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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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27/01/2009 21:26
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Intervista a Francesco Cossiga: «Che c’entra il Papa? È Williamson che sparla sulla Shoah»

di Paolo Rodari

Gen 27, 2009 il Riformista

Presidente Francesco Cossiga, gli ebrei hanno detto che attendono dal Papa un «gesto positivo». Lo accusano perché tra i quattro vescovi lefebvriani ai quali egli ha concesso la revoca della scomunica c’è Richard Williamson il quale, qualche settimana fa, negò in un’intervista l’esistenza delle camere a gas naziste…

Lei ha detto bene. Williamson ha negato l’esistenza delle camere a gas ma non ha negato l’Olocausto. Questo va detto come premessa.

Comunque una frase ridicola…

Sì. Ma probabilmente Williamson “non c’è con la testa”. Le sue dichiarazioni andrebbero meno valorizzate.

Da quando Joseph Ratzinger è stato eletto Papa questo è il momento più duro nei rapporti Chiesa cattolica-ebrei?

Non è un momento facile. Ma non bisogna dimenticare che un forte sentimento antiebraico è connaturato al popolo cattolico. E non bastano di certo due Pontefici (mi riferisco a Wojtyla e a Ratzinger) a eliminarlo.

Benedetto XVI come sta lavorando con gli ebrei?

Più di quello che ha fatto cosa deve fare? Durante il suo primo viaggio apostolico fuori i confini italiani (in Germania) visitò la Sinagoga di Colonia. E lo scorso aprile, negli Stati Uniti, ha visitato la Sinagoga di Park East a New York, accolto dal rabbino Arthur Schneier. C’era la moglie di Schneier: era vestita di nero, con tanto di velo. Quando ha visto il Papa gli ha pure baciato l’anello, segno di una profonda stima verso di lui.

Nell’introduzione all’ultimo libro di Marcello Pera, Benedetto XVI spiega come un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non sia possibile, mentre urge un dialogo interculturale. Forse un certo malcontento ebraico verso il Papa nasce anche da questa affermazione?

È singolare come un Papa attento gli ebrei, un Papa ecumenico (il suo è un “ecumenismo realista”) come è Benedetto XVI, non venga capito proprio su questi temi. Egli ha detto una cosa ovvia: il dialogo interreligioso è impossibile perché cade nel sincretismo. Più intelligente è un dialogo interculturale. Del resto anche le radici giudaico-cristiane dell’Europa altro non sono che un insieme di culture diverse: Roma, Atene e Gerusalemme.

I lefebvriani possono stare nella Chiesa cattolica?

Benedetto XVI, in quanto “Papa ecumenico”, non poteva non provarci anche con loro. È un tentativo legittimo. Ma per ora è soltanto un tentativo.

Cioè?

Cosa è successo fino a ora? Semplicemente questo: la Congregazione dei vescovi ha revocato la scomunica con un decreto. I quattro lefebvriani non erano eretici: avevano soltanto posto in essere un atto di disobbedienza, un illecito. Ovvero erano stati consacrati senza il mandato pontificio. Oggi questi quattro non sono più scomunicati, ma ciò non significa che vi sia piena comunione con Roma. La piena comunione arriverà, forse, in futuro.

La cosa ha scandalizzato molti nella stessa Chiesa.

Ha scandalizzato perché si dice che con questo decreto sia stato compiuto un passo indietro rispetto al Concilio. Ma non è così. Non c’è stato nessun confronto dottrinale coi lefebvriani. Non c’è stata alcuna trattativa. C’è stato soltanto il gesto del Papa che ha voluto revocare una scomunica comminata per disobbedienza.

Non si poteva aspettare lo svolgersi di una trattativa che portasse i lefebvriani a pronunciare parole chiare sul Concilio Vaticano II?

Credo che il Papa non abbia voluto ripetere l’errore commesso da Pio IX coi vetero-cattolici. La Chiesa vetero-cattolica raggruppa quelle comunità che si separarono da Roma nel 1870-71, in polemica con la proclamazione del dogma dell’infallibilità papale promosso da Pio IX. Se il fenomeno fosse stato arginato in tempo, oggi avremmo queste comunità ancora nella Chiesa. A mio avviso Benedetto XVI non è voluto incappare nello stesso errore del suo predecessore.

© Copyright Il Riformista, 27 gennaio 2009


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