo fiat l’avrebbe condotta fino ai piedi della croce (cf. Gv 19, 25ss.): ella mette al mondo il figlio nella povertà «perché non c’era posto per loro nell’albergo» (Lc 2, 7); si preoccupa per il figlio rimasto nel Tempio ma di lui medita le parole (cf. Lc 2, 41-52); si preoccupa della gioia dei giovani sposi di Cana e interviene presso il figlio in loro favore (cf. Gv 2); tiene compagnia ai discepoli nel Cenacolo nell’attesa dello Spirito Santo (cf. At 1, 14). Come può la Madre di Gesù occupare il posto che le compete in mezzo ai suoi figli provati e lacerati, e invitarli a fare tutto ciò che il Figlio dirà (cf. Gv 2, 5), accompagnandoli nuovamente negli avvenimenti gioiosi, dolorosi e gloriosi della vita quotidiana?


II. Gli attori e le istituzioni

1. Gli attori

106. In una Chiesa Famiglia di Dio, ciascuno ha il compito di svolgere la propria missione di modo che il corpo familiare agisca secondo lo spirito della famiglia, che è lo Spirito di Cristo, per un mondo che sia secondo il cuore di Dio. L’esempio di tanti Pastori e fedeli laici che hanno vissuto il martirio in nome della fede invita tutta la Chiesa in Africa ad impegnarsi in maniera risoluta sulla via della santità.

I Vescovi

107. La voce dei Vescovi, servitori della Parola, in comunione con il Vescovo di Roma, Pastore universale della Chiesa, risuona in periodo di crisi sociale come quella di chi veglia sulla città [53]. Di fronte ai problemi politici riguardanti le costituzioni, le elezioni, le ingiustizie, le violazioni dei diritti umani, ecc., una parola profetica da parte loro rappresenta una risposta alla sete di giustizia e di pace del popolo. Il loro coraggio e la loro audacia ne fanno esempi viventi di «sale della terra» e di «luce del mondo».

108. L’azione dell’episcopato in favore di un mondo riconciliato si manifesta attraverso le lettere pastorali, le riviste che diffondono una cultura della pace e la divulgazione della dottrina sociale della Chiesa al maggior numero di cristiani. La creazione e il sostegno di strutture appropriate e il loro impegno nel dialogo ecumenico ed interreligioso, con la preoccupazione dell’unione dei cuori, contribuiscono a forgiare un ambiente di pace. E negli abissi che separano i dirigenti dai cittadini, il dialogo stabilito con i leader politici e l’informazione trasmessa ai cristiani contribuiscono alla pacificazione.

109. Per favorire o ristabilire la giustizia e la pace in seno alla Chiesa, si auspica che i Vescovi nominino sacerdoti e religiosi che seguano criteri oggettivi e non etnici. Spetta alla Chiesa Famiglia di Dio di dotarsi di gruppi di mediazione ai vari livelli. Capita a volte, in effetti, che il dialogo tra il Vescovo, il suo presbiterio o l’altra porzione del suo popolo faccia difficoltà ad intrecciarsi. Nel caso, poi, in cui l’uno o l’altro membro sia responsabile e colpevole di abuso, spetta all’autorità competente restaurare la fiducia e ricucire il tessuto familiare ecclesiale.

110. L’unità collegiale dei Vescovi tra di loro è essenziale. Essa si costruisce e si consolida attraverso la fraternità affettiva ed effettiva e la condivisione delle esperienze pastorali. A questo fine, la definizione di metodi appropriati, l’elaborazione di programmi pastorali efficaci, la predisposizione del tempo necessario e l’adozione di un linguaggio giusto si rivelano importanti.

I sacerdoti

111. Nel loro compito di collaboratori saggi e avveduti dei Vescovi, i sacerdoti [54] condividono in molteplici maniere il ministero dell’insegnamento, in particolare attraverso la predicazione domenicale, che faranno attenzione a preparare con cura, poiché questa occasione permette loro di far sentire ai cristiani l’appello ad essere artefici di giustizia, di pace e di riconciliazione. Alla stessa maniera, anche l’amministrazione dei Sacramenti è luogo d’educazione e formazione della sensibilità dei cristiani a questi stessi valori, alla luce dei quali ciascuno è invitato ad esaminare il proprio cammino alla sequela di Cristo.

112. Nella vita quotidiana i sacerdoti incontrano diversi gruppi di fedeli (consigli parrocchiali e altri). Si tratta, per loro, di un’opportunità per iniziare, guidare e moderare la revisione di vita alla luce del Vangelo per un’esistenza cristiana autentica. Infondere uno spirito d’amore e verità, di giustizia e pace nelle esortazioni ai loro fedeli, nell’arbitraggio dei conflitti matrimoniali e familiari, nel sostegno agli emarginati e a coloro che sono isolati e nell’applicazione dei programmi ecclesiali, resta una risposta singolare di cui essi devono fare generosamente uso.
Le persone consacrate

113. Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica [55] hanno conosciuto una forte crescita delle vocazioni, segno del dinamismo della Chiesa in Africa [56]. Alcune risposte vi vedono una fonte di “energia spirituale” che alimenta la Chiesa. Con i loro carismi e il loro impegno specifico nella Chiesa, essi lavorano a diffondere il Regno di giustizia, di pace e d’amore di Cristo, mediante la guida dei giovani (quelli che frequentano la scuola, quelli di strada, ecc.), l’aiuto ai poveri, alle donne (in particolare alle vedove), la cura dei malati e dei diversamente abili. Da parte loro, una manifesta collaborazione con l’Ordinario locale contribuirà a rendere visibile la comunione di cui la Chiesa Famiglia vuole essere segno profetico per l’Africa, nel cuore delle nostre società divise.

114. Le consacrate, con la loro vita e il lavoro in comunità, con Maria, Madre di Dio, come modello, contribuiscono a rivelare ancora di più una dimensione di Dio, mediante il loro genio femminile fatto di dolcezza, tenerezza e disponibilità nell’ascolto come Maria, la sorella di Lazzaro (cf. Gv 11) o la Samaritana (cf. Gv 4), o il servizio fraterno come Marta (cf. Lc 8; Gv 11). La risposta alle sfide della riconciliazione, della giustizia e della pace mediante la vicinanza sembra trovare migliore espressione nella donna, con i suoi doni. È anche e in gran parte attraverso di Lei e con Lei, come prima collaboratrice nella missione di evangelizzazione, che dobbiamo cercare nuove risposte alle sofferenze delle nostre società africane.

I fedeli laici nella Chiesa

115. In generale, quando è ispirato dai valori evangelici l’impegno dei cristiani nella società aggiunge un sapore particolare. Numerosi cristiani laici, individualmente o in associazione (di donne, giovani, per professione, ecc.), danno prova di coraggio tenendo alta la fiaccola della fede negli ambienti in cui la giustizia e la pace sono calpestati. Essi si mostrano autentici agenti di riconciliazione, grazie, in particolare, all’azione cattolica e alle associazioni apostoliche o spirituali di fedeli.

116. I catechisti, araldi del Vangelo, continuano ad essere animatori preziosi delle comunità cristiane [57]. Per migliorarne il contributo, occorre dare loro una solida formazione biblica e dottrinale, e una giusta remunerazione affinché possano prendersi degnamente cura della loro famiglia e ai loro figli.

117. La testimonianza di numerose cristiane nelle situazioni di conflitti conferma che il genio femminile assunto nello Spirito di Cristo genera una cultura di pace e non di violenza, di vita e non di morte, d’umanità e non di barbarie. Il ruolo delle donne sarebbe più efficace se la Chiesa Famiglia affidasse loro una missione più visibile o le impegnasse in maniera più schietta, in quanto esse umanizzerebbero molto di più le società africane.

118. Gli uomini, nei loro ruoli di coniugi, padri o capifamiglia, devono lavorare a mantenere l’unità familiare, favorendo la pace, relazioni giuste, rapporti armoniosi con altre famiglie nelle Comunità Ecclesiali Viventi, e facendosi artefici di riconciliazione, di giustizia e di pace nelle varie associazioni e movimenti di fedeli laici di cui sono membri.


2. Strutture e istituzioni ecclesiali

119. Oltre all’esempio delle nostre vite, le istituzioni devono portare i segni dello spirito evangelico di cui San Paolo ha annunciato il frutto: «carità, gioia, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, mitezza, temperanza» (Gal 5, 22-23).

Le Conferenze Episcopali

120. Contro tutto ciò che opprime gli uomini e le donne nella società, le lettere pastorali delle Conferenze Episcopali danno la testimonianza di una Chiesa Famiglia che si preoccupa dell’unità. Il loro sostegno alle Commissioni Giustizia e Pace e alle altre istituzioni ecclesiali che lavorano nell’ambito della giustizia, della pace e della riconciliazione, è particolarmente prezioso; l’attenzione pastorale ai fedeli laici impegnati nei servizi pubblici e privati, e alle varie corporazioni di mestieri mediante la presenza dei cappellani, indica fortemente che «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» [58].

Il Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar
121. La visita di Vescovi o di cristiani cattolici di altri continenti per scambi di esperienze sulla pace, per una partnership e un sostegno ecclesiali tanto a livello tecnico quanto finanziario rafforza lo slancio delle Chiese particolari e invia a tutti i cristiani un messaggio positivo di solidarietà della Chiesa universale. Come esempio, citeremo le relazioni del Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar (SCEAM/SECAM) con le Conferenze Episcopali d’Asia e d’Europa, che bisogna incoraggiare; incontri di questo genere esistono anche a livello delle Conferenze Episcopali nazionali e regionali.

122. Uno sviluppo della partnership dei laici tra le Chiese dei vari continenti favorirebbe lo scambio di esperti nei vari ambiti che riguardano la pace e la giustizia, e potrebbero collaborare nelle istanze internazionali per la causa della giustizia e della pace in nome della loro fede comune in Gesù, Principe della Pace.

Le Commissioni Giustizia e Pace

123. A tutti i livelli organizzativi delle nostre Chiese particolari, le Commissioni Giustizia e Pace si sono sforzate di destare e formare le coscienze dei fedeli affinché questi diventino sale del mondo e luce della terra. Esse hanno formato al rispetto dei diritti del cittadino e alla lotta contro l’impunità, i crimini di guerra e contro l’umanità, il trattamento indegno dei prigionieri, ecc. In periodo elettorale, alcune Commissioni Giustizia e Pace hanno proposto programmi d’educazione civica ed elettorale. Grazie ai loro interventi, è stato possibile riflettere su determinate carenze presenti tanto nella società quanto nella Chiesa. In quelle Chiese particolari che non dispongono di Commissioni Giustizia e Pace, sono la Caritas e altre istituzioni ad assicurare gli stessi compiti.

124. Quanto all’azione, esse si sono mostrate attive nell’accompagnamento delle vittime di ogni tipo di violenza, soprattutto le donne e i bambini, nella loro ricerca di giustizia. In alcuni Paesi, hanno partecipato all’osservazione elettorale.
125. Alcune risposte ai Lineamenta ritengono che la Commissione Giustizia e Pace risponderebbe maggiormente e in maniera più efficace alla sua missione, se fosse meglio compresa. Essa infatti, dicono, è vista spesso come uno strumento atto ad incoraggiare i laici a lottare per la giustizia e non come un vero veicolo di evangelizzazione, attraverso la sua azione per la riconciliazione, la giustizia e la pace. Come aiutare a far meglio comprendere le Commissioni Giustizia e Pace?

I grandi seminari e case di formazione religiosa

126. Se i servitori della Chiesa Famiglia devono essere guide e modelli delle comunità cristiane, artefici di pace, riconciliatori e uomini giusti, si impone un maggiore discernimento nella scelta e nella formazione solida dei futuri sacerdoti[59]e delle persone consacrate. Occorre, inoltre, che la loro formazione prenda in considerazione le sfide della vita reale delle comunità cristiane in cui differenti etnie, tribù, razze e origini sociali sono chiamate a vivere unite dalla stessa fede in Cristo. A questo scopo, l’implicazione dei laici, uomini e donne, nella formazione dei futuri sacerdoti contribuirebbe a renderli maturi ed equilibrati.

127. La formazione di consacrate capaci di essere collaboratrici a pieno titolo nella vigna del Signore richiede una revisione del loro programma di formazione di modo che vi figurino ufficialmente la disciplina filosofica e quella teologica. Il valore e l’efficacia dell’insegnamento della Chiesa sulla donna si esprime con il posto che occupano le donne consacrate nella collaborazione pastorale.

I programmi di formazione

128. Le Chiese particolari hanno risposto alle sfide sociali proponendo programmi di formazione alla luce della dottrina sociale della Chiesa [60], che aspirano a promuovere una società più giusta, più fraterna e prospera. L’intento della formazione, in ambiti quali il diritto, le tradizioni, la pace e lo sviluppo, l’educazione civica ed elettorale, la riconciliazione e il buon governo, l’alfabetizzazione, la prevenzione sanitaria e la condotta di vita (nel caso dell’HIV/AIDS ad esempio) e molti altri ancora, è stato quello di preparare i figli dei nostri Paesi a diventare attori a pieno titolo, responsabili nella gestione degli affari pubblici. Si fa sentire, altresì, il bisogno di associare gli operatori pastorali a programmi di questo genere affinché partecipino in maniera più efficace ad edificare una cultura di riconciliazione, giustizia e pace.

129. Si apprende a risanare il tessuto delle relazioni sociali mediante un processo di riconciliazione in profondità (gestione dei conflitti), con un accento particolare sulla giustizia, condizione di una pace vera. I cittadini, cristiani e non cristiani, imparano a partecipare alle decisioni che prendono i dirigenti e che riguarderanno la loro vita, a controllare il lavoro di coloro che sono stati eletti e a partecipare alla gestione delle ricchezze del loro Paese. Innanzitutto, viene dedicata una cura particolare alla formazione della coscienza, soprattutto quella dei giovani, poiché è con loro che si gioca l’avvenire delle nostre società.

130. Alcune difficoltà si manifestano nella diffusione e nell’attuazione completa dei programmi. L’implicazione delle strutture diocesane, parrocchiali e delle Comunità Ecclesiali Viventi non sarebbe una via possibile?

Le istituzioni sanitarie

131. Persone qualificate e competenti scelte su questa base saranno veri servitori della pace del cuore e del corpo, capaci di affrontare le sfide attuali. Il servizio di qualità offerto da queste istituzioni, aperto a tutti, senza distinzione di razza, tribù, etnia o religione, contribuisce a fare della Chiesa cattolica un’artefice di pace nei nostri Paesi.

132. Con una buona pianificazione del rinnovamento del personale e della manutenzione del materiale, e la creazione di strutture per cure specialistiche con la possibilità di un controllo medico rigoroso, le istituzioni ecclesiali sanitarie potranno contribuire a edificare una società che rispetti la dignità umana, dal primo momento della vita al suo termine naturale: «Come non preoccuparsi dei continui attentati portati alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale?» si domandava il Santo Padre Benedetto XVI, nel vedere con sorpresa che in regioni come l’Africa, in cui la cultura del rispetto della vita è tradizionale, si tenti di banalizzare l’aborto con il Protocollo di Maputo [61]

Le istituzioni educative

133. L’implicazione della Chiesa nel sistema educativo è un atto evangelico fondamentale per salvare tutto l’uomo, al fine di preparare la società di domani, sana, pacifica e responsabile. Nelle regioni o Paesi in cui le istituzioni ecclesiali sono state confiscate dallo Stato, vengono compiuti sforzi per la loro restituzione, al fine di poterli rimettere al servizio delle popolazioni.

134. Affinché i servizi educativi possano migliorare, occorre perfezionare le condizioni degli insegnanti e la loro competenza, offrire, in dialogo con lo Stato, una formazione scolastica alla portata di tutti, includere i genitori nella guida dei giovani mediante associazioni e seminari sull’educazione, proporre un programma di educazione integrale (intellettuale, morale, spirituale, umana e professionale), incoraggiare l’istituzione del tutor e gli scambi di programmi, riconoscere i meriti e assumere iniziative d’autofinanziamento. Si tratta di vie importanti per un avvenire di pace e prosperità.

Le università

135. Le università devono rispondere alla loro vocazione di universitas mostrando l’esempio di integrazione dell’unità nella diversità (unitas in diversis), in un lavoro di ricerca accademica di altissimo livello, in cui le scienze sono in dialogo con la Parola di Dio, fonte di pace autentica per gli spiriti di verità: verità dell’uomo (individuo e società), verità di Dio. Fedeli alla loro identità cattolica e aiutate da un programma d’introduzione alla teologia cattolica per tutti gli studenti, ad esempio, le università cattoliche si riveleranno promotrici di un’autentica apertura all’universale, antidoto contro i ripiegamenti d’identità.

136. Risposte effettive o potenziali delle nostre università e istituzioni accademiche alle sfide della riconciliazione, della giustizia e della pace, sono l’insegnamento dei diritti fondamentali della persona umana, l’introduzione di un pubblico più vasto di gente semplice al senso delle leggi del loro Paese, la proposta di conferenze-dibattiti sulle questioni di corruzione, povertà ed ingiustizia, e la produzione di studi seri sulla cultura della giustizia e della pace in ambito urbano e rurale, per raggiungere una trasformazione.

3. I fedeli cristiani nella società

137. La Chiesa agisce nella società come comunità e attraverso i suoi membri, in particolare i fedeli laici. La fiducia acquisita dalla Chiesa nella società è il frutto dell’azione dello Spirito Santo che anima la fede dei cristiani in Cristo e ne sostiene l’impegno. Sull’esempio della Santa Famiglia di Nazareth, una famiglia cristiana [62] che vive secondo i valori d’amore e fraternità, compassione e misericordia, apertura alle altre famiglie (cf. Lc 2, 44) e la cui sicurezza economica è sufficiente, diventa un ambiente di serenità, pace ed armonia contagiosa. Poiché la famiglia è la cellula della società, occorrerà promuovere famiglie di questo tipo in numero tale da avere un grande impatto sulla società e sulla Chiesa. Questa fede è vissuta in maniera disinteressata nel far giungere l’aiuto ai poveri, agli emarginati, ai deboli, nel partecipare attivamente alla risoluzione dei problemi sociali e nel cercare con determinazione l’unità. Tuttavia è attraverso i laici, messaggeri a pieno titolo del Vangelo, che la Chiesa assicura la sua presenza effettiva in seno alle istituzioni secolari.

In politica
138. Luce del mondo, secondo lo spirito del Vangelo, sono coloro che si sono dedicati con abnegazione e coraggio, spirito di servizio e preoccupazione del bene comune, al rispetto dei diritti umani, e che lottano contro la dittatura e la corruzione, per una gestione sana ed onesta di tutte le risorse naturali e umane, sacrificandosi per costruire e consolidare la democrazia affinché nello Stato regni il diritto. Grazie a questi uomini e queste donne che danno credibilità all’azione politica, la testimonianza cristiana forgerà una cultura di vita, di pace e giustizia nelle nostre società africane. Una più ampia presenza nella leadership da parte dei cristiani, testimoni dei valori di credibilità, responsabilità, giustizia, probità, ecc., darà una diversa qualità alla politica africana.

Nelle forze armate

139. Uomini e donne impegnati nelle forze armate hanno visto tra le loro fila compagni d’armi, membri della Chiesa, testimoniare un patriottismo esemplare nel rispetto della deontologia militare, dei beni e delle persone, garantire la sicurezza dei più deboli in periodo di conflitti e anche di guerra, e mostrarsi pronti a difendere l’integrità territoriale del loro Paese in ogni momento. Si tratta di valori che dovrebbe incarnare ogni cristiano arruolato nelle forze armate in Africa, affinché siano uno strumento di giustizia e pace. Questi cristiani, consapevoli dei pericoli delle armi, devono far sentire la loro voce contro la vendita delle armi in zone di conflitto, reclamare la forza della legge e non quella delle armi, opporsi all’arruolamento dei bambini e obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (cf. At 5, 29).
Nell’economia

140. Deve essere incoraggiato e sostenuto l’esempio di numerosi cristiani che, in nome della propria fede, creano imprese o gestiscono quelle pubbliche in maniera efficace ed edificante: essi vivono del proprio lavoro, producono ricchezza, pagano le imposte e tutte le tasse per la Tesoreria dello Stato, corrispondono salari giusti, lottano contro lo spreco delle risorse naturali, regolamentano i meccanismi d’import/export, ecc. Queste forze vitali devono crescere sempre più poiché sono esse che, con la loro capacità di trasformazione, arresteranno la miseria e la povertà. Inoltre, questi cristiani modello devono diventare mediatori tra le popolazioni impotenti e le strutture internazionali del commercio (per esempio l’Organizzazione Mondiale del Commercio), i finanzieri capaci di concedere crediti, ecc., per migliorare la condizione di lavoro dei più deboli: proteggere la loro produzione, facilitare lo smercio dei loro prodotti a un giusto prezzo.

Nell’educazione

141. In alcune regioni, i giovani cattolici [63] si fanno propagatori dei valori evangelici, trasmettendo ciò che essi stessi hanno ricevuto come educazione cristiana alla vita e all’amore. Spetta, pertanto, a tutti gli adulti cristiani il compito di trasmettere ai giovani i valori del discepolo di Cristo affinché essi, a loro volta, diventino sale e luce. Ciò avverrà in maniera tanto più efficace quanto più essi entreranno in contatto con leader autentici che incarnano i valori trasmessi nell’insegnamento, ad esempio lo sforzo e l’assiduità nel lavoro, e il cui esempio si presenta come una parola veramente persuasiva.
Nella salute

142. Nella loro formazione, gli operatori sanitari si impegnano, con il giuramento di Ippocrate, a proteggere la vita. I cristiani del corpo medico in Africa hanno dato il tono con competenza, coraggio e a volte eroismo nella protezione della vita dagli inizi (rifiutando l’aborto) al suo termine (rifiutando l’eutanasia), nell’assistenza dedita alle vittime dell’HIV/AIDS, ecc. Esempi di questo genere si devono far conoscere e si devono proporre come modello. Occorre, inoltre, che alcune infrastrutture sanitarie, promotrici di questo spirito evangelico, aprano ai più poveri l’accesso alle cure mediche. Se i fedeli del corpo sanitario aiuteranno a migliorare l’igiene e la salute delle fasce più abbandonate della società, ridurranno i focolai di rivolta ed aggressività che incancreniscono il corpo sociale e compromettono la pace.

Negli ambienti della cultura
143. Nell’ora in cui la globalizzazione tende a veicolare sempre più il dominio di un unico modello culturale e la negazione della vita, mettere in rilievo i valori delle culture africane come ricchezza del creato e purificarli di tutto ciò che aliena e avvilisce, può contribuire all’avvento, in Africa, di società riconciliate con se stesse, pacifiche e felici di vivere insieme piuttosto che in inimicizia e nell’odio.

Nei mass media

144. I mass media e le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono il nuovo areopago del nostro secolo. Poiché favoriscono l’incontro dei popoli e delle culture, e aprono al mondo, i media sono uno spazio efficace di formazione delle coscienze e di sensibilizzazione, e degno di lode è lo sforzo dei fedeli ansiosi di annunciarvi i valori evangelici di pace, misericordia, amore e unità. Essi devono essere incoraggiati affinché, sul loro esempio, un numero sempre più grande di cattolici diffondano nelle nostre città africane, per mezzo di questi mezzi, informazioni giuste, credibili e costruttive, come pure messaggi di gioia, amicizia ed amore fraterno.

Negli organismi internazionali

145. Adottare l’opzione preferenziale per i poveri – poiché rifiutare di essere povero è la rivendicazione di un diritto umano fondamentale, fondato sulla destinazione universale dei beni della terra – [64], lottare per ridurre il debito dei Paesi poveri e trascendere le barriere di ogni tipo (razza, tribù, regione, nazione e ideologia) in nome della comune umanità e della dignità dei figli di Dio, è un compito che i cristiani si sono assegnati all’interno degli Organismi internazionali. È questo uno sforzo che contribuisce a edificare un’Africa di pace e di vita. Si farebbe un passo avanti informando le popolazioni sul ruolo e la funzione delle istituzioni internazionali, ottenendo che numerosi fedeli si impegnino presso queste istanze affinché sia spezzato il giogo del debito dei Paesi poveri.
Conclusione

146. La Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi è un momento importante per la Chiesa Famiglia di Dio in Africa. Essa è un kairos (cf. Mc 1, 15). Come diceva l’Apostolo Paolo ai Corinzi, «ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2 Cor 6, 2). Questo tempo è favorevole a una riconciliazione di ciascuna persona con Dio e con gli altri, una riconciliazione che genera giustizia e pace. Come Gesù stesso mediante la croce, tutti i discepoli di Cristo in Africa – che hanno accolto la Parola «con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione» (1 Ts 1, 6) – devono abbattere «il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia» (Ef 2, 14). In effetti, «la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata, e la virtù provata la speranza […] perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 3-5). È Lui che dirige «i nostri passi sulla via della pace» (Lc 1, 79) e ci affida il «ministero della riconciliazione» (2 Cor 5, 18).

147. Il bisogno di riconciliazione nell’oggi del continente è quanto mai urgente. La riconciliazione, di cui l’Africa ha sete affinché si rigeneri la famiglia umana, si ottiene mediante una giustizia più che umana, una pace più profonda dell’assenza delle guerre e del silenzio delle armi. Con il Santo Padre Benedetto XVI, i fedeli sono invitati a implorare lo Spirito Santo che ci ha riconciliati nel Figlio e che opera nel cuore degli uomini. «Lo Spirito è anche forza che trasforma il cuore della Comunità ecclesiale, affinché sia nel mondo testimone dell’amore del Padre, che vuole fare dell’umanità, nel suo Figlio, un’unica Famiglia» [65]. Convinti che «in un mondo lacerato da lotte e discordie [tu Dio] lo rendi disponibile alla riconciliazione», gli uomini offrono le loro sofferenze e operano affinché «gli avversari si stringano la mano e i popoli si incontrino nella concordia»[66] (cf. 2 Cor 5, 18), poiché la civiltà dell’amore è un compito di cui nessuno si deve stancare.

148. Fedele alla sua vocazione di annunciare il Vangelo, Buona Novella, la Chiesa Famiglia di Dio in Africa vuole essere sempre più disponibile per la missione ad intra, nel continente stesso, e ad extra, verso le Chiese particolari negli altri continenti che la sollecitano [67]. In questa disponibilità ad essere «testimoni […] fino ai confini della terra» (At 1, 8), i cristiani e le comunità ecclesiali del continente vogliono aprire i loro cuori anche agli immigrati provenienti da altri Paesi e da altri continenti. Questa dinamica evangelica rafforzerà il servizio della Chiesa Famiglia di Dio verso la riconciliazione, la giustizia e la pace.

149. Con Maria, restiamo disponibili all’azione dello Spirito affinché esso rinnovi, in noi e attraverso di noi, la faccia della terra:

Santa Maria,
Madre di Dio, Protettrice dell’Africa,
tu hai dato al mondo la vera Luce, Gesù Cristo.
Con la tua obbedienza al Padre
e per mezzo della grazia dello Spirito Santo
ci hai dato la fonte della nostra riconciliazione e della nostra giustizia,
Gesù Cristo, nostra pace e nostra gioia.

Madre di tenerezza e di saggezza,
mostraci Gesù, il Figlio tuo e Figlio di Dio,
sostieni il nostro cammino di conversione
affinché Gesù faccia brillare su di noi la sua Gloria
in tutti i luoghi della nostra vita personale, familiare e sociale.

Madre, piena di Misericordia e di Giustizia,
con la tua docilità allo Spirito Consolatore,
ottieni per noi la grazia di essere testimoni del Signore Risorto,
affinché diventiamo sempre più
sale della terra e luce del mondo.

Madre del Perpetuo Soccorso,
alla tua intercessione materna affidiamo
la preparazione e i frutti del Secondo Sinodo per l’Africa.
Regina della Pace, prega per noi!
Nostra Signora d’Africa, prega per noi!



[1] Cf. S. Cipriano di Cartagine, De Catholicae Ecclesiae unitate: SC 500.

[2] Le denominazioni variano ma la realtà è la stessa: Comunità Ecclesiale Vivente (CEV); Comunità Cristiana di base (CCB).

[3] Cf. Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Lineamenta, Prefazione di S.E. Mons. Nikola Eterović, Città del Vaticano 2006, p. IV.

[4] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Reconciliatio et paenitentia (02.12.1984), 2: AAS 77 (1985) 186-188.

[5] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 113-114; 120: AAS 88 (1996) 66-68; 71.

[6] Cf. Benedetto XVI, Angelus (22.02.2009): L’Osservatore Romano (23-24.02.2009), p. 1; S. Ignazio d’Antiochia, Ad Romanos, Pref., Funk F., Opera Patrum Apostolicorum, vol. 1, Tubingae 1897, p. 124; Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, 13.

[7] Cf. idem, 105-139 et passim: AAS 88 (1996) 63-80.

[8] Cf. idem, 108: AAS 88 (1996) 65.

[9] Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Lineamenta, 1, Città del Vaticano 2006, p. 1.

[10] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 70: AAS 88 (1996) 45.

[11] Cf. idem, 106: AAS 88 (1996) 64.

[12] Cf. idem, 58: AAS 88 (1996) 37.

[13] Cf. idem, 89: AAS 88 (1996) 56.

[14] Cf. AMECEA-IMBISA, Message The Role of the Church in Development in the Light of the African Synod (20.08.1995), § 6.

[15] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 80: AAS 88 (1996) 52.

[16] Cf. idem, 115: AAS 88 (1996) 68-69.

[17] Cf. idem, 17; 70: AAS 88 (1996) 13; 45.

[18] Cf. idem, 68: AAS 88 (1996) 42-44.

[19] Cf. idem, 106: AAS 88 (1996) 64.

[20] Cf. idem, 71; 124: AAS 88 (1996) 46; 72-73.

[21] Cf. idem, 109: AAS 88 (1996) 65.

[22] Cf. idem, 116: AAS 88 (1996) 69.

[23] Cf. idem, 104: AAS 88 (1996) 63.

[24] Symposium des Conférences Épiscopales d’Afrique et Madagascar (SCEAM-SECAM),Actes della 7ème Assemblée Plénière (Kinshasa 1984) 167.

[25] Cf. Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti e degli itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi (03.05.2004), 10: AAS 96 (2004) 767-768.

[26] Cf. Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Lineamenta, 20, Città del Vaticano 2006, pp. 13-14.

[27] Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et spes, 78; Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 134.

[28] Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace “Se vuoi la pace, lavora per la giustizia” (08.12.1971): AAS 63 (1971) 868.

[29] Cf. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono” (08.12.2001): AAS 94 (2002) 132-140.

[30] Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi del Mali in visita Ad limina (18.05.2007): L’Osservatore Romano (18-19.05.2007), p. 5.

[31] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 113: AAS 88 (1996) 66-67.

[32] Paolo VI, Lettera Apostolica Octogesima adveniens (14.05.1971), 17: AAS 63 (1971) 414.

[33] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace “Famiglia umana, comunità di pace” (08.12.2007), 14: L’Osservatore Romano (12.12.2007), p. 5.

[34] Idem, 3: L’Osservatore Romano (12.12.2007), p. 4.

[35] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono” (08.12.2001), 14: AAS 94 (2002) 139.

[36] Idem, 15: AAS 94 (2002) 139.

[37] Idem, 3: AAS 94 (2002) 133.

[38] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace “Famiglia umana, comunità di pace” (08.12.2007), 10: L’Osservatore Romano (12.12.2007), p. 4.

[39] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 48: AAS 88 (1996) 31.

[40] Cf. idem, 47: AAS 88 (1996) 30.

[41] XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2008), Verbum Domini in vita et missione Ecclesiae, Messaggio, 15.

[42] Giovanni Paolo II, Viaggio Apostolico in Africa, Discorso ai Vescovi del Kenya (07.05.1980), 6: AAS 72 (1980) 497.

[43] Cf. XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2008), Verbum Domini in vita et missione Ecclesiae, Messaggio, 10; Concilio Ecumenico Vaticano II, Dei Verbum, 21.

[44]S. Ireneo di Lione, Adversus Hereses, IV, 20, 7: SC 100, 648.

[45] Cf. Benedetto XVI, Lettera ai partecipanti all’Assemblea Generale della Federazione Biblica Cattolica (12.06.2008): L’Osservatore Romano (25.06.2008), p. 8.

[46] Cf. S. Agostino, Confessionum libri tredecim, Liber 10, Cap. 33, 50: PL 32, 800.

[47] Cf. S. Agostino, Sermo LVI, 7, 11: PL 38, 381-382.

[48] Il metodo della Lectio divina messo a punto dall’Istituto di Lumko (Sudafrica), denominato “Seven Steps”, è stato adottato in un certo numero di Paesi.

[49] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Reconciliatio et paenitentia (02.12.1984), 8-9: AAS 77 (1985) 200-204.

[50] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 50: AAS 88 (1996) 31-32.

[51] Cf. Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), Convenzione internazionale dei diritti dell’Infanzia (20.11.1989).

[52] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 78: AAS 88 (1996) 56.

[53] Cf. idem, 98: AAS 88 (1996) 61.

[54] Cf. idem, 97 e 96 (i diaconi): AAS 88 (1996) 60.

[55] Cf. idem, 94: AAS 88 (1996) 58-59.

[56]Cf. Secretaria Status Rationarium Generale Ecclesiae, Annuarium statisticum Ecclesiae 2006, Città del Vaticano, p. 43.

[57] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 91: AAS 88 (1996) 57.

[58]Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et spes, 1.

[59] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 95: AAS 88 (1996) 59-60.

[60] Cf. Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa.

[61]Benedetto XVI, Discorso al Corpo Diplomatico (08.01.2007): L’Osservatore Romano (08-09.01.2007), p. 7.

[62] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 92: AAS 88 (1996) 57-58.

[63] Cf. idem, 93: AAS 88 (1996) 58.

[64] Cf. Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 171-175.

[65] Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus caritas est (25.12.2005), 19: AAS 98 (2006) 233.

[66] Prefazio della Preghiera Eucaristica della riconciliazione II.

[67] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 130; 134-135: AAS 88 (1996) 75; 77; Concilio Ecumenico Vaticano II, Ad gentes, 20.

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