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Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2013 19:30
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12/06/2009 16:41
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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL CONGRESSO 2009: RELIGIOSE IN RETE CONTRO LA TRATTA DELLE PERSONE


Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del "Congresso 2009: Religiose in rete contro la tratta delle persone", organizzato dall’Unione Internazionale Superiore Generali (UISG) e dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), che si terrà a Roma dal 15 al 18 giugno 2009, presso l’Istituto Fratelli delle Scuole Cristiane.
Intervengono alla Conferenza Stampa: il Rev.do P. Eusebio Hernández Sola, O.A.R., Capo Ufficio presso la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; la Rev.da Sr. Victoria Gonzáles de Castejón, R.S.C.J., Segretaria Generale dell’UISG; la Dott.ssa Carmela Godeau, Vice-Capomissione OIM, Roma; la Rev.da Sr. Bernadette Sangma, FMA; il Dott. Stefano Volpicelli, OIM.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:


INTERVENTO DEL REV.DO P. EUSEBIO HERNÁNDEZ SOLA

Dal 15 al 18 giugno si terrà a Roma, in via Aurelia 476, un importante congresso, organizzato dalla Unione Internazionale Superiore Generali e della Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), per studiare e riflettere su "Religiose in rete contro la tratta di persone".

A nome della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica porgo il mio saluto e il saluto di tutto il Dicastero, augurando che la celebrazione di questo Congresso porti frutti auspicati di bene e di progresso. La Chiesa si attende molto, soprattutto dalle donne consacrate, per ottenere un "contributo originale nella promozione della dottrina, dei costumi, della stessa vita familiare e sociale, specialmente in ciò che attiene alla dignità della donna e al rispetto della vita umana" (VC 58).

Questa riunione costituisce il secondo congresso su questo argomento. La finalità è valutare l’attuazione dei contenuti della Dichiarazione Finale dello scorso anno e vedere come mettere a punto un piano di azione condiviso per il futuro.

L’affermazione centrale della Dichiarazione dell’ anno scorso fu:

"Denunciamo che la tratta di persone è un crimine e che essa rappresenta una grave offesa contro la dignità della persona e una seria violazione dei diritti umani".

Il commercio di persone umane costituisce un oltraggio alla dignità umana e una grave violazione dei diritti umani fondamentali. Già il Concilio Vaticano II aveva definito "vergognose" "la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani" (Gaudium et spes, n. 27).

Il Santo Padre, Benedetto XVI, nel Messaggio per la Giornata della Pace del 2007, ha dato una attenzione particolare alla condizione femminile e ha denunciato la mancanza di rispetto per la dignità della donna, lo sfruttamento, la discriminazione e le violenze contro le donne sotto varie forme.

La nostra Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica ha studiato questo argomento in un incontro del "Consiglio dei 16", già nel gennaio 2006. Il problema della "tratta degli esseri umani " costituisce una nuova forma di schiavitù del ventunesimo secolo, che lede la dignità e la libertà di tante donne e minori, ma oggi anche giovani e uomini, provenienti per lo più da Paesi poveri.

Durante il congresso sicuramente emergerà il dramma crudo e umiliante di tante donne vittime di sfruttamento e il ruolo di tante religiose che, fedeli ai propri carismi di fondazione, hanno saputo rischiare e rispondere con coraggio a questa nuova sfida.

Negli Orientamenti per la pastorale della strada del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti venivano specificamente responsabilizzate le Conferenze di superiori maggiori dei religiosi per scegliere persone che fungessero da elemento di collegamento della rete operante all’intero o all’esterno del proprio Paese

L’Unione delle Superiore Maggiori delle Religiose di Italia (USMI) è da tempo attiva nel coinvolgere tante religiose e ha sollecitato la creazione di case di accoglienza per queste ragazze. Sarà importante trovare ora i modi per rafforzare e allargare questa rete di conoscenze, di intervento e collaborazione; in particolare è importante consolidare il lavoro in rete tra paesi di origine, transito e destinazione.

Penso, anche, che questa urgente sfida richieda una preparazione e un coinvolgimento maggiore del personale ecclesiastico e religioso nelle varie sfere della vita parrocchiale, familiare e sociale. C’è bisogno di lavorare molto alla formazione dei giovani nelle scuole e nelle Parrocchie per costruire in loro il valore del rispetto della persona, la cui dignità non può mai essere mercificata. La repressione e la punizione non servono se non si formano le coscienze ai valori veri, umani e cristiani.

Queste nuove forme di povertà ci ricordano che la vita religiosa è chiamata, per vocazione, a svolgere un ruolo profetico nella società e nella chiesa d’oggi. Una nuova fantasia della carità deve portare la vita consacrata sulle nuove frontiere dell’evangelizzazione, delle nuove forme di povertà, e tra le più gravi la perdita della propria dignità.

Non posso terminare questo mio breve intervento senza un particolare pensiero di affetto e di ringraziamento a quanti operano in questo delicato e difficile campo di apostolato. Il mio pensiero va soprattutto a tutte le donne consacrate che, avendo fatto la scelta irrevocabile di "amare Dio sopra ogni cosa", si curvano misericordiose verso i fratelli e sorelle più sofferenti ed infelici, perché distrutte e private del bene più prezioso, la dignità stessa di essere umano. A loro va il mio e nostro ringraziamento e uno speciale ricordo nella preghiera: senza queste "Samaritane", l’umanità sarebbe più povera e più triste.



INTERVENTO DELLA REV.DA SR. VICTORIA GONZÁLES DE CASTEJÓN

È da alcuni anni che la UISG rivolge il suo occhio vigilante al fenomeno della tratta soprattutto di donne, bambini e bambine. Nella sua riunione plenaria del 2001, circa 800 Superiore Generali che rappresentano un milione di membri di Congregazioni cattoliche di tutto il mondo hanno affermato: "inviate ad essere presenza viva della tenerezza e misericordia di Dio nel nostro mondo sofferente, dichiariamo pubblicamente la nostra determinazione di lavorare insieme in solidarietà nelle nostre comunità religiose e nei Paesi in cui operiamo per denunciare con insistenza, ad ogni livello, l’abuso sessuale e lo sfruttamento di donne e di bambini con particolare attenzione alla tratta delle donne che è diventata un commercio lucrativo multi-nazionale".

Da allora, molte sono le congregazioni femminili singole che si sono lanciate ad intraprendere azioni di contrasto nelle diverse parti del mondo. La consapevolezza dell’urgenza di affrontare questo campo della nuova povertà è andata crescendo in tutti questi anni. L’impegno è stato ribadito anche nella plenaria del 2004 assumendo, come Unione, il compito di "[intensificare] i nostri sforzi, quali artefici di riconciliazione nel mondo, per sradicare la tratta di donne e bambini, promuovere educazione e formazione di donne e ragazze".

Nel 2007 la UISG insieme con la USG e la Caritas Internationalis, ha anche firmato una dichiarazione congiunta affermando "una ferma volontà di opporsi a questa forma di schiavitù del ventunesimo secolo" e dichiarando "il proprio impegno a lavorare insieme in questo campo".

Il progetto di collaborazione con l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) in questi sei anni è stato per noi un’opportunità propizia per attuare concretamente l’intento dell’Unione e ampliare le nostre azioni di contrasto alla tratta da parte delle religiose e delle Congregazioni religiose femminili. Cercando di fare un bilancio del lavoro realizzato, emerge evidente la ricchezza dello scambio e della complementarità nella collaborazione tra i due organismi che rappresentano il volto pubblico e quello privato, il laico e la religiosa nella comune causa di difesa della vita delle persone che vivono nelle situazioni di gravi povertà e marginalità. Con questo Congresso, speriamo di consolidare maggiormente il nostro impegno affinché nessuna persona umana possa essere trattata come oggetto di compra vendita.

Gesù, Parola di Vita del Padre, ci aiuti in questo cammino.



INTERVENTO DELLA DOTT.SSA CARMELA GODEAU

Sono lieta di essere qui oggi insieme a voi per annunciare l'apertura del Secondo Congresso delle religiose in rete contro la tratta delle persone. Nell’ampio panorama delle agenzie con cui collabora l'OIM riconosce il ruolo del personale religioso e delle organizzazioni religiose come un pilastro con il quale collaborare fianco a fianco per aiutare le persone a migliorare la qualità della loro vita, se questo obiettivo viene perseguito attraverso un processo migratorio.

L’OIM è partner dell’UISG dal 2004 e in questi cinque anni, grazie al finanziamento del Governo degli Stati uniti – Dipartimento di Stato, ufficio per la popolazione, i rifugiati e i migranti – ha consolidato un’esperienza considerevole che ha portato alla formazione di circa 500 suore in tutto il mondo e contribuito a rafforzare, in alcuni paesi a costruire, le reti delle religiose per il contrasto della tratta di persone. Grazie a questo progetto si sono concretizzate collaborazioni OIM/Religiose in Sud Africa, Repubblica Dominicana, Albania e Nigeria.

L’OIM è una Organizzazione intergovernativa nata nel 1951 con 125 stati membri e con sede a Ginevra. A Roma vi è la sede dell’ufficio regionale per il Mediterraneo, che coordina l’attività di ben 14 paesi dell’area mediterranea.

La Missione di Roma presta i propri servizi per agevolare la migrazione di persone che necessitano di assistenza, promuove attività che facilitino l’accoglienza e l’integrazione nelle comunità di accoglienza o il reinserimento nelle aree di origine, assiste il trasferimento di risorse umane incoraggiando lo sviluppo sociale ed economico tramite le migrazioni, promuove programmi di Migrazione e Sviluppo con i Paesi di origine dei migranti, realizza progetti volti a favorire la prevenzione della diffusione di malattie e a promuovere la considerazione delle implicazioni sanitarie della migrazione, svolge attività di orientamento alla migrazione per lavoro.

L’organizzazione inoltre - come stabilito anche dal proprio mandato - collabora attivamente con gli stessi migranti. Come OIM Roma intratteniamo infatti rapporti e partnership con comunità e associazioni di migranti presenti in Italia, appoggiandone le attività in Italia e nei paesi di origine e aiutandoli a sviluppare progettualità e relazioni con rappresentanti della società civile, delle istituzioni nonché del mondo economico italiano.

Per quello che riguarda il nostro lavoro legato al fenomeno della tratta, sottolineo come da molti anni n Italia ci occupiamo di assistere il ritorno volontario di vittime di tratta e casi umanitari. Questo particolare programma ha permesso il ritorno - su base volontaria - e il reinserimento socio-lavorativo nei paesi di origine di immigrate e immigrati che, sottrattisi al circuito di sfruttamento, hanno scelto di rientrare in patria in condizioni di sicurezza e dignità e ha dato un sostegno al ritorno anche a immigrati che si trovavano in condizioni di estrema precarietà e disagio. Nel corso dell’ultima annualità, chiusasi nel 2008, 81 vittime di tratta e 137 casi umanitari hanno potuto beneficiare di questo programma.

Nella regione mediterranea abbiamo inoltre promosso una serie di corsi di formazione sulla tratta in Marocco e in Libia, per funzionari governativi, delle forze di polizia ong e società civile locale.

Il fenomeno del traffico di persone e dell’assistenza alle vittime di tratta coinvolge anche le nostre attività a Lampedusa e in Sicilia dove – insieme a UNHCR, Croce Rossa e Save the Children – svolgiamo un ruolo di monitoraggio degli standard di accoglienza e di tutela legale degli immigrati.

La nostra presenza ha favorito il miglioramento delle condizioni di accoglienza e assicurato l’individuazione e la protezione di innumerevoli soggetti vulnerabili non richiedenti asilo tra i quali proprio le vittime di tratta (per cui, ove possibile, è stato richiesto e ottenuto l’art. 18), a fronte di un notevole incremento (di circa il 900 per cento) di arrivi di ragazze provenienti dalla Nigeria che - sulla base delle interviste effettuate dai nostri operatori - abbiamo identificato quali potenziali vittime di sfruttamento sessuale.

L’impegno dell’organizzazione nel contrasto alla tratta di persone e nell’assistenza alle vittime ci vede quindi in prima linea, ed è un impegno che non nasce da oggi ma sul quale siamo attivi e coinvolti da anni. Attraverso la nostra rete di circa 400 uffici nel mondo abbiamo infatti lavorato sul fenomeno della tratta fin dalla metà degli anni ’90; ancora prima, dunque, dei Protocolli di Palermo, della Convenzione di Varsavia e degli interventi e appelli a livello della comunità internazionale in questo settore.

Nel corso di questi anni i programmi dell’OIM sono stati indirizzati sulle seguenti assi portanti di intervento:

• ricerca
• prevenzione
• cooperazione tecnica
• assistenza diretta alle vittime

tenendo ben presente, dopo un’esperienza di tanti anni, che qualsiasi strategia di protezione, prevenzione o contrasto non può prescindere dal riconoscimento dei diritti delle vittime.

In questo contesto, l’approccio al fenomeno che l’OIM propone è di costruire reti. Lo scopo è di beneficiare del contributo di diverse professionalità e capacità operative per contrastare efficacemente il fenomeno.

In conclusione, non possiamo da parte nostra che confermare il nostro impegno e il sostegno a questa visione che unisce le nostre competenze a quelle dell’UISG, delle Conferenze nazionali e regionali, delle congregazioni e delle singole suore per la formazione e per la messa in rete tra personale relgioso e del personale religioso con tutte le altre agenzie laiche, internazionali e territoriali, che intervengono sul fenomeno.



INTERVENTO DELLA REV.DA SR. BERNADETTE SANGMA

La tratta di persone è un fenomeno molto complesso. Le sue cause spaziano dagli aspetti socio-culturali a quelli economici e politici, incidendo in modo differenziato nei paesi di origine, in quelli di transito e di destinazione. Attraverso il nostro coinvolgimento, noi religiose siamo diventate maggiormente coscienti delle dimensioni mondiali del fenomeno della tratta. Infatti si può dire che non c’è nazione nel mondo che possa vantarsi di essere immune da questa piaga sociale.

Gli attori vanno dai propri familiari ai fidanzati, dai vicini di casa agli amici, alle amiche e agli estranei; ma i principali responsabili sono le organizzazioni criminali, spesso anche in connivenza con autorità locali e politiche, che devastano le zone più povere ed indifese della società in tutte le parti del globo. Pertanto, la tratta non è una realtà lontana da noi: succede dietro le nostre strade, nei nostri quartieri e colpisce i nostri conoscenti, le nostre amiche o amici, le bambine e i bambini delle nostre scuole e parrocchie.

Come religiose, siamo più consapevoli anche di molti elementi correlati e complessi che costituiscono fattori di domanda e offerta di questo fenomeno. Di conseguenza, le azioni che mirano a contrastare questa realtà richiedono l’adozione di un approccio multi-dimensionale capace di abbracciare molti aspetti per rimuovere le cause dalle diverse angolature, per risanare e accompagnare il cammino della ricostruzione della vita di coloro che sono coinvolte e ferite nelle profondità del loro essere e per cercare di creare un humus umano nelle politiche decisionali a tutti i livelli.

Questa necessità chiama in causa molte Congregazioni che con i loro svariati e multiformi carismi possono offrire risposte differenziate ma complementari per contrastare il fenomeno. Si esige perciò una riflessione, oserei dire un approccio ermeneutico, nella rilettura del proprio carisma in relazione al fenomeno che calpesta ogni fondamentale diritto e dignità della persona umana. Non ci si può soffermare sugli aspetti più appariscenti del fenomeno, giungendo velocemente a conclusioni che spingono all’inattività. In ultima analisi, si può proprio dire che nessun carisma può sentirsi estraneo ad un fatto che reca sofferenze devastanti a tante donne o, peggio, a bambine e bambini indifesi e, in numero sempre crescente, anche agli uomini.

La presa di coscienza sembra aumentare in quanto alcune Congregazioni, in questi ultimi anni, hanno adottato il contrasto alla tratta come propria deliberazione capitolare rendendolo come mandato obbligatorio per i membri della loro Congregazione: tra essi anche qualche ordine maschile.

Sono abbastanza numerose le Congregazioni che si impegnano nell’ambito della prevenzione attraverso una vasta gamma di attività cha vanno dall’educazione, alla lotta contro la povertà, contro la discriminazione di ogni tipo, soprattutto nei confronti delle donne e delle bambine. È stato detto che il livello di degrado umano nella tratta, specialmente in fatto di sfruttamento sessuale, è tale che il processo di ricupero della propria dignità da parte della vittima è molto arduo. Questa è la ragione per cui tante Congregazioni femminili si sono schierate nell’ambito della prevenzione affinché nessuna donna, nessuna bambina o bambino debba vivere tale disfacimento umano. Nel campo del ricupero e della ricostruzione della vita ferita, la forza trasformante dell’amore e l’ambiente ricco del calore umano sono capaci di aiutare a riprendere la fiducia e riprogettare il cammino della propria vita. La presenza delle religiose accanto a loro, giorno dopo giorno, nella faticosa e ardua riconquista della propria personalità diventa il riflesso del volto compassionevole di Dio che gradualmente risana le ferite e disegna la speranza.

Data la complessità dei fattori che intervengono nella tratta di persone, il lavoro in rete in questo campo non è un’opzione libera, bensì una necessità, se ci si vuole impegnare in modo strategico. Le bande criminali che depredano donne e bambini sono altamente organizzate e collegate tra loro, da una parte all’altra del mondo. Solo attraverso la strategia della rete che colleghi i paesi di origine delle vittime, quelli di transito e quelli di destinazione, sarà possibile mettere in atto le misure per impedire che le persone più deboli e vulnerabili diventino merce umana.

Uno degli obiettivi nei corsi realizzati dall’UISG e l’OIM è quello di creare queste reti di collaborazione, nella convinzione che le Congregazioni religiose, per il fatto di essere presenti in tutte le parti del mondo, godono di un grande vantaggio a questo riguardo. Pare che i vari corsi abbiano contribuito alla creazione, pur incipiente, di tale rete. Occorre cercare di dare continuità al lavoro iniziato, per migliorare la qualità delle attività intraprese. Sarebbe una grave omissione non utilizzare la nostra risorsa di poter tessere reti di solidarietà per la dignità e la vita di tante donne, bambine, bambini e uomini.

Dopo i corsi, in alcuni Paesi, si è creata all’interno delle Conferenze Religiose, una "Commissione Tratta" per coordinare le risposte al fenomeno. Altri hanno elaborato insieme un piano di lavoro a breve e a lungo termine. La sfida, anche qui, è come attuare tali piani dato il ritmo di lavoro incalzante, le distanze che in alcuni casi separano le comunità, nonché la mancanza di fondi. Sono aspetti che richiedono ulteriori ricerche, proposte innovative, ma soprattutto la ferma convinzione sulla validità di lavorare insieme e coraggiosa audacia.

Un’altra prospettiva è quella di realizzare adeguati momenti formativi insieme con le congregazioni maschili e il clero diocesano per affrontare situazioni come la tratta dei bambini e delle bambine destinati ai lavori forzati, l’espianto degli organi e, nel caso dello sfruttamento sessuale, la questione della domanda.

Nella misura in cui ci si impegna in questo campo, in particolare nella tratta per lo sfruttamento sessuale, cresce la consapevolezza che una delle cause prime è proprio la domanda. L’entrata in campo da parte delle Congregazioni religiose maschili è più che mai urgente per impostare un processo di educazione dei ragazzi e degli uomini a una diversa visione della donna e della bambina, che non le riduca ad un oggetto di piacere, di sfruttamento e di sopraffazione. Puntando l’attenzione specificamente sulla tratta delle donne e dei bambini per lo sfruttamento sessuale, abbiamo maturato una consapevolezza saldamente fondata: l’azione di contrasto richiede la presa in esame della questione sui ‘clienti’. La logica del mercato ci dice che non esiste offerta senza la domanda. Purtroppo, e con pena, notiamo che una gran parte della domanda proviene anche da mariti e padri di famiglia chi si dicono cristiani praticanti.

Nel suo messaggio per la 92ma Giornata Mondiale per la Migrazione, il Papa Benedetto XVI afferma, «faccio mia la condanna già espressa da Giovanni Paolo II contro "la diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità" (Lettera alle Donne, 29 giugno 1995, n. 5). V'è qui tutto un programma di redenzione e di liberazione, a cui i cristiani non possono sottrarsi». Facendo nostra questa conclusione del Papa, desideriamo rievocare anche una delle proposte generali emerse nel "Primo Incontro Internazionale di Pastorale per la Liberazione delle Donne di Strada" organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, dal 20 al 21 giugno 2005, che auspica il coinvolgimento e il sostegno del clero, sia per la formazione dei giovani e degli uomini, che per la riabilitazione dei ‘clienti’ che fanno uso delle donne vittime della tratta per lo sfruttamento sessuale.

Ci rendiamo conto che senza la collaborazione delle Congregazioni maschili e del clero diocesano non possiamo arrivare ad una categoria molto significativa di persone coinvolte, cioè gli uomini. Loro hanno spazi e opportunità preziosi per l’accompagnamento degli uomini e dei ragazzi attraverso la loro ministerialità di parroci, confessori, predicatori, direttori spirituali ed educatori.

Un altro campo importante è il coinvolgimento attivo nell’ambito di lobbying e advocacy a livello locale, nazionale e internazionale. Tale approccio permette di intervenire non solo attraverso azioni dirette e immediate a favore delle donne e dei bambini, ma offre anche la possibilità di essere presenti nei luoghi dove vengono prese le decisioni che incidono sulla loro vita e di contribuire a porre adeguate condizioni per rimuovere le cause che rendono queste persone facile preda dei trafficanti.



INTERVENTO DEL DOTT. STEFANO VOLPICELLI

La tratta di persone

La tratta di persone, reato che prevede lo spostamento di una persona in un luogo diverso da quello di origine attraverso l’inganno o la coercizione allo scopo di sfruttarne il corpo o parti di esso, è diventata oggi una delle problematiche sociali globali più preoccupanti.

Nonostante non vi siano cifre precise, si stima che alcuni milioni di persone ogni anno rimangono vittime di questo fenomeno (sarebbero 2,5 milioni secondo i dati diffusi dalla Direzione Giustizia della Commissione UE in occasione della prima giornata europea contro la tratta di esseri umani del 18.10.07, di cui almeno 500.000 in Europa e da 29.000 a 38.000 in Italia).

La tratta di persone è un fenomeno globalizzato, complesso e articolato che, per le sue caratteristiche, può essere considerato come un meta-fenomeno. Si tratta di un potente rivelatore di dinamiche sociali ed economiche patologiche che, limitando in diversi modi la libertà della persona, costituiscono una grave violazione dei diritti umani.

A quindici anni dalla sua comparsa, la tratta di persone rimane ancora un oggetto misterioso e non ben identificato. Del resto, ci sono voluti ben 10 anni prima che una definizione del fenomeno fosse condivisa dalla comunità internazionale; solo nel dicembre 2000 a Palermo, grazie all’approvazione del Protocollo per la prevenzione, soppressione e punizione del traffico di persone, soprattutto le donne e i bambini, allegato alla Convenzione Internazionale contro il Crimine Organizzato Transnazionale, la tratta è stata definita come:

"il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, il dare alloggio o accoglienza a persone, tramite l’uso o la minaccia dell’uso della forza o di altre forme di coercizione, il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite l’offerta o l’accettazione di somme di danaro o altri vantaggi finalizzati ad ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi".

Quello che risulta con chiarezza è che la tratta di persone è un fenomeno complesso al quale vanno contrapposte azioni di contrasto articolate, che diano risposte a quella che è una denuncia della componente patologica della globalizzazione a livello "glocale", regolando l’estremizzazione della competitività economica e la distruzione di meccanismi di welfare, gestendo l’aumento incontrollato dei processi migratori soprattutto interni, dalle campagne alle città, riducendo l’aumento delle diseguaglianze sociali, delle povertà e delle discriminazioni di genere, "prosciugando" le zone d’ombra - il sommerso - nel quale si annida lo sfruttamento lavorativo; infine favorendo i canali legali della migrazione, del lavoro e regolamentando la prostituzione, nella quale si nasconde lo sfruttamento sessuale.

E’ necessario cioè sviluppare azioni che allo stesso tempo informino le persone prima che vengano coinvolte dai trafficanti e dagli sfruttatori, proteggano ed assistano le persone che ne sono già vittime e potenzino le risposte istituzionali chiamate a reprimere il fenomeno.

Negli anni, soprattutto dopo la ratifica del Protocollo ONU da parte della maggior parte dei Paesi che vi aderiscono, per l’implementazione dei tre filoni di intervento sopra elencati si sono impegnate numerose Istituzioni ed agenzie Istituzionali – Governative e Internazionali – ed espressioni della società civile, principalmente del mondo dell’associazionismo laico e religioso.

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazione, Organizzazione Intergovernativa che conta 125 Stati membri con oltre 400 uffici nel mondo, è intervenuta sul fenomeno fin dalla metà degli anni ’90, ancora prima, dunque, dei Protocolli di Palermo, della Convenzione di Varsavia e degli interventi e appelli a livello della comunità internazionale in questo settore e lo fa privilegiando un approccio compartecipativo attraverso la costruzione e il sostegno di reti multidisciplinari.

La collaborazione fra religiose e OIM.

Grazie a un progetto finanziato nel 2004 dal Dipartimento di Stato – Ufficio per la popolazione i rifugiati e i migranti del Governo degli Stati Uniti, l’OIM collabora con l’Unione Internazionale Superiori Generali in un programma congiunto di formazione di religiose impegnate in attività di contrasto alla tratta. Ma aldilà del programma di formazione, la visione che UISG e OIM sono riusciti a concretizzare è quella di una rete mondiale di religiose che possano beneficiare dell’immenso patrimonio esperienziale sviluppato nel corso degli anni, ma spesso in solitudine.

Nei 5 anni di progetto sono state formate più di 500 religiose attive in Paesi fortemente colpiti dal fenomeno tratta e sono state costituite reti locali e regionali finalizzate proprio alla rottura dell’isolamento delle religiose, isolamento che è individuale (molto spesso le religiose lavoravano individualmente) e sistemico (le organizzazioni religiose spesso lavoravano autonomamente senza nessun raccordo con le altre espressioni della società civile laica).

Oggi, grazie all’impegno congiunto UISG e OIM, ci troviamo a coordinare 15 reti internazionali che comprendono 252 congregazioni in 36 Paesi di cinque continenti (Europa, Africa, Asia, Americhe ed Oceania).

Le ragioni di questa collaborazione risiedono nella possibilità di amplificare gli interventi di contrasto alla tratta. La collaborazione delle religiose rappresenta infatti un valore aggiunto in grado di moltiplicare l’efficacia delle azioni di prevenzione del fenomeno e di assistenza alle vittime.

Alla competenza tecnica, alla rete organizzativa e di relazioni dell’OIM si aggiunge la radicazione delle religiose nel territorio, la condivisione del quotidiano e, quindi, la conoscenza profonda dei valori delle comunità nelle quali lavorano, che danno il privilegio di essere ascoltate, il privilegio dell’attenzione. Per questo motivo le azioni di prevenzione implementate dalle o con le religiose hanno un alto grado di efficacia.

Per le stesse ragioni le religiose sono operatrici fondamentali in quel processo difficile, lungo e faticoso di restituzione della dignità personale a coloro che, oltre ad avere subito una lesione profonda dei propri diritti, ad avere sofferto la privazione della libertà, ad aver dovuto vendere il corpo per essere impiegato in condizioni lavorative estreme o per essere sfruttato nel mercato del sesso a pagamento, si trovano spesso ad essere derise per la loro leggerezza, umiliate per il fallimento del progetto migratorio e per queste ragioni messe ai margini della propria comunità. Capacità di ascolto e di empatia che si sommano alla tecnica organizzativa dell’OIM.

Religiose e OIM rappresentano quindi un felice incastro di capacità e motivazione che unendo spiritualità a professionalità ottimizzano l’efficacia delle azioni di contrasto alla tratta.




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