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Viaggio apostolico in Camerun e Angola

Ultimo Aggiornamento: 02/05/2009 17:13
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18/03/2009 12:22
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Il Papa in Africa ricorda che l’aids si combatte con una “umanizzazione della sessualità” (non coi preservativi) e ai giornalisti dice di non sentirsi solo

mar 18, 2009 il Riformista

Paolo Rodari

Il Papa è partito ieri per il suo primo viaggio in Africa (fino a lunedì prossimo), più precisamente in Camerun e in Angola.
Dopo i viaggi in Europa, (Germania, Polonia, Spagna, Austria e Francia), nel vicino Oriente (Turchia), nell’America del Nord (Stati Uniti), nell’America del Sud (Brasile) e in Oceania, mancavano all’appello soltanto Asia e Africa.
E Benedetto XVI ha optato per il continente nero anche perché, in vista del secondo Sinodo dei vescovi per l’Africa (il primo fu nel 1994) che avrà luogo a ottobre in Vaticano, occorreva consegnare alla Chiesa locale l’Instrumentum Laboris, ovvero il documento sul quale i presuli dovranno lavorare in vista del summit.
Papa Ratzinger tiene parecchio a questo viaggio. Vuole innanzitutto incitare l’opera evangelizzatrice della Chiesa nel continente. E, insieme, vuol far vedere alla stessa Chiesa come lui le sia vicino, come non le siano indifferenti gli enormi sforzi e i grandi sacrifici che essa compie quotidianamente.
E, ieri, le parole che Benedetto XVI ha detto appena atterrato a Yaoundé, la capitale del Camerun, hanno confermato questa volontà di vicinanza alla Chiesa locale. Il Papa, infatti, ha ricordato gli sforzi che la Chiesa compie nel paese per i malati di aids e, insieme, ha lodato il Camerun per il fatto che cura coloro che sono affetti da questa malattia gratuitamente: «È encomiabile», ha detto Ratzinger.
Benedetto XVI sa che il 24,8 per cento dei malati di aids in Africa sono cattolici. E sa anche che è la Chiesa a svolgere, in tutto il continente, un’opera di aiuto ai malati difficilmente eguagliabile.

E per questo, sull’aereo che da Roma lo ha portato in Camerun, rispondendo alle domande dei giornalisti ha voluto parlare della modalità tramite la quale la Chiesa da sempre cerca di combattere l’aids. Ha detto che l’unica strada efficace è un’«umanizzazione della sessualità», cioè «un rinnovamento spirituale e umano che comprende un nuovo modo di comportarsi gli uni verso gli altri, e in secondo luogo una vera amicizia nei confronti delle persone che soffrono».

Per la prima volta da quando è Pontefice, Ratzinger ha usato il termine «preservativo», per dire che l’aids «è una tragedia che non si può superare solo con i soldi, non si può sconfiggere con la distribuzione di preservativi, che al contrario aumenterà i problemi». Serve, invece, un comportamento umano morale e corretto e una grande attenzione verso i malati: «Soffrire con i sofferenti».
Senz’altro al Sinodo dei vescovi per l’Africa, la necessità di «umanizzare la sessualità» sarà uno degli argomenti principali. E il Papa, parlando già nell’incipit del suo viaggio del fatto che i preservativi non siano la soluzione del “problema aids”, ha dato da subito un punto fermo alla futura discussione: la non liceità dell’uso dei condom è e sarà un dato acquisito.
Sul volo papale Benedetto XVI ha affrontato svariati temi. Tra i più importanti una riflessione sulla crisi economica e una battuta significativa sul «mito» della sua solitudine, ovvero sulla crisi di governo della curia romana in occasione del caso Williamson.
Sulla crisi economica il Papa è stato chiaro: la causa della recessione è soprattutto di carattere etico, perché «dove manca l’etica, la morale, non può esserci correttezza nei rapporti». Un tema, quest’ultimo, che il Pontefice ha promesso di esplorare in questi giorni di permanenza in Africa ma non soltanto qui. Anche nella prossima enciclica sociale attesa per la primavera egli darà un importante contributo in questo senso: l’enciclica - ha detto - «era già pronta e stava per uscire. Ma poi si è scatenata la tempesta e, di conseguenza, sono state riviste alcune cose alla luce dei nuovi avvenimenti per cercare risposte sempre più confacenti».
Il Papa ha lasciato Roma dopo settimane difficili, a motivo delle critiche seguite alla revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Ratzinger sull’aereo ha detto una cosa: di non sentirsi solo «in alcun modo». E ricordando che proprio in questi giorni sono venuti a trovarlo anche dei suoi compagni tedeschi, ha aggiunto: «Ogni giorno vedo i miei collaboratori, i capi discastero, i vescovi».
Nei giorni scorsi era stato l’Osservatore Romano a intervenire con forza in difesa di coloro che dentro e fuori la Chiesa definiscono il Papa come isolato, arroccato nelle sue stanze. Insieme, l’Osservatore aveva bollato come «miserande» le fughe di notizie che hanno esposto, durante il caso Williamson, il Papa a continue strumentalizzazioni. Quella del giornale vaticano è stata una difesa importante, senz’altro voluta dai collaboratori più stretti del Papa all’interno della segreteria di Stato.
Una difesa grazie alla quale, tuttavia, i veri responsabili della crisi comunicativa e governativa evidenziatasi durante il caso Williamson non sono stati smascherati.

© Copyright Il Riformista, 18 marzo 2009


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