11/02/2014 16:11 |
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Benedetto XVI - la rinuncia
"Perché Ratzinger non è ratzingeriano. E’ uomo di Chiesa e uomo di Dio"
(a cura" Redazione "Il sismografo")
In occasione del primo anniversario della rinuncia di Papa Benedetto XVI (11 febbraio 2013) abbiamo interpellato diversi vaticanisti con questa domanda: A un anno di distanza dalla rinuncia di Papa Ratzinger e dei fatti successivi quale considerazione fondamentale ti senti di fare, quella che ritiene la più rilevante? Ecco la risposta di:
Iacopo Scaramuzzi
Un dettaglio che mi colpì di papa Benedetto XVI fu quando, in un’udienza generale del novembre 2011, invitò i fedeli a pregare con i salmi. Può sembrare scontato, a mio avviso non lo è. Joseph Ratzinger, a differenza di altri, anche eminenti uomini di Chiesa, prega assiduamente, si confronta con le sacre scritture, con il salmista.
Prende le sue decisioni in coscienza davanti a Dio. E’, penso, ciò che lo rende libero. Libero di fare scelte impopolari (e non potrei negare che, a volte, nel mio piccolo hanno lasciato perplesso anche me), libero di andare coraggiosamente controcorrente nella Curia romana (penso, ad esempio, al caso di Marcial Maciel), libero anche di deludere i suoi tifosi più accaniti. Perché Ratzinger non è ratzingeriano. E’ uomo di Chiesa e uomo di Dio. Capace, con l’aumentare della fragilità, di trovare nella preghiera la forza di rinunciare – decisione mal digerita da molti – al soglio petrino. Non per rilanciare una certa idea identitaria del suo pontificato, come qualcuno gli suggeriva. Ma per non delegare ad altri il potere, e il servizio, che gli era stato affidato personalmente; stroncando inettitudini e manovre; e aprendo la strada, per il bene della Chiesa, all’elezione di un successore che fosse altrettanto libero. E radicato, a sua volta, nella preghiera.
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