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Viaggio apostolico in Camerun e Angola

Ultimo Aggiornamento: 02/05/2009 17:13
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18/03/2009 01:52
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Il papa in Africa per portare pace e speranza
Scritto da Angela Ambrogetti




Meno di sei ore di volo per immergersi nel continente delle sfide: l’Africa. Primo viaggio di Benedetto XVI in un paese che, ha detto prima di partire domenica scorsa, “intende abbracciare idealmente” con questa visita. Una viaggio quasi missionario: “La Chiesa non persegue obbiettivi economici, sociali e politici; la Chiesa annuncia Cristo” Sull’ aereo, il Boeing 777 della nuova Alitalia, il papa parla con i giornalisti della crisi economica mondiale e del suo impatto nei paesi poveri, l’enciclica sociale “era già pronta, ma poi si è scatenata la tempesta”, dice. E poi la Chiesa africana, la sua vitalità e i suoi problemi. E l’Aids con l’impegno di tante istituzioni cattoliche a vantaggio dei malati. Non si può vincere l’Aids con il denaro, tantomeno con la distribuzione dei preservativi, spiega Benedetto. La Chiesa offre da sempre due risposte: umanizzare la sessualità e aiutare l’uomo anche nelle situazioni di sofferenza. E appena sceso dall’aereo Ratzinger ricorda che in Camerun i malati vengono curati gratuitamente.

I malati africano il papa li abbraccerà giovedi nella visita al "Centro Cardinale Paul-Emile Léger" che si occupa della riabilitazione dei disabili. È un'opera nata per volere del cardinale canadese Paul-Emile Léger nel 1971, che poi, nel 1978 con un decreto presidenziale è stata trasferita allo stato camerunense. Il Cardinale Paul-Émile Léger, canadese, nel 1968 presentò le sue dimissioni come arcivescovo di Montréal e si trasferì in Camerun per lavorare nelle missioni, con i lebbrosi e i bambini handicappati. Nel 1978 partecipò ai conclavi che elessero Giovanni Paolo I e poi Giovanni Paolo II. In Aereo si è parlato anche di dialogo interreligioso con i rapporti con le religioni tradizionali che, dice il papa, si stanno aprendo al messaggio evangelico, perché cominciano a vedere che il Dio dei cattolici non è un Dio lontano. E Poi il dialogo con l’Islam: con loro, dice, sta crescendo il rispetto reciproco nella comune responsabilità etica. Alla fine arriva anche una battuta sulla sua “solitudine”. Ridendo, dice: “non sono solo, vedo ogni giorno i miei collaboratori.”

Ma soprattutto parla di speranza e risponde così all’ultima domanda dei giornalisti: «La nostra fede è speranza per definizione. Chi porta la fede è convinto di portare anche la speranza. Nonostante tutti i problemi che conosciamo bene, ci sono grandi segni di speranza, nuovi governi, nuove disponibilità di collaborazione, lotta contro la corruzione – grande male che va superato – e anche l’apertura delle religioni tradizionali, alla fede cristiana. Tutti conoscono Dio ma appare un po’ lontano e attendono si avvicini. E poi il culto tradizionale degli antenati trova sua risposta nella comunione dei santi: che non sono i canonizzati ma tutti i nostri morti. C’è un incontro profondo che dà speranza. Cresce il dialogo interreligioso. Ho parlato con più della metà dei vescovi e mi dicono che relazione con i musulmani è molto buona. Cresce il rispetto reciproco, la comune responsabilità etica, la gioia di essere cristiani. Un problema delle religioni tradizionali è la paura degli spiriti. Un vescovo mi ha detto: uno è veramente convertito e diventa pienamente cristiano se sa che con Cristo non ha paura, che Gesù è più forte degli spiriti. Crescono forze spirituali, sociali e economiche che danno speranza. Ecco: vorrei mettere in luce l’elemento della speranza».

All’ aeroporto di Yaoundé, davanti alle autorità del Paese con 150 milioni di abitanti, il papa parla di gioia di speranza, in una terra “con un governo che parla chiaramente in difesa dei diritti dei non nati”, una “terra di pace” e “una terra di giovani”. C’è il ricordo della visita di Giovanni Paolo II nel 1995. Oggi come allora il papa porta lo Strumento di Lavoro per l’Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi che si svolgerà ad ottobre in Vaticano. Ma in Africa, c’ancora tanta sofferenza: i “conflitti locali”, il “traffico di esseri umani” che “è diventato una moderna forma di schiavitù”, la “scarsità di cibo”, lo “scompiglio finanziario”, particolarmente accentuato in questo periodo, i “modelli disturbati di cambiamenti climatici”. In Africa mancano cibo, acqua potabile, scuole ed ospedali. Sono come “virus” che bloccano le potenzialità dell’Africa. E non bastano la crescita vertiginosa del numero dei cattolici o la vivacità liturgica e il legame con Roma o l’impegno per la promozione della donna. Gli africani “implorano a gran voce riconciliazione, giustizia e pace, e questo è proprio ciò che la Chiesa offre loro” invece di “nuove forme di oppressione economica o politica, ma la libertà gloriosa dei figli di Dio.”

L’Africa chiede di crescere, non di subire una nuova colonizzazione con l’imposizione di modelli culturali. “Di fronte al dolore o alla violenza, alla povertà o alla fame, alla corruzione o all’abuso di potere, un cristiano non può mai rimanere in silenzio. Il messaggio salvifico del Vangelo esige di essere proclamato con forza e chiarezza”, dice il papa. Il Camerun “è effettivamente terra di speranza per molti nell’Africa Centrale” ricorda. Migliaia di rifugiati dai Paesi della regione devastati dalla guerra hanno ricevuto qui accoglienza. È una terra di pace: risolvendo mediante il dialogo il contenzioso sulla penisola Bakassi, Camerun e Nigeria hanno mostrato al mondo che una paziente diplomazia può di fatto recare frutto.” I giovani politici africani che hanno studiato in Europa vogliono migliorare l’Africa, e affrontano anche il neocolonialismo cinese cercando di non perdere l’entusiasmo dei primi anni dell’indipendenza. A Yaoundé vanno a ruba cappellini e t-shirt con le foto del Papa. Si vendono bandiere della Santa Sede e del Camerun con le foto del presidente Paul Biya e di Benedetto XVI.

La città si è preparata con prati annaffiati e buche coperte e una mano di vernice sui palazzi, ma la povertà si odora per le strade. Secondo una tradizione, il nome "Yaoundé" sarebbe nato da una storpiatura della dicitura locale "Mia wondo". Degli esploratori tedeschi vedendo un gruppo di contadini, nel 1887, che seminavano arachidi chiesero loro: “Voi chi siete?”. Sentendosi rispondere "Mia wondo" (seminatori di arachidi) avrebbero scritto sul loro taccuino: "Ya-un-de". Oggi Yaoundé, come molte metropoli africane, si presenta agli occhi dei visitatori come una città composita dal punto di vista architettonico e urbanistico. In essa, immersa in una natura lussureggiante, convivono palazzi moderni, a volte fastosi, avveniristici ed eleganti con case modeste, condomini fatiscenti e migliaia di bidonville nelle zone periferiche e sulle colline. Il contrasto tra quartieri ricchi e benestanti e aree povere e degradate è stridente.


www.korazym.org







Il Papa porta in Africa la dottrina sociale in piena crisi finanziaria


Rivolge un appello alla solidarietà con il continente





YAOUNDÉ, martedì, 17 marzo 2009 (ZENIT.org).- Nel pieno di una crisi finanziaria che corre il rischio di tagliare fuori l'Africa dai programmi di sviluppo, Benedetto XVI ha spiegato questo martedì ai giornalisti che con il suo viaggio intende promuovere la dottrina sociale, e in particolare la solidarietà.

Il Papa ha risposto a sei domande dei giornalisti in circa mezz’ora a bordo del Boeing 777 dell'Alitalia che lo ha portato da Roma a Yaoundé (Camerun) per iniziare il suo undicesimo viaggio apostolico internazionale, il primo nel continente africano.

In particolare, ha affrontato l'impatto della crisi economica nei Paesi poveri e l’importanza dell’etica per un retto ordine economico mondiale, argomento che sarà sviluppato ulteriormente anche nella prossima Enciclica, rimandata proprio a causa della congiuntura mondiale.

Si è scatenata la tempesta e, di conseguenza, sono state riviste alcune cose alla luce dei nuovi avvenimenti per cercare risposte sempre più confacenti, ha spiegato.

“Spero che l’Enciclica potrà anche essere un elemento, una forza per superare questa crisi”, ha confessato.

Secondo il Papa, la causa della recessione è soprattutto di carattere etico, perché “dove manca l'etica, la morale, non può esserci correttezza nei rapporti”.

Per questo motivo, ha aggiunto, durante il suo viaggio in Camerun e Angola parlerà di Dio e dei grandi valori della vita cristiana, offrendo su questo terreno anche un contributo all'analisi e alla comprensione della crisi economica.

Il Pontefice ha assicurato che farà appello alla comunità internazionale perché sia solidale con l'Africa.

“La solidarietà e la carità fanno parte della cattolicità – ha ricordato –. Dunque, è proprio dai cattolici che mi aspetto qualcosa di più”.

In Africa, ha rilevato, ci sono nuovi Governi e nuove disponibilità nella lotta contro la corruzione, che è uno dei più grandi mali da sconfiggere.

Benedetto XVI ha espresso la sua soddisfazione per la visita nel continente, un progetto che accarezzava fin dall'inizio del suo pontificato.

“Io amo l’Africa, ho tanti amici africani già dai tempi in cui ero professore fino a tutt’oggi. Amo la gioia della fede, questa gioiosa fede che si trova in Africa”.

Con la sua visita, ha commentato, vuole promuovere la fede che caratterizza la Chiesa in Africa. Visto che la Chiesa non è “una società perfetta”, ha riconosciuto, farà appello anche a “una purificazione” non delle strutture, ma del cuore e della coscienza, perché le strutture sono il risultato di ciò che è il cuore.

Il Papa ha anche parlato dell’Aids e della prospettiva cristiana dell’amore e della sessualità, così come dell’impegno efficace e positivo di tante istituzioni cattoliche a vantaggio dei malati e dei sofferenti, un messaggio di speranza per l’Africa e per la Chiesa nel continente.

“Direi che non si può superare questo problema dell’Aids solo con slogan pubblicitari”, ha dichiarato, spiegando che la soluzione di questo dramma non può essere meramente economica.

“Non si può superare con la distribuzione di preservativi, che al contrario aumentano il problema. La soluzione può solo essere una umanizzazione della sessualità, un rinnovo spirituale e umano”.

A chi gli ha chiesto un commento sull'immagine di un Pontefice “solo” diffusa in questi giorni dai media dopo il caso Williamson e la revoca delle scomuniche, Benedetto XVI ha risposto sorridendo: “Per dire la verità, viene un po' da ridere del mito della solitudine del Papa. In nessun modo mi sento solo. Ogni giorno ricevo delle visite dei collaboratori più stretti, incominciando dal segretario di Stato”.

“Sono realmente circondato da amici e in stupenda collaborazione con Vescovi, collaboratori, laici e sono grato per questo”.

Il Papa ha anche parlato delle sette religiose, fenomeno importante in Africa, ricordando che l'annuncio cristiano è un annuncio sereno, perché propone un Dio vicino all'uomo e dà vita a una grande rete di solidarietà.

Le stesse religioni tradizionali si stanno aprendo al messaggio evangelico, ha detto, perché cominciano a vedere che il Dio dei cattolici non è un Dio lontano.

Il Pontefice ha quindi ribadito la sua fiducia nel dialogo interreligioso. Parlando dei rapporti con i musulmani, ha assicurato che sta crescendo il rispetto reciproco nella comune responsabilità etica.








Il Presidente del Camerun al Papa: promuoverò i diritti civili


L'attenzione del Pontefice per l'Africa, antidoto all'“afropessimismo”





YAOUNDÉ, martedì, 17 marzo 2009 (ZENIT.org).- Accogliendo questo martedì pomeriggio Benedetto XVI all'aeroporto della capitale Yaoundé, il Presidente della Repubblica del Camerun Paul Biya ha assicurato il suo impegno per la promozione dei diritti civili e ha affermato che la visita del Pontefice è un antidoto all'“afropessimismo”.

Il Capo di Stato, nel suo discorso di benvenuto, ha riconosciuto che “non è possibile non sostenere l'appello della Chiesa per una maggiore giustizia per le popolazioni africane, decimate dalle pandemie, dalla miseria e dalla fame, a volte private dei loro diritti più elementari e sottoposte a condizioni di vita degradanti”.

Citando un sacerdote camerunense, il Presidente, al potere dal novembre 1982, si è chiesto “com'è possibile non ascoltare il grido dell'uomo africano”.

Per quanto lo riguarda come governante, Biya ha assicurato al Papa il suo sforzo per “rispondere alle aspettative del nostro popolo sull'esercizio dei suoi diritti civili e soddisfare le sue necessità in materia di istruzione, salute e livello di vita”.

Riferendosi al sistema politico del suo Paese, che ha più di 18 milioni di abitanti, per la maggior parte cristiani, seguaci di credo tradizionali o musulmani, il Presidente ha detto al Papa che continuerà a sforzarsi per procedere nella “buona direzione” della democrazia.

Per quanto concerne la politica estera, Biya ha osservato che la priorità del suo Paese deve essere la promozione della pace e ha portato come esempio di questo impegno i negoziati sul contenzioso nella penisola di Bakassi, che nel 1981 è stato sul punto di provocare una guerra tra Camerun e Nigeria.

La Corte Internazionale di Giustizia ha deciso nel 2002 che il territorio è di sovranità camerunense, costringendo a cederlo al Camerun, cosa che è avvenuta il 14 agosto 2008.

“Grazie a una buona volontà condivisa e il sostegno delle Nazioni Unite e di alcune potenze amiche, questo spinoso problema ha potuto risolversi con la soddisfazione generale”, ha affermato.

“In questo modo, si è aperta la via per una cooperazione benefica con il nostro grande fratello”, ha aggiunto riferendosi alla Nigeria.

Il Presidente ha infine ringraziato il Papa per la convocazione del Sinodo dell'Africa, che si celebrerà a Roma nell'ottobre prossimo, e il cui documento di lavoro (Instrumentum laboris) sarà pubblicato questo giovedì.

In questa decisione, gli ha detto, gli africani vedono “l'interesse costante che presta a quanti soffrono a causa della guerra, della miseria, della malattia o dell'oppressione”.

“Questa solidarietà affermata – ha concluso – è anche per loro un incoraggiamento a non cedere all''afropessimismo' e a portare avanti i loro sforzi per costruire una società più giusta e solidale”.








Il Papa in Africa, portavoce del grido di pace e giustizia


Denuncia le nuove forme di schiavitù





YAOUNDÉ, martedì, 17 marzo 2009 (ZENIT.org).- Appena ha toccato il suolo africano per la prima volta nel suo pontificato, Benedetto XVI si è fatto portavoce del grido di giustizia e pace che risuona nel cuore dei suoi abitanti alle varie latitudini.

Il discorso che ha pronunciato all'aeroporto di Nsimalen di Yaoundé, la capitale del Camerun, è servito a porre con forza l'argomento che riunirà nel prossimo mese di ottobre i Vescovi africani a Roma in occasione del secondo Sinodo continentale della storia.

Il Papa è giunto in terra africana per pubblicare questo giovedì, festa di San Giuseppe e quindi suo onomastico, l'“Instrumentum Laboris” (documento di lavoro) di questo vertice ecclesiale, che avrà per tema “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo (Mt 5, 13.14)”.

Nel suo discorso, con il quale ha risposto alle parole di benvenuto che gli ha rivolto accanto all'aereo il Presidente della Repubblica, Paul Biya, il Pontefice ha affermato che “di fronte al dolore o alla violenza, alla povertà o alla fame, alla corruzione o all’abuso di potere, un cristiano non può mai rimanere in silenzio”.

“Il messaggio salvifico del Vangelo esige di essere proclamato con forza e chiarezza, così che la luce di Cristo possa brillare nel buio della vita delle persone”, ha sottolineato offrendo spunti per il Sinodo africano.

“Qui, in Africa, come pure in tante altre parti del mondo, innumerevoli uomini e donne anelano ad udire una parola di speranza e di conforto”, ha riconosciuto. “Conflitti locali lasciano migliaia di senza tetto e di bisognosi, di orfani e di vedove”.

Schiavitù moderne


“In un Continente che, nel passato, ha visto tanti suoi abitanti crudelmente rapiti e portati oltremare a lavorare come schiavi, il traffico di esseri umani, specialmente di inermi donne e bambini, è diventato una moderna forma di schiavitù”, ha denunciato Benedetto XVI.

“In un tempo di globale scarsità di cibo, di scompiglio finanziario, di modelli disturbati di cambiamenti climatici, l’Africa soffre sproporzionatamente: un numero crescente di suoi abitanti finisce preda della fame, della povertà, della malattia”.

“Essi implorano a gran voce riconciliazione, giustizia e pace, e questo è proprio ciò che la Chiesa offre loro. Non nuove forme di oppressione economica o politica, ma la libertà gloriosa dei figli di Dio”.

La Chiesa, ha aggiunto, non attua “l’imposizione di modelli culturali che ignorano il diritto alla vita dei non ancora nati”, donando invece “la pura acqua salvifica del Vangelo della vita”.

“Non amare rivalità interetniche o interreligiose, ma la rettitudine, la pace e la gioia del Regno di Dio, descritto in modo così appropriato dal Papa Paolo VI come 'civiltà dell’amore'”.

Dal canto suo, il Presidente Biya, al potere dal 1982, ha assicurato al Papa che il suo Paese si sforzerà di “rispondere alle aspettative del nostro popolo sull'esercizio dei diritti civili e di soddisfare le sue necessità in materia di istruzione, salute e livello di vita”.

La cerimonia di benvenuto è stata caratterizzata dalla spontanea e colorata accoglienza africana. Da quando il Papa è sceso dal Boeing 777 dell'Alitalia, dopo un viaggio di circa sei ore, centinaia di persone si sono avvicinate per salutarlo personalmente, suscitando in alcuni casi la preoccupazione degli incaricati della sicurezza.

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