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I libri che parlano di lui...

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26/11/2010 21:37
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"Luce del mondo": il commento di Lucio Brunelli

Un’intervista non è un’enciclica. Ma il libro-colloquio con Peter Seewald, Luce del mondo, rivela l’uomo Joseph Ratzinger e il papa Benedetto XVI in un modo straordinariamente efficace.
Le 280 pagine del volume ci permettono di conoscere il suo pensiero e il suo approccio alla vita senza mediazioni, in un linguaggio chiaro ed accessibile a tutti.
Il media system mondiale ha puntato i riflettori sulla risposta circa l’utilizzo del profilattico.
Nessuno strappo rivoluzionario alla dottrina tradizionale della Chiesa, ovviamente, ma è pur vero che mai nessun pontefice aveva giustificato “come un primo atto di responsabilità” l’uso del preservativo in alcuni limitati casi per diminuire i rischi di contagio da Aids. E se non bisogna forzare le parole del papa non bisogna nemmeno essere più papisti del papa.
Ma certo, sarebbe un’offesa all’intelligenza di Benedetto XVI ridurre tutto il libro a una risposta sulla contraccezione. Vale davvero la pena leggerlo tutto, per intero. I non credenti o gli agnostici vi troveranno tanti spunti interessanti e potranno farsi un’idea comunque più obiettiva di questo papa.
I cristiani - dal semplice fedele domenicale al più alto in grado nella gerarchia cattolica - vi troveranno un conforto per la propria fede e una miniera di insegnamenti utili. Già molti singoli contenuti sono stati anticipati da questo e altri giornali. Ci sono gli argomenti più impegnativi, come l’islam, la crisi finanziaria, lo scandalo dei preti pedofili, il celibato ecclesiastico, l’omosessualità. E gli argomenti più leggeri e privati, come la scoperta ad esempio che a questo papa teutonico in apparenza così serio sa ridere, davanti al piccolo schermo, delle avventure di don Camillo e Peppone. Le sorprese sono continue. E ogni pagina sfogliata si lascia alle spalle uno stereotipo. Impressiona la libertà disarmante con cui Benedetto XVI riconosce alcuni errori. Alcuni commessi in prima persona, come quando ammette di non aver considerato una possibile lettura ‘politica’ della sua lezione a Ratisbona, con il putiferio scatenato nel mondo islamico da una citazione, peraltro malintesa, del profeta Maometto. Altri errori commessi invece dai suoi collaboratori, come quando confida che non avrebbe mai revocato la scomunica al vescovo lefebvriano Williamson, se fosse stato informato in tempo delle sue tesi negazioniste della Shoà. Errare è umano.
La libertà di riconoscere uno sbaglio è possibile solo se quel che si ha davvero a cuore di comunicare non è la propria impossibile perfezione ma una verità più grande di noi.
Luigi Accattoli, uno dei più autorevoli commentatori di cose vaticane, vede il filo più prezioso che unisce le diverse risposte del papa in questa frase: “Oggi si tratta di rendere di nuovo visibile il nocciolo dell’essere cristiani e così anche la semplicità dell’essere cristiani» (pag. 115).
Questo termine, “semplicità”, ricorre ben sei volte nel libro. “Il semplice è il vero e il vero è semplice” (pag. 231) e dunque occorre “vedere ciò che è semplice, tutto dipende da questo» (pag. 232).
Può sembrare strana l’insistenza sulla semplicità da parte di un papa teologo, colto e raffinato culturalmente come pochi suoi predecessori. Ma in definitiva è proprio questo il messaggio che Benedetto XVI sta cercando di veicolare da quando ha iniziato ad esercitare il mestiere del papa. L’insistenza su vocaboli come la semplicità, l’essenziale, il vedere, non nasce da un minimalismo, da una rinuncia alla profondità per esigenze banalmente ‘comunicative’.
Nasce da un giudizio. E’ quel che più serve alla Chiesa in questo tempo. Questo tempo in cui viviamo chiede ai cristiani la semplicità della testimonianza. Che non è un attivismo ma uno “stare con Gesù”. Non c’è nulla da inventare nel cristianesimo, tutto da riscoprire. L’umiltà lieta del papa, la testimonianza della sua semplice preghiera, è forse la strada maestra per questa riscoperta: “Per quel che riguarda il Papa, anche lui è un povero mendicante davanti a Dio, ancora più degli altri uomini.
Naturalmente prego innanzitutto sempre il Signore, al quale sono legato, per così dire, da antica amicizia… Ma invoco anche i santi. Insieme a loro, rafforzato da loro, parlo poi anche con il Dio buono, soprattutto mendicando, ma anche ringraziando; o contento, semplicemente”.

© Copyright Eco di Bergamo, 24 novembre 2010


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