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Ultimo Aggiornamento: 18/01/2013 01:18
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Papa/ Scrive a vescovi tedeschi su disputa liturgia post-Concilio

Lunga lettera su traduzione di 'pro multis' in 'per tutti'

Città del Vaticano, 24 apr. (TMNews)

Il Papa ha inviato una lettera di cinque cartelle ai vescovi tedeschi per dirimere una annosa diatriba linguistica nata con la riforma liturgica voluta dal Concilio vaticano II e la connessa traduzione in lingue volgari dei Vangeli.
La missiva, firmata da Benedetto XVI il 14 aprile e diffusa oggi dalla Conferenza episcopale tedesca, si riferisce alla traduzione - teologicamente densa di implicazioni - delle parole pronunciate da Gesù nell'ultima cena. Il proprio sacrificio "pro multis", in latino, è stato tradotto in tedesco "fuer alle" (per tutti) e non, più letteralmente, "fuer viele" (per molti). In vista della prossima pubblicazione nel mondo germanofono della nuova traduzione dell'innario (Gotteslob), il Papa, da sempre molto attento alle questioni liturgiche e alla corretta interpretazione del Concilio vaticano II, sottolinea che questa traduzione "è un'interpretazione" coerente con i "principi che hanno guidato la traduzione in lingua moderne dei libri liturgici".
Per Ratzinger, però, oltre una "certa misura" la traduzione interpretativa non è giustificata per le Sacre Scritture e ha portato, in alcuni casi, a "banalizzazioni" che hanno significato "autentiche perdite". "Anche personalmente mi è divenuto sempre più chiaro che il principio della corrispondenza non letterale ma strutturale come linea-guida nella traduzione ha i suoi limiti", spiega il Papa, che sottolinea: "Poiché devo pregare le preghiere liturgiche in diverse lingue, mi accorgo che tra le diverse traduzioni a volte è difficile trovare ciò che le accomuna e che il testo originale è spesso riconoscibile solo da lontano".
Come è suo solito, nella lettera ai vescovi tedeschi Ratzinger anticipa le possibili obiezioni degli interlocutori: "Cristo non è morto per tutti? La Chiesa ha cambiato il suo insegnamento? E' capace di farlo e può farlo? Si tratta di una reazione che vuole distruggere l'eredità del Concilio?". La risposta è negativa. Richiamando l'istruzione vaticana 'Liturgiam authenticam' del 2001, il Papa spiega che la fedeltà dei testi liturgici contemporanei al "pro multis", per molti, dei Vangeli di Matteo e Marco (mentre nei racconti di Luca e Paolo Gesù si rivolge direttamente ai disepoli che il suo sacrificio è "per voi") rimanda alla fedeltà del linguaggio di Gesù al capitolo 53 del libro biblico di Isaia. E non è modificabile arbitrariamente.

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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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"Per molti e per tutti": il Papa chiarisce le parole della Messa. Il commento di padre Lombardi

Nei giorni scorsi, Benedetto XVI ha indirizzato all’episcopato tedesco una lettera nella quale si sofferma su una questione riguardante la corretta interpretazione da attribuire alla formula della consacrazione del vino nella Messa. Una questione teologica ma dai profondi risvolti di fede per ogni cristiano, come ribadisce il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava dies”, il settimanale d’informazione del Centro Televisivo Vaticano:


Che cosa ha fatto il Papa a Castelgandolfo nella settimana dopo la Pasqua? Ha preso carta e penna e ha scritto nella sua lingua una lettera un po’ speciale, diretta ai vescovi tedeschi, che pochi giorni dopo l’hanno pubblicata. Riguarda la traduzione delle parole della consacrazione del calice del sangue del Signore nel corso della messa. La traduzione “per molti”, più fedele al testo biblico, va preferita a “per tutti”, che intendeva rendere più esplicita l’universalità della salvezza portata da Cristo. Qualcuno penserà che il tema sia solo per raffinati specialisti. In realtà permette di capire che cosa è importante per il Papa e con quale atteggiamento spirituale egli lo affronti. Per il Papa le parole dell’istituzione dell’Eucarestia sono assolutamente fondamentali, siamo al cuore della vita della Chiesa. Con il “per molti”, Gesù si identifica con il Servo di Jahwé annunciato dal profeta Isaia; ripetendo queste parole esprimiamo quindi meglio una duplice fedeltà: la nostra fedeltà alla parola di Gesù, e la fedeltà di Gesù alla parola della Scrittura. Il fatto che Gesù sia morto per la salvezza di tutti è fuori da ogni dubbio, quindi è compito di una buona catechesi spiegarlo ai fedeli, ma spiegare allo stesso tempo il significato profondo delle parole dell’istituzione dell’Eucaristia. Il Signore si offre “per voi e per molti”: ci sentiamo direttamente coinvolti e nella gratitudine diventiamo responsabili della salvezza promessa a tutti. Il Papa – che già aveva trattato di questo nel suo libro su Gesù - ci dona ora un esempio profondo e affascinante di catechesi su alcune delle parole più importanti della fede cristiana. Una lezione di amore e di rispetto vissuto per la Parola di Dio, di riflessione teologica e spirituale altissima ed essenziale, per vivere con più profondità l’Eucaristia. Il Papa termina dicendo che nell’Anno della fede dobbiamo impegnarci in questa direzione. Speriamo di farlo per davvero.

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Crisi della Chiesa e crisi della Liturgia


Nel suo Videomessaggio per la cerimonia conclusiva del Congresso Eucaristico internazionale di Dublino, Benedetto XVI ha affermato che i desideri dei Padri Conciliari circa il rinnovamento liturgico sono stati oggetto di "molte imcomprensioni ed irregolarità". "La riforma voleva condurre la gente a un incontro personale con il Signore presente nell'Eucaristia - ha detto il Papa - ma la revisione è rimasta ad un livello esteriore". Ma come e perché è stata fraintesa la riforma liturgica del Concilio Vaticano II? Fabio Colagrande lo ha chiesto a mons. Nicola Bux, docente alla Facoltà teologica pugliese e consultore presso le Congregazioni per la dottrina della fede e per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti.


Nonostante le indicazioni del Concilio, la liturgia è stata degradata da "atto di culto" a una sorta di intrattenimento, a una riunione di famiglia. Ma non si tratta di un bene a nostra disposizione, è un "atto pubblico della Chiesa" che viene regolato dalla Santa Sede e - come ricordava il Concilio - nessun altro, anche se sacerdote, può aggiungere, togliere o mutare alcunché di sua iniziativa in materia liturgica. Quello che è avvenuto, e che il Papa in qualche modo denuncia, è esattamente ciò che i Padri Conciliari non volevano. Molti hanno inteso la riforma come una rivoluzione e hanno messo al centro l'uomo, con la sua immancabile volontà di protagonismo, anziché Dio. Abbiamo tolto dal centro il Santissimo Sacramento per mettere al suo posto noi chierici, in un momento in cui - come si vede dalle cronache - faremmo bene a metterci di lato, come ministri. Non lamentiamoci poi del decadimento dell'etica, anche nella Chiesa. Come ha ricordato Benedetto XVI con un'espressione forte: "la crisi della Chiesa nasce proprio da una crisi della liturgia". Il mio auspicio è che il Papa scriva un'enciclica sulla Liturgia, proprio a partire dalla fede, e che i cardinali, i vescovi e i sacerdoti, lo assecondino di più su questi temi.


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Il maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice sulla messa dei santi Pietro e Paolo


Novità nel rito dei Palli


di Gianluca Biccini


Per le celebrazioni papali ancora un piccolo passo in direzione del rinnovamento nella fedeltà alla tradizione: venerdì prossimo, 29 giugno, in occasione della messa per la solennità dei Santi Pietro e Paolo, che Benedetto XVI celebrerà alle ore 9 nella basilica Vaticana, sarà anticipato lo svolgimento del rito di benedizione e imposizione dei palli agli arcivescovi metropoliti, che tradizionalmente avviene in questa circostanza.
La cerimonia di consegna della piccola fascia di lana bianca -- che manifesta visibilmente l'autorità dei pastori delle maggiori arcidiocesi del mondo nell'unione con il vescovo di Roma -- non ha infatti natura sacramentale. Monsignor Guido Marini, maestro delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, in questa intervista al nostro giornale spiega i motivi della decisione approvata dal Papa.


Com'era accaduto nel Concistoro dello scorso 18 febbraio, ancora una volta un rito viene anticipato rispetto alla collocazione precedente nel contesto della celebrazione. Come mai?


Anzitutto vorrei precisare che il rito della benedizione e imposizione dei Palli rimane sostanzialmente invariato. Tuttavia, da quest'anno, nella logica di uno sviluppo nella continuità, si è pensato semplicemente a una diversa collocazione del rito stesso, che avrà luogo prima dell'inizio della Celebrazione eucaristica. La modifica è stata approvata dal Santo Padre ed è dovuta a tre diversi motivi, strettamente collegati l'uno con l'altro.


Quali sono?


Anzitutto si intende abbreviare la lunghezza del rito. Infatti, si darà lettura dell'elenco dei nuovi arcivescovi metropoliti appena prima dell'ingresso della processione iniziale e del canto del Tu es Petrus, al di fuori della celebrazione vera e propria. Poi, quando Benedetto XVI sarà giunto all'altare avrà subito luogo il rito dei Palli.


Una scelta che consentirà anche di evitare tempi eccessivi?


In pratica -- ed è questo il secondo motivo -- si preferisce evitare che la Celebrazione eucaristica sia interrotta da un rito piuttosto lungo, il che potrebbe rendere più difficile la partecipazione attenta e raccolta alla Santa Messa. Basti considerare che il numero dei metropoliti si aggira ormai ogni anno intorno ai 45.


E quest'anno?


Quest'anno son ben 46, anche se due di essi -- un ghanese e un canadese -- non potranno essere presenti personalmente. Tra loro ci sono due cardinali -- Rainer Maria Woelki, di Berlino, e Francisco Robles Ortega, di Guadalajara -- e il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia. Il Paese maggiormente rappresentato è il Brasile con 7 presuli, seguito da Stati Uniti d'America, Canada e Filippine con 4, Italia e Polonia con 3, Messico, India e Australia con 2.


Lei ha parlato di sviluppo nella continuità. Cosa significa?


È un richiamo al terzo motivo: attenersi maggiormente allo svolgimento del rito di imposizione del pallio, così come previsto nel Cæremoniale Episcoporum, ed evitare che, a motivo della collocazione dopo l'omelia, si possa pensare a un rito sacramentale. Infatti i riti che vengono inseriti nella celebrazione eucaristica dopo l'omelia sono normalmente riti sacramentali. L'imposizione del pallio non ha invece in alcun modo natura sacramentale.


(©L'Osservatore Romano 27 giugno 2012)


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26/07/2012

Per «una moltitudine», non «per tutti»

Il Papa chiede di cambiare la traduzione della formula di consacrazione del pane e del vino, ripristinando l’originale «per molti». Due esperti in un libro propongono un’altra soluzione

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

Sono le parole più sacre della liturgia, quelle pronunciate da Gesù nell’ultima cena per trasformare il pane e il vino nel suo corpo e sangue. Quest’ultimo, nel testo originale greco dei Vangeli era versato «per molti» (in greco «pollón»), e così è stato tradotto nel latino «pro multis». Nella riforma post-conciliare, quel «pro multis» è stato tradotto con «per tutti».

Già nel 2006, un anno dopo l’elezione di Ratzinger, la Congregazione per ul culto divino invitava le conferenze episcopali a riportare nelle nuove edizioni dei messali la traduzione corretta. Già in numerosi paesi dal «per tutti» si è tornati al «per molti»: Ungheria, Cile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Bolivia, ma anche nelle Chiese che celebrano l’eucaristia in lingua inglese, dove il «for all» è stato trasformato in «for many».

In Italia la questione è stata messa ai voti nel corso dell’assemblea generale della Cei ad Assisi, nel novembre 2010, e ben 171 su 187 votanti si sono espressi in favore del mantenimento della traduzione «per tutti». Il motivo principale è dato dal fatto che in certe lingue l’espressione «per molti» suona come contrapposta al «per tutti», quasi che la chiamata universale alla salvezza e il sacrificio di Cristo non fosse indirizzato a tutti. È un dono assolutamente gratuito, ma che richiede il «sì» di chi lo riceve.

Particolarmente nella lingua italiana, il cambiamento potrebbe però far pensare a una formula più restrittiva, quasi che il sacrificio di Gesù e la salvezza offerta all’uomo dal suo sacrificio non fosse rivolto a tutti. Una proposta di soluzione per risolvere questo empasse è contenuta nel libro del biblista Francesco Pieri, della diocesi di Bologna, che in questi giorni manda in libreria il volumetto «Per una moltitudine. Sulla traduzione delle parole eucaristiche» (Dehoniana Libri, 48 pagine, 4,50 euro)

Lo studioso, pur condividendo l’intenzione di una maggiore fedeltà al testo originale, non ritiene che la traduzione italiana «per molti» sia la soluzione ottimale. Condivide il parere di quegli esegeti – fra i quali il biblista Albert Vanhoye, creato cardinale da Benedetto XVI nel 2006 – secondo i quali la parola ebraica «rabbim» sottointesa al greco «pollón» significa «un grande numero», senza alcuna specificazione ulteriore sul fatto che essa si riferisca o meno alla totalità. Pieri propone dunque di adottare per l’italiano la stessa soluzione verso cui si sono orientati i vescovi francesi, «pour la multitude», cioè «per la moltitudine» o anche – ed è il titolo del suo piccolo saggio – «per una moltitudine». Si tradurrebbe così fedelmente il testo evangelico e al contempo si eviterebbe d’ingenerare l’idea (sbagliata) che il «per molti» al posto del «per tutti» stia a significare una portata meno universale della salvezza operata da Cristo.


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02/08/2012

I pellegrini della messa antica

Anno della Fede: annunciato per il 3 novembre, in Vaticano, il primo raduno dei fedeli del «Summorum Pontificum». Che sperano in un intervento del Papa

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

I fedeli che seguono la messa antica grazie al motu proprio Summorum Pontificum promulgato da Benedetto XVI nel 2007 si ritroveranno a Roma per un pellegrinaggio legato all’Anno della Fede, che si concluderà con una celebrazione nella basilica di San Pietro. L’annuncio è stato diffuso nelle ultime ore.

«Per iniziativa di vari rappresentanti di gruppi di fedeli laici, tra cui la Federazione Internazionale Una Voce e il Coordinamento Nazionale del Summorum Pontificum italiano, si è appena costituito a Roma il “Coetus internationalis pro Summorum Pontificum”, al fine di organizzare un pellegrinaggio internazionale delle associazioni, gruppi e movimenti pro Summorum Pontificum di Sua Santità Benedetto XVI nell’Anno della Fede. Il pellegrinaggio si concluderà con una celebrazione in San Pietro Sabato 3 Novembre 2012. Una presentazione ufficiale dell’evento è annunciata per il 10 settembre».

L’evento – spiegano gli organizzatori – vuole essere una «una grande mobilitazione a Roma, portando in pellegrinaggio e preghiera tutti i fedeli devoti alla sacra liturgia e al Santo Padre il Papa, il quale, ora più che mai, in tempi di attacchi alla sua sacra persona, ha bisogno della nostra manifestazione unanime di affetto, obbedienza e caritatevole sostegno. Cominciate ad organizzarvi».

Non sarà la prima volta che viene celebrata in San Pietro una messa secondo il rito romano del 1962, secondo l’ultimo dei messali che precedono la riforma liturgica post-conciliare. A presiederne una all’altare della Cattedra, era stato, il 17 maggio 2011 il cardinale tedesco Walter Brandmüller, a conclusione di un convegno dedicato al motu proprio Summorum Pontificum che si era tenuto a Roma.

Nulla è stato comunicato dagli organizzatori circa un eventuale incontro con il Papa, anche se il «Coetus internationalis pro Summorum Pontificum» spera che Benedetto XVI possa rendersi in qualche modo presente e rivolgere un saluto ai pellegrini che giungeranno a Roma da tutto il mondo.

Nel settembre 2010, a tre anni esatti dall’entrata in vigore del motu proprio era stata realizzata una statistica sulla situazione, resa disponibile dal gruppo «Paix Liturgique», in una newsletter. La rilevazione, non soltanto quantitativa ma anche qualitativa, riguardava trenta Paesi, quelli in cui il cattolicesimo è più saldamente presente: si era studiato il numero delle messe antiche disponibili, ma anche la loro frequenza e il loro orario, valutando, ad esempio, se si trattasse di orari adeguati per la famiglia. Era stata dunque monitorata la situazione in Spagna, Portogallo, Irlanda, Svizzera, Repubblica Ceca, Germania, Italia, Gran Bretagna, Polonia, Francia, Paesi Bassi, Ungheria, Austria, Canada, Stati Uniti, Messico, Colombia, Cile, Brasile, Argentina, Australia, India, Filippine, Nuova Zelanda, Sud Africa, Gabon e Nigeria.

Le informazioni sono state attinte da almeno due fonti indipendenti l’una dall’altra. La messa tridentina viene celebrata in 1.444 luoghi. Di questi, 340 hanno la messa in un giorno durante la settimana; 313 hanno la messa domenicale ma non regolarmente e dunque non ogni settimana; 324 hanno la messa ogni domenica ma non in orario adeguato per le famiglie (vale a dire al di fuori dell’arco temporale compreso tra le 9 e le 12). Infine, 467 luoghi hanno messe ogni domenica con orario adeguato per le famiglie. In pratica c’è una messa «family friendly» ogni 3 (32,3 per cento), mentre una messa ogni quattro non è celebrata la domenica.

Interessante anche il paragone con le messe celebrate dalla Fraternità San Pio X, non conteggiate nella prima statistica, che ha invece preso in considerazione quelle celebrate secondo il motu proprio. Le messe gestite dai gruppi «lefebvriani» sono in tutto 690, praticamente una ogni due di quelle celebrate invece secondo il motu proprio e in piena comunione con Roma. Nonostante le difficoltà e le resistenze, la messa antica viene, seppur lentamente, conosciuta da un numero sempre maggiore di persone.


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Monsignor Guido Marini illustra le novità nelle cerimonie di canonizzazione

Quando il Papa prega tre volte

di Gianluca Biccini

Sulla scia dell'opera di revisione e semplificazione delle celebrazioni papali in atto negli ultimi tempi, ci sono novità in vista anche per le canonizzazioni che Benedetto XVI presiederà domenica 21 ottobre in piazza San Pietro. Giacomo Berthieu, Pedro Calungsod, Giovanni Battista Piamarta, Maria del Monte Carmelo Sallés y Barangueras, Marianna Cope, Caterina Tekakwitha e Anna Schäffer saranno i primi sette beati a essere proclamati santi con la revisione del rituale, voluta «per sottolineare la maggiore importanza dell'atto della canonizzazione rispetto a quello della beatificazione». Ad annunciarlo è il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, monsignor Guido Marini, che in questa intervista al nostro giornale spiega i motivi della decisione, seguita ad approfondito studio e riflessione, e le sue conseguenze pratiche. A cominciare dall'anticipazione del rito, collocato prima dell'inizio della messa.

Dunque il rito di canonizzazione non si svolgerà più durante la celebrazione eucaristica?

Proprio così, com'è già avvenuto del resto per altri riti: si pensi al rito del Resurrexit, la Domenica di Pasqua; al concistoro per la creazione dei nuovi cardinali, a partire dallo scorso 18 febbraio; e alla benedizione e imposizione dei palli agli arcivescovi metropoliti, nella recente solennità dei santi Pietro e Paolo.

Qual è il motivo di fondo?

Evitare che nella celebrazione eucaristica siano presenti elementi che non le sono strettamente propri, mantenendone così intatta l'unità, come auspicato dalla Costituzione conciliare sulla sacra liturgia Sacrosanctum concilium. Del resto non viene modificata una tradizione consolidata, ma solo una recente prassi. La canonizzazione è fondamentalmente un atto canonico, in cui sono coinvolti il munus docendi e il munus regendi. Il munus sanctificandi entra in scena come secondo momento ed è costituito dall'atto di culto che segue la canonizzazione.

Insomma, per dirla con il documento del Vaticano II da lei citato, «Sana tradizione e legittimo progresso»?

Certamente, sebbene in questo caso specifico il rinnovamento del rito di canonizzazione si inserisca nel solco del cammino iniziato da Benedetto XVI nel 2005. Fu allora che la Congregazione delle Cause dei Santi, con comunicazione del 29 settembre, dispose -- a seguito delle conclusioni dello studio delle ragioni teologiche e delle esigenze pastorali sui riti di beatificazione e canonizzazione approvate dal Santo Padre -- che la canonizzazione avrebbe continuato a essere presieduta dal Pontefice in San Pietro, mentre la beatificazione sarebbe stata celebrata da un suo rappresentante, di solito il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, nelle diocesi interessate. La canonizzazione, in effetti, è una sentenza definitiva, con la quale il Sommo Pontefice decreta che un servo di Dio, già annoverato tra i beati, venga inserito nel catalogo dei santi e si veneri nella Chiesa universale con il culto dovuto a tutti i canonizzati. Si tratta, quindi, di un culto precettivo e universale. L'autorità esercitata dal Papa nella sentenza della canonizzazione sarà ora ancor più visibile per il tramite di alcuni elementi rituali.

Al di là dello spostamento del Rito, che si svolgerà interamente prima dell'inizio della messa, quali sono questi elementi rituali?

Anzitutto la triplice petitio, durante la quale il cardinale prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, si rivolgerà al Santo Padre per domandare che si proceda alla canonizzazione dei sette beati. Viene, pertanto recuperata, se pure in forma rinnovata, l'antica tradizione secondo la quale il Papa prega con insistenza per chiedere l'aiuto del Signore nel compimento dell'importante atto. In particolare, in risposta alla seconda petizione, egli invocherà lo Spirito Santo e, dopo tale invocazione, verrà intonato l'inno del Veni creator. In secondo luogo il canto del Te Deum, presente nel Rito di canonizzazione fino al 1969, accompagnerà la collocazione e la venerazione delle reliquie dei nuovi santi.

In merito alla processione con le reliquie dei nuovi santi, è prevista qualche altra modifica?

La consueta processione sosterà brevemente davanti al Santo Padre che, così, potrà venerare le reliquie. Una volta, poi, collocate presso l'altare, le reliquie verranno incensate dal diacono.

La revisione del rito di canonizzazione, come già per altri riti, comporta anche una semplificazione?

Direi di sì. E anche questo è un aspetto importante del rito rinnovato, insieme a quello della sua riforma in armonica continuità con un'ormai secolare tradizione. In tal modo è possibile realizzare lo «splendore della nobile semplicità» auspicato dal concilio Vaticano II. Le Litanie dei santi accompagneranno la processione iniziale, risultando anticipate rispetto alla prassi attuale. Avveniva così durante il pontificato di Pio XII, a partire dal 1946. Saranno inoltre omesse le biografie dei nuovi santi da parte del prefetto, in quanto il Santo Padre, come è consuetudine, le presenterà brevemente nel corso dell'omelia. Non è più previsto, infine, il saluto personale al Pontefice da parte dei postulatori, che avranno modo di incontrarlo brevemente dopo la messa, nella sagrestia della basilica Vaticana.

(©L'Osservatore Romano 17 ottobre 2012)


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PAPA: "TU ES PETRUS" LO RINGRAZIA PER FEDELTA' LITURGICA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 21 ott.

Nella messa presieduta per la canonizzazione di 7 nuovi Santi, Benedetto XVI ha indossato per la prima volta dalla sua elevazione alla Cattedra di Pietro, il prestigioso "fanone papale", paramento liturgico in disuso dopo la Riforma Liturgica e che da allora fu impiegato solo una volta dal Beato Giovanni Paolo II nel 1984.
Una scelta che, secondo l'Associazione "Tu es Petrus", testimonia "attaccamento e fedelta' alla gloriosa tradizione liturgica della Chiesa" e conferma che "tra le priorita' di questo pontificato, luminosamente, vi e' quella 'riforma della riforma liturgica' che, nel solco dell'ermeneutica della continuita' gia' tracciata dal Papa mira a ridare piena cittadinanza e dignita' al Sacro durante le celebrazioni Eucaristiche". "L'Associazione Cattolica Internazionale 'Tu es Petrus' - afferma una nota - se ne compiace vivamente, auspicando che sempre piu' vescovi e sacerdoti prendano esempio dalle liturgie papali, rendendo il giusto culto a Dio ed emarginando, cosi, il triste fenomeno degli abusi liturgici".
Il "fanone papale" riportato alla luce dal maestro delle Cerimonie Liturgiche del Sommo Pontefice, Monsignor Guido Marini, e' un ornamento omerale: una doppia
mozzetta circolare di sottilissima seta tessuta a strisce parallele di colore rosso, bianco, giallo-oro ed amaranto. Viene indossato in modo che la parte inferiore sia sotto la stola e la superiore sopra la pianeta o la casula.
Per praticita', le due mozzette, una volta unite nel girocollo, vennero staccate e indossate separatamente ed unite tramite un'abbottonatura. Il simbolismo del fanone rappresenta lo scudo della fede che protegge la Chiesa Cattolica, rappresentata dal Papa. Le fasce verticali di colore oro e argento, rappresentano, invece, l'unita' e l'indissolubilita' della Chiesa latina e orientale".

© Copyright (AGI)


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A colloquio con il maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice sui riti presieduti da Benedetto XVI

Il Natale dell'Anno della fede

di Gianluca Biccini

La trama che nella storia cristiana unisce la Terra Santa al sepolcro dell'apostolo Pietro si arricchisce in questo Anno della fede di ulteriori legami: proviene infatti da Betlemme una delle statue del bambinello che saranno esposte nella basilica Vaticana, durante le celebrazioni presiedute da Benedetto XVI. E non solo: anche le intenzioni della preghiera universale o dei fedeli, proclamate durante le messe della vigilia di Natale e del 1° gennaio, sono state preparate dai frati francescani della Custodia di Terra Santa. Lo anticipa al nostro giornale il maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, monsignor Guido Marini, che in questa intervista parla dei riti natalizi presieduti dal Papa.

Può illustrare brevemente il calendario delle celebrazioni?

Le celebrazioni del tempo di Natale iniziano con la santa messa della Notte, il 24 dicembre nella basilica Vaticana, e si concludono con la festa del Battesimo di Gesù, domenica 13 gennaio, con l'amministrazione del sacramento del battesimo a 22 neonati, nella cappella Sistina. In totale Benedetto XVI presiederà quattro messe e una celebrazione dei vespri, oltre a impartire la benedizione «Urbi et Orbi» la mattina di Natale. Quest'anno, inoltre, il 29 dicembre, il Santo Padre presiederà la preghiera di Taizé, in occasione del 35° Incontro europeo dei giovani.

Quanto è importante la liturgia nella vita della Chiesa?

La Liturgia ci conduce al cuore della vita della Chiesa: ne è la fonte e il culmine. La liturgia è lo “spazio” nel quale si rende presente, “oggi”, il mistero della salvezza. In questa prospettiva le celebrazioni del Natale non sono semplicemente un ricordo o una cerimonia che si risolve nel compimento di gesti esteriori. Si tratta piuttosto, come ci ricorda la Sacrosanctum concilium, di un'attualizzazione -- per il nostro tempo e per la nostra vita -- dell'opera della redenzione. I segni esterni sono importanti se veicolano un tale contenuto di grazia e favoriscono un'autentica partecipazione all'agire di Cristo nella sua Chiesa. Pertanto, prima di attardarsi nei dettagli, che sicuramente hanno la loro importanza e suscitano interesse, bisogna partire da qui: la Liturgia è la vita della Chiesa, dalla Liturgia scaturisce la perenne vitalità e novità dell'esperienza della fede.

A proposito dei gesti e dei dettagli, può indicarne qualcuno presente nella celebrazione della Notte?

La messa sarà preceduta da un tempo di preparazione e di veglia che, come già l'anno scorso, consisterà nella celebrazione dell'Ufficio delle letture. Al termine dell'Ufficio sarà intonato il solenne canto della Kalenda: un testo molto bello, che ci fa capire quanto la fede cristiana sia intimamente collegata con la storia, con la nostra storia: il Figlio di Dio si fa uomo, entra nelle vicende degli uomini, per salvarli e introdurli nell'intimità della vita dei figli di Dio. Alla processione iniziale della santa messa prenderanno parte alcuni bambini, che collocheranno i mazzi di fiori vicino all'immagine di Gesù Bambino, svelata dal diacono al termine della Kalenda. Quegli stessi bambini, al termine della celebrazione, si recheranno al presepio, allestito presso la cappella della Presentazione, all'altare di San Pio X, per deporre i mazzi di fiori vicino alla culla di Gesù Bambino. I bambini saranno dieci, in rappresentanza dei vari continenti: particolarmente significativa, tra loro, è la presenza di due brasiliani: il loro Paese ospiterà la prossima Giornata mondiale della gioventù. E dal momento che il bambinello usato durante la messa della Notte verrà deposto nella mangiatoia del presepe, dalla celebrazione successiva, ai piedi dell'altare della Confessione, sarà collocata un'altra immagine del Santo Bambino, realizzata da artigiani cristiani di Betlemme, copia dell'effige che viene collocata ogni anno sul luogo della nascita del Salvatore, nella Basilica della Natività.

Quando sarà possibile, dunque, vedere il nuovo bambinello nella basilica Vaticana?

Il nuovo bambinello sarà introdotto in occasione della messa del 1° gennaio. Ma essa sarà preceduta dall'ultima celebrazione del 2012, quella del 31 dicembre, quando il Papa celebra i primi vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio, che avranno come momento conclusivo l'esposizione del Santissimo Sacramento, il tradizionale canto del Te Deum, per il ringraziamento della conclusione dell'anno civile, e la benedizione eucaristica. In questa circostanza, la Chiesa si raccoglie in preghiera davanti al suo Signore per rivivere l'anno che sta per concludersi, considerandolo come un tempo guidato dalla Provvidenza e per il quale rendere grazie. Nello stesso tempo, per il tramite Maria Santissima affidiamo alla bontà del Signore il nuovo anno che sta per iniziare.

Questa celebrazione si prolunga, in qualche modo, nel giorno successivo con la messa del primo dell'anno?

In effetti è così: con i primi vespri si è già nella solennità di Maria Santissima Madre di Dio, in occasione della quale si celebra anche Giornata mondiale della pace, com'è ormai consuetudine da quarantasei anni. La solennità mariana e la preghiera per la pace risultano provvidenzialmente collegate. Il Signore Gesù, il Salvatore, è il Principe della pace. In questo senso la Santa Vergine è Colei che intercede presso il suo Figlio per ottenere il dono della pace, a nostro favore e per il mondo intero.

Veniamo alla celebrazione dell'Epifania, che quest'anno è particolarmente significativa. Il Papa, infatti, conferirà l'ordinazione episcopale ad alcuni suoi stretti collaboratori.

Con la solennità dell'Epifania la Chiesa celebra la manifestazione del Signore alle genti. Risplende, in tal modo, l'universalità della salvezza donata da Dio nel suo Figlio fatto carne. L'intera umanità è convocata presso il luogo della nascita del Redentore. La presenza dei Magi, uomini saggi dell'Oriente antico, sottolinea la cattolicità dell'evento salvifico della notte di Natale. Con le ordinazioni di alcuni nuovi vescovi questa universalità viene in qualche modo ulteriormente sottolineata. L'episcopato, infatti, è donato dal Signore per la Chiesa intera e per il mondo intero.

Il Papa, infine, celebrerà la festa del Battesimo di Gesù nella splendida cornice della cappella Sistina...

Dal punto di vista liturgico si celebra il Battesimo di Gesù, ovvero il mistero del riproporsi della condivisione da parte del Signore della nostra condizione umana. Allo stesso tempo, si rinnova la manifestazione del Signore all'umanità, mediante la parola solenne che il Padre rivolge a tutti i presenti. In questa giornata, tradizionalmente, il Santo Padre amministra il Battesimo ad alcuni bambini, ai quali è fatto l'inestimabile dono della fede, che li accompagnerà per tutta la vita e che dovrà essere, anche grazie alle famiglie, custodito, coltivato, portato a maturità. Dal punto di vista del rito, accanto al fonte battesimale, già usato lo scorso anno, sarà collocato un nuovo candelabro.

Un'ultima parola sulle vesti liturgiche. In occasione delle canonizzazioni del 21 ottobre scorso, Benedetto XVI ha indossato il fanone, una mantellina molto semplice e leggera che, a partire dal x-XII secolo, è stata utilizzata come veste liturgica tipicamente papale. Lo farà di nuovo?

Accadrà nelle due grandi solennità della notte di Natale e dell'Epifania. Il termine fanone deriva dal latino e significa “panno”. È stato abitualmente indossato dai Pontefici fino a Giovanni Paolo II. Benedetto XVI ha inteso conservare l'uso di questa semplice e significativa veste liturgica. Nel corso del tempo si è sviluppata una simbologia in relazione a questo indumento. Si dice che rappresenterebbe lo scudo della fede che protegge la Chiesa. In questa lettura simbolica, le fasce verticali di colore oro e argento esprimerebbero l'unità e l'indissolubilità della Chiesa latina e orientale, che poggiano sulle spalle del Successore di Pietro. Mi pare una simbologia molto bella. Ed è davvero significativo ricordarla durante l'Anno della fede.

(©L'Osservatore Romano 19 dicembre 2012)


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23/12/2012

Cañizares «Gli abusi liturgici abbondano, dobbiamo riscoprire il Vaticano II»

Il cardinale Prefetto del Culto divino presenta la riorganizzazione del dicastero e il nuovo dipartimento per la musica e l’arte: «Le chiese non sono semplici luoghi di riunione, ma luoghi dell’incontro con il mistero di Dio»

Andrea Tornielli
Città del Vaticano

La Congregazione è stata riorganizzata e c’è un nuovo ufficio dedicato all’architettura e alla musica sacra: può spiegare perché e a che cosa serve?

«In effetti, nella Congregazione, a partire dal 1 dicembre, si è costituito un nuovo “ufficio”: si tratta di un dipartimento dedicato all’arte e alla musica sacra al servizio della liturgia, con il quale si intende dare impulso a quanto si legge nei capitoli 6 e 7 della Costituzione conciliare “Sacrosanctum Concilium”. Un’iniziativa necessaria per poter rispondere nel migliore modo possibile e adeguato alle esigenze della liturgia in questi due ambiti. Non ogni espressione musicale o artistica risponde alla natura della liturgia, che ha le sue proprie leggi da salvaguardare. Se dobbiamo approfondire il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II e potenziare la bellezza che la liturgia stessa è e deve avere, la musica e l’arte sono elementi fondamentali. È dunque molto importante che la Congregazione per il Culto dia impulso all’arte e alla musica per la liturgia, offra criteri e orientamenti per questo scopo in conformità con gli abbondanti insegnamenti e la ricchissima tradizione della Chiesa, favorisca i rapporti con musicisti, architetti, pittori, orafi, etc. E tutto ciò richiede un’attenzione specifica e concreta. Per questa ragione e per questo scopo si è creato questo “ufficio” o dipartimento»

Negli ultimi cinquant’anni abbiamo assistito alla costruzione in tutto il mondo di chiese che assomigliano a garage, a blocchi di cemento, a colate di piombo. Che caratteristiche deve avere, secondo lei, una chiesa cattolica?

«Il Catechismo della Chiesa cattolica lo esprime in un modo molto chiaro e semplice, presentando l’edificio della chiesa in due paragrafi. In uno afferma che le chiese “non sono semplici luoghi di riunione, ma significano e manifestano la Chiesa che vive in quel luogo, dimora di Dio con gli uomini riconciliati e uniti in Cristo”. Si capisce come l’obiettivo più profondo dell’esistenza di un edificio sacro non sia semplicemente quello di rendere possibile la riunione dei fedeli. Questo è già tanto, ma al tempo stesso è poco. In realtà, la Chiesa è il luogo dell’incontro con il Figlio di Dio vivo, e così è il luogo dell’incontro tra di noi. Il Catechismo aggiunge che la

“casa di preghiera in cui l’Eucaristia è celebrata e conservata; in cui i fedeli si riuniscono; in cui la presenza del Figlio di Dio nostro Salvatore, che si è offerto per noi sull’altare del sacrificio, viene venerata a sostegno e consolazione dei fedeli, dev’essere nitida e adatta alla preghiera e alle sacre funzioni. In questa ‘casa di Dio’, la verità e l’armonia dei segni che la costituiscono devono manifestare Cristo che in quel luogo è presente e agisce». Le nuove chiese dovrebbero essere costruite in fedeltà a questi criteri basilari, com’è avvenuto nella lunga e ricchissima tradizione della Chiesa, ed è per questo che abbiamo questi esempi di arte tanto straordinari. Nell’ultimo secolo, per citare una chiesa emblematica che tiene molto in considerazione quei criteri, ricordo la basilica della Sagrada Familia, di Antonio Gaudí, a Barcellona».

Come definirebbe lo stato della musica e del canto per la liturgia?

«Si deve riconoscere che, nonostante alcuni sforzi lodevoli e ben realizzati, la musica e il canto nella liturgia necessitano di un rinnovamento e di un nuovo impulso. Non dimentichiamo che il grande rinnovamento liturgico di san Pio X venne accresciuto e accompagnato dallo splendido rinnovamento del canto e della musica effettuato da lui. Non ci sarebbe oggi l’urgente e quanto mai necessario rinnovamento liturgico se non si svolgesse un lavoro serio ed efficace nel rinnovamento della musica e del canto, che non è un ornamento per rendere più gradevoli le celebrazioni, ma è invece un elemento della stessa celebrazione, che ci pone davanti al mistero, davanti alla presenza di Dio stesso, che deve corrispondere con quello che accade nella celebrazione liturgica, e cioè “il cielo che si apre alla terra”».

Lei è Prefetto del Culto divino da ormai quattro anni. Può ricordare brevemente il lavoro svolto e spiegare quali siano gli obiettivi per il futuro più immediato?

«Sì, ho compiuto in questo mese di dicembre quattro anni dal mio arrivo in questo dicastero. Seguendo il lavoro rigoroso e molto valido dei miei predecessori, non ho tentato nient’altro che di dare impulso al rinnovamento liturgico del Vaticano II e questo sarà il mio obiettivo per il nuovo anno. Per questo scopo, oltre alla necessaria riorganizzazione e al nuovo regolamento del dicastero, che ha la sua complessità, si sta lavorando per offrire “orientamenti e direttrici per la formazione liturgica” dei sacerdoti, degli aspiranti al sacerdozio, delle persone consacrate, dei collaboratori parrocchiali nella celebrazione liturgica, dei fedeli cristiani in generale, per aiutare a conoscere di più e assimilare meglio gli insegnamenti sulla liturgia del Vaticano II, in continuità con la ricca tradizione ecclesiale. Stiamo anche preparando uno strumento, un sussidio, per aiutare a celebrare bene e a partecipare adeguatamente all’Eucaristia. Si stanno rivedendo le “introduzioni ai vari rituali per i sacramenti”: il lavoro è molto avanzato per quello riguardante il sacramento della penitenza. Si sta lavorando per l’introduzione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana e al rinnovamento della pastorale dell’iniziazione. Spero che tra qualche mese sia pronta la nuova introduzione al rituale per il culto eucaristico al di fuori della messa, in particolare per l’adorazione eucaristica. È a uno stadio avanzato anche il lavoro sul rituale delle esequie. Continuano poi i lavori per un quinto volume della Liturgia delle Ore. Spero che in qualche mese si finisca il progetto del Direttorio per l’omelia e si finisca un volume con i suggerimenti per le omelie per i tre cicli liturgici seguendo il Catechismo della Chiesa cattolica. Non posso non menzionare quello che già si sta facendo con il nuovo dipartimento di “arte e musica per la liturgia”: tra le altre coe, la preparazione di direttori per la musica e l’arte. Oltre agli altri lavori in corso, e agli incontri continentali con i responsabili della liturgia delle conferenze episcopali, bisogna ricordare anche la preparazione del Simposio internazionale che si terrà nel febbraio 2014 sulla Costituzione conciliare sulla liturgia, “Sacrosanctum Concilium”, che speriamo abbia una significativa risonanza».

E la correzione degli abusi liturgici?

«Un impegno che va ricordato è quello della visita ad limina dei vescovi, occasioni di grande interesse per diffondere i principi del rinnovamento liturgico richiesto dal Vaticano II, senza trascurare l’aiuto nella correzione di alcuni abusi liturgici come viene messo in pratica dall’importante istruzione della Congregazione per il Culto e per la Dottrina della fede, “Redemptionis Sacramentum”, scritta per correggere gli abusi e aiutare a celebrare e a partecipare bene alla liturgia. Tutto contribuirà all’obiettivo principale, che è far sì che la liturgia occupi il posto centrale che le corrisponde nella vita della Chiesa. Spero che il 2013 sia un anno importante in questo campo. Mi accontenterei, soprattutto, in questo Anno della fede, che si rivalorizzasse e si rivitalizzasse l’Eucaristia domenicale, che si recuperasse la domenica e si partecipasse di più e meglio al sacramento della penitenza. La nostra Congregazione continuerà in questo cammino».

Qual è, a suo avviso, lo stato della liturgia cattolica nel mondo? La stagione degli abusi è finita?

«Sto parlando della necessità approfondire il rinnovamento liturgico voluto dal Vaticano II, un segno chiaro dello stato in cui si trova la liturgia cattolica nel mondo. Non attraversa il suo miglior momento. Chiaramente c’è la necessità di ravvivare il vero senso della liturgia nella vita cristiana e nella vita della Chiesa. Si è fatto molto, senza dubbio, però risulta insufficiente e bisogna fare molto di più, soprattutto nel far sì che gli insegnamenti del Vaticano II entrino nella coscienza di noi che formiamo la Chiesa perché la liturgia sia centro della Chiesa, sia fonte e culmine della vita cristiana. Disgraziatamente, oltre a una certa superficialità, esteriorità e rischio della routine, ci sono anche abbondanti abusi. Gli abusi sono espressione di errori nella fede, che al tempo stesso conducono a sfigurare la fede stessa. Bisogna porre il massimo impegno nel correggere gli abusi e lavorare in favore della fede. Una responsabilità che tutti abbiamo sempre, ma soprattutto in quest’Anno della fede e in modo particolare i vescovi».

A che punto sono le traduzioni del nuovo Messale nelle varie lingue?

«Le traduzioni proseguono a un buon ritmo. Come si sa, è stata approvata già la traduzione in lingua inglese per tutti i Paesi anglofoni. È arrivata la traduzione italiana e si sta lavorando alla sua revisione: spero che non si tardi tanto nell’approvarla. Sono anche arrivare le traduzioni in lingua spagnola delle conferenze episcopali del Messico e della Spagna. Anche queste spero non si tardi troppo ad approvarle. Attendiamo che arrivino quelle tedesca, francese, portoghese».

Si passerà anche in Italia dalla formula della consacrazione che recita «versato per voi e per tutti» a quella che dice «per voi e per molti»?

«Dopo la lettera del Papa su questo tema, così ragionata e convincente, non credo che cambieranno le cose: sarà “per molti”. Le parole della consacrazione nella santa messa vengono approvate direttamente dal Papa».

La Costituzione conciliare «Sacrosanctum Concilium» è ancora attuale? È stata attuata?

«Quella Costituzione è totalmente attuale e ha una ricchezza ammirabile di contenuto. Se di certo quello che è più visibile nel rinnovamento liturgico appare nella riforma liturgica, è anche certo che la verità della liturgia e gli insegnamenti di “Sacrosanctum Concilium” sono entrati sufficientemente, non sono stati calati con la necessaria profondità nella mente e nella vita del popolo di Dio. Per questo abbiamo bisogno di approfondirla maggiormente e così ci sarà una nuova rinascita nella Chiesa, un nuovo vigore per l’evangelizzazione, un grande rinnovamento della Chiesa. Che non sta nel cambiare le forme, ma nell’entrare, per viverla, nell’interiorità della liturgia sacra. Per questo io non parlo di “riforma” ma di approfondimento del rinnovamento liturgico voluto dal Vaticano II».


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ZI13011619 - 16/01/2013

Permalink: www.zenit.org/article-35043?l=italian

La Liturgia: non "spettacolo", ma comunicazione diretta con Dio

Il cardinale Cañizares ha annunciato la pubblicazione entro l'anno di un opuscolo per fedeli e sacerdoti per vivere correttamente la Santa Messa

H. Sergio Mora

ROMA, Wednesday, 16 January 2013 (Zenit.org).

La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sta preparando un opuscolo sulla Santa Messa, rivolto sia ai sacerdoti, per assisterli nella celebrazione, sia ai fedeli, per aiutarli a partecipare correttamente alla stessa. Lo ha annunciato ieri il cardinale Antonio Cañizares, Prefetto della Congregazione vaticana, durante una conferenza nell'Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede, sul tema La Liturgia cattolica a partire dal Vaticano II: continuità ed evoluzione.

"Siamo ancora in fase di preparazione del documento” ha dichiarato il porporato a ZENIT, spiegando che esso servirà “per celebrare bene e partecipare bene” e che probabilmente “verrà pubblicato quest'anno, in estate”.

Durante la conferenza, Cañizares ha ribadito l'importanza data dal Concilio Vaticano II alla Liturgia, il cui rinnovamento – ha detto – “deve essere in linea con la tradizione della Chiesa e non una rottura o una discontinuità”, ovvero pieno di tutte quelle “innovazioni” che "non sono rispettose di tutto ciò che Pio XII ha indicato”.

In particolare, il cardinale ha citato la Sacrosanctum Concilium, il primo documento conciliare sulla sacra liturgia, attraverso la quale “si è esercitata l'opera della nostra redenzione, specialmente nel divino sacrificio dell'Eucaristia". “Dio - ha sottolineato - vuole essere adorato in modo concreto e non dobbiamo essere noi persone a cambiarla".

Il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha parlato, inoltre, di “Chiesa rinnovata”, precisando che ciò non deve essere inteso “come una semplice riforma delle strutture, ma come un cambiamento a partire dalla liturgia”, perché è attraverso di essa che “in effetti opera la salvezza”.

E riflettendo sulla Liturgia non si possono dimenticare le parole del documento conciliare secondo cui "Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nella Liturgia. Egli è presente nel sacrificio della Messa e nella persona del ministro - ‘offrendosi ora per il ministero dei sacerdoti, come si offrì prima sulla croce’ - sia soprattutto sotto le specie eucaristiche ". Scopo della liturgia è dunque “il culto di Dio e la salvezza degli uomini” che, ha detto il cardinale, non è “una nostra creazione, ma la fonte e il culmine della Chiesa”.

Il porporato ha criticato, inoltre, gli “abusi” esistenti verso la Liturgia, come la sua “spettacolarizzazione”, lodando invece quei momenti di silenzio che sono “l'azione" che “permettono al sacerdote e ai fedeli di comunicare con Gesù Cristo” e che riducono la “predominanza della parola”, che spesso si trasforma “in protagonismo del sacerdote celebrante”. In tal senso, l'atteggiamento da seguire è quello di Giovanni il Battista “che si eclissa per dare spazio al Messia".

Ha poi rimarcato che il Concilio ha specificamente parlato della Messa rivolta verso il popolo e dell'importanza di Cristo sull'altare, in modo da non escludere i fedeli presenti, in particolare dalla parola di Dio. Ha anche sottolineato la necessità della nozione del “mistero” e di alcuni particolari interessanti prima molto più rispettati, come “l'altare a est” o la coscienza del “significato sacrificale dell'Eucaristia”.

Interrogato dall’ambasciatore di Panama presso la Santa Sede sull'azione delle culture indigene nella liturgia, il cardinale ha detto che "il Concilio parla di inculturazione della liturgia" nel rispetto delle “varietà legittime", cioè evitando che i loro principi vengano rimossi.

In proposito, ha raccontato una sua esperienza in Spagna, a Santa Fe, nella Domenica delle Palme, quando, assistendo ad una Messa gitana, si emozionò tanto nel sentire i fedeli cantare l’“Agnello di Dio” come un “martello”, quasi come un “vero e proprio gemito dell'anima” che “coinvolgeva l'intero gruppo”. Soffermandosi, infine, sul caso Lefebre, il Cardinale ha affermato che Benedetto XVI ha offerto una “mediazione sanatoria” che però “non è stata corrisposta”.


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