Benedetto XVI Forum Luogo d'incontro di tutti quelli che amano il Santo Padre.

Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Paparatzifan
    Post: 10.790
    Post: 46
    Registrato il: 17/06/2005
    Registrato il: 18/01/2009
    Administratore Unico
    Utente Junior
    00 20/01/2009 22:39
    Papa Ratzi Superstar









    "CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
  • OFFLINE
    Paparatzifan
    Post: 10.790
    Post: 46
    Registrato il: 17/06/2005
    Registrato il: 18/01/2009
    Administratore Unico
    Utente Junior
    00 20/01/2009 22:40
    COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM , 17.01.2009

    TESTO IN LINGUA ITALIANA

    Sua Santità Papa Benedetto XVI ha espresso più volte la Sua vicinanza ai nostri fratelli e sorelle che abitano nella Striscia di Gaza, i quali hanno già tanto sofferto a motivo del persistente conflitto che ha causato una grave crisi umanitaria.

    A nome del Papa, il Pontificio Consiglio Cor Unum, il Dicastero della Santa Sede che ha il compito di realizzare le iniziative caritative del Pontefice, ha inviato un Suo segno personale e concreto per aiutare e sostenere la piccola ma fervente presenza cattolica a Gaza. Gli aiuti sono stati inviati a Padre Manuel Musallam, Parroco della Chiesa della Santa Famiglia, alle Missionarie della Carità e ad altre Congregazione religiose, che sono al servizio delle persone più vulnerabili nella terra natale di Gesù, ora tragicamente colpita dalla morte, dalla sofferenza, dai danni materiali, mentre le popolazioni versano lacrime che invocano la pace.

    Bollettino Ufficiale Santa Sede
    Papa Ratzi Superstar









    "CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
  • OFFLINE
    Paparatzifan
    Post: 10.842
    Post: 93
    Registrato il: 17/06/2005
    Registrato il: 18/01/2009
    Administratore Unico
    Utente Junior
    00 22/01/2009 18:36
    MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DELLA SALUTE...

    ...IN OCCASIONE DELLA 56ma GIORNATA MONDIALE DEI MALATI DI LEBBRA

    Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, Em.mo Card. Javier Lozano Barragán, in occasione della 56ma Giornata Mondiale dei malati di lebbra, che sarà celebrata domenica 25 gennaio:


    Agli Ecc.mi Presidenti delle Conferenze Episcopali

    e Vescovi Incaricati della Pastorale della Salute.

    La celebrazione annuale della "Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra" è un grande appuntamento di solidarietà con i fratelli e le sorelle affetti dal morbo di Hansen, una malattia spesso ignorata dai mezzi di comunicazione, ma che ancora oggi ogni anno colpisce nel mondo oltre 250.000 persone, la maggior parte delle quali vive in condizioni di indigenza.

    Secondo le stime più recenti dell’"Organizzazione Mondiale della Sanità", che si riferiscono al 2007, si sono registrati in quell'anno 254.525 nuovi malati di lebbra, con una presenza di 212.802 persone in trattamento.

    I bambini purtroppo non vengono risparmiati da questo morbo. Secondo stime dell'AIFO, - l’ «Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau» -, "ogni anno vi sono 40.000 bambini con la lebbra nel mondo, e circa il 12% di tutti i nuovi casi di lebbra sono bambini con meno di 15 anni".

    Nell'anno del "XXmo Anniversario della Convenzione dei Diritti dei Fanciulli" memore della predilezione di Cristo Gesù per essi "perché di questi è il regno dei Cieli" (Mt 19, 14), faccio appello ai responsabili delle Organizzazioni Governative, affinché nell'attuare i programmi e i piani di salute nei diversi Paesi, riservino una speciale attenzione ai bambini malati di lebbra, i quali corrono il rischio di vedere ipotecato il loro futuro per le negative conseguenze della malattia.

    Da questo deriva l'urgenza che le Istituzioni Pubbliche promuovano iniziative adeguate per rendere concreto il "diritto a godere del miglior stato di salute possibile ed a beneficiare di servizi medici e di riabilitazione" ad essi riconosciuti nell'articolo 24 della "Convenzione su i Diritti dei Fanciulli".

    Sul piano sociale, purtroppo, persistono ancora infondate paure alimentate dall'ignoranza circa il morbo di Hansen. Queste paure generano atteggiamenti di esclusione e spesso imprimono una sorta di marchio nei malati di lebbra, rendendoli particolarmente vulnerabili. Questa "56ma Giornata Mondiale" è quindi una opportuna occasione per offrire alla comunità degli uomini una corretta, larga e capillare informazione sulla lebbra, sugli effetti devastanti che può causare nei corpi se lasciati a se stessi, nelle famiglie e nella società, e suscitare il dovere singolo e collettivo di una attiva fraterna solidarietà.

    Ispirandosi all'esempio di Cristo Gesù, Medico del corpo e dello spirito, la Chiesa ha sempre avuto una speciale sollecitudine per i malati di lebbra. Nel corso dei secoli si è resa presente con l’istituzione di Congregazioni di Religiosi e Religiose e con Organizzazioni di Assistenza Sanitaria di Volontariato di fedeli laici, contribuendo così in modo radicale alla piena integrazione sociale e comunitaria di questi malati.

    Il Beato Padre Damiano di Veuster, infaticabile ed esemplare Apostolo dei fratelli e delle sorelle affetti dal morbo di Hansen, è simbolo di tutti i Consacrati a Cristo che ancora oggi dedicano la propria vita a questa nobile causa, mettendo a disposizione ogni loro risorsa per il benessere integrale dei malati di lebbra, in ogni parte del mondo.

    Con il Beato Damiano essi stanno scrivendo una tra le pagine più belle della storia missionaria della Chiesa, legando in modo inseparabile l’evangelizzazione alla cura dei malati, annunciando che la Redenzione di Cristo Gesù e la sua Grazia salvifica raggiungono tutto l'uomo nella sua condizione umana, per associarlo alla sua gloriosa Risurrezione.

    Accanto ad essi tanti Volontari e Uomini di buona volontà sono coinvolti nell’organizzare concretamente iniziative di solidarietà, mettendo a disposizione degli Istituti di ricerca mezzi e risorse finanziarie per una cura sempre più efficace nel debellare il morbo di Hansen. II mondo del laicato cattolico ha il suo paladino nell’ideatore e promotore di questa "Giornata Mondiale", Raoul Follereau, che continua la sua benefica azione attraverso l’"Associazione degli Amici" a lui dedicata. A lui, e a quanti lo seguono, va un plauso particolare e la nostra gratitudine per le tante iniziative che essi promuovono, tenendo sempre viva l'attenzione per i malati del morbo di Hansen, sensibilizzando l'opinione pubblica e coinvolgendo persone e istituzioni nel sostenere programmi e raccolte di risorse finanziarie.

    E' bello e consolante constatare che in questa lotta al morbo di Hansen sono presenti Associazioni e Organizzazioni non Governative che, andando oltre le appartenenze religiose, ideologiche e culturali, si incontrano tutte nella comune finalità di dare a chi è malato l'opportunità di ritrovare uno stato di benessere sociale, sanitario, spirituale.

    In particolare alla "Sasakawa Foundation" va la comune riconoscenza per l'apporto insostituibile che da decenni sta dando a questa causa, sostenendo finanziariamente le Istituzioni della Comunità Internazionale nella ricerca in campo terapeutico. Incoraggio la "Sasakawa Foundation" a proseguire con determinazione nella sua nobile battaglia, perché ai positivi risultati finora raggiunti altri ancora e più avanzati vengano realizzati per il bene dei malati di lebbra e delle loro famiglie.

    Ai malati del morbo di Hansen, ai Missionari religiosi e religiose impegnati sul campo, e agli Operatori Sociali e di Sanità che li assistono, esprimo la vicinanza di questo "Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute", che esprime la sollecitudine e l’attenzione della Chiesa per i malati e per quanti ad essi si dedicano.

    L'Immacolata Madre di Dio, "Salus infirmorum", interceda presso il Figlio Gesù, "Medico dei corpi e delle anime", per la salute globale dei malati di lebbra, e a quanti li assistono doni uno spirito materno che consenta loro di svolgere in modo adeguato la loro preziosa opera.

    + Javier Lozano Barragán

    Presidente del Pontificio Consiglio

    per la Pastorale della Salute


    Papa Ratzi Superstar









    "CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.157
    Post: 14
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 23/01/2009 02:01
    Ops io lo avevo postato nella sezione Notizie perchè non mi ero accorta di questa sezione...adesso che lo so posterò qui....scusa per l'errore.... [SM=g8113]

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.173
    Post: 23
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 23/01/2009 16:29
    CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 43a GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI


    Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 43a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, quest’anno sul tema: "Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia".

    Nel corso della Conferenza Stampa viene anche presentata una nuova iniziativa del Centro Televisivo Vaticano e della Radio Vaticana in collaborazione con Google.

    Alla Conferenza Stampa intervengono: S.E. Mons. Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali; il Rev.mo Mons. Paul Tighe, Segretario del medesimo Pontificio Consiglio; il Rev.do P. Federico Lombardi, S.I., Direttore della Radio Vaticana, del Centro Televisivo Vaticano e della Sala Stampa della Santa Sede; il Sig. Henrique de Castro, Managing Director Media Solutions di Google.

    Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:


    INTERVENTO DI S.E. MONS. CLAUDIO M. CELLI

    Ogni messaggio che accompagna la «Giornata mondiale delle comunicazioni sociali» ha una sua storia, ma non credo di sbilanciarmi troppo se affermo che siamo di fronte, in questa occasione, a una vera e propria svolta.

    E’ il tema stesso a guidarci sulla strada della novità, poiché esso non soltanto pone al centro le nuove tecnologie, ma ne esplora gli effetti e lo fa rivolgendosi in particolare alla generazione digitale, chiamando così in causa particolarmente i giovani.

    Quando si chiamano in causa i giovani, non si può fare a meno di mettere in campo l’elemento essenziale della fiducia, che è un po’ la chiave per aprire con essi ogni forma di colloquio.

    E la fiducia, la cordialità dei toni esprimono il primo segno distintivo di un messaggio che dà, nello sviluppo dei diversi passaggi, ampiamente conto di un atteggiamento aperto e positivo che arriva a definire le nuove tecnologie come "un vero dono per l’umanità".

    Tra le particolarità di questo messaggio - che viene illustrato in modalità informatica - non posso fare a meno di indicare come, attraverso il mondo della comunicazione, il Santo Padre arriva ad offrire un quadro piuttosto vasto della vita e dei comportamenti di una realtà giovanile sempre più attratta e sempre più a suo agio con le nuove tecnologie.

    E oltre e accanto ai mezzi, il messaggio pone l’accento sui valori che un tale ambiente attraversa, a cominciare dall’amicizia e da una nuova rete di relazioni che proprio le nuove tecnologie rendono ora possibile.

    Ma non solo: il campo dei benefici si allunga e si allarga anche nella sfera degli affetti familiari - le famiglie possono cancellare più facilmente le distanze - come pure nello studio e nella stessa ricerca scientifica che non può che giovarsi delle continue barriere abbattute dal lavoro condiviso a distanza.

    Davvero si è di fronte a un mondo nuovo, già largamente in funzione, ma esplorato non tanto sbarrando gli occhi di fronte alle sempre nuove conquiste, bensì allargando il cuore e dando respiro alla speranza al cospetto delle grandi possibilità che si aprono sul fronte del bene comune. E ciò è tanto più vero, nel momento in cui, realisticamente, il messaggio mette in campo anche i pericoli, legati non solo a un distorto uso dei mezzi, ma allo squilibrio delle possibili utilizzazioni; il pensiero corre a quel "digital divide"che non può non preoccupare proprio perché le nuove tecnologie sono da considerare come risorse primarie per lo sviluppo e la promozione della persona umana.

    E’ per questo che il Papa auspica "i mezzi siano messi al servizio di tutti gli uomini e di tutte le comunità, soprattutto di chi è bisognoso e vulnerabile".

    Ciò che emerge dal messaggio è che le nuove tecnologie rispondono al desiderio fondamentale delle persone di entrare in rapporto le une con le altre. Una tale esperienza non è qualcosa di cui prendere semplicemente atto, poiché essa viene presentata come un riflesso della "nostra partecipazione al comunicativo amore di Dio, che vuole fare dell’umanità un’unica famiglia".
    Mai, forse, un messaggio era stato così forte, ma anche così esigente.



    INTERVENTO DI MONS. PAUL TIGHE


    Il messaggio di quest’anno è indirizzato principalmente, anche se non esclusivamente, alla generazione digitale. Con il termine "generazione digitale" generalmente si fa riferimento a chi è cresciuto con le nuove tecnologie, facendone un uso spontaneo e quasi intuitivo. Alcuni esperti del settore hanno usato il termine di "nativi digitali" o "nato digitale", riferendosi a questo gruppo e per distinguerlo da altri utenti delle tecnologie digitali, talvolta chiamati "immigranti digitali", che utilizzano le nuove tecnologie con diversi livelli di competenza ed entusiasmo, ma la cui abilità comunicativa fondamentale si è sviluppata secondo un modello analogico.

    La generazione digitale è diventata maggiorenne nel mondo di computer, cellulari, sms, blog, piattaforme di contenuti video, internet, chat e reti sociali on-line. Sarebbe, tuttavia, un errore considerare questi cambiamenti come puramente tecnologici, perché essi hanno rivoluzionato anche la cultura delle comunicazioni. Hanno cambiato il modo di comunicare delle persone, il modo di aggregarsi e di creare comunità, il modo di conoscere il mondo, il modo di impegnarsi in organizzazioni politiche e commerciali. Laddove in passato, avevamo la tendenza a considerare i lettori, gli ascoltatori o gli osservatori dei media come spettatori passivi di un contenuto centralmente prodotto, è chiaro che oggi dobbiamo considerare il pubblico come maggiormente selettivo e interattivo di una più vasta gamma di media. La logica delle comunicazioni è stata radicalmente cambiata – il focus sui media è stato sostituito da una concentrazione sul pubblico che è sempre più autonomo e deliberativo nel suo consumo dei media.

    Per tale motivo il messaggio di quest’anno invita tutti quelli che utilizzano i nuovi media ad essere attenti ai contenuti che stanno producendo, condividendo o sottoponendo all’attenzione di altri. Il messaggio li sta invitando a evitare la creazione o la diffusione di parole e immagini offensive o senza rispetto della dignità e del valore di altre persone. Siamo tutti consapevoli dei rischi che sono emersi negli ultimi anni, tra cui forme di cyber-bullismo e mobbing elettronico. È anche importante che gli utenti dei nuovi media siano prudenti riguardo la diffusione di parole o immagini che li riguardano – il materiale inviato elettronicamente non è facilmente removibile e nessuno vuole vivere con un permanente promemoria di eccessi giovanili o espressioni sconsiderate.

    Il messaggio è attento alla realtà che i nuovi mezzi della comunicazione digitale possono essere molto più invasivi ed esigenti dei mezzi tradizionali. Il messaggio fa notare l’ironia della situazione, nel momento in cui il bisogno di mantenere una connessione virtuale isola le persone da forme più immediate d’interazione sociale con la famiglia, gli amici e i colleghi. Si riconosce inoltre che la natura invadente tipica delle moderne pratiche comunicative potrebbe disturbare i modelli di riposo, silenzio e riflessione, necessari al nostro benessere.

    Basandosi sul concetto biblico che tutte le persone sono create a immagine e somiglianza di Dio, e quindi sono pre-disposte al rapporto con gli altri, il messaggio si concentra sul tema dell’amicizia come punto di contatto tra tutte le persone di buona volontà. Esso celebra la capacità delle nuove tecnologie di favorire e incoraggiare rapporti buoni e sani e molte forme di solidarietà. Esso fa appello all’amicizia come presupposto per assicurare che il nuovo mondo digitale sia veramente accessibile a tutti, considerandola un punto di riferimento condiviso con tutta l’umanità che accoglie l’appello del messaggio per promuovere una cultura dove esiste rispetto per tutti e dove tutti sono invitati a cercare la verità nel dialogo.

    Presentando il messaggio del Santo Padre di quest’anno, il Pontificio Consiglio è consapevole delle implicazioni pratiche della nuova cultura di comunicazione che esso cerca di comprendere e valutare come parte del suo mandato. Per questo motivo, stiamo lanciando il messaggio anche elettronicamente. Si sta inviando il testo del messaggio a migliaia di giovani cattolici nel mondo che sono invitati a condividerlo con i loro amici, soprattutto con quelli con cui sono in contatto digitale. Vorrei ringraziare i vari Dipartimenti di Comunicazione e i Dipartimenti della Pastorale Giovanile delle Conferenze Episcopali che stanno collaborando con noi a questo progetto.


    Testo in lingua inglese

    This year’s message is addressed primarily, although not exclusively, to the digital generation. The digital generation refers in general to those who have grown up with the new ICTs and who use them spontaneously and almost intuitively. Some commentators have used the terms "digital natives" or "born digital" to refer to this cohort and to distinguish them from other users of digital technologies, sometimes called "digital immigrants", who use the new technologies with varying degrees of competence and enthusiasm but whose basic communication skills were developed with an analogical paradigm.

    The digital generation has come of age in the world of computers, mobile telephones, text and instant messaging, blogging, platforms for video content, internet chat rooms and on-line social networks. It would be a mistake, however, to see these changes as merely technological; they have also revolutionized the culture of communications. They have changed the ways people communicate, the ways they associate and form communities, the ways by which they learn about the world, the ways in which they engage with political and commercial organizations. Whereas in the past, we tended to see the reader, listener or watcher of media as a passive spectator of centrally generated content, it is clear that today we must understand the audience as more selectively and interactively engaging with a wider range of media. The logic of communications has been radically changed – the focus on the media has been replaced by a concentration on the audience which is increasingly autonomous and deliberative in its consumption of media.

    That is why this year’s message invites all those who engage with the new media to be attentive to the content they are generating, sharing or drawing to the attention of others. It is inviting them to avoid the creation or distribution of words or images that are abusive or lacking in respect for the dignity or worth of other people. We are all aware of the risks of new forms of cyber-bullying and abusive postings that have emerged in recent years. It is also important that users of the new media are prudent in terms of words or images they distribute concerning themselves – material posted electronically is not easily removed and no one wants to live with a permanent reminder of youthful excesses or ill-advised utterances.

    The message is attentive to the reality that the new means of digital communication can be much more invasive and demanding than the traditional means. The message points out the irony of the situation, if the sense of obligation to maintain virtual connectedness were to isolate people from more immediate forms of social interaction with family, friends and colleagues. It also recognises that the pervasive nature of modern communications practises could be disruptive of the patterns of rest, silence and reflection that are necessary for our well-being.

    Building on the biblical concept of all people being created in the image and likeness of God, and therefore being pre-disposed for relationship with others, the message concentrates on the theme of friendship as a point of contact between all people of good will. It celebrates the capacity of the new technologies to foster and support good and healthy relationships and various forms of solidarity. It appeals to friendship as a motive to ensure that the new digital world is truly accessible to all. It finds in friendship a shared reference point with all of humanity that grounds the appeal of the message to promote a culture where there is respect for all and where all are invited to search for truth in dialogue.

    In presenting the Pope’s message this year, the Pontifical Council is also conscious of the practical implications of the new culture of communications it seeks to understand and relate to as part of its mandate. For this reason, we are also launching the message electronically. The text of the message is being sent to thousands of young Catholics throughout the world and they are being invited to share it with their friends, especially with those friends with whom they are digitally networked. I would like to thank the various Communications Departments and Youth Ministry Departments of the Episcopal Conferences who are working with us on this project.



    INTERVENTO DI P. FEDERICO LOMBARDI, S.I.

    Il nuovo canale "Vaticano" su You Tube

    Il CTV e la Radio Vaticana da tempo hanno seguito con attenzione lo sviluppo del mondo delle comunicazioni sociali e si sono resi conto della importanza di immettere nella Rete i loro contributi – immagini/suono/testi – sulla attività del Papa e gli eventi vaticani. È una evoluzione del tutto naturale, che corrisponde alla presenza della Chiesa nel mondo.

    Perciò hanno avviato, in collaborazione, da circa un anno e mezzo la produzione quotidiana di videonews, pubblicate sul Sito della Radio Vaticana e messe a disposizione di Tv, Web TV e Siti, interessati alla vita della Chiesa. Per questa diffusione nel mondo delle comunicazioni sociali cattoliche è stata importante la collaborazione con h2onews che è nata appunto per operare in questo campo.

    Ora, che la produzione delle videonews è sufficientemente stabile e si è organizzata la traduzione dei testi in modo che siano regolarmente disponibili in diverse lingue, ci siamo sentiti pronti per un passo ulteriore, del tutto naturale, cioè offrire questo servizio non solo a un pubblico prevalentemente cattolico, ma a un pubblico assai più largo, praticamente globale.

    Siamo convinti che dappertutto ci siano persone attente e sensibili, interessate ai messaggi, alle proposte, alle posizioni sui grandi problemi del mondo d’oggi di una autorità morale di alto livello come il Papa, e in generale la Chiesa cattolica.

    Perciò la scelta di YouTube come piattaforma adatta per diventare presenti sulla Rete, in uno dei grandi "areopaghi" della comunicazione nel mondo di oggi, ed esservi presenti con regolarità, in modo da poter offrire una fonte di riferimento attendibile e continua, aldilà dei moltissimi frammenti di informazione su Papa e Vaticano presenti sulla Rete in modo piuttosto casuale o disperso.

    Il canale che oggi viene inaugurato conterrà quindi videonews sull’attività del Papa e gli eventi vaticani di durata non superiore a 2’ e sarà aggiornato quotidianamente (in media una o due news al giorno). Avrà la stessa offerta in inglese, spagnolo, tedesco, italiano.

    All’inizio si trovano solo una decina di videoclips, scelte fra quelle prodotte nelle ultime settimane, ma l’archivio aumenterà ogni giorno. (Quelle precedenti restano accessibili tramite i Siti di CTV e RV).

    La home page del canale contiene diversi link, con cui il navigatore può raggiungere una informazione e documentazione più ampia ed esauriente sul Papa, il Vaticano e la Chiesa cattolica.

    Da segnalare i link principali: naturalmente ai siti di CTV e Radio Vaticana (con le sue molteplici lingue), al Sito ufficiale vatican.va e al nuovo Sito dello Stato della Città del Vaticano.

    Molto importante il link al canale di h2onews, che riporta molte altre videonews sulla vita della Chiesa nel mondo, risultato della collaborazione con numerose TV cattoliche di vari Paesi a cui pure si può accedere tramite il canale di h2onews. E’ importantissimo capire che noi lavoriamo sul Vaticano, ma siamo naturalmente in rapporto con la Chiesa cattolica diffusa nel mondo, e perciò formiamo una grande "rete nella Rete" insieme ai canali, Siti e media della Chiesa.

    Sotto il video principale altri tre link servono a connettersi con le fonti di informazione vaticane di attualità: in ogni sottocanale linguistico vi è il link alla pagina web della RV nella stessa lingua, il link alla pagina del Bollettino della Sala Stampa (che contiene i testi completi in lingua originale), il link alla edizione dell’Osservatore Romano nella lingua rispettiva.

    Dalla breve videonews si può quindi passare, se si desidera, alla contestualizzazione, ai testi completi, ai commenti dei media vaticani.

    Entrando nel vasto mondo di YouTube si allarga naturalmente la possibilità non solo di comunicazione da Roma al mondo, ma anche viceversa. È nella natura stessa di una piattaforma come YouTube facilitare scambi, stabilire relazioni, ecc. Nella dimensione della interattività dobbiamo tutti imparare come muoverci e usare meglio gli strumenti che abbiamo.

    In questa prima fase abbiamo queste forme di interattività: invia un messaggio email; condividi il canale; inserisci su iGoogle; manda un commento sulla singola videonews.

    Diciamo onestamente che non abbiamo previsto la pubblicazione dei commenti e la nostra reazione: attualmente non saremmo in grado di gestire un flusso "mondiale" di commenti e risposte. In ogni caso, ricevendo commenti e messaggi, studieremo come continuare la strada.

    Diciamo anche che – poiché non pensiamo affatto di esaurire noi la comunicazione della Chiesa cattolica nel mondo -, riteniamo che la interattività possa svilupparsi forse anche meglio tramite siti monolinguistici e per aree culturali più omogenee e limitate ai quali noi diamo appunto il supporto della informazione su scala più globale, senza sostituirci per nulla alla loro funzione di contatto più capillare e diretto col pubblico.

    Il lancio di un canale come questo è evidentemente l’inizio di un cammino. Con la collaborazione di Google possiamo prevedere sviluppi e miglioramenti sia per l’offerta contenutistica sia per l’aspetto tecnico. Ad esempio, il CTV è già in grado di produrre immagini con il formato 16/9 e in alta qualità (HD), si potrà vedere se trasferire anche nelle clip questi nuovi standard. Oppure si potranno pubblicare video di lunghezza maggiore, con parti significative o addirittura la totalità di certi eventi con natural sound. Si potrà aumentare il numero dei canali linguistici, migliorare il sistema dei link, ecc.

    Noi siamo convinti di fare una offerta bella e costruttiva per il popolo della Rete e prendiamo questa strada con fiducia in atteggiamento di amicizia e dialogo con tutti, disposti anche noi ad imparare molto. Speriamo di fare un lungo cammino.

    Il Papa è stato personalmente informato del nostro progetto e lo ha approvato con la sua abituale gentilezza e cordialità. Questo è per noi un grandissimo incoraggiamento.


    Altre informazioni su: sites.google.com/a/pressatgoogle.com/vatican/


    MR. H. DE CASTRO’S BULLET POINT SPEECH

    1. Technology is bringing the world together

    In a world where we worry about globalisation and the lack of community, technology is bringing people together

    1.4 billion people are now online

    Sites like YouTube are enabling people to foster existing communities and create new ones around interests, issues and faith, on a local level and on a global level

    Over 15 hours of material is uploaded to YouTube every minute. There has been a communications revolution, and video has become one of the world's common languages

    2. It's opening up access to every level

    Citizens could ask presidential candidates questions in the US

    The public has access to what is going on at Buckingham Palace

    The opportunity to discuss stereotypes with Queen Rania of Jordan

    On the day of Barack Obama's inauguration, the While House launched a Channel

    3. It's breaking down many divides

    Everyone can contribute, from the Pope, a Queen, a President, to a citizen

    Geography, age and race are no barrier for the global community

    One of the most popular UK YouTube users is a pensioner called Peter Oakley, who was born in 1927 – his videos are watched by millions across age, race and geography

    4. This global community is a force for good

    More people search on Google for "dio" than for "celebritá"

    In the aftermath of last year's Chinese earthquake, YouTube users came together to raise money for victims

    YouTube users the "vlogbrothers" ran something called Project for Awesome, where the community came together to highlight charities and their work

    The community is currently forming the first global online Symphony Orchestra, which will perform in Carnegie Hall in April

    5. This trend is going to accelerate

    More people are coming online every day

    In the next 5 years, the number of people using their mobile phones to access the internet will double – a huge boost for the developing world

    More institutions are embracing this opportunity every week

    6. Institutions that embrace this will become even more successful

    They are shaping themselves for the future

    The temptation may be for some institutions to think the internet is "not their world", but embracing it makes them even more durable

    7. The Catholic Church understands this opportunity and has embraced it

    The Church has a long history of embracing new ways to communicate - eg Vatican Press in 16th century, Vatican Radio, Vatican TV, Vatican websites

    This Channel is a perfect combination of continuity and innovation

    This will bring the global Catholic Church together

    8. We are extremely honoured to be here today

    This is a landmark announcement for YouTube – the first ever global religious institution

    We are all playing a part in how faith will be expressed and explored online

    I want to thank everyone at the Vatican, who have been wonderful to work with

    This is only the beginning. A few years ago we could not have predicted that we would be here announcing this today; and we are sure that the future will bring further exciting developments

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.201
    Post: 38
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 24/01/2009 15:45
    REMISSIONE DELLA SCOMUNICA LATAE SENTENTIAE AI VESCOVI DELLA FRATERNITÀ SACERDOTALE SAN PIO X



    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

    Il Santo Padre, dopo un processo di dialogo tra la Sede Apostolica e la Fraternità Sacerdotale San Pio X, rappresentata dal suo Superiore Generale, S.E. Mons. Bernard Fellay, ha accolto la richiesta formulata nuovamente da detto Presule, con lettera del 15 dicembre 2008, anche a nome degli altri tre Vescovi della Fraternità, S.E. Mons. Bernard Tissier de Mallerais, S.E. Mons. Richard Williamson e S.E. Mons. Alfonso de Galarreta, di rimettere la scomunica in cui erano incorsi vent’anni fa.

    A causa, infatti, delle consacrazioni episcopali fatte, in data 30 giugno 1988, da S.E. Mons. Marcel Lefebvre, senza mandato pontificio, i menzionati quattro Presuli erano incorsi nella scomunica latae sententiae, dichiarata formalmente dalla Congregazione per i Vescovi in data 1° luglio 1988.

    S.E. Mons. Bernard Fellay, nella citata missiva, manifestava chiaramente al Santo Padre che: "siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l’attuale situazione".

    Sua Santità Benedetto XVI, che ha seguito fin dall’inizio questo processo, ha cercato sempre di ricomporre la frattura con la Fraternità, anche incontrando personalmente S.E. Mons. Bernard Fellay, il 29 agosto 2005. In quell’occasione, il Sommo Pontefice ha manifestato la volontà di procedere per gradi e in tempi ragionevoli in tale cammino ed ora, benignamente, con sollecitudine pastorale e paterna misericordia, mediante Decreto della Congregazione per i Vescovi del 21 gennaio 2009, rimette la scomunica che gravava sui menzionati Presuli. Il Santo Padre è stato ispirato in questa decisione dall’auspicio che si giunga al più presto alla completa riconciliazione e alla piena comunione.



    DECRETO DELLA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI

    Con lettera del 15 dicembre 2008 indirizzata a Sua Em.za il Sig. Cardinale Dario Castrillón Hoyos, Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, Mons. Bernard Fellay, anche a nome degli altri tre Vescovi consacrati il giorno 30 giugno 1988, sollecitava nuovamente la rimozione della scomunica latae sententiae formalmente dichiarata con Decreto del Prefetto di questa Congregazione per i Vescovi in data 1° luglio 1988. Nella menzionata lettera, Mons. Fellay afferma, tra l'altro: "Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l'attuale situazione".

    Sua Santità Benedetto XVI - paternamente sensibile al disagio spirituale manifestato dagli interessati a causa della sanzione di scomunica e fiducioso nell'impegno da loro espresso nella citata lettera di non risparmiare alcuno sforzo per approfondire nei necessari colloqui con le Autorità della Santa Sede le questioni ancora aperte, così da poter giungere presto a una piena e soddisfacente soluzione del problema posto in origine - ha deciso di riconsiderare la situazione canonica dei Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta sorta con la loro consacrazione episcopale.

    Con questo atto si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa Sede Apostolica. Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie, vuol essere anche un segno per promuovere l'unità nella carità della Chiesa universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione.

    Si auspica che questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del Magistero e dell'autorità del Papa con la prova dell'unità visibile.

    In base alle facoltà espressamente concessemi dal Santo Padre Benedetto XVI, in virtù del presente Decreto, rimetto ai Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta la censura di scomunica latae sententiae dichiarata da questa Congregazione il 1° luglio 1988, mentre dichiaro privo di effetti giuridici, a partire dall'odierna data, il Decreto a quel tempo emanato.

    Roma, dalla Congregazione per i Vescovi, 21 gennaio 2009.

    Card. Giovanni Battista Re

    Prefetto della Congregazione per i Vescovi

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.236
    Post: 56
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 27/01/2009 02:12
    Prolusione del Cardinale Bagnasco al Consiglio episcopale permanente


    A Roma dal 26 al 28 gennaio 2009



    ROMA, lunedì, 26 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo della prolusione svolta questo lunedì dal Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), in apertura del Consiglio episcopale permanente che si riunirà a Roma dal 26 al 28 gennaio prossimo.





    * * *

    Venerati e cari Confratelli,

    all’indomani delle festività nelle quali ci è stato dato di vivere «l’atmosfera della grazia» del Natale, mentre procede quel «pellegrinaggio del cuore, insieme con Paolo, verso Gesù Cristo» (cfr. Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2008), e all’inizio ancora del nuovo anno 2009 che, «nel 4° centenario delle prime osservazioni di Galileo Galilei al telescopio», si annuncia ricco di sollecitazioni sul fronte del rapporto tra la fede e la scienza (cfr. Benedetto XVI, Omelia nella solennità dell’Epifania, 6 gennaio 2009), ci ritroviamo per la consueta sessione invernale del Consiglio Permanente della nostra Conferenza Episcopale, avendo all’ordine del giorno una serie di importanti argomenti.

    Ma prima desidero dare il più fraterno benvenuto al nuovo Segretario Generale, S.E. Mons. Mariano Crociata, ed esprimergli a nome mio e di tutti la più viva stima e gratitudine per la pronta obbedienza alla scelta del Santo Padre, e per il generoso e puntuale servizio che già in questi primi mesi ha svolto in profonda comunione con la Presidenza. Il nostro pensiero riconoscente ed augurale non può non ritornare a S.E. Mons. Giuseppe Betori, che per non pochi anni ha servito la nostra Conferenza con intelligente dedizione, ed ora svolge il suo ministero come Pastore della Chiesa di Firenze.

    Il panorama nel quale ci collochiamo ci appare, rispetto all’ultimo incontro, notevolmente cambiato. Ne prendiamo atto, desiderando procedere nel nuovo scenario anzitutto attraverso un collegiale discernimento, che ci aiuti a ponderare meglio le circostanze nelle quali deve compiersi quell’opera di evangelizzazione che è affidata alla nostra responsabilità. Consapevoli peraltro che, nell’esercizio del compito episcopale, abbiamo dinanzi l’esempio del nostro Papa Benedetto XVI, che non cessa di indicare «quel Dio che parla agli uomini come ad amici» (All’Angelus, 4 gennaio 2009). E in un momento nel quale non manca purtroppo nei media nazionali qualche voce di critica ideologica e preconcetta, desideriamo qui esprimere il nostro attaccamento alla sua persona e la gratitudine profonda per il suo insegnamento e la sua opera, insieme alla conferma di una collaborazione leale e incondizionata. La comunità dei credenti deve vedere noi Vescovi formare un tutt’uno con il Vicario di Cristo, a garanzia dell’unità visibile della Chiesa stessa.

    1. Ciò su cui vorrei, prima di altro, invitare a riflettere è la questione di Dio, che non è certo inedita, ma la gente del nostro tempo la vive con accenti talora inediti. Molto di quel che succede nel sistema della vita odierna sembra procedere secondo una logica del tutto contraria a quella di un Dio necessario e provvidente. Piuttosto sembra assecondare l’idea che, se proprio un Dio deve esserci, non può non porsi come un’entità lontana, staccata dall’orizzonte degli uomini e delle donne di oggi, indifferente ai loro progetti di emancipazione, dunque in linea con una percezione del tutto individualistica, che esaspera l’idea dell’autonomia e dell’autosufficienza di sé e del proprio destino. Eppure, anche in un impianto così autoreferenziale, è sufficiente un intoppo non prevedibile, un dolore cieco, un inconveniente spiazzante, una domanda più impertinente, una gioia più sublime perché, di colpo, tutto si afflosci, lasciando il singolo sconnesso e smarrito. Si comincia col sentenziare che «Dio è morto» e si finisce nella solitudine umana più sconsolata (cfr. Benedetto XVI, Omelia in apertura del XIII Sinodo mondiale dei Vescovi, San Paolo fuori le Mura, 5 ottobre 2008). Si crede di essersi spinti avanti, dando soluzione magari a quesiti da brivido, e ci si ritrova invece in una recessione arida e amara. Si pensa di aver toccato il massimo di ebbrezza, e l’attimo dopo ci si scopre in una alienazione debilitante.

    Vero è che l’uomo di oggi stenta a trarre lezioni dal vissuto altrui, fa fatica a credere che gli esiti di esperienze affrontate in altre epoche possano riguardarlo da vicino, e infatti non tollera confronti e non sospetta analogie. Egli ha bisogno di toccare con mano, e gioca se stesso come se la generazione cui appartiene fosse la prima a trovarsi così sfidata. Ma è proprio qui dove lo spirito del tempo consuma il suo delitto più grave: nel lasciar credere che l’uomo d’oggi debba fare titanicamente da sé, che il Dio dei padri sia finito in un Olimpo patetico e inefficace, e che la propria vita – priva ora di condizionamenti − possa scorrere via, impavida e brillante. Se appena ci pensa, scopre tuttavia che non è di poco conto ciò in cui è ingannato. E l’impostura più grande riguarda proprio il suo destino: egli «deve imparare o re-imparare che Dio non è suo nemico» (Benedetto XVI, Discorso alla Conferenza Episcopale Francese, Lourdes 14 settembre 2008). Ecco il punto, ciò a cui − soprattutto − ci sentiamo chiamati noi Vescovi: annunciare ai cittadini di questo Paese e del mondo che Dio, in Gesù Cristo, li ama senza limiti né condizioni, li ama anche se loro non riescono a vederlo, li ama e li vuole felici fino a dare la sua stessa vita.

    2. Per un prezioso disegno di grazia, proprio in questa stagione, e precisamente nel mese di ottobre, si è svolto un appuntamento importante come il Sinodo mondiale dei Vescovi dedicato a «La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa». È stata un’esperienza profonda, sperabilmente destinata a lasciare una traccia sensibile nel vissuto ecclesiale. Si potrebbe dire che è stata un’occasione tutta speciale per ricollegarsi al Concilio Vaticano II, in vista di una nuova e più completa recezione di una delle sue quattro costituzioni portanti, la Dei Verbum. La sacra Tradizione, infatti, e la Sacra Scrittura «sono come uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve, finché giunga a vederlo faccia a faccia, com’Egli è» (Dei Verbum, n. 7). Va da sé pertanto che nessuna marginalizzazione della Parola di Dio, resa manifesta anzitutto nella Sacra Scrittura, può essere consentita. Anzi, questa «solo [… ] può cambiare in profondità il cuore dell’uomo, ed è importante allora che con essa entrino in una intimità sempre crescente i singoli credenti e le comunità» (Benedetto XVI, Omelia per l’Apertura del Sinodo mondiale, 5 ottobre 2008). Per questo non bisogna stancarsi di insistere sulla contemporaneità delle Scritture rispetto a chi legge: sono testi rivolti non soltanto al passato e tanto meno ad esso circoscritti, ma al presente, anzi sono «il presente» di Dio, che sempre ci chiama in Cristo. Questa d’altra parte è la «chiave ermeneutica» per comprendere davvero le Scritture. La Chiesa non ha paura del metodo storico: essa sa bene, come ha spiegato il Santo Padre, che «la storia della salvezza non è mitologia, ma vera storia, ed è perciò da studiare con i metodi della seria ricerca storica» (Intervento al Sinodo dei Vescovi, 14 ottobre 2008). Ma la Bibbia non è neppure un semplice racconto cronachistico: essa trascende la dimensione fattuale, per aprirsi all’accoglienza del progetto di Dio sul mondo: «Non va spogliata – ha avvertito il Papa − dell’elemento divino, ma deve essere letta nello stesso Spirito in cui è stata composta» (All’Angelus 26 ottobre 2008). Per questo, l’approccio storico-critico deve accompagnarsi costantemente al metodo teologico-spirituale che, facendo perno sull’unità delle Scritture, la coerenza con la tradizione viva della Chiesa, e l’illuminazione della fede, porta all’incontro con il Cristo pasquale nella comunità dei credenti.

    Naturalmente siamo ora in attesa che venga promulgata l’esortazione apostolica con la quale il Santo Padre rilancerà i risultati della elaborazione sinodale. Nel frattempo, non sbaglieremo se ci impegniamo ad avvantaggiare sempre di più l’accesso alla Sacra Scrittura con il passo del “noi” rappresentato dalla comunità istituita da Dio, e dunque evitando le derive di un soggettivismo eccentrico e capzioso. Il che implica di valorizzare tutte le occasioni per un accostamento personalizzato, pure in ambito familiare come di gruppo: per questo è cruciale che vi siano sacerdoti nelle singole comunità. Preghiamo davvero perché questi non manchino, come accoratamente hanno auspicato i 254 Padri sinodali giunti da ogni parte del mondo. In diversi loro interventi si è raccomandato di acquisire familiarità con “il silenzio amico della Parola”, e ad un tempo di incentivare le esperienze di una “lettura orante” della Parola stessa. Una circostanza favorevole è rappresentata dal Lezionario liturgico, e dal ciclo triennale di letture bibliche che esso veicola e che può diventare la pista per itinerari di un certo respiro. È necessario comunque non perdere alcuna circostanza per un avvicinamento anche occasionale al testo sacro, facilitato da sussidi agili e altri strumenti predisposti allo scopo. L’importante è che passi la consapevolezza che la Parola di Dio è «la vera realtà sulla quale basare la propria vita» (Benedetto XVI, Meditazione al Sinodo dei Vescovi, 6 ottobre 2008).

    Questo rinnovato amore al Libro di Dio ci fa sentire particolarmente vicini ai fratelli ebrei nel cui seno è nato l’antico Testamento. Purtroppo, di recente, singolari riserve sono venute da parte di alcuni esponenti dell’assemblea rabbinica italiana, nel quadro di una loro non partecipazione per quest’anno alla Giornata «per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei», che da qualche tempo viene proficuamente celebrata in alcuni Paesi, compreso il nostro. Se da una parte ci auguriamo che queste difficoltà abbiano presto modo di rientrare, non possiamo certamente apprezzare le parole ingiuste pronunciate verso l’azione di Benedetto XVI. Siamo testimoni della cordiale istanza teologica che muove irrinunciabilmente il Santo Padre verso questi fratelli. E tale atteggiamento noi lo condividiamo con lui.

    A proposito, poi, della recentissima revoca della scomunica alla Fraternità di San Pio X, mentre esprimiamo il nostro apprezzamento per l’atto di misericordia del Santo Padre, manifestiamo il dispiacere per le infondate e immotivate dichiarazioni di uno dei quattro Vescovi interessati circa la Shoah; dichiarazioni peraltro rese alcuni mesi or sono e solo adesso riprese con intento strumentale; dichiarazioni già ripudiate dalla stessa Fraternità.

    3. Alla scuola delle Scritture la Chiesa matura il suo «sì» a Dio; è questo l’atteggiamento che la fa essere se stessa prima di ogni altra cosa. È il «sì» di Gesù Cristo alla Chiesa, così trabocchevole e misericordioso, a sollecitare il «sì» della Chiesa a Dio Padre, attraverso il Figlio. E nel «sì» che a sua volta essa esprime, la Chiesa scorge il massimo della propria libertà: solo nell’unificazione della sua volontà con quella divina la Chiesa trova se stessa e diventa immensamente aperta agli altri. Come ci piacerebbe che le persone a cui ci rivolgiamo intuissero tutte il dinamismo che pone in essere la Chiesa e la sospinge intrepida nel mondo!

    Va registrata invece qualche posizione secondo cui è talora attribuita alla Chiesa la volontà «di alzare muri e scavare fossati». Sarebbe la Chiesa dei «no»! Ora, non c’è dubbio che la Chiesa sperimenti in questo radicale fraintendimento la sua stessa missione: da una parte il suo bisogno e la sua fedeltà a Cristo, e dall’altra il suo presentarsi agli indifferenti, agli incerti e ai lontani, per quello che è, amica dell’umanità. Stando a certe raffigurazioni mediatiche, la Chiesa sembra interessata solo a questioni di etica, e in particolare a quanto è riconducibile in un modo o nell’altro all’esercizio della sessualità. In realtà, il più della Chiesa è condensabile nel «sì» con cui risponde all’amore del Signore indicando Lui a tutti. Per questo parla principalmente di Dio e della vita eterna, destinata cioè a non finire. Parla di speranza e di felicità. Ci si chiede piuttosto se in determinate componenti élitarie della nostra cultura non si stia riaffacciando, al pari di quanto è accaduto in altre stagioni (cfr. Benedetto XVI, Omelia al Pontificio Santuario di Pompei, 19 ottobre 2008), un anticlericalismo interessato a obnubilare il volto della Chiesa, così che appaia per lo più screditabile, e il suo messaggio risuoni come incoerente e patetico.

    Possiamo dire che non è questo il sentire diffuso del popolo italiano, e ci consola soprattutto sapere che all’interno di questo stesso popolo ci sono figure splendide di cristianesimo vissuto, che godono di larghissima estimazione. Come Vescovi, se da una parte è necessario anche per noi perseguire sempre un’umile revisione della propria condotta, dall’altra non ci sottraiamo al dovere di interpretare la testimonianza della Chiesa come un «segno di contraddizione» rispetto allo spirito del mondo (cfr Lc 2, 34-35 e Benedetto XVI, Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 8 gennaio 2008). Alcuni «no», che ad un certo punto la Chiesa reputa di dover dire, sono il risvolto esatto di un’etica del «sì», e ancora più a fondo di un’etica dell’amore, in nome della quale non si può, a danno di chicchessia, scambiare il male per il bene. Quando ci viene detto che la Chiesa non deve ingerirsi in certi argomenti − affermava il Santo Padre − allora noi possiamo solo rispondere: «Forse che l’uomo non ci interessa?» (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2006).

    Se, com’è nostro dovere, allarghiamo ancor più lo sguardo e vi includiamo la gamma dei rapporti che nel nostro Paese intercorrono tra la Chiesa e le pubbliche istituzioni, non possiamo non gioire per la recente visita ufficiale che Benedetto XVI ha effettuato il 4 ottobre scorso, festa di San Francesco d’Assisi, al Presidente della Repubblica Italiana, a restituzione di quella che lo stesso On. Giorgio Napolitano aveva compiuto in Vaticano all’inizio del suo mandato. Sono emerse ancora una volta convergenze e sintonie in ambito internazionale come nel campo educativo. Annotava nella circostanza il Papa: «Non vi è ragione di temere una prevaricazione ai danni della libertà da parte della Chiesa e dei suoi membri, i quali peraltro si attendono che venga loro riconosciuta la libertà di non tradire la propria coscienza illuminata dal Vangelo» (Discorso in Quirinale, 4 ottobre 2008). Dalla successiva visita compiuta dal Pontefice all’Ambasciata Italiana presso la Santa Sede, il 13 dicembre, sono venute ulteriori, limpide conferme.

    4. Ma non possiamo guardare solo in casa nostra. Dobbiamo volgere lo sguardo al mondo e alle diverse, purtroppo perduranti situazioni di discriminazione ai danni dei cristiani. Due in particolare i fronti critici che negli ultimi mesi hanno tenuto desta la nostra preoccupazione. Anzitutto, la sorte dei cristiani dell’Iraq, moltissimi dei quali − com’è noto − hanno preferito fuggire e ripiegare nei campi profughi aperti nei Paesi vicini. È un sopruso intollerabile quello di escludere dalla civile convivenza una componente della società a motivo della propria appartenenza religiosa. «I cristiani che da sempre abitano l’Iraq − diceva sabato scorso il Papa − sono suoi cittadini a pieno titolo, con i diritti e i doveri di tutti» (Discorso ai Vescovi della Chiesa Caldea in visita ad limina, 24 gennaio 2009). Non ci sarà, nel nuovo Iraq come in generale nell’intera area mediorientale, una vera normalizzazione se anche ai cattolici non verrà consentita un’effettiva libertà di culto e insieme una libera partecipazione ai vari livelli della vita sociale e politica. L’altra situazione per la quale abbiamo molto trepidato riguarda i cristiani in India, in particolare nella regione dell’Orissa. Il fatto che la Corte suprema di quella nazione abbia ufficialmente chiesto al governo regionale di assicurare una giusta protezione ai cristiani locali, ingiungendo che ogni ritiro delle forze paramilitari poste a controllo dell’area teatro delle violenze debba essere prima approvato dal governo centrale, sta a dire la drammaticità di quella emergenza. I cristiani attualmente ospitati in vari campi, e quelli rifugiatisi nella foresta, non si sentono sicuri e temono che rientrando nelle loro case potrebbero essere ancora violentemente attaccati. Eppure, una soluzione va quanto prima trovata, e si spera che gli appuntamenti elettorali in calendario, anziché una distrazione, siano l’occasione preziosa per cercare soluzioni di garanzia per tutte le minoranze. «Il cristianesimo è una religione di libertà e di pace», sottolineava il Papa agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. Come Chiesa italiana non mancheremo di garantire ai nostri fratelli nella fede solidarietà e amicizia, insieme a tutto l’aiuto possibile.

    Un pensiero e una preghiera, infine, vanno alle due sorelle del Movimento contemplativo missionario “Charles De Foucauld”, Caterina Giraudo e Maria Teresa Olivero, rapite il 9 novembre scorso al confine tra Kenya e Somalia. Confidiamo in una loro pronta liberazione, per la quale c’è chi si sta adoperando. Sappiano che molte comunità e molti fedeli, oltre al Papa, pregano per loro. Ugualmente trepidiamo per il volontario laico della Croce Rossa Eugenio Vagni, dal 15 gennaio nelle mani della guerriglia che, nelle sue diverse articolazioni, sta da troppo tempo infestando le Filippine. Anche per lui stentano ad affiorare spiragli di trattativa per quella liberazione che è invece nei voti di tutti noi. Il 15 gennaio scorso, un missionario della Consolata originario del cuneese, padre Giuseppe Bertaina, è stato ucciso per una rapina a Nairobi (Kenia) dopo ben 57 anni di dedizione all’Africa. Affidiamo la sua anima al Signore della vita e chiediamo consolazione per i parenti, i confratelli, gli amici. La sua offerta diventi, per quel tribolato e amato Continente, ragione di speranza.

    Grande apprensione hanno suscitato nelle nostre comunità le vicende mediorientali, con la ripresa delle ostilità tra gli israeliani e i palestinesi soprattutto di Hamas. La via di un assetto pacifico dell’area − con la presenza da tutti accettata ed entro confini sicuri dello Stato di Israele insieme alla formazione di un analogo Stato della Palestina − che aveva conosciuto momenti non remoti di fondato ottimismo, è ritornata in alto mare, e per ora non si intravvedono varchi concreti che consentano di ben sperare. L’opzione militare, che ad un certo punto il governo israeliano ha finito per privilegiare, non poteva non suscitare un crescente generale allarme, e un vivo turbamento per le vittime soprattutto tra i civili e i bambini. La larga disapprovazione che questa scelta strategica ha suscitato sarebbe stata tuttavia più efficace se, in precedenza, si fossero condannate anche le incursioni missilistiche contro postazioni civili israeliane da parte di Hamas. Una «massiccia violenza (è) scoppiata nella striscia di Gaza, in risposta ad altra violenza», ha non a caso osservato Benedetto XVI (cfr Omelia nella XLII Giornata mondiale della Pace, 1 gennaio 2009). La storica rivalità tra le parti in conflitto è destinata a non trovare le vie concrete per stemperarsi, se l’opinione pubblica internazionale, adottando una visione parimenti critica ed equilibratamente costruttiva, non farà adeguata pressione su tutti i protagonisti del problema mediorientale. Solidarietà forte e cordiale esprimiamo in particolare alla comunità cristiana di Gaza e, accogliendo gli accorati, ripetuti, puntuali appelli che Benedetto XVI ha rivolto alle parti in conflitto e a tutti i governanti e cittadini di buona volontà, vogliamo continuare, anzi intensificare se possibile, la preghiera affinché Dio tocchi il cuore degli uomini, e la tregua nel frattempo concordata si consolidi in vista di soluzioni positive più stabili.

    5. Il tema assegnato quest’anno alla Giornata mondiale del 1° Gennaio: «Combattere la povertà, costruire la pace», con il Messaggio che lo illustrava e l’indotto di riflessioni che ne è scaturito, si sta rivelando un contributo notevole e provvidenziale per specificare meglio le cause della crisi economica. L’aver individuato nell’impegno a combattere la povertà l’elemento più dinamico per costruire scenari di pace, ha anche confermato la comunità ecclesiale sul primato della carità, quale è testimoniato da tutta la tradizione (cfr At 4,32-36; 1Cor 16,1; 2Cor 8-9: Gal 2,10) e fino al magistero più recente. Mi piace citare qui, insieme alla Populorum Progressio (1997) di Paolo VI, anche la Nova Pendent che Pio XI scrisse nel 1931, proprio per mitigare gli effetti della grande crisi del 1929. La rilevanza assegnata alla povertà è un indizio decisivo offerto all’intelligenza del mondo intero, perché affini bene la prospettiva in cui agire per rispondere efficacemente alla crisi. La crisi è scoppiata per le speculazioni avvenute in campo finanziario, grazie all’ingordigia di guadagni i più consistenti possibile nei tempi più brevi, ed è deflagrata poi per quella contagiosa euforia del vivere al di sopra delle proprie possibilità e nell’indifferenza dei segnali che pur avvertivano l’uragano nell’aria. Ora è facile che gli effetti più dolorosi si riversino soprattutto su quella parte di popolazione che in realtà non ha mai scialacquato, e che già prima era in sofferenza per una cronica ristrettezza economica.

    Del «complesso fenomeno della globalizzazione» già Giovanni Paolo II aveva rilevato «una spiccata caratteristica di ambivalenza» (Discorso ai Dirigenti di sindacati e grandi società, 2 giugno 2000); e ora Benedetto XVI va più a fondo, segnalando che, seppur elimina certe barriere, la globalizzazione ne crea altre, tanto da provocare derive per buona parte incontrollate, che agli occhi dei poveri appaiono insormontabili. Ormai non bastano dunque piccoli aggiustamenti, né può bastare riaffidarsi a qualche “buona stella”. Non a caso il Papa domanda: «Siamo disposti a fare insieme una revisione profonda del modello di sviluppo dominante, per correggerlo in modo concertato e illuminante?» (Omelia per la XLII Giornata mondiale della Pace). Infatti, solo se si entra in una dinamica di questo tipo, è possibile trasformare un capitalismo iniquo in uno più compatibile, il coinvolgimento della società civile in un ruolo decisivo; è possibile la riforma profonda degli organismi di coordinamento internazionale, così da garantire condizioni più accettabili all’economia dei Paesi poveri. Bisogna tuttavia saper andare oltre la fenomenologia di tipo finanziario o economico, per scorgere il volto meno immediatamente visibile, ma non meno gravido di conseguenze per la vita nostra personale e dell’intera società: l’involuzione antropologica ed etica. Dunque, le onde sono più estese e le cause prime più profonde.

    6. Da più parti, in questi giorni, s’è detto che la crisi potrebbe diventare un’opportunità. Non vi è dubbio che, per certi versi, senza la crisi probabilmente non si sarebbe trovata la forza ad esempio per riconoscere che non si può vivere sopra le righe e bisogna fare un passo indietro, per quanto arduo, ricuperando la capacità e il gusto del risparmio, della misura, del non spreco, dei consumi sostenibili. Valori, questi, che insieme alla solidarietà verso i meno garantiti come nei riguardi delle generazioni future, appartengono al cespite della nostra cultura. Non a caso si osserva che la crisi probabilmente morderà da noi un po’ meno che altrove. Il che è interessante non solo rispetto alla congiuntura presente: ci può insegnare infatti che, senza smettere di guardare al mondo globale, dobbiamo discernere tra le innovazioni con intelligenza, senza rincorrere miraggi troppo promettenti e incantatori. Allargando per un momento la riflessione, quando si tratta di valori fondamentali come la vita e la morte, la famiglia e il matrimonio, la dignità della persona, la società e la religione … in una parola i veri diritti fondamentali, a qualcuno può apparire che siamo un passo indietro rispetto ad altri Paesi; ma viene il momento, prima o dopo, in cui si scopre che in realtà si era un passo in avanti! È da ricordare. Anche in questo senso la crisi può disvelare le sue virtualità educative: sia nei riguardi delle persone già adulte, che però devono saper modificare il proprio modo di pensare e i propri comportamenti, sia verso i più giovani, ai quali apparirà più chiaro che non basta aver di mira l’acquisizione di abilità tecniche: occorre educare le emozioni, impegnarsi sulle virtù personali e sociali, dar valore «anche» all’anima, giacché questa è indispensabile per vivere e vivere bene. Se − ormai è chiaro − un’economia virtuale ha creato una visione virtuale anche della vita, allora bisogna riportarsi al centro di sé, e da lì riprendere e semmai raddrizzare le scelte da compiere nei vari ambiti, comprese quelle economiche.

    La crisi – è noto − tocca i singoli, le famiglie, le comunità. Quel lavoro che già prima era precario, ora lo è di più, e quando si interrompe lascia senza garanzie di affidabile sussistenza. Ma anche una quota parte significativa di occupazione stabilizzata si trova e − Dio non voglia − si troverà nei prossimi mesi ancor più colpita: in certe zone la crisi è già emergenza. L’occupazione nel settore non pubblico poi, in metà dei casi circa, non ha ammortizzatori sociali. Se un’impresa è costretta a ridurre o ad azzerare l’orario di lavoro, le famiglie dei dipendenti, specie quelle monoreddito, entrano in una fase critica con ripercussioni gravi sul fronte degli affitti, dei mutui, o dei debiti comunque contratti. Le famiglie che davano una mano ai vecchi genitori, con pensioni minime e in affitto, ora non riescono a farlo più, così come possono meno nei riguardi dei figli inoccupati o con «contratti» simbolici. Come Pastori diamo voce alla gente e alle preoccupazioni generali che non sono poche né piccole; ma sarebbe un guaio ancora peggiore seminare panico e uccidere la speranza. La sfiducia, infatti, accresce il disorientamento e paralizza la capacità di reagire in modo costruttivo. Noi abbiamo fiducia! In che cosa? Forse in qualche fortunata stella per cui alla fine tutto tornerà come prima? O in qualche nuovo logaritmo finanziario o economico? Abbiamo fiducia in Dio e abbiamo fiducia nell’uomo, nel suo nativo buon senso. Fiducia nella sua capacità di imparare, nonostante tutto, anche dai propri errori. E questo ci stimola a farci discepoli più umili e attenti della vita sia nella buona che nella cattiva sorte: nella buona per continuare a sviluppare il bene anche se arduo, nella cattiva per combattere il male ed evitarlo per quanto seducente. Ma dobbiamo farlo insieme! Guai se si insinua un meccanismo di chiusure reciproche, che accentuano le solitudini e lasciano nell’abbandono i più bisognosi di aiuto. Non se ne esce da soli: da questo, come da altri momenti difficili, si può uscire solo insieme. È il messaggio che la Cei lanciò anche nel 1981, con il documento «La Chiesa italiana e le prospettive del Paese»: ebbene, quell’appello noi oggi lo ripetiamo con forza. Mentre lo Stato deve certo fare per intero la sua parte. A livello centrale alcune decisione destinate ad arrecare sollievo ai meno abbienti sono state adottate: penso alla social card e al bonus familiare. Provvedimenti che, al di là di ogni altra considerazione, devono ora arrivare celermente a destinazione: in questo genere di iniziative si sperimenta purtroppo una macchinosità eccessiva, senza dire che, sul fronte del bonus, le famiglie con figli a carico rischiano ancora una volta di essere le più penalizzate. Potrebbe essere questa infatti l’occasione nella quale cominciare a sperimentare nel piccolo la logica di quel «quoziente familiare» che erroneamente viene pensato come strumento da adottare in tempi di bonaccia. Vero è, invece, il contrario. È nelle situazioni di crisi che si possono, e per certi versi si debbono assumere − pur con la gradualità evidentemente necessaria − le strategie più innovative e ad un tempo effettivamente più incisive. Dobbiamo entrare con passo deciso in quell’ottica per cui i figli non sono, non devono essere, una penalizzazione, quasi fossero un privilegio o un lusso. Se invece, com’è vero, sono delle risorse anche per l’intera società, allora lo si deve vedere.

    In altre parole, la realtà delle famiglie, su cui ancora una volta cade il peso maggiore della crisi, ha bisogno di ricevere la considerazione che merita, il riconoscimento non solo sociale ma anche politico. Non deve sentirsi sopportata, la famiglia, né tollerata: essa infatti è il nucleo vitale su cui si intesse la comunità. Non è un peso ma un soggetto economico, non è un terminale ma un volano per l'uscita dalla crisi e la crescita comune. Guai a distrarsi dalle famiglie, e guai a distrarre dalla famiglia la considerazione che per intero le è dovuta, nell'interesse concreto ed effettivo di tutti nessuno escluso. Sul versante ecumenico intanto stanno arrivando alla famiglia attestati importanti. Il recente forum cattolico-ortodosso su "Famiglia: un bene per l'umanità", con la dichiarazione congiunta che è scaturita, ne è una prova. Difendere e propugnare la famiglia non è − diceva il Papa anche di recente a un gruppo di confratelli vescovi − un modo per fare politica: è operare invece per ciò che ne è il presupposto, ossia che esista una comunità umana aperta al futuro (cfr Discorso ai Vescovi dell' Ecuador in visita ad limina, 16 ottobre 2008).

    È facile constatare quanto, in momenti come l’attuale, da parte di chi è in difficoltà venga spontaneo guardare alle parrocchie, con il loro reticolo facilmente abbordabile, e che notoriamente non chiudono la porta ad alcuno, perché vi si trova sempre chi accoglie. I nostri Sacerdoti, a partire dai Parroci, presiedono le loro comunità e – lasciatemi dire – spesso presidiano il territorio dove la vita della gente si svolge con i suoi tempi, le sue tradizioni, i suoi luoghi di riferimento. Lo fanno da pastori, con la simpatia di tutti e la collaborazione di molti, persone e istituzioni. È significativo che, in una recente indagine, il 91% degli intervistati – cattolici e no – abbia dichiarato che la parrocchia è una realtà “importante”.

    Ci sono servizi ormai stabili, come i centri di ascolto, i fondi anti-usura, le iniziative per le emergenze familiari (microcredito e simili) che intervengono regolarmente, ma che in questa stagione vedono ampliarsi non poco le richieste. Ci sono poi le domande d’aiuto nascoste per pudore, e oggi provenienti da soggetti nuovi, a cui occorre provvedere con disponibilità ulteriori. Le nostri parrocchie stanno affrontando la situazione con la consueta prontezza, moltiplicando – se possibile – gli sforzi e cercando di reperire sempre nuovi mezzi. Il volontariato laicale si sta rivelando una leva indispensabile e svolge realmente quel ruolo di sussidiazione che sul territorio consente di coprire falle improvvise ed emergenze croniche. La nostra Chiesa è mandata per l’annuncio del Vangelo e la formazione delle coscienze: per questo non si tira indietro. I suoi compiti hanno compimento nella carità, e si manifestano nella prossimità alle persone. Infatti, mette a disposizione una parte del tutto rilevante dei fondi dell’8xmille, e ulteriori mezzi vengono di continuo reperiti attraverso raccolte, offerte, recuperi da altre voci. In ogni Diocesi si sta moltiplicando l’abituale e noto impegno, e così fa la Caritas nazionale, insieme a quelle diocesane e parrocchiali. Ma non vogliamo né possiamo surrogare lo Stato e gli enti locali. Sperimentiamo che le nostre possibilità sono comunque limitate, e non sono certo sufficienti a coprire il bisogno emergente. Anche per questo sollecitiamo quanti operano sul territorio a mobilitarsi e, quando serve, a convergere per una migliore utilizzazione delle risorse e un potenziamento della rete di aiuto. Invitiamo ogni famiglia, per quanto affaticata, a non rinunciare alla carità, a non abbandonare quei gesti di offerta − per situazioni, come le missioni, solo apparentemente lontane − che tuttavia aiutano a vedere bene anche da vicino e puntare oltre la crisi. La Quaresima, che prenderà il via fra alcune settimane, per la nostra comunità ecclesiale sarà un tempo forte in cui, attraverso le opere che le sono tipiche (la preghiera, il digiuno e l’obolo), rafforzeremo la carità e affineremo spiritualmente la nostra speranza.

    7. Vorremmo assicurare che nell’essenzializzare le pretese commisurandole ai bisogni degli altri, la riscoperta del valore del sacrificio, della rinuncia, del bene che costa, non può che purificare la stessa cultura e renderla più aderente alla realtà della vita. Per questo riteniamo che l’attuale sia un’occasione anche per dare un taglio alla cultura dell’immagine come alla politica dell’effimero, e ciò che alimenta miti e illusioni. È giusto cioè che il Paese si scopra concentrato su ciò che costruisce e, scorgendo i suoi reggitori, i suoi magistrati, i suoi imprenditori protesi finalmente alle riforme indispensabili per svecchiare un apparato appesantito e farraginoso, possa in cuor suo andare fiero della sua classe dirigente. Se il Paese deve prendere atto di verità amare sotto il profilo dei conti, ha un diritto in più per conoscere la verità dei fatti senza distorsioni mediatiche, senza sospetti continui e polemiche alimentate ad arte. È preferibile infatti cercare di parlarsi anziché contrapporsi sistematicamente, nell’illusione di riservarsi la mossa più intelligente. Così è più vantaggioso riconoscere i meriti altrui anziché denigrarli per apparire più capaci.

    La scuola è stata negli ultimi mesi un argomento di confronto anche vivace, e in alcuni casi di polemiche anche vistose. Ma nulla è sprecato quando si vuole davvero il bene di questa istituzione nevralgica. Naturalmente non può non farci piacere che sui più recenti passi di riforma che sono stati compiuti si sia registrato un concorso di volontà, dopo che si erano create per questo le condizioni. Nel loro insieme, come nelle singole articolazioni, la scuola e l’università hanno diritto di attendersi dal Paese il meglio, in termini di premura morale, di attenzione vigile, di risorse concrete. Questo non significa indugiare dinanzi a storture, sprechi e inefficienze. Anzi, proprio perché non si possono sottrarre mezzi al comparto che più di altri dà sul futuro della comunità, bisogna evitare scelte inutilmente costose. Sì, tutta la scuola e tutti i giovani che in essa vivono, devono avvertire che la collettività nazionale simpatizza con loro, e per questo vi impegna docenti e dirigenti preparati, motivati ed esigenti.

    Su questo versante vorremmo che l’opinione pubblica sostasse per un istante dinanzi alla «pretesa» che, pure in un momento di difficoltà generali, osiamo avanzare circa la valorizzazione − nell’unico sistema scolastico nazionale − delle scuole cosiddette libere e parificate. Noi Vescovi non abbiamo un interesse partigiano su queste scuole, e neppure, quando ci capita di raccomandarle alle scelte di budget che doverosamente spettano alla politica, lo facciamo perchè un solo centesimo arrivi nelle nostre casse. La Chiesa non lucra sulla scuola, e per la verità ci rimette solamente; ma lo fa sempre con forte convinzione. Allo stesso modo, tutti i soggetti sociali devono sentirsi coinvolti fino a mettere del proprio per la formazione delle nuove generazioni. E tuttavia se si accetta che la pluralità delle esperienze, dei modelli, dei progetti sia − in un quadro di compatibilità accertato e via via controllato − un elemento che dall’interno della scuola la rinnova di continuo, allora ci permettiamo di segnalare che non la scuola libera deve elemosinare, ma la società e la politica sono chiamate responsabilmente a corrispondere per quanto loro possibile, e come i Paesi europei fanno da anni senza vecchi pregiudizi ideologici. Il rischio che si corre infatti è che passi l’idea di una Chiesa che chiede privilegi per sé, quando invece impegna del suo affinché una serie di esperienze resistano sul territorio, in risposta alla domanda del territorio stesso, come delle famiglie che vi vivono. Come Pastori non possiamo non preoccuparci se un territorio non può far fronte alla domanda di istruzione, e di istruzione libera, che viene dalla cittadinanza. Fin quando il personale ecclesiastico poteva in gran parte coprire le esigenze poste dall’insegnamento e dall’assistenza, si provvedeva e basta, senza quasi chiedere aiuti o integrazioni. Oggi, con l’indispensabile coinvolgimento del personale laico, qualificato e da retribuire dignitosamente sulla base dei parametri comuni, le nostre scuole sono allo stremo. E infine si decidono a chiedere qualcosa, che è comunque poco rispetto al molto, molto di più che quel loro servizio costerebbe se dovesse essere esplicato direttamente dallo Stato. Esempio preclaro di una sussidiarietà vantaggiosa per la collettività. Ecco perché siamo grati a quanti con abnegazione operano in queste scuole aperte a tutti gli italiani, senza discriminazioni; e siamo nel contempo grati al Papa che anche di recente ha voluto unire la sua voce alla nostra per dire che va favorita «quella effettiva uguaglianza tra scuole statali e scuole parificate», così da consentire «ai genitori opportuna libertà di scelta circa la scuola da frequentare» (cfr Discorso al Centro studi per la scuola cattolica della Cei, 25 settembre 2008). In altre parole, si tratta di dar compimento a quel sistema pubblico integrato che è scaturito da una legge importante approvata dal Parlamento nazionale nel marzo 2000. Aggiungo che nessuno si attende il tutto subito, ma almeno che non si torni indietro quando sono in ballo servizi tanto delicati, in particolare le scuole materne, per le quali l’offerta statale da sola sarebbe in ogni caso anche quantitativamente insufficiente. Per tali scuole hanno responsabilità anche le Regioni, cui parimenti ci rivolgiamo perché vogliano mantenere i loro impegni.

    8. Una società che chiede ai propri cittadini di corrispondere alle necessità comuni, e di farlo in misura accentuata nei momenti di prova, è una società che ha per questo un motivo in più per essere scrupolosamente attenta a dare tutte le garanzie sul fronte cruciale della bioetica e della biopolitica. E come in economia i parametri si misurano a partire dalle condizioni di chi sta peggio e non possiede nulla, così nel campo della bioetica come della biopolitica si garantiscono i diritti di tutti a partire dal rispetto dei diritti dei più indifesi. La logica comunitaria, se ci salva dall’individualismo economico, tanto più ci soccorre quando siamo tentati dal solipsismo esistenziale. «L’uomo − avverte il Papa − vuole farsi da solo e disporre sempre ed esclusivamente da solo ciò che lo riguarda: ma in questo modo vive contro la verità» (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2008). E quando la collettività asseconda e in qualche modo blinda sul versante normativo questa tentazione solitaria, con la scusa apparentemente nobile del rispetto della libertà di tutti, essa allora firma la sua resa, comunque la motivi o la mascheri.

    Si è avuto notizia in queste settimane che sarebbe imminente il via alla libera circolazione della pillola Ru486. L’argomento, lo capiamo bene, è dei più intimi: le persone, le donne in particolare, lo sentono come proprio. Per questo, come Vescovi, vorremmo appena sottovoce chiedere a quanti hanno responsabilità in questa scelta: siete sicuri di aver fatto gli approfondimenti necessari? Lasciamo pure da parte per un istante la considerazione su quel «puntino» misteriosamente ma anche scientificamente così gravido di vita che si vuole espellere, e che anche recentissimamente l’istruzione vaticana Dignitas personae riconosce dal primo momento quale embrione, con la dignità di persona (cfr n. 5). E proviamo a pensare per un altro instante alla persona che si avvicina al cosiddetto farmaco. Ci sono casi documentati di danni enormi, vitali, che l’assunzione di questa pillola ha causato in alcune situazioni nell’arco degli ultimi sedici anni. Esiste una letteratura scientifica al riguardo. Se ne è tenuto conto in maniera trasparente e non ideologica? O ancora una volta la motivazione che così si fa altrove, è argomento sufficiente per introdurre la novità anche da noi? Non sarà anche questa una «procedura» solo più agile, una semplificazione per le strutture sanitarie che così risparmiano su varie voci?

    Un altro tema è cruciale, quello di una legge sul fine vita, resasi necessaria a seguito di alcune decisioni della giurisprudenza. Anche qui l’enfasi posta sull’adeguarsi al trend altrui è un argomento che pare avere larga presa sui media, quasi che l’Italia abbia il complesso di esser in ritardo su un’altrui discutibile modernità. Con questa tecnica si sta cercando di far passare nella mentalità comune una pretesa nuova necessità, il diritto di morire, e si vorrebbe dare ad esso addirittura la copertura dell’art. 32 della Costituzione. Il vero diritto di ogni persona umana, che è necessario riaffermare e garantire, è invece il diritto alla vita che infatti è indisponibile. Viene dunque da domandarsi perché, in una situazione sociale e sanitaria globalmente evoluta come la nostra, con progressi continui, si dovrebbe preferire “ora per allora” di optare per la morte, quando peraltro è ben noto che persone in condizioni decisamente compromesse riescono tuttavia a sorridere e a godere di esserci, senza che in genere evochino precedenti risoluzioni di morire. Assicurati i trattamenti vitali, può avere senso la possibilità per l’ammalato di rifiutare pratiche di accanimento terapeutico, da ponderare nell’ambito del rapporto con il medico e fatta salva la responsabilità di quest’ultimo di decidere in scienza e coscienza. È in questo quadro necessario adoperarsi per un impiego largo e rasserenante della medicina palliativa, così da dare sicurezza al cittadino che non avrà un destino di dolore grave e incontrollabile. Come pure è urgente impegnarsi per una diffusione territoriale di strutture tipo hospice in grado di accompagnare le persone in coma irreversibile o in stato vegetativo, sollevando da carichi ardui le rispettive famiglie.

    Quando la Chiesa segnala che ogni essere umano ha valore in se stesso, anche se appare fragile agli occhi dell’altro (cfr Benedetto XVI, Discorso al Congresso del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, 15 novembre 2008), o che sono sempre sbagliate le decisioni contro la vita, comunque questa si presenti (cfr Benedetto XVI, Discorso all’ambasciatore del Lussemburgo, 18 dicembre 2008), vengono in realtà enunciati principi che sono di massima garanzia per qualunque individuo. Un motivo in più, questo, per esprimere la nostra piena solidarietà al confratello Cardinale Severino Poletto, sconsideratamente attaccato attraverso i media per aver ricordato quella che è una convinzione scientifica larghissimamente condivisa, e comunque una verità etica, ossia che togliere l’alimentazione e l’idratazione ad una persona, per di più ammalata, è determinarla verso un inaccettabile epilogo eutanasico. Ugualmente, il rispetto della legge naturale è garanzia contro manomissioni e soprusi su qualunque uomo o donna (cfr Benedetto XVI, Discorso alla Plenaria della Commissione Teologica Internazionale, 5 dicembre 2008). E per noi ha un significato profondo ricordare queste acquisizioni fondative in una stagione della storia in cui esiste ancora una parte di umanità che non vede riconosciuti i propri fondamentali diritti (cfr Benedetto XVI, Discorso per la solenne commemorazione del 6o° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, 10 dicembre 2008).

    Cari Confratelli, vi ringrazio per la generosa pazienza che avete fin qui riservato alle mie parole. L’ascolto si svilupperà ora nel dibattito che segue e nel programma che ci impegnerà oltre due giorni. È un dono che ci facciamo reciprocamente: è anche questo un modo attraverso il quale impariamo che cosa Dio vuole da noi (cfr Benedetto XVI, Saluto di congedo ai Padri sinodali, 26 ottobre 2008).

    Affidiamo noi e le nostre Chiese, anzi l’intera Chiesa italiana alla Vergine Maria, e invochiamo sui nostri lavori la protezione dei Santi patroni Francesco d’Assisi e Caterina da Siena.




  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.293
    Post: 91
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 29/01/2009 17:06
    CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLE INIZIATIVE DELLA SANTA SEDE ED ISTITUZIONI COLLEGATE PER L’ANNO DELL’ASTRONOMIA, NONCHÉ DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE SU GALILEO GALILEI (FIRENZE, 26-30 MAGGIO 2009)


    Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la conferenza stampa di presentazione delle iniziative della Santa Sede ed istituzioni collegate per l’anno dell’astronomia, nonché del Convegno internazionale su Galileo Galilei (Firenze, 26-30 maggio 2009).

    Intervengono: S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; il Rev.do P. José Gabriel Funes, S.I., Direttore della Specola Vaticana; S.E. Prof. Nicola Cabibbo, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze; il Prof. Paolo Rossi, Professore emerito di Storia della Scienza dell’Università degli Studi di Firenze, Accademia dei Lincei.

    Pubblichiamo di seguito la nota "La Santa Sede e l’Anno dell’Astronomia", la sintesi degli interventi del Rev.do P. José Gabriel Funes e del Prof. Paolo Rossi, nonché l’elenco cronologico delle iniziative:


    NOTA: LA SANTA SEDE E L’ANNO DELL’ASTRONOMIA

    L’Anno dell’Astronomia rappresenta per la Santa Sede un’importante occasione di approfondimento e di dialogo. Diversi dicasteri vaticani, a vario titolo e con diverso grado di coinvolgimento, sono all’origine di manifestazioni, iniziative, e progetti che hanno come oggetto l’astronomia e la figura di Galileo.

    Esiste un vincolo stretto tra la contemplazione del cielo stellato e la religione. In quasi tutte le culture e civiltà, l’osservazione del cielo è impregnata di un senso profondamente religioso. Nei movimenti dei pianeti e nell’ordinata rotazione della volta celeste gli uomini hanno cercato risposta ai loro più profondi interrogativi. Anche la Bibbia conserva le tracce di questa antica sapienza, che sottolinea la forza creativa di Dio, dalle prime pagine della Genesi all’adorazione dei Magi, passando per l’avventura personale di Abramo, che vedeva nelle stelle del cielo il pegno sicuro della promessa divina.

    Nella storia della Chiesa, l’astronomia ha avuto anche un ruolo privilegiato. Come parte del Quadrivium, le arti liberali che precedevano lo studio della filosofia e la teologia, l’astronomia fu introdotta nel curriculum ecclesiastico da Gerberto d’Aurillac, papa e astronomo, a cavallo dell’anno mille. Ma Silvestro II non è l’unico Papa che si è occupato di Astronomia: come ricordato da Benedetto XVI all’Angelus del 21 dicembre - solstizio d’inverno - anche Gregorio XIII, sostenitore della riforma del calendario che porta il suo nome, e papa S. Pio X, che sapeva fabbricare orologi solari, sono stati cultori di astronomia. A testimonianza di questo interesse, ci sono le meridiane nelle Chiese, una delle quali, ricordava sempre Benedetto XVI, è la stessa piazza san Pietro e, soprattutto, c’è l’Osservatorio Astronomico Vaticano, conosciuto come Specola Vaticana, erede dell’osservatorio del Collegio Romano, affidato alla Compagnia di Gesù. E sempre Papa Benedetto XVI, all’inizio dell’anno dell’astronomia, nella festività dell’Epifania ha ricordato il sorgere ai nostri tempi di una nuova visione cosmologica proprio "grazie alla passione e alla fede di non pochi scienziati, i quali - sulle orme di Galileo - non rinunciano né alla ragione né alla fede, anzi, le valorizzano entrambe fino in fondo, nella loro reciproca fecondità".

    L’anno dell’astronomia, indetto dalle Nazioni Unite per commemorare i 400 anni delle prime scoperte astronomiche, vede Galileo come protagonista. Galileo è stato il primo uomo che ha puntato un telescopio verso il cielo, provando un senso di meraviglia nuova. Egli ha aperto per l’umanità un mondo finora poco sconosciuto, allargando i confini della nostra conoscenza e costringendoci a rileggere il libro della natura sotto una nuova luce. La Chiesa desidera, dunque, onorare la figura di Galileo, geniale innovatore e figlio della Chiesa.

    I tempi sono ormai maturi per una nuova considerazione della figura di Galileo e dell’intero Caso Galilei. Va ricordato però che la Chiesa vive quest’anno dell’astronomia con la consapevolezza di aver già compiuto in proposito un lungo cammino di riflessione. Già il Concilio Vaticano II, in esplicito riferimento a Galileo, aveva deplorato "certi atteggiamenti mentali, che talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza" (Gaudium et spes, 36). Posteriormente, Giovanni Paolo II istituì nel 1981 una Commissione per riesaminare a fondo il Caso Galileo e rimuovere gli ostacoli che questo caso poneva per un sereno confronto tra la scienza e la fede. La Commissione, guidata nella sua ultima tappa dal Cardinale Paul Poupard, ebbe il coraggio di riconoscere gli errori dei giudici di Galileo, i quali, "incapaci di dissociare la fede da una cosmologia millenaria, credettero, indubbiamente a torto, che l’accettazione della rivoluzione copernicana, peraltro non ancora definitivamente provata, fosse di natura tale da far vacillare la tradizione cattolica e che, pertanto, fosse loro dovere proibirne l’insegnamento". Questo "errore soggettivo di giudizio", a causa del quale Galileo ebbe molto a soffrire, fu riconosciuto senza mezzi termini nella Seduta Pubblica davanti al Corpo Diplomatico e ai Membri della Pontificia Accademia delle Scienze.

    Oggi, in un clima più sereno, possiamo finalmente guardare alla figura di Galileo e riconoscervi il credente che tentò, nel contesto del suo tempo, di conciliare i risultati delle sue ricerche scientifiche con i contenuti della fede cristiana. Per questo, Galileo merita tutto il nostro apprezzamento e la nostra gratitudine.



    SINTESI DEL REV.DO P. JOSÉ GABRIEL FUNES, S.I.

    We are all born astronomers

    The International Year of Astronomy 2009 marks the 400th anniversary of Galileo Galilei’s first astronomical observation through a telescope. It is a worldwide celebration, promoting astronomy and its contribution to society and culture, with events at regional, national, and global levels.

    One of the goals of this year is to help the citizens of the world rediscover their place in the Universe. For centuries humankind has asked where we are, and where we come from. Through the observation of the sky people can engage in a personal sense of wonder and discovery. In order to achieve this goal the preservation and protection of dark skies is absolutely needed.

    This year is also a great opportunity to communicate to the general public what we know and what we don’t know yet about the universe.

    During the Angelus on 21 December, the Holy Father had very encouraging words for those who will be taking part in various capacities in the initiatives for the International Year of Astronomy 2009. On the feast of the Epiphany Benedict XVI reminded us that in our day, thanks to the enthusiasm and faith of many scientists who, following in Galileo's footsteps, renounce neither reason nor faith, it is possible to develop both in their reciprocal fruitfulness. This is what we try to do and live at the Vatican Observatory.



    SINTESI DEL PROF. PAOLO ROSSI

    Gli storici hanno una incancellabile tendenza: quella di considerare aperte tutte le questioni e di continuare a discutere e a diversamente interpretare. È esistito un solo Descartes, ma nella cultura di oggi circolano molti Descartes, abbastanza diversi l’uno dall’altro. Ci sono, nella storiografia, anche (e non poche) questioni "scottanti". Il "caso Galileo" è certamente una di queste. Il congresso che si svolgerà a Firenze tra il 26 e il 30 maggio del 2009 (a 400 anni di distanza dalle grandi scoperte astronomiche che stanno all’inizio della Rivoluzione Scientifica) affronta, con un’ampiezza finora intentata, tutti i temi essenziali: la condanna della dottrina di Copernico nel 1616 e il processo a Galileo del 1633; la genesi del "caso Galilei" nell’Italia, Francia e Inghilterra del Seicento; la storia di quel caso prima nell’Illuminismo e poi nell’Ottocento (nell’età del positivismo e del Risorgimento) e infine nel Novecento, fino a questi nostri giorni. Ritengo che i quattro insigni studiosi che tireranno le fila del convegno avranno a disposizione non poco nuovo materiale perché tutte le ventisette relazioni sono state affidate a studiosi che hanno dato contributi unanimemente riconosciuti come importanti e significativi.



    ELENCO CRONOLOGICO DELLE INIZIATIVE PROMOSSE IN OCCASIONE DELL’ANNO DELL’ASTRONOMIA IN CUI SONO COINVOLTI A DIVERSO TITOLO ORGANISMI E ISTITUZIONI DELLA SANTA SEDE

    26 febbraio 2009

    Convegno di studi: "1609-2009. 400 anni dal ‘Sidereus Nuncius’ di Galilei". Convegno organizzato dalla Pontificia Università Lateranense, presso la sede dell’ateneo pontificio, con Presentazione della Nuova Edizione della Traduzione Italiana del ‘Sidereus Nuncius’ a cura del Professor Pietro Giustini (In memoriam) con bibliografia aggiornata sulla Questione Galileiana.

    26 - 30 maggio 2009

    Convegno internazionale di studi "Il caso Galileo. Una rilettura storica, filosofica, teologica", organizzato dall’Istituto Stensen dei gesuiti di Firenze diretto da Padre Ennio Brovedani, ideatore dell’iniziativa. Il Pontificio Consiglio della Cultura, la Pontificia Accademia delle Scienze e la Specola Vaticana sono nel Comitato istituzionale del convegno che si svolgerà nel capoluogo toscano.

    21 - 26 giugno 2009

    Corso superiore di studi estivo, "Astronomy: A Common Ground for Sharing Humanity’s Concerns", presso l’Istituto "Il Carmelo", Sassone, Ciampino (Roma). Convegno per ex-alunni e professori delle undici Scuole estive tenute alla Specola Vaticana dal 1986 ad oggi, organizzato dalla stessa Specola.

    Settembre - ottobre 2009

    "Galileo 2009, Fascino e travaglio di un nuovo sguardo sul mondo. A 400 anni dalle prime osservazioni con il cannocchiale". Mostra curata dall’associazione Euresis, promossa dal Meeting per l'Amicizia fra i Popoli e col patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura. Sarà allestita a fine settembre per tutto ottobre in Vaticano e avrà un’anteprima durante il Meeting per l'Amicizia fra i Popoli di Rimini, dal 23 al 30 agosto 2009. L’esposizione sarà focalizzata sulle prime osservazioni di Galileo col cannocchiale, illustrando gli avvenimenti, le intuizioni geniali, le relazioni umane, le motivazioni profonde dello scienziato. Attraverso l’esposizione di documenti storici, modelli e simulazioni, si intende suscitare nel visitatore una immedesimazione con ciò che Galileo ha effettivamente visto, con le sue reazioni e con quelle di chi lo circondava; nella prospettiva di comprendere meglio gli sviluppi che ne sono seguiti.

    18 - 23 ottobre 2009

    "The Inspiration of Astronomical Phenomena", VI Convegno Internazionale dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, organizzato in collaborazione con il Dipartimento di Astronomia dell'Università di Padova e l'Osservatorio Astronomico di Padova. A quattrocento anni dal primo utilizzo astronomico del telescopio di Galileo, il Convegno, che si svolgerà a Venezia, intende indagare il fascino esercitato sull’uomo dal cielo, elemento spesso dominante, nella vita e nella cultura umana. Sarà occasione di incontro per studiosi delle più svariate discipline e artisti che presenteranno e discuteranno contributi dedicati alle influenze e alle ispirazioni esercitate dai fenomeni atmosferici. La Specola Vaticana è co-sponsor di questo convegno.

    15 ottobre 2009 - 5 gennaio 2010

    Mostra "Astrum 2009: Il patrimonio storico dell'astronomia italiana da Galileo ad oggi", dedicata al materiale storico degli osservatori astronomici italiani e vaticani organizzata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) con i Musei Vaticani e la Specola Vaticana presso gli stessi Musei Vaticani. Si prevede l'esposizione di strumenti, libri e carte d'archivio di particolare interesse storico, provenienti da collezioni INAF. La mostra sarà inoltre arricchita da alcuni pezzi appartenenti alla Specola Vaticana ed ai Musei Vaticani, nonché da alcuni prestiti esterni che vanno a completare il percorso espositivo, tra cui il prezioso manoscritto del ‘Sidereus Nuncius’ di Galileo conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.

    Novembre 2009

    Congresso Internazionale: "1609-2009. Dalla nascita dell'Astrofisica alla Cosmologia Evolutiva. Scienza, filosofia e teologia a confronto", organizzato dalla Pontificia Università Lateranense.

    6 - 11 novembre 2009

    "Study Week on Astrobiology". Una Settimana di Studi dedicata all’Astrobiologia organizzata dalla Pontificia Accademia delle Scienze in collaborazione con la Specola Vaticana che si terrà presso la stessa Pontificia Accademia in Vaticano.

    * * *

    È in corso un progetto di riedizione integrale delle carte del processo di Galileo a cura dell’Archivio Segreto Vaticano, che dovrebbe essere pubblicato entro la fine del 2009.

    * * *

    Inoltre, il Servizio Nazionale per il Progetto Culturale promosso dalla Chiesa Italiana, attraverso il portale www.disf.org (Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede), dedicherà una particolare attenzione all’Anno dell’Astronomia, pubblicando ogni mese documenti, testi, idee per approfondire e orientare in senso cristiano il dibattito tra fede e scienza.

    ****

    Informazioni:

    Pontificio Consiglio della Cultura:

    cultura@cultura.va

    tel: 06 698 93 811; fax 06 698 87368

    Specola Vaticana:

    staff@specola.va

    tel: 06 698 85266; fax: 06 698 84671

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.309
    Post: 99
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 30/01/2009 16:54
    CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLE INIZIATIVE PER CELEBRARE L’80° ANNIVERSARIO DELLA FIRMA DEI PATTI LATERANENSI (11 FEBBRAIO 1929), CHE HANNO SEGNATO LA NASCITA DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO

    Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione delle iniziative per celebrare l’80° anniversario della firma dei Patti Lateranensi (11 febbraio 1929), che hanno segnato la nascita dello Stato della Città del Vaticano.

    Intervengono: l’Em.mo Card. Giovanni Lajolo, Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; S.E. Mons. Renato Boccardo, Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; la Dott.ssa Barbara Jatta, Responsabile del Gabinetto delle Stampe e Disegni della Biblioteca Apostolica Vaticana; il Dott. Giancarlo Cremonesi, Presidente di ACEA Spa, Main sponsor delle celebrazioni.

    Pubblichiamo di seguito l’intervento del Cardinale Giovanni Lajolo:


    INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. GIOVANNI LAJOLO

    Saluto cordialmente, insieme ai Responsabili della Sala Stampa, tutti i giornalisti accreditati presso di essa e qui convenuti.

    Lo scopo di questo incontro è di presentare le iniziative del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano in occasione dell’80° anniversario della fondazione di questo piccolo, ma non insignificante Stato.

    Le iniziative che si sono decise sono sostanzialmente tre.

    1. La Mostra che avrà luogo nel Braccio di Carlo Magno dall’11 febbraio al 10 maggio 2009, dal titolo "1929-2009 – Ottanta anni dello Stato della Città del Vaticano".

    Per prepararla è stata costituita una Commissione scientifica presieduta da S.E. Mons. Renato Boccardo, Segretario del Governatorato, il quale si è anche fatto carico di tutti i contatti necessari. Della Commissione erano membri le seguenti persone:

    Mons. ANTONIO FILIPAZZI

    Segreteria di Stato

    Mons. CESARE PASINI

    Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana

    Dott. LUCA CARBONI

    Segretario dell'Archivio Segreto Vaticano

    Dott. CLAUDIO CERESA

    Consigliere dello Stato della Città del Vaticano

    Dott. ANTONIO PAOLUCCI

    Direttore dei Musei Vaticani

    Dott. PIER CARLO CUSCIANNA

    Direttore dei Servizi Tecnici

    Dott. SAVERIO PETRILLO

    Direttore delle Ville Pontificie

    Dott. GIANCARLO ALTERI

    Direttore del Dipartimento Numismatico della Biblioteca Apostolica Vaticana

    Dott. GIOVANNI MARIA VIAN

    Direttore de L'Osservatore Romano

    Dott. ARNOLD NESSELRATH

    Delegato del Direttore dei Musei Vaticani

    Avv. GIANLUIGI MARRONE

    Giudice Unico dello Stato della Città del Vaticano

    Dott. GIOVANNI MORELLO

    Presidente di Artifex

    Segretario

    Sig. EUGENIO HASLER

    Uffici di Presidenza del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

    La Mostra si articola in 5 sezioni:

    - Prima Sezione: il Vaticano prima del 1929; si presenta l’immagine del Vaticano nei secoli.

    - Seconda Sezione: dedicata a Pio XI, Achille Ratti, l’artefice della Conciliazione ed il grande costruttore delle strutture giuridiche ed architettoniche del nuovo Stato.

    - Terza Sezione: si riferisce agli stessi Patti Lateranensi, cioè al Trattato ed al Concordato, firmati il 12 febbraio 1929 nel Palazzo del Laterano.

    - Quarta Sezione: illustra la costruzione dello Stato, cioè i progetti e le realizzazioni dei nuovi edifici.

    - Quinta Sezione: è dedicata ai sei Pontefici succeduti a Pio XI, ciascuno dei quali ha lasciato la sua impronta.

    Su alcuni oggetti esposti, di particolare interesse, parleranno S.E. Mons. Boccardo e la Dott.ssa Barbara Jatta, Assistente della Biblioteca Apostolica Vaticana.

    2. Non meno significativa è la seconda iniziativa, ovvero il Convegno di studi nell’80° anniversario della fondazione dello Stato, che avrà luogo nei giorni 12-14 febbraio, con il titolo "Un piccolo territorio per una grande missione". Esso si articola in tre giorni, ed avrà luogo in due diversi significativi luoghi:

    - giovedì 12 febbraio, nell’Aula della Conciliazione al Palazzo del Laterano, dove l’11 febbraio 1929 vennero firmati i Patti Lateranensi, il primo dei quali è il Trattato.

    - venerdì 13 e sabato 14 febbraio, nell’Aula Nuova del Sinodo dei Vescovi.

    Le relazioni daranno una specie di radiografia del corpo e della storia dello Stato della Città del Vaticano. Esse sono affidate a personalità di primo piano della cultura.

    I lavori saranno introdotti da S. Em.za il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, e si concluderanno con una tavola rotonda, presieduta da S. Em.za il Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, con la partecipazione di S. Em.za il Card. Achille Silvestrini, Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, dell’On. Franco Frattini, Ministro degli Affari Esteri d’Italia, di M. Abdou Diouf, Secrétaire Général de la Francofonie, già Presidente del Senegal, di M. Michel Camdessus, Governatore onorario della Banca di Francia, già Presidente del Fondo Monetario Internazionale, e del Dott. Arrigo Levi, noto pubblicista, Consigliere del Presidente della Repubblica Italiana.

    Sabato 14 febbraio, alle ore 12, il Santo Padre riceverà in Udienza tutti i partecipanti al Convegno.

    Ritengo che questo convegno sarà di notevole interesse sia per i temi trattati, sia per le personalità che vi prenderanno parte. Gli atti del Convegno saranno pubblicati successivamente in un libro.

    3. La terza iniziativa è il Concerto dell’80°, che si terrà nell’Aula Paolo VI alle ore 17.00. La Our Lady’s Choral Society della Cattedrale di Dublino e la RTE Concert Orchestra di Dublino eseguiranno l’oratorio di G. F. Haendel "Il Messia", grandiosa meditazione sulla vita di Cristo, eseguito per la prima volta a Dublino il 13 aprile 1742.

    Lascio ora la parola a S.E. Mons. Boccardo, Segretario del Governatorato, e quindi alla Dott.ssa Jatta, che fornirà una introduzione in anteprima (per così dire) alla Mostra nel Braccio di Carlo Magno, per la cui concezione e preparazione essa è stata "magna pars" – (e non si dica … che le donne in Vaticano non sono valorizzate!) -. La Dott.ssa Jatta ha curato anche un catalogo della Mostra, edito dalla Biblioteca Apostolica Vaticana per la stampa della Tipografia Vaticana. È un pregevole volume, che, ritengo, sarà molto apprezzato.

    Desidero infine porgere un vivissimo ringraziamento, a nome del Governatorato e mio personale, alla Società ACEA, nella persona del Presidente Dott. Giancarlo Cremonesi, dell’Amministratore Delegato Dott. Andrea Mangoni, del Presidente Acea Distribuzione S.p.A, Dott. Massimiliano Salvi, e altri Dirigenti che questa mattina sono tra noi.

    Confermando una ormai lunga e feconda tradizione di amicizia e collaborazione con la Città del Vaticano, ACEA ha voluto generosamente assumersi il ruolo di main sponsor delle iniziative che oggi presentiamo.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.327
    Post: 107
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 31/01/2009 15:54
    COMUNICATO: SECONDA RIUNIONE DEL XII CONSIGLIO ORDINARIO DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

    Nel corso della fase finale della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, celebrata dal 5 al 26 ottobre 2008 sul tema La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, i Padri Sinodali elessero 12 Membri del XII Consiglio Ordinario della Segreteria Generale, ai quali il Santo Padre Benedetto XVI, di propria nomina, ne aggiunse altri tre, portando così al numero canonico di 15 i componenti del Consiglio stesso, come previsto dall’Ordo Synodi Episcoporum. Essi rappresentano le Chiese diffuse in tutti i cinque continenti.

    Subito dopo la loro elezione si svolse una prima riunione per favorire la conoscenza reciproca e per fissare una data utile per un incontro di lavoro in vista degli adempimenti postsinodali.

    La seconda riunione è avvenuta nei giorni 20 e 21 gennaio 2009 nella sede della Segreteria Generale con la presenza dei seguenti Membri: Eminentissimi Cardinali Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (Città del Vaticano); Francis Eugene George, O.M.I., Arcivescovo di Chicago, Presidente della Conferenza Episcopale (Stati Uniti d'America); Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, S.D.B., Arcivescovo di Tegucigalpa, Presidente della Conferenza Episcopale (Honduras); Marc Ouellet, P.S.S., Arcivescovo di Québec (Canada); Joseph Zen Ze-kiun, S.D.B., Vescovo di Hong Kong (Cina Continentale); Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo di São Paulo (Brasile); Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani (Città del Vaticano); Eccellentissimi Monsignori Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo); Thomas Menamparampil, S.D.B., Arcivescovo di Guwahati (India); Diarmuid Martin, Arcivescovo di Dublin (Irlanda); Mark Benedict Coleridge, Arcivescovo di Canberra and Goulburn (Australia); Gianfranco Ravasi, Arcivescovo titolare di Villamagna di Proconsolare, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (Città del Vaticano); Florentin Crihalmeanu, Vescovo di Cluj-Gherla, Claudiopoli-Armenopoli dei Romeni (Romania); Luis Antonio G. Tagle, Vescovo di Imus (Filippine).

    Per impegni in sede, non ha potuto prendere parte ai lavori Sua Eminenza il Signor Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (Ghana), Presidente dell'Associazione delle Conferenze Episcopali dell'Africa Occidentale (A.C.E.A.O.).

    L'ordine del giorno comprendeva vari argomenti, che hanno impegnato i Membri del Consiglio per i due giorni interi e hanno offerto l'opportunità di procedere ad un esame prolungato delle diverse questioni: analisi delle Proposizioni del Sinodo con le richieste e i compiti che ne derivano, prospettive di lavoro nel prossimo futuro, in attesa del Documento pontificio postsinodale.

    Il Segretario Generale, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Nikola Eterović, ha introdotto i lavori salutando i presenti, soprattutto i Membri che per la prima volta partecipavano ad una riunione consiliare, e illustrando i compiti principali del Consiglio stesso nel piano generale di collaborazione qualificata con il Santo Padre, per quanto attiene all’Assemblea già celebrata e quella futura.

    Egli ha poi ricordato che il frutto di tutto il processo sinodale sarà accolto ed elaborato in un documento pontificio. Alla redazione di tale testo il Consiglio partecipa attivamente attraverso una riflessione organica ed approfondita dei vari contributi provenienti dall’Assemblea stessa e, in particolare, dalle Proposizioni approvate dai Padri Sinodali.

    Nel medesimo quadro di cooperazione collegiale con il Santo Padre e per studiare meglio il contributo dell 'ultima Assemblea Sinodale, gli Em.mi ed Ecc.mi Membri del Consiglio hanno riferito sugli echi, alquanto positivi, dell' Assise sinodale sulla Parola di Dio. In seguito hanno riflettuto in due gruppi di lavoro, di lingua inglese e italiana, sulle Proposizioni della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, cercando anche di comporle in una bozza di schema generale.

    Verso il termine dei lavori è stata fissata per i giorni 3-4 giugno 2009 la data della prossima riunione.

    Il senso di intensa comunione collegiale del Consiglio è stato rafforzato dalla presenza della quasi totalità dei Membri, dalla preghiera e da una singolare convergenza di proposte e osservazioni, che ha contrassegnato i lavori incentrati principalmente sulla Parola di Dio, che, letta sotto la guida dello Spirito Santo, nella tradizione viva della Chiesa, non mancherà di favorire un rinnovamento ecclesiale come pure di dare un ulteriore slancio alla missione della Chiesa nel mondo contemporaneo.

  • OFFLINE
    Paparatzifan
    Post: 11.003
    Post: 252
    Registrato il: 17/06/2005
    Registrato il: 18/01/2009
    Administratore Unico
    Utente Junior
    00 01/02/2009 17:41
    Protocollo d’accordo tra Mons. Lefèbvre e il Card. Ratzinger del 5 maggio 1988

    Protocollo fissato nel corso della riunione tenutasi a Roma il 4 maggio 1988 tra S. Em. il Cardinale Joseph Ratzinger e S. Ecc. Mons. Marcel Lefèbvre, e firmato dai due prelati il 5 maggio 1988.

    I - Testo della dichiarazione dottrinale

    Io, Marcel Lefèbvre, arcivescovo e vescovo emerito di Tulle, insieme con i membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X da me fondata:

    1) promettiamo di essere sempre fedeli alla Chiesa cattolica e al romano Pontefice, suo Pastore Supremo, Vicario di Cristo,
    Successore del Beato Pietro nel suo primato e Capo del corpo dei vescovi.

    2) Dichiariamo di accettare la dottrina contenuta nel n° 25 della Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano
    II sul Magistero ecclesiastico e sull’adesione che gli è dovuta.

    3) A proposito di certi punti insegnati dal Concilio Vaticano II o relativi alle riforme posteriori della liturgia e del diritto, che ci sembrano difficilmente conciliabili con la Tradizione, ci impegniamo ad assumere un atteggiamento positivo e di comunicazione con la Sede Apostolica, evitando ogni polemica.

    4) Dichiariamo inoltre di riconoscere la validità del Sacrificio della messa e dei sacramenti celebrati con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa e secondo i riti indicati nelle edizioni tipiche del messale romano e dei rituali dei sacramenti promulgati dai Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II.

    5) Infine promettiamo di rispettare la disciplina comune della Chiesa e le leggi ecclesiastiche, specialmente quelle contenute nel Codice di Diritto Canonico promulgato dal Papa Giovanni Paolo II, fatta salva la disciplina speciale concessa alla Fraternità con legge particolare.

    II - Questioni giuridiche

    Tenuto conto del fatto che la Fraternità Sacerdotale San Pio X è stata concepita da 18 anni come una società di vita in comune, e tenuto conto delle proposizioni formulate da S. Ecc. Mons. M. Lefèbvre e delle conclusioni della Visita Apostolica effettuata da S. Em. il cardinale Gagnon, la figura canonica piú adatta è quella di una Società di vita apostolica.

    1 - Società di vita apostolica

    Si tratta di una soluzione canonicamente possibile, col vantaggio di poter inserire eventualmente nella Società clericale di vita apostolica anche dei laici (per esempio dei Fratelli coadiutori).
    Secondo il Codice di Diritto Canonico promulgato nel 1983, canoni 731-746, questa Società gode di piena autonomia, può formare i suoi membri, può incardinare dei chierici, e assicura la vita in comune dei suoi membri.
    Nei propri statuti, con flessibilità e possibilità inventiva in rapporto ai modelli conosciuti di queste Società di vita apostolica, si prevede una certa esenzione in relazione ai vescovi diocesani (cf. can. 591) per ciò che riguarda il culto pubblico, la “cura animarum” e le altre attività apostoliche, tenuto conto dei canoni 679-683. Quanto alla giurisdizione nei confronti dei fedeli che si rivolgono ai preti della Fraternità, essa sarà conferita a costoro sia dagli Ordinari dei luoghi, sia dalla Sede apostolica.

    2 - Commissione romana

    Verrà istituita, a cura della Santa Sede, una commissione per coordinare i rapporti tra i diversi dicasteri e i vescovi diocesani, nonché per risolvere gli eventuali problemi e i contenziosi; questa commissione sarà provvista delle facoltà necessarie a trattare le questioni indicate (per esempio l’instaurazione, a domanda dei fedeli, di un luogo di culto là dove non vi sono case della Fraternità, “ad mentem” can. 383, § 2).
    Questa commissione sarà composta da un Presidente, da un Vice Presidente e da cinque membri, di cui due della Fraternità.
    Essa avrà inoltre la funzione di vigilanza e d’appoggio per consolidare l’opera di riconciliazione e regolare le questioni relative alle comunità religiose che hanno un legame giuridico o morale con la Fraternità.

    3 - Condizioni delle persone legate alla Fraternità

    3.1 - I membri della Società clericale di vita apostolica (preti e fratelli coadiutori laici), sono retti dagli statuti della Società di diritto pontificio.

    3.2 - Gli oblati e le oblate, con o senza voti privati, e i membri del terz’ordine legati alla Fraternità, appartengono ad una associazione di fedeli legati alla Fraternità secondo i termini del canone 303, e collaborano con essa.

    3.3 - Le Suore (e cioè la congregazione fondata da Mons. Lefèbvre) che fanno dei voti pubblici, costituiscono un vero istituto di vita consacrata, con la sua struttura e la sua propria autonomia, anche se si può prevedere una certa forma di legame per l’unità spirituale con il superiore della Fraternità. Questa congregazione - almeno all’inizio - dipenderà dalla commissione romana, invece che dalla Congregazione per i religiosi.

    3.4 - Per i membri delle comunità viventi secondo la regola dei diversi istituti religiosi (Carmelitani, Benedettini, Domenicani, ecc.) che sono legati moralmente alla Fraternità, è opportuno che si accordi loro, caso per caso, un particolare statuto che regoli i loro rapporti con i loro Ordini rispettivi.

    3.5 - I preti che, a titolo individuale, sono legati moralmente alla Fraternità, riceveranno uno statuto personale, tenuto conto delle loro aspirazioni e al tempo stesso degli obblighi derivanti dalla loro incardinazione. Gli altri casi particolari dello stesso genere saranno esaminati e risolti dalla commissione romana.

    Per quanto riguarda i laici che chiedono l’assistenza pastorale alle comunità della Fraternità, essi rimarranno sottoposti alla giurisdizione del vescovo diocesano, ma - in particolare, in ragione dei riti liturgici delle comunità della Fraternità, essi possono indirizzarsi a queste comunità per l’amministrazione dei sacramenti (per i sacramenti del battesimo, cresima e matrimonio continueranno ad essere necessarie le notificazioni in uso nelle rispettive parrocchie; e i Cann. 878, 896 e 1122).

    Nota: È il caso di considerare la particolare complessità:

    1) della questione della ricezione dei sacramenti del battesimo, della cresima e del matrimonio, da parte dei laici presso le comunità della Fraternità;

    2) della questione delle comunità che praticano - senza appartenervi, la regola di questo o di quell’istituto religioso;

    Sarà compito della commissione romana risolvere questi problemi.

    4 - Ordinazioni

    Per le ordinazioni occorre distinguere due fasi:

    4.1 - Nell’immediato: per le ordinazioni previste a breve scadenza, sarà autorizzato a conferirle Mons. Lefèbvre o, se impossibilitato, un vescovo da lui accettato.

    4.2 - Una volta eretta la Società di vita apostolica

    4.2.1 - Fintanto che è possibile, e a giudizio del superiore generale, si seguirà la via normale: lettera dimissoria ad un vescovo che accetta di ordinare i membri della Società;

    4.2.2 - In ragione della situazione particolare della Fraternità (cf. infra), ordinazione di un vescovo membro della Fraternità, il quale, tra gli altri incarichi, avrà quello di procedere alle ordinazioni.

    5 - Problema del vescovo

    5.1 - A livello dottrinale (ecclesiologico), la garanzia di stabilità, di mantenimento in vita e di attività della Fraternità viene assicurata con la sua erezione in Società di vita apostolica di diritto pontificio, e con l’approvazione dei suoi Statuti da parte del Santo Padre.

    5.2 - Ma, per le ragioni pratiche e psicologiche, si ritiene utile la consacrazione di un vescovo membro della Fraternità.
    In questo senso, nel quadro della soluzione dottrinale e canonica della riconciliazione, noi suggeriamo al Santo Padre di nominare un vescovo scelto in seno alla Fraternità, su presentazione di Mons. Lefèbvre. In base al principio enunciato prima (5.1), questo vescovo non è ordinariamente il Superiore generale della Fraternità; ma sembra opportuno che sia membro della commissione romana.

    6 - Problemi particolari

    - Rimozione della sospensione a divinis di Mons. Lefèbvre e dispensa per le irregolarità sopraggiunte in seguito alle ordinazioni.

    - Previsione di una “amnistia” e di un accordo per le case e i luoghi di culto della Fraternità, erette - o utilizzate - fino ad oggi senza autorizzazione dei vescovi.


    Papa Ratzi Superstar









    "CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
  • OFFLINE
    Paparatzifan
    Post: 11.004
    Post: 253
    Registrato il: 17/06/2005
    Registrato il: 18/01/2009
    Administratore Unico
    Utente Junior
    00 01/02/2009 17:44
    Pontificia Commissione " Ecclesia Dei "

    Decreto n° 118/2006

    Nostro Signore Gesù Cristo è realmente il Pastore e il vescovo delle nostre ànime, l’apostolo Pietro l’insegna nella sua Prima Lettera (I Pt 2, 25).
    Nello stesso passo egli esorta i fedeli a seguire le tracce del Pastore.
    È evidente che questa esortazione dell’Apostolo dev’essere seguita da tutti i cristiani. Ma essa riguarda in primo luogo coloro che sono stati chiamati ad esercitare nella Chiesa un incarico pastorale, e cioè i vescovi stessi e i loro cooperatori preti e diaconi, per i quali Cristo, il Buon Pastore che dona la sua vita per le sue pecore, è l’esempio manifesto della vita e del ministero apostolico.

    In un certo numero di diocesi in Francia, i fedeli legati alle precedenti forme liturgiche del rito romano, mancano di pastori disponibili, in grado di apportare ai vescovi un aiuto efficace nella cura pastorale di questi fedeli.
    Recentemente, nell’arcidiocesi di Bordeaux, è apparso un gruppo composto da alcuni preti, sotto il patronato del Buon Pastore. I membri di questo gruppo si sforzano di aiutare Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Jean-Pierre Ricard nel lavoro parrocchiale, innanzi tutto nei confronti dei fedeli che vogliono celebrare l’antica liturgia romana.
    Lo stesso arcivescovo, convinto della grande utilità di questi cooperatori, ha ricevuto questa comunità nella sua diocesi, affidandole la chiesa di Saint-Éloi, posta nella sua città episcopale, con la cura pastorale dei suoi fedeli.

    Visto che questo Istituto vuole offrire anche agli altri vescovi che lo desiderino il suo servizio pastorale, questa comunità, nelle particolari circostanze del momento, ha chiesto umilmente aiuto e sostegno alla Sede Apostolica.

    Avendo soppesato tutti questi elementi, la Pontifica Commissione " Ecclesia Dei ", ricevendo con benevolenza questa richiesta e con l’aiuto del soccorso di Dio, in virtù delle facoltà che le sono state attribuite dal Sovrano Pontefice Benedetto XVI, dopo aver informato il Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, erige come Società di Vita Apostolica di diritto pontificio, nella città di Bordeaux, e più esattamente nella chiesa di Saint-Éloi: l’Istituto del Buon Pastore.

    In tal modo, la Commissione approva per cinque anni, ad experimentum, le costituzioni di detto Istituto, così come riportate nel testo annesso a questo decreto.

    Infine, ai membri di questo Istituto, questa Commissione conferisce il diritto di celebrare la liturgia sacra utilizzando propriamente come loro proprio rito i libri liturgici in vigore nel 1962, e cioè il Messale Romano, il Rituale Romano, e il Pontificale Romano per il conferimento degli Ordini, nonché il diritto di recitare l’Ufficio Divino secondo il Breviario Romano edito nella stesso anno.

    In ultimo, la Commissione nomina il reverendo don Philippe Laguérie primo Superiore di questo Istituto.

    Nulla ostando.

    Dalla sede della Pontificia Commissione " Ecclesia Dei "
    Nella Festa della Natività della Beata Vergine Maria, 8 settembre 2006.

    Dario Cardinale Castrillon Hoyos
    Presidente

    Camille Perl
    Segretario

    [Modificato da Paparatzifan 01/02/2009 17:54]
    Papa Ratzi Superstar









    "CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.377
    Post: 136
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 03/02/2009 16:38
    CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA QUARESIMA 2009


    Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2009 sul tema "Gesù, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame" (Mt 4, 2).

    Intervengono: l’Em.mo Card. Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum"; Mons. Karel Kasteel, Segretario del Pontificio Consiglio "Cor Unum"; Mons. Giampietro Dal Toso, Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio; la Sig.ra Josette Sheeran, Direttore Esecutivo del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP).

    Pubblichiamo di seguito l’intervento della Sig.ra Josette Sheeran e del Cardinale Paul Josef Cordes:


    INTERVENTO DELLA SIG.RA JOSETTE SHEERAN

    Testo in lingua originale

    Traduzione italiana

    Testo in lingua originale

    I would like to offer profound thanks to His Holiness Pope Benedict XVI for inviting the World Food Programme to participate in this special event. We very much appreciate the Holy Father’s support for the work we do. And thank you Cardinal Cordes, and the Pontifical Council Cor Unum for your assistance.

    By drawing our attention to voluntary fasting, as His Holiness encourages us to do this Lent, we can be helped to remember that hunger is on the march worldwide. Serving the hungry is a moral call that unites people of all faiths. Every major religion urges their believers to be a Good Samaritan and to choose to help others. The Prophet Isaiah says: "And if you give yourself to the hungry and satisfy the desire of the afflicted, then your light will rise in darkness and your gloom will become like midday" (58:10).

    I would like to assure each and every one of you that when it comes to hunger, you can make a difference. Feeding the hungry is a profound act of love, and restores dignity to a mother or father who cannot provide for their starving child. Mahatma Ghandi said that to a hungry man, a piece of bread is the face of God. Let us believe in the miracle of a world without hunger. Does not the heart of Christ encompass such a noble vision among the faithful?

    And it is an achievable goal. We could cut hunger among school children virtually overnight if enough people came forward to help. The World Food Programme delivers such hope to 20 million school children, working closely with various faith-based groups.

    At this time of worldwide economic challenges, let us not forget that the food and financial crises hit the world’s most vulnerable the hardest. Since 2007, 115 million were added to the ranks of the hungry to create a total of nearly one billion people without adequate food. That is one in six people on earth. But this is not a problem of food availability. It is a problem of distribution – and of greed, discrimination, wars and other tragedies. There is enough food on earth for every human to have adequate access to a nutritious diet. This is indeed a challenge for the human heart.

    This is a critical moment. While all families must make some sacrifices, for the poorest of the poor that means going without meals – for a day, or two, or three. This dramatic reduction in nutrition is particularly alarming for children under two years old, where it is proven that nutritional deprivation will stunt their minds and bodies for life. Today, a child dies every six seconds from hunger.

    The question is: Is there anything that can be done to alleviate the humiliation, pain and injustice of hunger? Are there solutions that help people break the hunger trap for themselves, once and for all? The answer is overwhelmingly "yes." We have the tools and technology to make this happen, and we have seen it happen in many places around the world.

    Allow me to give you some examples. The World Food Programme went into Darfur in 2003 when villages were still burning. Millions of people were terrorized and faced starvation. In what I call a modern day miracle, the world refused to stand by and let the displaced people of Darfur starve. Today, through the generosity of many nations – and the bravery of our humanitarian workers – WFP feeds 3 million people a day trapped far from their homes in the desolate and dangerous desert. The world has prevented – for less than fifty cents a day per person – mass starvation in Darfur.

    A more recent crisis broke out in sixty nations, including Senegal, following the most aggressive increase in global food prices in recorded history last year. High prices have left an estimated 40 percent of rural households in Senegal in danger of hunger and malnutrition. The World Food Programme deployed innovative programs to not only provide food to 2 million people, but also to empower them to feed themselves.

    One exciting example of innovation is what I call the "Salt Ladies of Senegal." Senegal is a food-deficit nation, but produces a surplus of salt. The problem is the salt is not fortified with iodine, and Senegal has an epidemic of iodine-deficiency disorders, such as goiter, which inflicts lasting damage on children’s minds and bodies. WFP decided to purchase all its salt from 7,000 village producers and give them the tools to iodize the salt. The result is a true win-win-win. The women have a steady income, we get iodized salt for our programs, and they also sell iodized salt now to their villages, helping to fight the disorder. An example of helping local people to help themselves, safeguarding always the personal dignity of those we serve. In fact, last year WFP bought over $1 billion in food directly from the developing world for our programs, helping break the cycle of poverty at its root.

    School feeding programs have a strong track record of providing meals and other basic social services to children, while also ensuring they receive an education. There is perhaps no better example of school feeding programs than the ones we run in Afghanistan. There we have seen an entire generation of girls go to school for the first time, a dramatic change for a country that once forbade girls from attending school. We know that families are more likely to send their children to school if they will have a meal during the day. Worldwide, WFP’s school feeding programs increase school enrolment by 28 percent for girls, and 22 percent for boys, serving as an effective and affordable way to provide education and nutrition, while empowering women and girls.

    Another exciting example of the power of the world to do good is in Gaza today. We have all heard about the humanitarian crisis. I witnessed it with my own eyes just two weeks ago: people who could not pick up traditional rations due to military action, and even if they had food, could not cook it. WFP issued a call for help to the private sector to find ready-to-use, highly nutritious food for the children of Gaza. Today, fortified date bars are being delivered into Gaza, with cooperation from food companies from Egypt to the Netherlands. This is a powerful example of humanity in action with a heart of love.

    We need to work together. For our side, we partner with charities and NGOs around the world to ensure that we tailor our programs to local needs. Catholic charities are key partners for the WFP. For example, WFP works with local Caritas in the dioceses of nearly 40 countries, in food-for-work, health and education programs. We also work with Catholic Relief Services, where we collaborate in 15 countries.

    I met Pope Benedict and was deeply moved by his commitment and compassion for the world’s hungry. Speaking just recently, the Pope called on Governments to look to the poor, especially in our day: "We need to give new hope to the poor," he said. "How can we not think of so many individuals and families hard pressed by the difficulties and uncertainties which the current financial and economic crisis has provoked on a global scale? How can we not mention the food crisis and global warming, which make it even more difficult for those living in some of the poorest parts of the planet to have access to nutrition and water?" (Address to Diplomatic Corps, 8 January 2009). The Pope, quoting from Saint John, offers us a way forward in this year’s Lenten message: "If anyone has the world’s goods and sees his brother in need, yet shuts up his bowels of compassion from him – how does the love of God abide in him?" (1 Jn 3,17).

    Many people, especially during the Lenten season, want to know how they can help. This is manifest in the Lenten message we just heard, with its challenge to grow in the spirit of the Good Samaritan. Humanitarian assistance is not possible without Good Samaritans stepping up to help people in need. Whether from the generous donations of national governments, or collections taken in churches, mosques and schools, donations to relief agencies are essential for continuing to reach hungry people around the world.

    Shortly after joining the World Food Programme, I launched the "Fill the Cup" campaign, named after the humble red plastic cup in which millions of children are served a cup of porridge for lunch. This simple meal costs only one euro a week, and can save a child’s life. We calculated that for $3 billion a year, the world can end hunger among school children. The tradition of voluntarily fasting during Lent, and giving the funds to charity, can make a real difference in a child’s life.

    We also need national governments to take the lead. At this time of trillion-dollar financial rescue packages, we need a human rescue package. We have called for .7 percent of all stimulus plans to be dedicated to fighting hunger. Financial rescue packages must serve not only Wall Street and Main Street, but also the places where there are no streets.

    Each one of us has a choice, to pass by those in need, or to take action to help others. This Lent, let us choose a hunger-free world.


    Traduzione italiana

    Desidero ringraziare profondamente Sua Santità Papa Benedetto XVI per avere invitato il Programma Alimentare Mondiale (WFP) a partecipare a questo speciale evento. Apprezziamo molto il sostegno del Santo Padre al lavoro che facciamo. E grazie, Cardinale Cordes e Pontificio Consiglio "Cor Unum", per la vostra assistenza.

    Il richiamo e l’incoraggiamento del Santo Padre al digiuno volontario per questa Quaresima ci aiuta anche a ricordare che la fame è in crescita ovunque. Essere al servizio degli affamati è un richiamo morale che unisce i popoli di tutte le fedi. Tutte le principali religioni sollecitano i propri credenti a essere Buoni Samaritani e a scegliere di aiutare gli altri. Il profeta Isaia dice: "Se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è a digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio".

    Vorrei assicurare tutti voi che di fronte alla fame, ciascuno di noi può fare qualcosa. Sfamare gli affamati è un profondo atto d’amore, restituisce dignità a una madre o a un padre che non può provvedere al proprio figlio affamato. Mahatma Ghandi disse che, per un uomo che ha fame, un pezzo di pane è il volto di Dio. Facciamo in modo di credere al miracolo di un mondo senza fame. Del resto, per i fedeli, il cuore di Cristo non racchiude forse questa nobile visione?

    E’ un obiettivo raggiungibile. Potremmo eliminare la fame tra i bambini che vanno a scuola praticamente da un giorno all’altro, se ci fossero abbastanza persone disposte ad aiutare. Il Programma Alimentare Mondiale porta questa speranza a 20 milioni di studenti, lavorando a stretto contatto con numerose associazioni d’ispirazione religiosa.

    In questo periodo di sfide economiche mondiali, non dimentichiamoci che la crisi alimentare e finanziaria colpisce in modo particolarmente duro i più vulnerabili del pianeta. Dal 2007, 115 milioni di persone hanno ingrossato le fila degli affamati, portando a quasi 1 miliardo quanti non hanno abbastanza cibo, vale a dire una persona su sei nel mondo. Non si tratta della disponibilità di cibo. Il problema riguarda la distribuzione, ma anche l’avidità, la discriminazione, le guerre e altre tragedie. Nel mondo c’è abbastanza cibo affinché ogni essere umano abbia adeguato accesso a una dieta nutriente. Ci troviamo davvero di fronte a una sfida al cuore umano.

    Questo è un momento critico. Se per molte famiglie questo comporta alcuni sacrifici, per i più poveri dei poveri, ciò significa non poter mangiare per un giorno, o due o tre. Questo drammatico calo nell’apporto nutrizionale è particolarmente allarmante per i bambini al di sotto dei due anni: è ormai provato, infatti, che le privazioni alimentari possono compromettere le loro menti e i loro corpi per tutta la vita. Oggi, un bambino muore di fame ogni sei secondi.

    Il punto è: c’è qualcosa che si può fare per alleviare l’umiliazione, il dolore e l’ingiustizia della fame? Ci sono soluzioni che aiutino le persone a sfuggire dalla trappola della fame una volta per tutte?

    La risposta è un chiaro "sì’". Abbiamo i mezzi e la tecnologia per farlo; ed è stato fatto in molti luoghi nel mondo.

    Consentitemi di fare alcuni esempi. Il Programma Alimentare Mondiale andò in Darfur nel 2003 quando i villaggi erano ancora in fiamme. Milioni di persone erano terrorizzate e rischiavano la morte per fame. Lo si può definire un miracolo dell’epoca moderna: il mondo si è rifiutato di stare a guardare e di lasciare che gli sfollati del Darfur morissero di fame. Oggi, grazie alla generosità di molte nazioni – e al coraggio dei nostri operatori umanitari – il WFP sfama, ogni giorno, 3 milioni di persone intrappolate, lontano da casa, in un deserto desolato e pericoloso. Il mondo ha impedito – per meno di 50 centesimi al giorno per persona – una morte di massa per inedia in Darfur.

    Una delle crisi più recenti ha coinvolto 60 nazioni, compreso il Senegal, per effetto, lo scorso anno, dell’aumento dei prezzi alimentari mondiali: un record storico mai registrato. Si stima che gli alti prezzi abbiano esposto il 40 per cento di famiglie contadine in Senegal al rischio della fame e della malnutrizione. Il WFP ha attuato programmi innovativi non solo per fornire cibo a 2 milioni di persone ma anche per metterle in grado di sfamarsi da sole.

    Un esempio entusiasmante di innovazione è ciò che chiamo le "Signore Senegalesi del Sale". Il Senegal è una nazione con deficit alimentare, che produce però un surplus di sale. Il problema è che nel sale non vi è iodio aggiunto e nel Senegal si registra un alto tasso di malattie legate a deficit di iodio, come il gozzo che produce danni duraturi nelle menti e nei corpi dei bambini. Il WFP ha deciso di acquistare tutto il sale di cui necessita da 7.000 villaggi produttori dopo aver dato loro gli strumenti per iodizzare il sale. Ciò ha effetti positivi per tutti. Le donne possono contare su un reddito stabile, noi abbiamo il sale iodizzato per i nostri programmi e ora il sale iodizzato viene venduto dai produttori ai villaggi aiutando a combattere la malattia. Si tratta di un esempio di come si possa sostenere la popolazione locale nell’autosviluppo salvaguardando, sempre, la dignità delle persone che assistiamo.

    Infatti, lo scorso anno il WFP ha acquistato cibo per oltre 1 miliardo di dollari, per i propri programmi, direttamente nei paesi in via di sviluppo aiutandoli a spezzare alla radice il circolo vizioso della povertà.

    I programmi di alimentazione scolastica hanno dimostrato nella loro applicazione di consentire la fornitura di pasti e altri servizi sociali basilari ai bambini, garantendo nel contempo la loro istruzione. Non c’è forse esempio migliore di programma di alimentazione scolastica di quello che gestiamo in Afghanistan. Lì, abbiamo visto un’intera generazione di ragazze andare a scuola per la prima volta. Si tratta di un enorme cambio per un paese che una volta vietava alle bambine di andare a scuola. Sappiamo che le famiglie sono più propense a mandare i propri figli a scuola se questi riceveranno un pasto durante la giornata.

    I programmi di alimentazione scolastica del WFP, nel mondo, hanno aumentato le iscrizioni scolastiche del 28 per cento per le ragazze e del 22 per cento per i ragazzi, rappresentando un mezzo efficace e sostenibile per fornire istruzione e nutrizione rafforzando, nel contempo, il ruolo sociale delle donne e delle ragazze.

    Un altro esempio entusiasmante del potere del mondo di agire positivamente è, oggi, Gaza. Conosciamo la crisi umanitaria in atto, io stessa l’ho potuta vedere con i miei occhi appena due settimane fa: la gente non poteva prelevare le consuete razioni alimentari a causa dell’azione militare e, anche se avevano il cibo, non lo potevano cucinare. Il WFP ha lanciato un appello chiedendo aiuto al settore privato per trovare cibo altamente nutriente e pronto all’uso per i bambini di Gaza. Oggi, sono disponibili barrette fortificate di datteri per Gaza grazie alla cooperazione con le aziende alimentare, dall’Egitto all’Olanda. Si tratta di un potente esempio di un’umanità, dal cuore amorevole, in azione.

    Bisogna lavorare tutti assieme. Il WFP collabora con istituzioni caritatevoli e ONG di tutto il mondo per garantire che i nostri programmi siano misurati sui bisogni locali. Le istituzioni cattoliche sono un partner chiave per il WFP. Ad esempio, il WFP lavora con le Caritas locali nelle diocesi di quasi 40 paesi in programmi di "cibo in cambio di lavoro", sanitari ed educativi. Lavoriamo anche con il Catholic Relief Services, collaborando in 15 paesi.

    Ho incontrato Papa Benedetto XVI e sono stata profondamente commossa dal suo impegno e compassione per gli affamati del mondo. Parlando recentemente, il Papa ha richiamato i governi a guardare ai poveri, specialmente ora: "Dobbiamo dare una nuova speranza ai poveri", ha detto. "Come non pensare a così tanti individui e famiglie schiacciati dalle difficoltà ed incertezze che l’attuale crisi finanziaria ed economica ha provocato su scala mondiale? Come non menzionare la crisi alimentare e il riscaldamento globale del pianeta che rendono ancora più difficile per chi vive in alcune delle zone più povere del pianeta l’accesso al cibo e all’acqua?". Nel suo messaggio al Corpo Diplomatico, l’8 gennaio 2009, il Papa, citando San Giovanni, ci indica la strada da seguire nel messaggio quaresimale di quest’anno: "Se qualcuno possiede i beni del mondo e di fronte a un fratello in necessità si rifiuta alla compassione, come può l’amore di Dio dimorare in lui?". Molte persone, specialmente in questo periodo quaresimale, vogliono sapere come possono aiutare. Ciò è manifesto nel messaggio quaresimale che abbiamo appena ascoltato con la sua sfida a crescere nello spirito del Buon Samaritano.

    L’assistenza umanitaria non è possibile senza l’intervento di Buoni Samaritani che aiutano le persone nel bisogno. Che si tratti delle generose donazioni dei governi nazionali o di collette fatte in chiese, moschee e scuole, le donazioni alle agenzie di soccorso come il WFP e la Caritas sono essenziali per continuare a raggiungere gli affamati nel mondo.

    Poco dopo essere giunta al WFP, ho lanciato la campagna "Fill the Cup" che prende il nome dall’umile tazza di plastica rossa nella quale serviamo porridge a pranzo a milioni di bambini. Questo semplice pasto costa solo 1 euro a settimana e può salvare la vita di un bambino. Abbiamo calcolato che con 3 miliardi di dollari l’anno, il mondo potrebbe eliminare la fame tra i bambini che studiano. La tradizione del digiuno volontario durante la Quaresima, combinato con la beneficienza, possono davvero cambiare la vita di un bambino.

    C’è bisogno anche che i governi nazionali assumano un ruolo guida. In questa fase di misure di salvataggio finanziario di trilioni di dollari, abbiamo bisogno di un salvataggio umano per combattere la fame. Abbiamo chiesto che lo 0,7 per cento di quanto previsto nei piani di rilancio sia destinato alla lotta contro la fame. Le misure di soccorso finanziario devono servire non solo a Wall Street e Main Street ma anche ai luoghi dove non ci sono strade.

    Ciascuno di noi ha una scelta; passare senza fermarsi accanto a chi ha bisogno o agire per aiutarlo. In questa Quaresima, scegliamo un mondo libero dalla fame.



    INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. PAUL JOSEF CORDES

    Ogni anno la parola del Papa ricorda il nostro impegno ad aprire il cuore e la mano a chi è nel bisogno. In questa Quaresima il Papa attira la nostra attenzione sul digiuno, che definisce come "il privarci di un qualcosa che sarebbe in se stesso buono e utile per il nostro sostentamento". Mrs. Josette Sheeran, direttore esecutivo del World Food Programme, con fatti concreti ci ha descritto la povertà, ma anche le possibilità per combatterla. La ringrazio per le sue parole di incoraggiamento e di richiamo. Per non degradarsi a ideologia o a puro esercizio mentale, l’aiuto ha sempre bisogno di concretezza, di affrontare direttamente le situazioni di miseria.

    Non dico una novità: carestie e penuria di mezzi sono ancora molto diffusi nel mondo. Dieci giorni fa ero nelle Filippine, a Manila, in un quartiere povero dal nome "Laperal Compound", accompagnato dal Direttore della Caritas locale. È molto diverso ammirare le immagini di posti da sogno in materiale pubblicitario, oppure, su passaggi stretti coperti da fango – quasi fogne a cielo aperto – stringere le mani di bambini, donne e uomini, entrare nelle loro baracche, incoraggiarli e benedire chi lo chiedeva. Poco dopo la visita, ho avuto occasione di interloquire sul mio incontro con la Presidente della Repubblica, la signora Gloria Macapagal Arroyo. Mi sono sentito in dovere di ricordare a lei, e poi ai Vescovi filippini – e lo voglio ricordare a chi è presente qui oggi, così come a me stesso: non possiamo semplicemente arrenderci alla miseria degli uomini; per quanto possiamo dobbiamo apporvi rimedio.

    L’intervento della Signora Sheeran e il mio breve richiamo alle Filippine ci hanno "messo con i piedi per terra". Questa prospettiva di realismo mi consente d’altra parte la possibilità di leggere adesso il nostro documento pontificio nell’orizzonte più grande della fede e del suo rapporto con lo stile di vita di oggi. Restando sensibili alla grande indigenza di tanti nostri contemporanei, possiamo evitare di diventare degli ideologi se evitiamo di limitare l’appello del Papa solo alle necessità che saltano agli occhi.

    "Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura" (Ef 5,29). L’apostolo delle genti, san Paolo, scrive questa osservazione nella sua lettera alla comunità di Efeso. La sua affermazione è palese. Forse riprende nella sua argomentazione un modo di dire consueto nell’antichità. Quasi in contemporanea con lui il poeta romano Decio Giunio Giovenale (†140 d.C.) forgiava la frase nota a tutti gli sportivi: "Mens sana in corpore sano – una mente sana in un corpo sano". Trattare bene il proprio corpo, curarlo con sollecitudine, non è malvisto da alcuno, ma a tutti ci appare come una cosa sensata, anzi lodevole. Senza alcuna esitazione?

    Ai nostri giorni questo desiderio umano ha raggiunto dimensioni gigantesche. Fanno rizzare gli orecchi i dati statistici sul mercato del "wellness". I moderni templi della cura del corpo negli ultimi anni hanno sperimentato una diffusione che toglie il fiato. Nel 2006 circa 8 milioni di italiani facevano uso di questi centri. 15 miliardi di euro erano i costi di questi training (Sole 24 Ore del 20.11.2007). Mentre in Germania nel 1980 erano circa 100.000 i frequentatori di centri fitness, oggi sono 13,5 milioni, dunque il 16,5% della popolazione. In Olanda li utilizzano il 16,4% degli abitanti (IST – Studien zum Fitness-Markt).

    Il nostro Messaggio Quaresimale si trova senza dubbio in una certa contraddizione con il trend sociale fin qui descritto; infatti le parole del Papa sulla rinuncia ad un primo sguardo non favoriscono le inclinazioni profonde dell’uomo. Tuttavia mirano al suo bene. Paradossalmente la cura illimitata del corpo in un certo momento può degenerare in suo indebolimento e provocarci danno. È possibile che le esigenze del corpo siano aumentate e incrementate. Il corpo insiste sempre più sui suoi diritti. Ma il suo desiderio di benessere e piacere forse riduce la libertà e non potrà poi più essere gestito dalla volontà dell’uomo. Il corpo diventa un tiranno. In Germania attualmente le case farmaceutiche vendono 19 milioni di pacchetti di mezzi dimagranti. Cifre eloquenti. E più che gli obesi ci interrogano i drogati. In essi si può riconoscere facilmente che non è più la ragione a scegliere, ma gli impulsi della carne.

    Nel corso dei secoli le religioni hanno considerato e raccolto le esperienze dell’uomo con il suo corpo – favorire la cura del corpo, sì, ma anche opporsi alla sua idolatria. Per esempio il buddismo. Suo scopo è il superamento di ogni sofferenza. Poiché il corpo per la sua avidità di cose materiali diventa spesso origine di sofferenza, il Buddha insegna come l’uomo si deve sciogliere dai legami terreni e come può vivere questa separazione. Deve disabituarsi alla sua "sete" di cose create, abbandonare la brama e le inquietudini che ne derivano, ucciderla dentro se stesso. Così giunge al "nirvana", al pieno estinguersi di ogni desiderio.

    Più conosciuta del percorso del buddismo verso la liberazione dalla sofferenza è la prassi di digiuno dell’islam. Per questa religione, il digiuno è la quarta colonna che la sostiene. Il mese di digiuno, il ramadan, è obbligatorio per tutti i musulmani – rinuncia ad ogni assunzione di cibo dal sorgere del sole fino al tramonto del suo ultimo raggio. Ma il crudo fatto del digiuno da solo non basta. Si deve invece verbalizzare che ha un suo senso religioso. Esso è reso più vivo dalla lettura del Corano e dai tempi di preghiera. Oltre alla serietà con cui viene realizzato, anche il significato del digiuno può essere esemplare per noi cristiani.

    Noi cristiani possiamo dunque imparare da queste religioni che il digiuno vuole imprimere un taglio netto alla nostra vita. Per loro non vuol essere semplicemente un tema di discussione per un talk televisivo. Anzi, e ancora più sconcertante per la società di oggi: il digiuno per le religioni che ho menzionate trascende la dimensione terrena e persegue un obiettivo al di là di questo mondo: l’ingresso nel nirvana o l’obbedienza verso Allah, Signore del cielo e della terra.

    Tuttavia il digiuno di queste religioni non può essere semplicemente identificato con quello cristiano. Esiste invece una differenza fondamentale tra il rifiuto del mondo da parte del Buddha o le leggi del ramadan islamico da una parte, e la Quaresima cristiana dall’altra. Il Buddha vuole liberare dal peso che la terra rappresenta; sopprimere lo stato di caduco attaccamento dell’uomo ad essa. Dietro si nasconde una visione del mondo gnostica, come se fosse buona solo la realtà spirituale, mentre quella corporale sarebbe necessariamente cattiva.

    Per l’islam esiste un’altra ragione per dimenticare ciò che è terreno. Dio ha il suo trono in una distanza infinita. Non si fa trovare nel mondo. Comunica con la creazione e con l’uomo solo mediante la sua legge, la sharia. Tanto meno Dio entra nel mondo, né si mescola con esso. Sarebbe un’eresia scandalosa affermare che Allah avrebbe come figlio un membro del genere umano. Allah nel Corano ha 99 nomi, ma mai è chiamato "padre".

    La motivazione che induce le due religioni al digiuno è la lotta contro il potere della materia sull’uomo. È influenzata dal pensiero dualistico. Il digiuno ha dunque una colorazione negativa; si tratta di liberarci dal peso che le cose create caricano su di noi. Ciò rischia però di isolare l’uomo, e dunque di chiuderlo e di ripiegarlo su se stesso. Per il cristiano invece il desiderio mistico non è mai la discesa nel proprio sé, ma la discesa nella profondità della fede, dove incontra Dio.

    Oggi non sperimentiamo solo una proliferazione delle istituzioni del fitness, ma ci troviamo anche nel mezzo di un supermercato di tutte le possibili religioni. Si tratta dunque sì di imparare dalle altre religioni, ma anche di non cancellare i contorni della propria fede, di non scegliere sostituti o surrogati, ma di restare fedeli all’eredità ricevuta e di conoscerla sempre meglio. La rivelazione divina dice qualcosa di nuovo in ogni epoca storica; è inesauribile.

    Non voglio ora presentarvi il contenuto del Messaggio papale: non voglio ripetere i dettagli, buoni ed utili, del digiuno, a cui Benedetto XVI fa riferimento: che mediante il nostro rinnovato rivolgerci a Dio possiamo trovare benevolo ascolto per le nostre preghiere; che con il nostro digiuno possiamo rendere possibile l’aiuto al misero; che dovremmo avere il coraggio dell’autocritica alla luce di Dio, per poi implorare il perdono dei peccati nel sacramento della penitenza. Non voglio spiegare tutto questo un’altra volta.

    Infatti tutti gli elementi menzionati sono solo mezzi. Servono ad un unico scopo. Papa Benedetto lo formula con le parole del suo Predecessore. La Quaresima offre al cristiano un percorso spirituale e pratico per esercitare senza tagli e riserve l’offerta di noi stessi a Dio (cfr. Veritatis splendor, 21). Questa è l’intenzione delle norme e delle pratiche quaresimali. Nel "fare di sé dono totale a Dio" (Messaggio Quaresimale 2009) risiede la differenza fondamentale con gli obiettivi del digiuno nelle religioni che sopra ho citato; il punto saliente della singolare visione cristiana.

    Il digiuno durante questa Quaresima non ha una colorazione negativa: come potremmo noi disprezzare la nostra carne, se il Figlio di Dio l’ha assunta diventando davvero nostro fratello! Lo spogliarsi e il rinnegarsi sono pienamente positivi: mirano all’incontro con questo Cristo. Dunque i cristiani quando digiunano non girano attorno a se stessi. Si uniscono al loro Signore che digiuna e per quaranta giorni e quaranta notti nel deserto non ha preso cibo. In Cristo cercano la comunione con il Tu divino. In Lui ricevono nuovamente in dono quell’amore che rinnova il loro essere cristiani. Ed è così che si impegnano nella lotta alla miseria e diventano messaggeri dell’amore di Dio, come lo ha descritto in maniera così avvincente il nostro Papa nella sua prima enciclica "Deus Caritas est".

    Giungo alla conclusione.

    Dopo l’esperienza della seconda guerra mondiale e le sollecitazioni del Concilio Vaticano II anche nella Chiesa cattolica aumentò la disponibilità ad aiutare. Diocesi benestanti si apprestarono a dare una mano alle Chiese locali povere. Soprattutto nella Quaresima i Vescovi iniziarono a chiedere sostegno finanziario e diedero avvio nelle loro comunità a collette specifiche. Nel cosiddetto Primo Mondo nacquero le famose "Azioni quaresimali", che a livello mondiale fanno immensamente del bene e risvegliano speranza in situazioni disastrose. (In questo solco, devo anche ricordare che nei prossimi giorni, il 22 febbraio, ricorre il 25.mo anniversario della creazione della nostra Fondazione "Giovanni Paolo II per il Sahel" che finanzia progetti contro la desertificazione nel sud del Sahara).

    È nella natura delle cose che primariamente, e a volte esclusivamente, si sottolinei l’aspetto materiale della miseria, descritto in modo così convincente dalla sign. Sheeran. Tuttavia sarebbe molto superficiale se il senso della preparazione alla Pasqua si limitasse all’appello per la colletta.

    Perciò l’aspetto spirituale che il Messaggio Quaresimale in questo anno evidenzia, merita grande considerazione. La parola del Papa non vuole semplicemente aggiungere una ulteriore alle tante iniziative umanitarie dei nostri giorni. Vuole certamente ottenere che diamo quanto abbiamo risparmiato rinunciando a ciò che è "buono e utile". Ma questa azione deve avere per i fedeli un significato cristiano: contenere il proprio io deve fare spazio per l’offerta di sé a Dio; poiché solo Lui è, in fin dei conti, la felicità cui aneliamo.




  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.401
    Post: 146
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 04/02/2009 16:14
    NOTA DELLA SEGRETERIA DI STATO

    A seguito delle reazioni suscitate dal recente Decreto della Congregazione per i Vescovi, con cui si rimette la scomunica ai quattro Presuli della Fraternità San Pio X, e in relazione alle dichiarazioni negazioniste o riduzioniste della Shoah da parte del Vescovo Williamson della medesima Fraternità, si ritiene opportuno chiarire alcuni aspetti della vicenda.

    1. Remissione della scomunica.

    Come già pubblicato in precedenza, il Decreto della Congregazione per i Vescovi, datato 21 gennaio 2009, è stato un atto con cui il Santo Padre veniva benignamente incontro a reiterate richieste da parte del Superiore Generale della Fraternità San Pio X.

    Sua Santità ha voluto togliere un impedimento che pregiudicava l’apertura di una porta al dialogo. Egli ora si attende che uguale disponibilità venga espressa dai quattro Vescovi in totale adesione alla dottrina e alla disciplina della Chiesa.

    La gravissima pena della scomunica latae sententiae, in cui detti Vescovi erano incorsi il 30 giugno 1988, dichiarata poi formalmente il 1° luglio dello stesso anno, era una conseguenza della loro ordinazione illegittima da parte di Mons. Marcel Lefebvre.

    Lo scioglimento dalla scomunica ha liberato i quattro Vescovi da una pena canonica gravissima, ma non ha cambiato la situazione giuridica della Fraternità San Pio X, che, al momento attuale, non gode di alcun riconoscimento canonico nella Chiesa Cattolica. Anche i quattro Vescovi, benché sciolti dalla scomunica, non hanno una funzione canonica nella Chiesa e non esercitano lecitamente un ministero in essa.

    2. Tradizione, dottrina e Concilio Vaticano II.

    Per un futuro riconoscimento della Fraternità San Pio X è condizione indispensabile il pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI.

    Come è già stato affermato nel Decreto del 21 gennaio 2009, la Santa Sede non mancherà, nei modi giudicati opportuni, di approfondire con gli interessati le questioni ancora aperte, così da poter giungere ad una piena e soddisfacente soluzione dei problemi che hanno dato origine a questa dolorosa frattura.

    3. Dichiarazioni sulla Shoah.

    Le posizioni di Mons. Williamson sulla Shoah sono assolutamente inaccettabili e fermamente rifiutate dal Santo Padre, come Egli stesso ha rimarcato il 28 gennaio scorso quando, riferendosi a quell’efferato genocidio, ha ribadito la Sua piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza, e ha affermato che la memoria di quel terribile genocidio deve indurre "l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo", aggiungendo che la Shoah resta "per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti".

    Il Vescovo Williamson, per una ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa dovrà anche prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah, non conosciute dal Santo Padre nel momento della remissione della scomunica.

    Il Santo Padre chiede l’accompagnamento della preghiera di tutti i fedeli, affinché il Signore illumini il cammino della Chiesa. Cresca l’impegno dei Pastori e di tutti i fedeli a sostegno della delicata e gravosa missione del Successore dell’Apostolo Pietro quale "custode dell’unità" nella Chiesa.

    Dal Vaticano, 4 febbraio 2009

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.431
    Post: 153
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 06/02/2009 20:05
    DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, REV.DO P. FEDERICO LOMBARDI, S.I.

    Si smentisce nel modo più categorico quanto pubblicato, con evidenza, questa mattina da un quotidiano italiano a proposito di un presunto colloquio telefonico incorso fra il Cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ed il Presidente del Consiglio italiano, On. Silvio Berlusconi.

    La notizia è totalmente infondata.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.449
    Post: 165
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 08/02/2009 16:26
    COMUNICATO DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE E DEL PORTAVOCE DEL GOVERNO FEDERALE TEDESCO

    Il Santo Padre Benedetto XVI e il Cancelliere Dott.ssa Angela Merkel, in un colloquio telefonico richiesto dalla stessa Signora Cancelliere, hanno avuto modo di scambiarsi reciprocamente il proprio punto di vista in un clima di grande rispetto.

    Al riguardo, entrambi hanno fatto riferimento ancora una volta alle dichiarazioni fatte rispettivamente dal Santo Padre all’udienza generale di mercoledì 28 gennaio e dalla Sig.ra Cancelliere giovedì scorso.

    Il portavoce del Governo Federale Sig. Wilhelm e Padre Lombardi, Direttore della Sala Stampa, hanno commentato: "È stato un colloquio cordiale e costruttivo, segnato dalla comune e profonda adesione al monito sempre valido della Shoah per l’umanità".

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.450
    Post: 166
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 08/02/2009 16:26
    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

    Ieri ha avuto luogo un cortese colloquio telefonico tra il Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano e il Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone.
    Nella conversazione si è parlato della vicenda di Eluana Englaro, come pure di altri argomenti di reciproco interesse.

    * * *

    In merito alla vicenda di Eluana Englaro, si manifesta vivo apprezzamento per l’accelerazione data dal Parlamento all’approvazione del disegno di legge.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.479
    Post: 181
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 10/02/2009 16:09
    CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE "BIOLOGICAL EVOLUTION: FACTS AND THEORIES. A CRITICAL APPRAISAL 150 YEARS AFTER ‘THE ORIGIN OF SPECIES’"(3-7 MARZO 2009)


    Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo una conferenza stampa di presentazione della Conferenza Internazionale "Biological Evolution: Facts and Theories. A critical appraisal 150 years after ‘The origin of species’"(Roma - Pontificia Università Gregoriana, 3-7 marzo 2009).

    La Conferenza è organizzata dalla Pontificia Università Gregoriana in collaborazione con l’Università Notre Dame (Indiana, USA), sotto il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, nell’ambito del Progetto STOQ (Science, Theology and the Ontological Quest).

    Intervengono alla Conferenza Stampa: S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Presidente del Comitato d’Onore del Convegno; il Prof. P. Marc Leclerc, S.J., Ordinario di Filosofia della Natura, Pontificia Università Gregoriana, e Direttore del Convegno; il Prof. Don Giuseppe Tanzella-Nitti, Ordinario di Teologia Fondamentale, Pontificia Università della Santa Croce; il Prof. Saverio Forestiero, Professore di Zoologia, Università di Roma Tor Vergata, Membro del Comitato organizzatore.

    Pubblichiamo di seguito gli interventi del Prof. P. Marc Leclerc, del Prof. Don Giuseppe Tanzella-Nitti e del Prof. Saverio Forestiero:


    INTERVENTO DEL PROF. P. MARC LECLERC, S.J.

    Dopodomani, 12 febbraio 2009, il mondo scientifico ricorderà il bicentenario della nascita di Charles Darwin. In questo stesso anno, a novembre, ricorrerà il 150° della sua opera su L’Origine delle Specie. Nessun universitario, che sia cattolico o meno, può rimanere indifferente a queste ricorrenze. Non si tratta qui, minimamente, di "celebrazione" in onore dello scienziato inglese; ma si tratta semplicemente di prendere la misura dell’evento, che ha segnato per sempre la storia della scienza e ha influito sul modo di comprendere la nostra stessa umanità.

    Poche teorie scientifiche sono state così aspramente discusse, né hanno determinato un tale cambiamento di paradigma nella comune interpretazione dell’intera realtà, uomo compreso. L’ora di un’attenta valutazione critica, rigorosa e oggettiva sotto i vari piani implicati, pare ormai venuta. Sembra più che mai necessario discutere scientificamente, con i migliori specialisti attuali, i vari aspetti scientifici della teoria dell’evoluzione, con tutte le aggiunte, sfumature e continue modifiche che essa ha ricevuto dal tempo di Darwin fino ad oggi, e che tuttora riceve ogni giorno.

    D’altra parte, se le discussioni sono così aspre, non è solo perché alcuni elementi della teoria sono sempre discutibili dal punto di vista scientifico – cosa del tutto normale nell’ordine della scienza –, ma perché proprio la novità del paradigma ha spinto parecchi seguaci di Darwin ad oltrepassare i confini della scienza per ergere qualche elemento della sua teoria, o della sintesi moderna realizzata nel corso del XX secolo, a "Philosophia universalis", secondo la giusta espressione dell’allora Cardinal Ratzinger, chiave d’interpretazione universale di una realtà in perpetuo divenire. "Il caso e la necessità", come riassunto dal titolo della nota opera di Jacques Monod, riprendendo le parole di Democrito in ambito evoluzionista.

    Lungo questa scia si sono diretti troppo spesso gli stessi avversari del darwinismo, confondendo la teoria scientifica dell’evoluzione con l’ideologia onnicomprensiva che la snaturava, per rigettarlo del tutto in quanto totalmente incompatibile con una visione religiosa della realtà. Tale situazione potrebbe spiegare il ritorno di concezioni "creazioniste" o di ciò che si presenta a volte come una teoria alternativa, il così detto "intelligent design". A questo livello siamo lontani dalle discussioni scientifiche, ma bisogna pure prendere la misura di questo stato di fatti, sia sul piano filosofico che teologico.

    Tutto questo giustifica ampiamente l’organizzazione del prossimo Convegno internazionale alla Pontificia Università Gregoriana, in quanto terzo convegno della serie STOQ, sotto l’alto patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura e con l’attiva partecipazione dell’Università di Notre Dame (Indiana), nonché di altre università pontificie implicate nello stesso progetto. Tale convegno non intende celebrare Darwin, nemmeno studiarlo specificamente, ma invece studiare da vicino i vari aspetti della teoria dell’evoluzione, con l’occasione delle presenti ricorrenze che ci impongono di essere attivamente presenti nel dibattito scientifico, filosofico e teologico che essa suscita.

    La struttura del Convegno vuole riflettere adeguatamente la complessità dei problemi coinvolti, nella necessaria distinzione dei piani come nella loro giusta articolazione razionale, esercizio difficile ed esigente di una vera interdisciplinarietà. Le sue nove sessioni, ripartite su cinque giorni, seguiranno la linea critica necessaria per chiarificare al massimo le questioni complesse implicate dall’evoluzione biologica.

    Per cominciare, nella prima sessione saranno esposti i fatti essenziali su cui pone la teoria: fatti legati alla paleontologia, alla sistematica e alla biologia molecolare. Poi due sessioni saranno consacrate allo studio scientifico dei meccanismi dell’evoluzione, essenziali per ogni teoria interpretativa che voglia rendere ragione dei fatti osservati. A quel punto dovremo studiare, nella quarta sessione, ciò che ci dice la scienza sull’origine dell’uomo. Ma la questione di detta origine non è della sola competenza delle scienze positive; consacreremo quindi una quinta sessione, centrale, ad incrociare gli sguardi di varie discipline, in una prospettiva esplicitamente interdisciplinare, sulle grandi questioni antropologiche legate all’evoluzione. In seguito verranno due sessioni filosofiche, per studiare le implicazioni razionali della teoria, sia in campo epistemologico, sia in campo metafisico o della filosofia della natura. Questo studio filosofico permette anche un’articolazione senza confusione tra il piano scientifico considerato per prima, e le questioni legate alla fede o alla religione. Per finire, due sessioni teologiche studieranno l’evoluzione dal punto di vista della fede cristiana, partendo da una corretta esegesi dei testi della Bibbia che trattano della creazione, nonché della ricezione della teoria da parte della Chiesa.



    INTERVENTO DEL PROF. D. GIUSEPPE TANZELLA-NITTI

    È mio compito offrire alcuni commenti sull’interesse della comunità teologica verso il Convegno Biological Evolution: Facts and Theories, ovvero, per essere più espliciti, perché la teologia prende sul serio il pensiero scientifico in merito a questioni circa l’origine della vita e dell’uomo, come questa viene interpretata dalle diverse teorie dell’evoluzione. In linea generale, che la teologia sia interessata al rapporto fra fede e ragione è fuori di dubbio. Ed è anche fuori di dubbio che la teologia cristiana e il pensiero scientifico — al di là di singoli episodi, inevitabili in una storia lunga 20 secoli — abbiano sempre avuto feconde interazioni e reciproci sviluppi, di cui la storia ci presenta testimonianze numerose ed eloquenti. Tuttavia, il tema su cui oggi si chiede un commento è più specifico di quanto non dicano questi rapporti, importanti ma generali, ed è per certi versi più delicato.

    La gente comune, infatti, per la quale il racconto biblico della creazione rappresenta ancora in larga parte l’orizzonte di comprensione dell’origine naturale del mondo e della vita, uomo compreso, desidera capire se e in quale misura l’idea di una evoluzione biologica sia compatibile con la visione trasmessa dalla Sacra Scrittura. Personalmente vedo con molto favore che si parli di questi temi perché essi riportano al centro dell’attenzione del grande pubblico i grandi temi dell’esistenza, le domande sull’origine e sul fine, domande che non possono non appassionare tutti, tanto lo studioso come l’uomo della strada.

    Esiste una tradizione teologica piuttosto consolidata in grado di comporre la nozione di creazione con l’idea di un mondo che si sviluppi nel tempo e nella storia, un mondo dove sono possibili eventi che noi chiamiamo casuali, ma dove avvengono anche catastrofi, estinzioni, ed esiste un certo antagonismo fra le specie. Le prime riflessioni finalizzate a spiegare questa compatibilità cominciano già con sant’Agostino. Il Vescovo di Ippona non conosceva il termine evoluzione, ma sapeva che il pesce grande mangia il pesce più piccolo e che le forme della vita erano andate incontro a lente trasformazioni nel tempo. Con lui altri Padri della Chiesa, e poi autori come san Tommaso d’Aquino, John Henry Newman, o in epoca a noi prossima Pio XII e Giovanni Paolo II, hanno già fornito chiarimenti teologici significativi, ciascuno con il linguaggio proprio del suo tempo. Dalla prospettiva della teologia cristiana, evoluzione biologica e creazione non si escludono affatto: potremmo infatti affermare — considerando il termine evoluzione nel suo significato più ampio, senza riferimento ad uno o più specifici meccanismi evolutivi, ma inteso come progressiva diversificazione, organizzazione e complessificazione della morfologia dei viventi — che l'evoluzione è in fondo il modo con cui Dio crea.

    Affermare che il rapporto fra creazione ed evoluzione sia stato già composto dalla teologia, in particolare da quella di tradizione cattolica, non vuol dire però che questo argomento sia privo di interesse. Tutt’altro. Al teologo serve infatti una conoscenza dei dati scientifici recenti per saper distinguere, nel dibattito culturale contemporaneo, quali visioni della vita e dell’uomo rispondono a risultati acquisiti e quali, invece, possono essere facilmente preda di estrapolazioni o perfino di ideologie, che usano le scienze in modo strumentale e riduttivo, spesso contro il comune sentire di buona parte della stessa comunità scientifica. Proprio in merito alla prospettiva evolutiva, un simile impiego delle scienze è avvenuto in passato con il materialismo storico, che volle fondare una dialettica della natura su una visione del mondo fisico e della vita non rispondente ai dati scientifici, ma in linea con le proprie finalità di propaganda. Non v’è dubbio che un convegno come quello che viene oggi presentato, Biological Evolution: Facts and Theories, offrirà alla teologia, e non solo alla teologia, dati e risultati importanti per operare questo discernimento.

    La teologia è anche interessata ai possibili meccanismi che hanno determinato l’evoluzione. Se è vero che l’evoluzione biologica è certamente un fatto, gli aspetti da chiarire riguardano le cause che l’hanno determinata. È dovuta unicamente alla selezione naturale (sopravvivenza del più adatto) oppure dipende dall’esplicarsi di funzioni e di processi interni ai viventi? Dipende solo da errori di trascrizione nella trasmissione del DNA oppure dall’attivazione di porzioni del codice genetico che fino a poco tempo fa i biologi ritenevano ridondanti? Quale ruolo ha nell’evoluzione il progressivo strutturarsi morfologico dei viventi per ottimizzare la loro nutrizione o l’adattamento all’ambiente? Per la sopravvivenza e il ricco diversificarsi della vita è fondamentale solo la competizione o gioca un ruolo importante anche la reciproca cooperazione fra le specie? Non di rado alcuni meccanismi, piuttosto che altri, sono stati impiegati per contrastare la visione di un mondo in cui agiscono finalismo e progettualità, come è certamente quella di un mondo voluto e creato da Dio. Conoscerli meglio aiuta la teologia a capire cosa, a partire da essi, si potrebbe dedurre sul piano filosofico, e può suggerirle quali strategie oggi impiegare per continuare a comporre creazione ed evoluzione nel contesto della scienza del nostro tempo.

    L’interesse della teologia per l’evoluzione biologica cresce, evidentemente, quando si ha a che fare con le origini dell’uomo. Se la lenta trasformazione della vita a partire da forme semplici ed elementari verso forme sempre più complesse e funzionalmente più progredite, grazie alla paziente opera dell’evoluzione biologica lungo i millenni, è un fatto, non va dimenticato che è anche un fatto che l’essere umano si trovi alla sommità di questo lungo sviluppo, quasi ad indicare che la nostra specie, proprio come ci insegna la Rivelazione biblica, giunge a coronare uno scopo inteso fin dall’inizio. Per quanto simpatici e incantevoli ci risultino gli altri animali, con i quali condividiamo la maggior parte della nostra morfologia e, nel caso degli scimpanzé, oltre il 97% del nostro patrimonio genetico, noi esseri umani restiamo unici sul panorama biologico del nostro pianeta. La posizione eretta, il linguaggio, e soprattutto la consapevolezza di sé, la cultura e il progresso tecnico-scientifico restano prerogative riscontrate solo nel genere umano. Come lo è anche la sua religiosità… Ricostruire questa storia grazie al contributo delle scienze è un’impresa appassionante, perché è la ricostruzione della nostra storia. Per la teologia conoscere questa storia è importante perché le consente di interpretare meglio la Scrittura e di individuare le linee di sviluppo del dogma. Essa propone così al Magistero della Chiesa nuove sintesi che, come avvenuto in passato, possono rendere l’insegnamento dogmatico della Chiesa più intelligibile agli uomini e alla cultura del suo tempo (cfr. Concilio Vaticano II: Gaudium et spes, n. 62).

    Al tempo stesso, va ricordato, con il Catechismo della Chiesa Cattolica, che «non si tratta soltanto di sapere quando e come sia sorto materialmente il cosmo, né quando sia apparso l'uomo, quanto piuttosto di scoprire quale sia il senso di tale origine» (CCC, 284). Per questo motivo, ritengo che, come tali, nessuno dei meccanismi evolutivi si oppone all’affermazione che Dio abbia voluto, cioè creato, l’uomo. Non vi si oppone nemmeno l’aleatorietà di tanti eventi accaduti lungo il lento sviluppo della vita, purché il ricorso al caso resti una semplice lettura scientifica dei fenomeni, incapace di negare la sfera dei fini. Dal punto di vista scientifico, infatti, non avrebbe senso interrogarsi se a "guidare" l’evoluzione sia stato il cieco gioco del caso o l’esistenza di un finalismo. Chi potrebbe negare, ad esempio, che anche ciò che ai nostri occhi appare come puro gioco d’azzardo non segua lo scopo nascosto di chi possiede tutte le regole del gioco, cioè di un Creatore? Solo quando l’aleatorietà o l’indeterminismo di un fenomeno naturale vengono trasformati in un apriori filosofico, sostenendo che nel mondo non c’è alcuna progettualità, né avrebbe senso cercare nell’evoluzione alcun significato voluto da un Creatore, solo allora può sorgere un apparente ma fallace contrasto fra scienza e teologia.

    Concludo con due brevi e osservazioni. In primo luogo mi auguro che le scienze naturali siano impiegate sempre più dalla teologia come una risorsa positiva di conoscenze, e non viste solo come una fonte di guai. Come la teologia ha già imparato ad usare i risultati fornitigli dalla storia, dall’ermeneutica, dalla psicologia, crescendo in profondità e in rigore scientifico, così è chiamata a prendere sul serio anche i risultati certi delle scienze, giovandosene per il suo lavoro e il suo servizio alla verità. In secondo luogo, ritengo che l’idea di evoluzione stia di casa nella teologia cristiana. La Rivelazione ebraico-cristiana ci insegna infatti che la storia ha un inizio, ha un fine ed incarna un significato — e noi sappiamo che affinché il cosmo e la vita evolvano è necessaria una quantità positiva di informazione. Non credo sia possibile un’evoluzione biologica in un mondo materialista, senza informazione, senza direzione, senza progetto. In un mondo creato, il compito della teologia è proprio parlarci della natura e del senso di questa informazione, del logos, in definitiva, che, come ama ripetere Benedetto XVI, è la ragione increata fondamento di tutte le cose e della storia, logos che ci è venuto incontro nel volto di Gesù Cristo. È questa, in sostanza, l’informazione più importante, che tutti, scienziati o teologi, siamo interessati a conoscere.



    INTERVENTO DEL PROF. SAVERIO FORESTIERO

    Come sappiamo tutti, la ricerca scientifica non si esaurisce nel dominio tecnico della natura – con tutto il carico di problemi etico-politici che ne derivano – ma possiede una valenza conoscitiva enorme, dagli innegabili riflessi sul nostro modo di concepire il mondo e noi stessi.

    È come dire che la scienza è e fa cultura, perché è anche immagine del mondo.

    Storicamente, dall’Illuminismo in poi, l’influenza della scienza sulla cultura ha indubbiamente esercitato un’azione di "smagamento", "desacralizzazione", "secolarizzazione", determinando, prima nelle società occidentali, poi anche in larga parte del mondo globalizzato, un vero e proprio scontro fra conoscenza e fede.

    Molti laici sembrano convinti che questo scontro sia inevitabile e che il progresso scientifico porterà alla progressiva erosione del fenomeno religioso, sia nella sfera privata della sensibilità e delle credenze individuali, sia nell’arena pubblica in cui operano le istituzioni religiose.

    Tutto ciò coinvolge molto da vicino le scienze della vita, poiché queste ultime producendo conoscenze obiettive sulla collocazione dell’uomo nella natura, influiscono necessariamente sul nostro modo di concepire la condizione umana. Il che ben presto si traduce in interrogativi di carattere politico-morale che, com’è a tutti noto, toccano spesso questioni bioetiche.

    Non è mio proposito, tantomeno rientra tra gli obiettivi del convegno, affrontare quest’ordine di problemi, né per ribadire l’insanabilità del conflitto che attualmente divide credenti e non credenti, né per auspicarne il superamento.

    La speranza che ha spinto Massimo Stanzione e chi vi parla, entrambi laici e non credenti, a prender parte all’organizzazione del Convegno promosso dalla Pontificia Università Gregoriana è diversa e di natura squisitamente culturale. Stanzione e io siamo infatti convinti della necessità di accertare in modo scientifico e criticamente avvertito lo stato attuale delle conoscenze bioevolutive. Tutto ciò indipendentemente dalle conseguenze che ciascuno (che sia credente, non credente o diversamente credente) è portato a trarne sul piano degli ideali e dell’agire pratico quotidiano.

    Ma, nel contempo, non voglio nasconderlo, questa nostra fiducia nel confronto critico, aperto, pubblico, nasce da una valutazione che potremmo etichettare come "politica". Giudichiamo un autentico pericolo per l’umanità il protrarsi del conflitto fra opposti fondamentalismi. Cosicché, pur essendo consapevoli che qualsiasi conoscenza obiettiva non possa bastare da sola a evitare un conflitto del genere, non vorremmo che, viceversa, esso trovasse giustificazioni di sorta sul terreno scientifico stesso.

    Tradizionalmente, per opposti fondamentalismi s’intendono quelli fra religioni rivelate. Ebbene, noi vorremmo scongiurare il rischio che queste inclinazioni, che nascono dal fideismo e si nutrono d’un malinteso senso di appartenenza, portatore d’intolleranza e di atteggiamenti illiberali, possano arrivare a contagiare la mentalità laica e il libero pensiero, contraddicendo così nei fatti le migliori intenzioni di progresso umano e civile.

    Tuttavia, anche se la posta in gioco è in ultima istanza politica, riteniamo che l’unico strumento a nostra disposizione per incidere sull’esito della partita sia e rimanga, lo ripetiamo, quello di natura culturale. Nello specifico, da laici abbiamo concorso a dare la massima ampiezza e il massimo spessore possibile agli interventi di questo convegno, evitando così di collocarlo sul terreno meramente celebrativo delle tante iniziative ovunque previste per il bicentenario darwiniano.

    Guardando ai credenti, ci auguriamo che per quella parte del mondo cattolico più aperta alla scienza e al dialogo con i non credenti, questo convegno possa rappresentare uno strumento valido ed efficace per affrontare nel migliore dei modi il confronto con le posizioni intellettualmente più chiuse e ostili verso il sapere positivo.

    Un motivo di conforto nella possibilità di progredire sulla strada del dialogo ci viene da quanto noi e gli altri organizzatori siamo riusciti a realizzare nella fase preparatoria dei lavori, durata oltre due anni. I membri del comitato, infatti, costituivano inizialmente una compagine eterogenea, in cui accanto ai rappresentanti delle istituzioni accademiche pontificie figuravano laici di varia estrazione e provenienze universitarie, credenti e non credenti, animati però dal comune intento di fare del loro meglio per garantire al programma equilibrio delle parti e ampia rappresentatività degli interventi. Indipendentemente dal successo che pure ci auguriamo, siamo certi di avere fatto del nostro meglio per garantirne la qualità scientifica e la completezza tematica.

    Gli interventi sono distribuiti su nove sessioni. All’impianto delle prime sette abbiamo fattivamente potuto contribuire, sulla base delle nostre competenze e della nostra esperienza di ricerca e di contatti, interagendo liberamente con i responsabili delle università pontificie, grazie al clima di serena franchezza che col tempo si è venuto a creare, anche al di là di alcune divergenze d’opinione su scelte specifiche. Mi piace dire che nei due anni dedicati all’organizzazione, durante i nostri incontri abbiamo verificato più volte la plausibilità di una frase attribuita a Hume secondo cui la verità scaturisce dal ragionare tra amici (Truth springs from argument amongst friends).

    Scendendo sul piano della concretezza, molto significativa, a questo proposito, mi sembra sia stata la lunga serie di approfondite discussioni che, nel comitato organizzatore, hanno portato alla scelta di come dovessimo considerare l’Intelligent Design (il cosiddetto Progetto Intelligente: l’idea secondo cui certe caratteristiche dell'universo e dei viventi sono spiegabili meglio ricorrendo a una "causa intelligente", che non a una procedura automatica come è per esempio la selezione naturale). Al termine di un’intensa fase istruttoria, il comitato nella sua interezza si è trovato concorde nel considerare l’ID un fenomeno di natura ideologico culturale, meritevole perciò di un inquadramento storico, ma certamente non da discutere sul terreno scientifico, filosofico o teologico. La decisione di trattare l’ID in termini di storia delle idee, in una sottosezione filosofica del convegno dedicata all'influsso dell'evoluzionismo darwiniano sulla società e la cultura, è per noi un punto molto, molto importante in quanto permetterà di mettere in evidenza la genesi lunga e complessa e il carattere dottrinario ibrido dell’ID. E qui è opportuno segnalare che questa nostra scelta, pur non essendo vincolante per alcuno, come del resto dimostrano iniziative prese da altre istituzioni pontificie, qualifica nettamente QUESTO convegno e lo spirito che lo caratterizza.

    Nelle sessioni scientifiche sono trattati fenomeni evolutivi della massima importanza insieme ad alcuni tra i principali aspetti della teoria dell’evoluzione, i cui cantieri teorici sono perennemente aperti sin dal 1809 che, ricordiamolo, non è soltanto l’anno di nascita di Darwin, ma anche quello di pubblicazione della Filosofia zoologica, un importante scritto sull’evoluzione dei viventi del primo scienziato evoluzionista: Jean Baptiste Lamarck.

    Va precisato che, consapevoli dell’enorme complessità dei sistemi viventi, gli evoluzionisti, da Darwin sino ai contemporanei, non hanno mai avanzato pretese di perfezione teorica; al contrario, il senso di provvisorietà e di relativa incompletezza hanno caratterizzato la teoria darwiniana e quella cosiddetta "sintetica" dell’evoluzione. Questa relatività della teoria, tuttavia, e tutte le regolazioni importanti e gli aggiustamenti che si sono succeduti per includervi le conseguenze di scoperte completamente nuove, come quelle collegate agli sviluppi della biologia molecolare e di cui ci parleranno relatori come Jean Gayon, Scott Gilbert e altri, non ne hanno mai intaccato il cuore. Nel processo di trasformazione dell’evoluzionismo rimangono perfettamente riconoscibili l’idea darwiniana di discendenza con modificazione e l’identità della teoria della selezione naturale elaborata da Darwin e da Wallace. Tuttavia va osservato che l’evoluzionismo attuale non può essere ridotto a puro selezionismo giacché la moderna teoria dell’evoluzione (in perfetta coerenza con quanto sostenuto da Darwin) affianca alla selezione sia altri fattori responsabili dell’evoluzione (mutazione, deriva genetica, migrazione-flusso genico, ecc.), sia nuove nozioni successive a Darwin e alla stessa teoria sintetica. La relativa fluidità della teoria evoluzionistica contemporanea è dovuta in gran parte a una serie di scoperte dell’ultimo quarto di secolo che richiedono una riconfigurazione della teoria sintetica e che potrebbero condurre a una teoria evoluzionistica di terza generazione.

    Tra i temi che verranno affrontati nel corso delle prime cinque sessioni del convegno, troviamo la lettura molecolare dell’evoluzione (applicata anche all’evoluzione umana), la formazione delle specie, il ruolo della simbiosi nell’evoluzione (e della socialità nell’evoluzione umana), il peso delle modificazioni epigenetiche, la storia delle teorie evoluzionistiche e quella delle ricerche sull’origine della nostra specie, il contributo della biologia comparata, il rapporto tra prodotti e processi nell’evoluzione, la complessità e l’evoluzione biologica, la relazione tra sviluppo embrionale ed evoluzione nell’ominazione, l’estensibilità della nozione di evoluzione allo sviluppo delle culture umane, e altro ancora.

    Mi pare che in sostanza il convegno rappresenti un’occasione non propagandistica né apologetica d’incontro fra scienziati, filosofi e teologi attorno ai temi fondamentali suscitati dall’evoluzione biologica, che viene assunta e discussa come un fatto, da considerarsi al di là di ogni ragionevole dubbio, per approfondirne manifestazioni e meccanismi causali, nonché per analizzare la portata e la qualità delle teorie esplicative sino a oggi proposte.

    Da quanto detto, ciascuno tragga poi le conseguenze che crede.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.523
    Post: 206
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 12/02/2009 16:09
    COMUNICATO: 18a RIUNIONE DEL CONSIGLIO SPECIALE PER L’AFRICA DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

    La Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi sarà celebrata dal 4 al 25 ottobre del corrente anno 2009 sul tema: La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. «Voi siete il sale della terra …Voi siete la luce del mondo» (Mt 5, 13.14).

    La Chiesa, come comunità di persone riconciliate con Dio e tra di loro, annuncia la Buona Notizia della riconciliazione al mondo e in particolare al continente africano, nel quale non mancano situazioni di violenza e di tensione, di sfruttamento e di ingiustizia.

    Le conseguenze del movimento di riconciliazione - che ha la sorgente nell’amore misericordioso di Dio Padre ed ha il punto culminante nella persona del Signore Gesù Cristo, il Quale, nello Spirito Santo, offre la grazia della riconciliazione a tutti - si manifestano nella giustizia e nella pace, indispensabili per la costruzione di un mondo migliore.

    La Chiesa-Famiglia di Dio che è in Africa, come è stato sottolineato dalla Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, ha compiuto un’opzione preferenziale per i poveri. Essa manifesta in questo modo che la situazione di miseria ed oppressione che affligge non pochi popoli africani non è irreversibile, ma pone tutti di fronte all’esigenza della conversione, di una condotta di vita integra, di un cammino risoluto verso la santità.

    Il Consiglio Speciale per l’Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, per trattare questi argomenti in vista della redazione dell’Instrumentum laboris, ha tenuto la 18a riunione nei giorni 23 e 24 gennaio 2009, alla quale hanno partecipato gli Eminentissimi Cardinali: Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (Città del Vaticano); Polycarp Pengo, Arcivescovo di Dar-es-Salaam (Tanzania); Wilfrid Fox Napier, o.f.m., Arcivescovo di Durban (Sud Africa); gli Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi: Henri Teissier, Arcivescovo emerito di Alger (Algeria); Jaime Pedro Gonçalves, Arcivescovo di Beira (Mozambico); Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo); Anselme Titianma Sanon, Arcivescovo di Bobo-Dioulasso (Burkina Faso); Cornelius Fontem Esua, Arcivescovo di Bamenda (Camerun); Odon Marie Arsène Razanakolona, Arcivescovo di Antananarivo (Madagascar); Youssef Ibrahim Sarraf, Vescovo di Le Caire dei Caldei (Egitto).

    Trattenuti in sede da urgenti impegni pastorali non hanno potuto prendere parte ai lavori gli Eccellentissimi Mons. John Olorunfemi Onaiyekan, Arcivescovo di Abuja (Nigeria), e Mons. Telesphore George Mpundu, Arcivescovo di Lusaka (Zambia).

    La bozza dell’Instrumentum laboris illustra aspetti importanti dell’attuale situazione ecclesiale e sociale nei Paesi d’Africa, dai quali emerge il grande dinamismo della Chiesa, unito alle sfide che essa ha di fronte e che il Sinodo dovrà vagliare, affinché la crescita quantitativa della Chiesa in Africa diventi anche qualitativa. Inoltre, la Chiesa desidera contribuire, secondo la sua missione propria, ad uno sviluppo armonioso dell’uomo e della donna, come pure della società, conforme alla sua dottrina sociale applicata alle diverse situazioni del grande continente africano.

    Durante i lavori, prima nei due circoli linguistici, francese ed inglese, e poi in seduta plenaria, è stato approvato il testo dell’Instrumentum laboris. In esso sono state sintetizzate le risposte ai Lineamenta che riguardano sia gli aspetti positivi, sia quelli problematici della vita sociale ed ecclesiale in Africa. In particolare, se la Prima Assemblea Speciale per l’Africa del 1994 ha insistito sulla Chiesa-Famiglia di Dio, è necessario promuovere l’applicazione delle indicazioni emerse, per dare risposte efficaci ad un’Africa assetata di riconciliazione e in cerca di giustizia e di pace. I conflitti locali o regionali, le palesi ingiustizie e violenze interpellano tutti gli uomini di buona volontà e in maniera del tutto speciale la Chiesa.

    Se è vero che in Gesù Cristo noi apparteniamo alla stessa famiglia e condividiamo la stessa Parola e lo stesso Pane di vita, se è ugualmente vero che siamo fratelli in Cristo, figli di Dio e costituiamo in Lui una sola famiglia (cfr. CCC 595), allora non ci dovrebbero più essere ingiustizie e guerre tra fratelli.

    Dal 17 al 23 marzo 2009 il Santo Padre Benedetto XVI compirà un viaggio pastorale in Camerun e in Angola, durante il quale consegnerà l’Instrumentum laboris ai Presidenti delle Conferenze Episcopali dell’Africa. Nella stessa occasione, Sua Santità incontrerà gli Em.mi ed Ecc.mi Membri del Consiglio Speciale convocato a Yaoundé, capitale del Camerun, per la diciannovesima riunione. Tale notizia ha suscitato la particolare gratitudine dei Membri del Consiglio per l’attenzione riservata dal Santo Padre alla preparazione dell’Assise sinodale e ai popoli africani.

    Con una preghiera proprio per le popolazioni dell’Africa, nel pomeriggio del 24 gennaio, si è conclusa la diciottesima riunione.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 8.547
    Post: 217
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Junior
    00 13/02/2009 16:08
    COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM: 25° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE GIOVANNI PAOLO II PER IL SAHEL

    Durante la Riunione del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, iniziata il 10 febbraio 2009, si ricorda anche il 25° Anniversario di creazione di questa Istituzione Papale. Alla presenza del Cardinale Roger Etchegaray, Presidente Emerito del Pontificio Consiglio Cor Unum, di Mons. Karel Kasteel, Segretario del medesimo Dicastero e Osservatore della Santa Sede, dei Presuli che compongono il Consiglio, di altri Vescovi, di personalità del mondo diplomatico e di`alti esponenti della società civile burkinabé, hanno luogo eventi culturali e di solidarietà che culminano nella Messa solenne di domenica 15 febbraio a Ouagadougou. Anche negli altri Paesi del Sahel si susseguono eventi per celebrare questa ricorrenza. Non si tratta soltanto di un atto di doveroso ringraziamento per il lavoro svolto dalla Fondazione, ma anche di una tappa importante affinché i diretti beneficiari e le popolazioni del Burkina Faso, Capo Verde, Ciad, Gambia, Guinea-Bissau, Mali, Mauritania, Niger e Senegal sentano sempre più come propria questa Istituzione.

    La Fondazione nasce dopo la prima visita in Africa di Papa Giovanni Paolo II, il Quale, nel maggio 1980, da Ouagadougou, pronunciava le seguenti parole: «...Da questo luogo, io lancio un appello solenne al mondo intero...alzo la mia voce supplichevole...mi faccio voce di chi non ha voce, la voce degli innocenti».

    Con Chirografo del 22 febbraio 1984, il Sommo Pontefice decide di dare «... una forma più organica, permanente ed efficace ai soccorsi della Chiesa destinati al Sahel in uno spirito di carità, di autentica promozione umana e di collaborazione» (Lettera di Istituzione). Erige pertanto questa Fondazione, affidandone l'operatività agli Episcopati dei nove Paesi del Sahel (Burkina Faso, Capo Verde, Ciad, Gambia, Guinea-Bissau, Mali, Mauritania, Niger e Senegal), una formula considerata esemplare anche per realizzare concretamente la communio ecclesiale. Accanto al Segretariato Generale in Ouagadougou (Burkina Faso), il Papa stabilisce che la custodia dei fondi e la sede legale della Fondazione rimangano presso il Pontificio Consiglio "Cor Unum", che riferisce periodicamente al Sommo Pontefice. Infine, costituisce il capitale della Fondazione con il denaro ricevuto per i Paesi del Sahel dai fedeli della Germania, in risposta al Suo appello di Ouagadougou. In questi ultimi anni, per la realizzazione immediata di progetti, anche la Conferenza Episcopale Italiana ha contribuito in misura rilevante.

    La Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel è impegnata attivamente nella gestione e protezione delle risorse naturali, nella lotta alla siccità e alla desertificazione, nello sviluppo rurale e nella lotta contro la povertà, attraverso il coinvolgimento attivo della popolazione locale. Perciò si occupa di formare animatori ("cadres moyens"), operatori della sanità e del genio civile, idraulici, meccanici, agricoltori, allevatori, silvicoltori ("cadres techniques"). Preziosa caratteristica della Fondazione è la sua apertura alle differenti religioni degli abitanti, diventando così uno strumento di dialogo inter-religioso.

    Solo nel 2008, nei nove Paesi saheliani, essa ha finanziato 208 progetti, per un valore totale che supera i due milioni di dollari americani. Si tratta di iniziative esemplari, che cambiano la vita di interi villaggi, coinvolgendo la comunità locale, come si può notare dagli esempi che seguono.

    In Africa si concentra il 39% degli analfabeti del mondo, di cui il 52% sono ragazze e donne. A questo la Fondazione risponde con la creazione di scuole comunitarie, come quella di Wamina a 550 km. da Bamako, in Mali. Grazie al sostegno della Fondazione, i banchi di fango si trasformano in banchi veri, arrivano libri, è possibile formare gli insegnanti. Si creano così reti educative che coinvolgono le famiglie e la comunità, trasformando il sistema educativo in scuola di vita a servizio dei piccoli e degli adulti.

    Secondo la FAO, nel mondo, il 38% della produzione di carne è costituito da carne di maiale. Nel sud del Senegal (Casamance) sono molto diffusi gli allevamenti di maiali, ma anche le malattie che colpiscono questi animali. La Fondazione aiuta l'Associazione "GIE Gedeon" a creare un allevamento modello, lontano dall'abitato, che segue norme igieniche rigorose per tenere gli animali puliti e in salute. Gli allevatori imparano a mantenere pura la razza degli animali, a produrre mangime di qualità e riescono ad ottenere profitti di quasi US$ 2000 l'anno.

    A Capo Verde, la sfida principale è la massiccia erosione del suolo. Nella zona di São Felipe, isola di Fogo, la Fondazione ha sostenuto la costruzione di 4 dighe, che hanno consentito di ridurre il fenomeno e di utilizzare l'acqua recuperata per restituire all'agricoltura e alla pastorizia zone che andavano desertificandosi. La vegetazione, importante per scongiurare l'estinzione di molte specie animali, si è immediatamente diffusa. A Campanas, la Fondazione ha finanziato la piantagione di un'intera foresta di alberi da frutto, eucaliptus e acacie, che servono a combattere la fame e a produrre legna da ardere, bene prezioso e ricercato.

    In Burkina Faso, la Fondazione contribuisce a formare gli agricoltori in tecniche che salvano le piantagioni dalla siccità: lo zaï, che insegna a realizzate buche riempite di concime dove si seminano le giovani piante e dove viene trattenuta l'acqua loro necessaria; la mezzaluna, semicerchio di 6 metri che frena la pioggia e fa crescere il foraggio per gli animali; le minidighe, che trattengono l’acqua delle precipitazioni; l’eliminazione del deserto con il sistema Bofix Exafuze, che fa crescere la vegetazione sulle dune. Inoltre, promuove la creazione di banche di cereali, indispensabili per preservare la biodiversità, e la diffusione di coltivazioni pregiate, come il burro di karité o dell'Arzintiga, l'albero del paradiso, che dà olio, frutti leguminosi e fiori commestibili. Diffonde poi l'apicultura, che favorisce l'impollinazione dei fiori e la produzione di un miele particolarmente puro, privo di residui di pesticidi.

    In Niger, a Dakoro, 650 km. da Niamey, la Fondazione sostiene "Sahel Care", all'opera in 15 villaggi dove si piantano 18.350 alberi c si creano vivai per il rimboschimento della zona. La produzione agricola aumenta e la fame diminuisce, si diffondono le tecniche di silvicoltura che proteggono l'ambiente, si introducono il compostaggio e le coltivazioni orticole, ora possibili grazie al ripristino della portata delle falde acquifere.

    In Mauritania, nella periferia di Nouakchott, nei quartieri dove vivono solo i poveri e gli emarginati, grazie alla Fondazione nasce un centro di formazione professionale per le donne corredato di asilo-nido, dove le mamme possono lasciare i loro bambini per poter imparare non soltanto un mestiere, ma anche quelle nozioni di alfabetizzazione e di economia domestica che consentiranno loro di migliorare la vita, l'igiene e l'alimentazione. dei loro figli. I loro eccellenti manufatti sono molto apprezzati dai turisti e i guadagni realizzati servono alle donne per intraprendere un'attività alla fine della loro formazione.

    In Guinea Bissau, la Fondazione sostiene la lotta alla malnutrizione, particolarmente pericolosa per neonati e donne incinte, grazie alla produzione di prodotti multivitaminici a base di frutta locale e grazie alla diffusione della medicina naturale, di tradizione secolare nel Paese.

    In Ciad, nella diocesi di Moundou, il 50% della popolazione è costituito da ragazzi sotto i 14 anni, il cui destino è spesso quello di aumentare il numero di disoccupati delle periferie delle città. Per toglierli dalla strada, la Fondazione finanzia una fattoria-scuola a Bengoh, dove l'acqua per le coltivazioni arriva grazie ad una moderna pompa, alimentata da pannelli solari fotovoltaici.

    In Gambia, nella diocesi di Banjul, dal 1996, la comunicazione tra parrocchie e lo sviluppo sostenibile si affidano alle onde radio. Grazie all'aiuto della Fondazione, é possibile rinnovare gli impianti per assicurare la diffusione capillare di trasmissioni educative diverse, destinate ai giovani, alle donne e agli agricoltori.

    Queste sono solo alcune delle opere realizzate dalla Fondazione a beneficio di una delle regioni più povere del pianeta. Rallegra il fatto che i beneficiari, oltre all'aiuto materiale, apprezzino in modo particolare la vicinanza spirituale del Pastore Universale della Chiesa attraverso lo strumento privilegiato dell'Istituzione Pontificia. Con questo scopo, la Fondazione vuole continuare a progredire fattivamente negli anni a venire.

1