Viaggi pastorali in Italia

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Paparatzifan
00martedì 10 marzo 2009 16:06
Paparatzifan
00sabato 11 aprile 2009 19:48
Dal blog di Lella...

Benedetto XVI sarà a Brescia l'8 novembre

NEL SEGNO DI PAOLO VI. Ratzinger verrà nell'ambito delle celebrazioni per il trentesimo anniversario della morte di Montini. Monari: «Rinsaldato il legame con Roma»

L'ipotesi: a Concesio per la nuova sede dell'Istituto, messa a Campo Marte e tappa a Botticino per Tadini

Massimo Tedeschi

Adesso l'annuncio è ufficiale.
Papa BenedettoXVI verrà a Brescia. L'invito formale fatto dalla diocesi di Brescia al Pontefice, per una sua presenza nell'ambito delle manifestazioni per il trentesimo anniversario della scomparsa di papa Montini (che morì il 6 agosto 1978), è stata dunque accolta. La notizia anticipata da Bresciaoggi a metà marzo ha trovato la sua ufficializzazione più solenne ieri in Cattedrale durante la messa crismale.
DAVANTI a una platea folta di sacerdoti e religiosi, che secondo tradizione hanno rinnovato collegialmente le promesse fatte al momento dell'ordinazione, al termine della messa il vescovo monsignor Luciano Monari ha dato un annuncio «che è motivo di gioia per il nostro presbiterio e per tutta la chiesa bresciana»: «Il Papa - ha detto il vescovo - verrà a visitarci domenica 8 novembre. Il motivo è naturalmente il trentesimo anniversario della morte di Paolo VI. Papa Ratzinger, come sapete, fu creato cardinale da Paolo VI e ha sempre avuto verso il nostro Papa bresciano un riconoscimento e un amore grande. Per questo verrà e vivrà con noi una giornata che sarà un momento intenso di comunione e di preghiera».
Monsignor Monari ha anche tratteggiato il significato profondo di questo incontro: «La Chiesa bresciana - ha detto - ha bisogno della Chiesa di Roma di Roma per potersi definire Chiesa in senso pieno; io, vescovo di Brescia, ho bisogno della comunione col vescovo di Roma per essere vescovo della Chiesa cattolica; la liturgia che celebriamo è autentica perchè facciamo memoria del papa e di tutti i vescovi in comunione con lui. Insomma, noi cattolici bresciani riusciamo a cogliere la vera nostra identità ecclesiale solo se manteniamo vitale, forte, senza riserve il legame di fede e di carità con la sede di Pietro».
INCONTRARE il Papa e celebrare con lui, ricorda Monari, «significherà riscoprire la gioia e la fierezza di quello che siamo». Il vescovo ha chiesto alla Chiesa di preparare questo evento con la preghiera che «renderà attento il cuore e gli permetterà di vedere il Papa con gli occhi puliti e stupiti della fede».
COME SARÀ la visita di Papa Ratzinger a Brescia? Le prime ipotesi s'erano concentrate su settembre, ma poi l'agenda papale ha costretto a spostare ulteriormente la data in novembre quando i dati climatici condizioneranno fatalmente il programma. La prefettura della Casa pontificia, insieme a un comitato di prossima costituzione a Brescia, definiranno i dettagli. L'ipotesi è di una visita tripartita: papa Ratzinger dovrebbe recarsi anzitutto a Concesio per l'inaugurazione ufficiale della nuova sede dell'Istituto Paolo VI. Nell'edificio realizzato dall'Opera per l'educazione cristiana nei pressi della casa natale di Paolo VI oltre all'Istituto troveranno sede anche la Collezione "Arte e spiritualità", un auditorium da 200 posti, la sede dell'Opera e del Cedoc.
È prevista poi una messa all'aperto per consentire l'affluenza di un grande numero di fedeli. Le ipotesi per ora si concentrano sull'area di Campo Marte.
Una terza tappa potrebbe essere a Botticino, per rendere un omaggio a «san» Arcangelo Tadini, fondatore delle Suore operaie, che domenica 26 aprile verrà canonizzato a Roma. Sono ipotesi, per ora in attesa di conferma.

Ratzinger è nato in Baviera il 16 aprile 1927. Paolo VI lo ha nominato vescovo di Monaco il 24 marzo e l'ha creato cardinale il 28 maggio 1977

© Copyright Brescia Oggi, 10 aprile 2009


Paparatzifan
00mercoledì 15 aprile 2009 20:52
Dal blog di Lella...

«Il Papa verrà a visitarci l’8 novembre»

L’annuncio di mons. Luciano Monari al termine della Messa Crismale partecipata dalla gran parte dei sacerdoti Nel trentesimo della morte di Paolo VI «una giornata che sarà un momento intenso di comunione e di preghiera»

Adalberto Migliorati

«Il Papa verrà a visitarci domenica 8 novembre».
Un lungo, intenso, caloroso applauso si espande per le navate della cattedrale all’annuncio del mons. Luciano Monari. Plaudono i sacerdoti convenuti in massa per la Messa Crismale che si rinnova il Giovedì Santo, applaudono i laici, molti dei quali giovani. L’annuncio del Vescovo - a conclusione di una intensa celebrazione che pone al centro la figura del sacerdote - pone fine ad uno stillicidio di previsioni che si rinnova da mesi. Ormai pareva assodato che Benedetto XVI avesse deciso di venire, ma quando? Tre le ipotesi più veicolate: viene durante le vacanze estive in Trentino; sceglie settembre per i rimandi montiniani, ma è già lontano da Roma in due domeniche di quel mese; decide per una domenica di novembre. Così è accaduto.

L’annuncio di mons. Monari

Dopo aver ascoltato ed abbracciato, condividendo la commozione di tutta l’assemblea, don Alessandro Tomasoni, classe 1910, ordinato sacerdote nel 1934, ringraziare Dio per i 75 anni di sacerdozio anche a nome di don Giuseppe Borra, il Vescovo chiede l’attenzione per una conclusiva importante comunicazione. Al suo fianco mons. Luigi Ventura, nunzio apostolico in Canada; mons. Giulio Sanguineti, suo predecessore alla guida della diocesi; mons. Vigilio Mario Olmi, vescovo ausiliare emerito; mons. Giovanni Battista Morandini, nunzio apostolico emerito; mons. Giovanni Migliorati, missionario comboniano, che a maggio sarà consacrato vescovo di Awasa in Etiopia, il vicario generale mons. Gian Franco Mascher. La Chiesa bresciana che c’era, che c’è, che ci sarà.
«Sono contento di potervi dare ufficialmente un annuncio che è motivo di gioia per il nostro presbiterio e per tutta la Chiesa bresciana. Il Papa verrà a visitarci domenica 8 novembre. Il motivo è naturalmente il trentesimo anniversario della morte di Paolo VI. Papa Ratzinger, come sapete, fu creato cardinale da Paolo VI e ha sempre avuto verso il nostro Papa bresciano una riconoscenza e un amore grande. Per questo verrà e vivrà con noi una giornata che sarà un momento intenso di comunione e di preghiera» premette il Vescovo.
Spiega mons. Monari che «il programma preciso sarà definito naturalmente dalla Prefettura della Casa Pontificia e sarà reso pubblico nelle prossime settimane, ma il significato spirituale di questa visita è chiarissimo. La Chiesa bresciana ha bisogno della Chiesa di Roma per potersi definire Chiesa in senso pieno; io, Vescovo di Brescia, ho bisogno della comunione col Vescovo di Roma per essere Vescovo della Chiesa cattolica; la liturgia che celebriamo è autentica perché facciamo memoria del Papa e di tutti i Vescovi in comunione con lui. Insomma, noi cattolici bresciani riusciamo a cogliere la vera nostra identità ecclesiale solo se manteniamo vitale, forte, senza riserve, il legame di fede e di carità con la sede di Pietro».
Sottolinea il Vescovo che «accogliere il Papa, concelebrare con lui ci permetterà di professare pubblicamente insieme con lui la medesima fede, di riconoscere in lui Pietro, centro di unità del collegio apostolico, di rinnovare l’amore e il senso di responsabilità per la Chiesa intera. Significherà riscoprire la gioia e la fierezza di quello che siamo, di quello che il Signore fa di noi; significherà arricchire la coscienza missionaria già così ricca della nostra Chiesa».

Comunione col Vescovo di Roma

«Vi chiedo di preparare questa visita con la preghiera e la catechesi: la preghiera renderà attento il cuore e gli permetterà di vedere il Papa con gli occhi puliti e stupiti della fede; la catechesi aiuterà a capire che la comunione col Vescovo di Roma è la condizione essenziale dell’unità per la quale il nostro Signore ha pregato e ha consegnato la sua vita. Grazie di quello che farete e auguri affettuosi di buona Pasqua a voi e a tutte le comunità che voi servite».
Esce la lunga processione dei sacerdoti per tornare in Duomo Vecchio da dove era partita oltre due ore prima, dopo aver ascoltato i ringraziamenti e le presentazioni del Vescovo. I commenti si alternano tra l’annuncio della visita del Papa e i densi contenuti di un’omelia dai forti richiami all’essenza del sacerdozio.

© Copyright Il Giornale di Brescia, 10 aprile 2009


Paparatzifan
00domenica 19 aprile 2009 19:50
Dal blog di Lella...

L'omaggio del Papa alle macerie di Onna

La visita

Ratzinger trascorrerà nei luoghi del sisma la mattinata del 28 aprile

PESCARA

Per anni L'Aquila ha atteso che un Papa partecipasse alle celebrazioni della Perdonanza celestiniana.
Ora un Pontefice arriva, nella basilica di Collemaggio, ma tra le rovine e la devastazione del terremoto.
Papa Ratzinger visiterà L'Aquila e le zone circostanti colpite dal sisma del 6 aprile il prossimo martedì 28 aprile.
Lo ha annunciato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.
«Benedetto XVI - ha detto - si recherà in Abruzzo per incontrare le popolazioni vittime del terremoto, secondo il proposito da lui da tempo manifestato. Raggiungerà la tendopoli di Onna verso le 9.30 del mattino, successivamente passerà all'Aquila, dove sosterà presso la Casa dello Studente e la Basilica di Collemaggio». Al termine della mattinata, «presso la Caserma della Guardia di Finanza avrà luogo un incontro con rappresentanze della popolazione e delle persone impegnate nelle operazioni di soccorso. La partenza è prevista intorno alle 12.30».
Ai girnalisti, padre Lombardi ha anche precisato che «durante gli spostamenti in elicottero il Papa sorvolerà alcune delle località più colpite dal sisma». Con la sua visita nelle zone terremotate, il Papa porterà «speranza e l'espressione della solidarietà della chiesa, che ha già dimostrato fin dall'inizio, partecipando intensamente al dolore delle popolazioni così colpite», ha detto il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone. In quella occasione Papa Ratzinger «darà un grande segno di speranza - ha proseguito Bertone - e insieme una spinta alla capacità di ricostruire con l'aiuto del Signore e la solidarietà di tante persone buone». La visita del Papa in Abruzzo «donerà a tutta la nostra chiesa, conforto e speranza per il futuro che ci attende» afferma monsignor Giuseppe Molinari, arcivescovo dell'Aquila, alla notizia della prossima visita di Benedetto XVI ai terremotati.
«Invito tutti — scrive l'Arcivescovo — a pregare per questa visita che, certamente, donerà a tutta la nostra chiesa, conforto e speranza per il futuro che ci attende».

© Copyright Il Tempo, 19 aprile 2009


Paparatzifan
00lunedì 20 aprile 2009 18:01
Dal blog di Lella...

VISITA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALLE ZONE TERREMOTATE DELL’ABRUZZO (28 APRILE 2009) - PROGRAMMA

09.00 Partenza in elicottero dall’eliporto vaticano.

09.30 Atterraggio all’elisuperficie presso la tendopoli di Onna.

VISITA ALLA TENDOPOLI.

Parole di saluto del Santo Padre e Preghiera per i Defunti.

10.00 In auto, il Santo Padre raggiunge L’Aquila.

SOSTA ALLA BASILICA DI COLLEMAGGIO DE L’AQUILA.

Il Santo Padre venera l’urna di Celestino V, e depone come omaggio uno dei Pallii Pontifici.

BREVE SOSTA PRESSO LA CASA DELLO STUDENTE.

Incontro con un gruppo di studenti.

10.45 Arrivo al Piazzale della Guardia di Finanza di Coppito.

INCONTRO PER UN BREVE SALUTO CON I SINDACI E I PARROCI DEI COMUNI PIÙ COLPITI DAL SISMA.

11.00 INCONTRO CON I FEDELI ED IL PERSONALE IMPEGNATO NEI SOCCORSI (Volontari, Protezione Civile, Militari, etc.)

Saluto di S.E. Mons. Giuseppe Molinari, Arcivescovo de L’Aquila.
Saluto dell’On. Massimo Cialente, Sindaco de L’Aquila.

Discorso e Preghiera del Santo Padre.
Recita del Regina Coeli.

(È presente la statua della Madonna di Roio, Nostra Signore della Croce, davanti alla quale il Santo Padre depone una rosa d’oro).

SALUTO ALLE RAPPRESENTANZE DELLE CATEGORIE PRESENTI.

12.00 Partenza in elicottero dall’elisuperficie della Guardia di Finanza.

Sorvolo di alcune zone più colpite dal sisma.

13.00 Arrivo all’eliporto vaticano.


+PetaloNero+
00lunedì 20 aprile 2009 18:05
Reso noto il programma della visita del Papa tra i terremotati d'Abruzzo


La Sala Stampa della Santa Sede ha reso noto il programma dettagliato della visita in Abruzzo che Benedetto XVI compirà il prossimo 28 aprile nelle zone terremotate. Il Papa arriverà verso le 9 in elicottero presso la tendopoli di Onna, dove visiterà gli sfollati e pregherà per i defunti. Quindi, alle 10, raggiungerà l’Aquila e sosterà alla Basilica di Collemaggio per venerare l’urna di Celestino V e deporre come omaggio uno dei Pallii Pontifici. Il Papa compirà poi una breve sosta presso la Casa dello studente, sotto le cui macerie hanno trovato la morte otto giovani. Il Pontefice incontrerà un gruppo di studenti, quindi verso le 10.45 sarà nella caserma della Guardia di Finanza di Coppito. Sul piazzale della caserma, Benedetto XVI si intratterrà dapprima per un breve saluto con i sindaci e i parroci dei paesi più colpiti dal sisma e quindi, alle 11, rivolgerà un discorso anche ai fedeli e al personale impegnato nei soccorsi, che sarà concluso dalla preghiera del Regina Coeli. E davanti alla statua della Madonna di Roio, Nostra Signore della Croce - portata per l’occasione - il Pontefice deporrà una rosa d’oro. Infine, verso le 12 Benedetto XVI ripartirà in elicottero, sorvolando alcune delle zone terremotate prima di rientrare in Vaticano. Sulla situazione in Abruzzo, il servizio di Salvatore Sabatino:

A due settimane dalla prima fortissima scossa, l’Aquila e la sua provincia sono alle prese con un lento ritorno alla normalità, che passa anche attraverso la riapertura di numerose scuole e di oltre 100 negozi. Ma il centro storico del capoluogo abruzzese resta sigillato, a causa del pericolo di crolli. E mentre già si pensa alla ricostruzione, gli inquirenti indagano sulle presunte responsabilità dei costruttori nel cedimento di alcune strutture di recente edificazione. Per il procuratore capo della Procura della Repubblica dell’Aquila, Alfredo Rossini, “nel giro di 4 mesi si potrà giungere ai primi risultati concreti nelle indagini”. Intanto il governatore della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, ha sottolineato che il 70% delle case è agibile o agibile con piccoli interventi, pur nella consapevolezza che nessuno torna nelle proprie abitazioni per la paura di nuove scosse: una di magnitudo 3.1 sulla scala Richter è stata avvertita dalla popolazione alle 9.13 di questa mattina. Infine, da segnalare, che continua a muoversi concretamente la macchina degli aiuti: dalla Caritas Italiana, la notizia che dal 6 aprile scorso, giorno del sisma, sono stati raccolti 3 milioni di euro in offerte, cifra alla quale vanno ad aggiungersi i 5 milioni donati dalla Conferenza Episcopale Italiana. A questi soccorsi andranno sommati i fondi raccolti nella colletta nazionale promossa ieri dalla Cei in tutte le chiese d'Italia. All’Aquila abbiamo incontrato padre Luciano Antonelli, del Convento di Santa Chiara, che era in fila ad una postazione mobile dei Vigili del Fuoco che raccoglieva le richieste per recuperare gli oggetti personali dalle case lesionate. Ascoltiamo questa testimonianza:

R. - Questa mattina siamo in fila per andare a recuperare le cose preziose che abbiamo nella sagrestia: paramenti sacri, coppe e calici, tutte queste cose ancora rimaste lì. Alcune cose personali le abbiamo già recuperate, ora ci restano queste, e poi la grande biblioteca; insomma, dobbiamo fare ancora molte cose.

D. – La struttura è stata danneggiata dal terremoto?

R. – Fortemente danneggiata. Le mura perimetrali, a distanza, sembrano ancora buone; in realtà hanno delle profonde crepe, hanno ceduto i soffitti, è venuto giù anche il soffitto della Chiesa, la sagrestia, il coro. E’ una grande rovina.

D. – Però il vostro ruolo, in questo momento, è anche quello di dare la speranza…

R. – Possiamo dire che il nostro ruolo, adesso, si è intensificato, ancor più di prima, in quanto stiamo lavorando presso questi nostri fratelli e sorelle, nella stazione ferroviaria, nel campo principale – qui, di piazza D’Armi – e presso l’ospedale, che avevamo già in custodia, ed anche presso gli altri campi; stiamo girando davvero dappertutto. Quindi diciamo che la nostra azione di testimonianza e di vicinanza a questo nostro popolo è ancora aumentata.

D. – La gente ha bisogno proprio della vostra vicinanza…

R. – Tanta, tanta, anche se molte volte vuole riflettere, vuole fare per conto proprio; forse non vuole essere disturbata, però ha tanto bisogno di noi, e vengono sia a confessarsi, sia a chiedere consigli alle nostre funzioni religiose.

D. – Vuole lanciare un messaggio a chi l’ascolta, in questo momento?

R. – Dico a tutti questi nostri fratelli e sorelle che ci ascoltano che, una pietra dopo l’altra, ricostruiremo questa nostra città, ma non deve venir meno la fede, il fondamento che c’è nell’intimo di noi, l’amore verso il Cristo che è con noi, in questa circostanza, ancor più di prima.
Anche Piànola, paese che dista 4 chilometri dall’Aquila, ha subìto pesanti danni durante il sisma del 6 aprile. Nel campo sportivo è stata allestita una tendopoli che ospita 700 persone. Qui abbiamo incontrato Carla D’Agostino, presidente dell’Associazione Pro-Civ di Nova Siri, in provincia di Matera, che gestisce il campo, e che ci racconta quali sono le difficoltà incontrate dalla popolazione:

R. - La loro difficoltà riguarda soprattutto il seguito, ciò che avverrà dopo questo primo momento; perché per quanto riguarda, ad esempio, le derrate alimentari, l’organizzazione della tendopoli, l’accoglienza da parte nostra, dei volontari, loro sono molto soddisfatti. Ogni volta che parte un gruppo, loro piangono e fanno piangere anche noi.

D. - Quando siete arrivati che situazione avete trovato?

R. - La tendopoli era quasi tutta montata, però abbiamo sistemato tutta la parte dei percorsi. Poi, abbiamo sistemato le derrate alimentari all’interno dei container, abbiamo montato le docce e costruito quattro lavandini perché ce n’era uno solo disponibile. Qui, ci troviamo all’interno di un campo sportivo, per cui abbiamo utilizzato gli spogliatoi e c’era un solo lavandino, un solo bagno.

D. - Voi siete considerati un po’ gli “angeli”…

R. - Sì, abbiamo fatto amicizia con la gente del posto, ci siamo scambiati i numeri, ci chiameranno. Io ho detto loro: “se avete bisogno di qualcosa noi continuiamo la nostra mobilitazione”. Il nostro tempo, però, qui è finito perché ci diamo il cambio con altri gruppi.

D. - Tra l’altro voi venite dalla Basilicata, una terra che è stata fortemente colpita dal terremoto…

R. – Sì, il sisma del 1980 è stato qualcosa di incredibile e anche lì c’è il seguito, c’è ancora gente che continua a vivere le conseguenze del terremoto e, quindi, sappiamo cosa vuol dire. Noi nella fascia Metapontina non siamo stati colpiti direttamente da quel terribile terremoto, ma abbiamo vissuto di riflesso tutto lo sconvolgimento che tutto questo può portare.



[Radio Vaticana]
Paparatzifan
00martedì 21 aprile 2009 21:40
Dal blog di Lella...

TERREMOTO: IL PAPA DONERA' IL SUO PALLIO A SAN CELESTINO V

ARCIVESCOVO MOLINARI, PRIMO LEGAME TRA UN PAPA E IL SANTO

L'Aquila, 21 apr. - (Adnkronos)

Il Papa fara' dono del suo Pallio a San Celestino V il cui corpo e' custodito nella Basilica di Collemaggio. Durante la sua visita all'Aquila, il Santo Padre, ''venerera' il corpo di Celestino - dice all'ADNKRONOS l'arcivescovo dell'Aquila Giuseppe Molinari - e offrira' al Santo la sciarpa che gli fu imposta il giorno in cui inizio' il ministero di Papa.
Gliela donera' come segno di stima e di venerazione ''.
''Si tratta di un gesto storico - spiega - Nessun papa prima aveva fatto un dono a Celestino. L'unico legame tra Celestino ed un Papa fu quello con Paolo VI che non visito' l'Aquila ma il castello di Fumone dove Celestino venne rinchiuso da Bonifacio VIII''.

© Copyright Adnkronos


Paparatzifan
00domenica 26 aprile 2009 16:29
Dal blog di Lella...

«L’ombra di Pietro conforterà L’Aquila»

L’arcivescovo Molinari: la visita del Papa grande dono

DAL NOSTRO INVIATO ALL’AQUILA

PAOLO LAMBRUSCHI

La città ferita aspetta l’ombra di Pietro. L’e spressione, tratta dagli Atti degli Apostoli, piace molto all’arcivescovo metropolita dell’Aquila Giuseppe Molinari, 71 anni, nativo dell’Aquilano e parroco in città per 28 anni, pri ma di guidare la diocesi dal 1996. È la definizio ne usata per le visite del primo Papa alle na scenti comunità dei cristiani in Palestina quan do, narra il testo sacro, il vicario di Cristo sanò una donna malata, Tabità, che significa gazzel la, e resuscitò un morto.
«Portò gioia e speran za, ascoltò e guarì le inevitabili ferite – spiega l’arcivescovo sfollato, che ci riceve nel giardino della casa della sorella, dove vive in tenda e si fer ma tra una visita e un incontro in questi gironi frenetici, mentre cerca di far ripartire la Curia – , anche noi ne abbiamo bisogno. Papa Bene detto ci ha dimostrato da subito affetto e dispo nibilità a questa visita. Siamo molto contenti. Mi chiamò appena dopo la tragedia per testi moniare la sua preghiera per questa terra e la sua gente.
Allora mi disse che sarebbe venuto ap pena possibile. Oltre alla sua paterna presenza, noi siamo felici di accogliere con lui l’ombra di Pietro, che porta Cristo nella nostra città che sof fre. I primi credenti gli portavano i malati per ché l’ombra del Papa li guarisse, così faremo noi».

Quale significato ha per voi?

La sua visita attirerà su di noi ancor di più l’at tenzione, però come credenti conta la presen za particolare di Cristo nel Suo vicario. Per noi rappresenta in questo momento la vicinanza del Signore che viene a guarirci da quello che in questo momento può turbare e uccidere la spe ranza, abbiamo bisogno di guarigione da ogni tentazione di ripiego su noi stessi, da ogni at teggiamento contrario alla fede, che ci chiede di andare avanti sempre.

Tra i gesti che compirà il Papa, quale la colpi sce di più?

Sono tutti significativi, ma il dono del pallio è straordinario. Dopo aver visitato Onna, il paese martire, si recherà alla basilica di Collemaggio e venererà l’urna di San Celestino donandoci il pallio che indossò il giorno della sua elezione. Con quel pallio cingeremo la reliquia del Santo, un gesto che simboleggia il grande affetto del Papa e l’importanza del messaggio della bolla del perdono, un invito alla pace e alla riconciliazio ne per tutto il mondo. Non dimentico la rosa d’oro che depositerà davanti alla statua della Madonna di Roio. All’Aquila è circondata da grande devozione popolare, la porteremo dal santuario diocesano perché è la statua cara ai nostri vecchi pastori abruzzesi che, finita l’esta te, partivano con gli animali per le Puglie.

Torniamo a oggi, qual è la situazione a 20 gior ni dal terremoto?

È una tragedia grande, ma è importante per il di segno di Dio. Chi crede e conosce la storia del la salvezza e quella di Cristo sa che dopo la mor te c’è la vita nuova, la risurrezione. Il terremoto non è la fine di tutto, anche se non abbiamo più lacrime per piangere chi non c’è più. Però gra zie alla visita del Papa e alla preghiera di tutta la Chiesa speriamo di avere la forza di proseguire il cammino.

Anche sotto le tende la Chiesa aquilana non si è mai fermata un minuto...

Nonostante le difficoltà e le paure, i miei preti sono stati al loro posto, accanto ai loro fedeli, sia per le esigenze materiali sia per quelle spiri tuali. Continuano con umiltà e semplicità il lo ro servizio pastorale. Mi hanno colpito per la lo ro forza, diversi di loro non sono italiani, ven gono dall’Africa o dal Sudamerica. Eppure sono rimasti con le loro comunità e stanno cercando di dare il meglio in condizioni difficili. Presto ci incontreremo per riorganizzarci.

La Chiesa italiana non ha fatto mancare la sua vicinanza.

Sì, sono commosso. C’è stata una risposta bella e spontanea. Ho sentito la solidarietà dei con fratelli vescovi, dei religiosi. L’opera dei volon tari, delle Caritas e delle associazioni è sotto gli occhi di tutti. Dal terremoto, dalla morte, dal male è venuto tanto bene, ha unito ancora di più la mia Chiesa e la Chiesa italiana. Senza con tare l’affetto di tanti vescovi di ogni parte del mondo, dove ci sono migranti abruzzesi, ma an che da luoghi impensabili. La definirei una fo resta immensa di cose buone.

In un’intervista a Radio Vaticana, ha chiesto certezza su tre cose per ripartire. Casa, lavoro e università. Perché?

Perché le famiglie stanno tenendo, la mia è gen te semplice con valori sani. Ma a lungo andare le famiglie disgregate si sfaldano, la vita in ten da logora e divide. Serve allora la possibilità di tornare a produrre e progettare. Quanto all’uni versità, è l’intervento più rapido da effettuare, bastano strutture leggere e sicure. Prima del si sma vivevano in questa città 30mila studenti, dobbiamo farli tornare per fare ripartire molto in fretta l’economia, la cultura e il tessuto so ciale. Gesti concreti ridanno la speranza.

© Copyright Avvenire, 26 aprile 2009


+PetaloNero+
00lunedì 27 aprile 2009 16:10
Domani il Papa in visita nelle zone terremotate


Benedetto XVI si recherà domani mattina in Abruzzo per incontrare le popolazioni terremotate. Alle 9.30 giungerà ad Onna, in elicottero: poi, in automobile, si trasferirà all’Aquila. Prima tappa alla Basilica di Collemaggio per l’atto di venerazione all’urna di Celestino V. Quindi, la breve sosta alla Casa dello studente, seguita dall’incontro, nel piazzale della Scuola della Guardia di Finanza a Coppito, con i sindaci e i parroci dei Comuni più colpiti dal sisma e poi con i fedeli e il personale impiegato nei soccorsi. Il Papa guiderà la recita del Regina Coeli. Infine il saluto alle rappresentanze delle categorie presenti. Alle 12.00 la partenza per il Vaticano. Ma diamo la linea ad uno dei nostri inviati in Abruzzo, Massimiliano Menichetti.

L’Aquila si prepara ad accogliere il Papa, che domani verrà nei luoghi più colpiti dal sisma del 6 aprile scorso. Benedetto XVI sarà ad Onna, Collemaggio, la Casa dello studente – nel centro città – ed infine il congedo nella Caserma di Coppito, dove si raccoglierà in preghiera con tutta L’Aquila, con tutto l’Abruzzo. Questa mattina la terra ha tremato ancora, durante i preparativi per quest’attesa visita, mentre si montano le ultime strutture. La città abbraccerà il Papa, ferita, ma non nel cuore, che batte vigoroso, come prima; me lo ha detto Mario, una delle tante persone con le quali ho parlato questa mattina. In questo scenario di attesa, proseguono i rilievi tecnici, strutturali sulle abitazioni: su oltre 15 mila crollate, sarebbero più del 54% quelle agibili. Oggi, nei pressi della stazione, sono iniziate le prime demolizioni; qui tutti attendono, però, da ieri, l’ordinanza del sindaco, che permetterà il rientro in casa per i più fortunati. Negli accampamenti, intanto, la vita è migliorata: c’è acqua calda, i riscaldamenti nelle tende funzionano ed i pasti sono assicurati a tutti. Lo ricordiamo, in città, nelle tendopoli, sono oltre 35 mila le persone; altri sono ospitati lungo la costa adriatica, nelle strutture alberghiere. Oltre 65 mila, comunque – secondo gli ultimi dati della Protezione civile – gli sfollati a causa del terremoto; senza soste il lavoro dei volontari, Protezione civile, Vigili del Fuoco. Questi ultimi, impegnati anche a recuperare gli oggetti delle persone, che pazientemente si mettono in fila per essere accompagnati davanti a quella che era la propria casa.


Ad accogliere il Papa in Abruzzo sarà l’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Molinari. Ascoltiamolo al microfono di Massimiliano Menichetti:

R. – E’ stata un’iniziativa che viene proprio dal suo cuore di padre, di pastore, vedendo la nostra sofferenza di questo momento. La nostra tragedia è conosciuta in tutto il mondo, però la presenza del Papa, la farà conoscere ancora di più e questo ci porterà anche, certamente, ad avere ancora più solidarietà da parte di tutti e per noi questo è importante. Però, a prescindere da questo, quello che è più importante, è proprio sul piano religioso, sul piano della fede.


D. – Mons. Molinari, che cosa vi porterà il Papa?


R. – Quello che conta è che lui ci confermi nella fede. E’ lui che ci indica la strada da seguire, è lui che ci dice da quale parte sta la verità che guida il popolo cristiano; è lui che ci rassicura e che ci libera dal dubbio. In questo momento, veramente, confermare i propri fratelli nella fede, questi fratelli che sono nella prova, nella sofferenza, diventa ancora più bello, ha un sapore ancora più profondo, un significato ancora più bello. In fondo, una volta mi disse un teologo: “Io mi aspetto dal mio vescovo solo questo: che mi confermi nella fede del Cristo risorto”. Il Papa quindi, viene a confermarci in questa fede, nel Cristo risorto, con tutto quello che questo significa. Significa buttarsi dietro alle spalle tutto quello che sa di sfiducia, di rassegnazione, di dubbio; di rinuncia ad impegnarci a lottare per andare avanti. Credere nel Cristo risorto significa mettere da parte tutto quello che è cultura di morte, che è crisi della speranza per imboccare, invece, decisamente la strada dell’affidarsi totalmente al Signore, anche quando sembra tanto, tanto difficile: ed in questo momento è difficile. Di fronte ad una prova così grande, il nostro popolo ha tanta fede però, indubbiamente, è un momento difficile e quindi, la presenza del Papa ci richiama alla centralità di questa fede. E' vero, noi sappiamo che abbiamo bisogno davvero di tanta solidarietà da parte di tutti e per questo ringraziamo tutti, ma prima di tutto abbiamo bisogno di profonda fede, quella fede che genera anche la speranza, che genera la forza di andare avanti e tutto questo non lo ritroviamo nei ragionamenti umani. La povera ragione umana, di fronte a questo mistero del dolore, di una prova così grande, si arrende, non trova spiegazione. Alla luce della fede, non è che abbiamo delle spiegazioni preconfezionate, astratte, però abbiamo l’esempio di Cristo che, salendo sulla Croce, soffrendo, dando la sua vita, ha salvato tutto il mondo.(Montaggio a cura di Maria Brigini)


Sull’attesa del Papa in Abruzzo ecco alcune testimonianze raccolte sempre da Massimiliano Menichetti:

D. – Domani ci sarà l’arrivo del Papa: che cosa vi aspettate da questa visita?


R. – (Paolo) Sarà un segno di grande speranza; incoraggiante insomma. Dà quella speranza di andare avanti, anche al di là delle macerie.


D. – E che cosa porterete al Papa?


R. – Sicuramente tanta sofferenza per la situazione che si vive; anche tanta preoccupazione per il futuro. Però, c’è la speranza di un futuro.

D. – Come stanno andando le cose?


R. - (Lucia) Per quanto riguarda l’accoglienza e l’assistenza sono ottime. Abbiamo degli angeli qui dentro. Abbiamo la Protezione civile, i Vigili del Fuoco, che danno veramente un aiuto a livello psicologico, anche fisiologico, per quanto riguarda gli ammalati. Certo, mancano le nostre quattro mura. Speriamo, però, che al più presto Dio ci dia una mano per poter rientrare nelle nostre case.


D. – Trovo straordinario il fatto che voi siate in una tenda e mi diciate: “Abbiamo di tutto e di più”. Com’è possibile una cosa del genere?


R. – Sì, perché abbiamo visto di peggio: le persone che ormai non ci sono più. E a questo punto possiamo dire veramente che Dio ci ha aiutato. Dobbiamo, allora, continuare ed andare avanti.


D. – Domani ci sarà l’arrivo del Papa. Che cosa si aspetta da questo incontro?


R. – Noi avvertiamo nell’aria questa presenza. L’avvertiamo.

D. - Come sta vivendo questa situazione?


R. – (Luciana) Con tanta pace dentro perché penso che la mia casa sia questa. Quando sono venuta qui ed ho trovato i frati, per me è stata una cosa molto importante perché sento la presenza di Cristo; nonostante tutto, vedo che Dio non ci abbandona.


D. – Lei dice: “la mia casa è questa” e sta indicando una cappella-tenda…


R. – Sì, perché qui trovo veramente, in Gesù Cristo, la forza di andare avanti.


D. – Cosa significa per lei questo arrivo del Papa?


R. – Io penso che sia molto importante, sento veramente che è Cristo sulla terra.


D. – Che cosa porterà al Papa, nel suo cuore?


R. – La preghiera per lui. Io penso che la preghiera è importante, la preghiera reciproca.

D. – Lei è dell’Aquila?


R. – (Norma) Sì, proprio aquilana. Mi manca l’Aquila, è finito tutto. Il Corso e i Portici non ci sono più ed allora è triste, ci viene da piangere.


D. – Domani verrà il Papa. Che cosa si aspetta da questo incontro con il Papa?


R. – Sempre cose buone perché quando uno ha la fede, deve sperare sempre. Già che siamo salvi, è tanto; pensando a tutte quelle persone che sono rimaste sotto le macerie, è triste.(Montaggio a cura di Maria Brigini)


Ascoltiamo infine don Cesare Cardoso, parroco di Onna e Monticchio, al microfono di un altro dei nostri inviati, Fabio Colagrande:

R. – Ho visto nella gente tanto entusiasmo. La gente ha detto: “Che bello”. Certamente poi, andando più in là e toccando i sentimenti di alcune persone, soprattutto quelli più feriti, che sono stati più colpiti, perché hanno perso dei cari, alcuni di loro mi hanno detto: “Noi aspettiamo il Papa”, come quelle persone o quei figli, che quando hanno un problema ad un certo punto bussano alla porta e si vedono arrivare il papà. Certamente quel papà, quel padre spirituale, non cambierà gli eventi, o quello che è successo, però ci darà tanta forza, tanta serenità, ci aiuterà spiritualmente a superare queste difficoltà.


D. – Sappiamo che Benedetto XVI ha espresso proprio il desiderio di incontrare i terremotati, di incontrare i familiari delle vittime. Come avete preparato l’accoglienza al Papa?


R. – In modo molto semplice. Se fosse stato un clima diverso, avremmo fatto chissà quante belle cose. Adesso, però, lo facciamo con tanta semplicità. Una signora mi diceva: “Padre, l’unica cosa che vorrei fare, quando vedrò il Sommo Pontefice è dargli un abbraccio e dirgli ‘la ringrazio Santità, perché è qui con noi. La sua presenza ci spinge a dare un senso alla nostra sofferenza’”.


D. – Lei don Cesare ha vissuto la Pasqua qui ad Onna nel dramma. Come è riuscito ad infondere la speranza della Resurrezione alla sua comunità?


R. – Ricordandomi le parole di San Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo: la tribolazione, la fame, l’angoscia”. Nessuno e niente ci potrà separare da Lui, perché noi siamo in tutto questo più che vincitori, perché Cristo è la nostra forza ed è Cristo che ci dà tutto ed è la nostra speranza. (Montaggio a cura di Maria Brigini)


[Radio Vaticana]
Paparatzifan
00lunedì 27 aprile 2009 17:45
Dal blog di Lella...

Benedetto XVI domani visita Onna e L’Aquila

Papa, 4 ore tra gli sfollati

A Collemaggio sarà esposto il corpo di Celestino, poi la sosta alla casa dello studente. Incontro e preghiera coi parenti delle vittime del sisma del 6 aprile

L’AQUILA.

A Onna l’abbraccio coi familiari delle vittime.
A Collemaggio la preghiera davanti alle spoglie di Celestino V. Sulle macerie della casa dello studente l’incontro con alcuni universitari. Poi, a Coppito, il saluto ai parroci e ai sindaci dei paesi colpiti dal terremoto e ai volontari. Questi i momenti salienti del viaggio all’Aquila del Papa Benedetto XVI. Il pontefice domani torna in Abruzzo, a distanza di tre anni dalla visita al santuario del Volto Santo di Manoppello, per incontrare gli sfollati.

NIENTE PROTOCOLLO.

E’ una visita ufficiale ma il protocollo è stato ridotto al minimo. Sarà un pellegrinaggio in stile francescano nei luoghi della devastazione. Il Papa partirà in elicottero alle 9 dal Vaticano e atterrerà tra i campi di Onna. Ad attenderlo non ci saranno le autorità civili e il nunzio apostolico in Italia ma soltanto l’arcivescovo Giuseppe Molinari che salirà con lui sulla papamobile che accompagnerà il pontefice nelle sue quattro soste. A Onna il Papa attraverserà a piedi le strade del paese per arrivare alla chiesa tenda allestita davanti al campo che ospita gli abitanti rimasti senza casa.
Ieri, in paese, sono comparse le transenne. Il Papa, con un piccolo seguito, potrebbe percorrere via dei Martiri e via Geremia Properzi. Poi ci sarà il saluto agli sfollati, l’incontro con alcuni parenti delle vittime e la recita di una preghiera. Se ci sarà la possibilità, gli sfollati leggeranno un messaggio scritto per l’occasione che altrimenti gli verrà consegnato a parte. Il tutto in mezz’ora di tempo.

CELESTINO SPOSTATO.

Alle 10, in macchina, Benedetto XVI raggiungerà la basilica di Santa Maria di Collemaggio sventrata dal terremoto e sosterà davanti alla Porta Santa. Lì, come conferma il rettore don Nunzio Spinelli, verrà collocata l’urna con le spoglie di Celestino V, dove il Papa lascerà un pallio pontificio.
Il Papa si sposterà poi in via XX Settembre per una breve sosta davanti alle macerie della casa dello studente. Qui è previsto l’incontro con un gruppo di universitari assistiti da don Gino Epicoco. Alle 10,45 l’arrivo nella piazza d’Armi della cittadella della Finanza di Coppito. Il programma prevede un incontro con i sindaci e i parroci dei comuni maggiormente colpiti dal sisma. Seguirà, intorno alle 11, l’incontro con i fedeli e il personale impegnato nei soccorsi (volontari, Protezione civile, militari). L’arcivescovo Giuseppe Molinari e poi il sindaco Massimo Cialente rivolgeranno il loro saluto al Papa il quale replicherà con un discorso e con la recita del Regina caeli, la preghiera che sostituisce l’Angelus nel tempo di Pasqua. In questo momento di preghiera il Papa sarà assistito da sei cantori che guideranno l’assemblea nelle risposte a cori alternati. Sul palco allestito nella piazza d’Armi, dove sono stati celebrati i funerali delle vittime, verrà intronizzata la statua della Madonna di Roio, Nostra Signore della Croce, davanti alla quale il Papa deporrà una rosa d’oro. Verrà esposto anche il grande crocifisso salvato dalla chiesa delle Anime Sante. Prima della partenza Benedetto XVI rivolgerà il suo saluto alle rappresentanze delle categorie presenti. La visita dovrebbe concludersi poco dopo le 12. Il Papa partirà dall’eliporto della Guardia di Finanza per un giro di perlustrazione di alcune delle zone maggiormente colpite dagli effetti del sisma. Verrà portato, in particolare, sul centro storico della città dove potrà vedere la Cattedrale e la basilica di San Bernardino devastate dal terremoto. Il rientro nel palazzo apostolico vaticano è previsto per le 13.

NESSUN OMAGGIO.

Ufficialmente, al momento, l’arcidiocesi non ha predisposto doni da consegnare al Papa. Appena sarà possibile, tuttavia, com’è consuetudine, gli aquilani ricambieranno la visita partecipando a un’udienza in Vaticano. Intanto, pur precisando che i fedeli dovranno limitare l’uso delle auto usufruendo delle navette che collegheranno le tendopoli a Coppito, l’arcidiocesi ribadisce che l’ingresso alla Finanza è libero per tutti coloro che vorranno vedere da vicino il Papa.

© Copyright Il Centro, 27 aprile 2009


+PetaloNero+
00martedì 28 aprile 2009 01:46
In tendopoli, un francescanesimo radicale
Grande attesa a L'Aquila per l'arrivo del Santo Padre

di Chiara Santomiero

L'AQUILA, lunedì, 27 aprile 2009 (ZENIT.org).- “Dalle stuoie alle tende”: sorridono sulle esperienze importanti che stanno vivendo in questi giorni, i giovani del noviziato di Spoleto dei frati minori francescani, passati dal capitolo delle stuoie di Assisi alla tendopoli di Piazza d'Armi a L'Aquila.

In turni di cinque o sei per settimana, si alternano nell'animazione spirituale del campo che accoglie circa duemila abitanti del capoluogo abruzzese costretti fuori casa dal sisma.

Non ci si può sbagliare sull'identità di chi ha allestito la cappella nella tenda bianca del ministero dell'interno: sotto il crocifisso, ai piedi dell'altare, su un mattone tolto da una casa disastrata, campeggiano le parole già rivolte a S. Francesco: “Ripara la mia casa”.

“La gente ci riserva un'accoglienza molto calorosa – racconta Giovanni Brunzini di Iesi – è contenta della nostra presenza qui”.

“In cappella c'è un orario fisso di preghiera – spiega Davide Droghini di Fano – con la celebrazioni delle lodi, del vespro e l'eucarestia ogni giorno. Ad un livello più assistenziale ci occupiamo di distribuire, insieme all'Unitalsi, i pasti ai malati che non possono recarsi alla mensa. Diventa un modo per contattare le persone e conoscerle”.

“Certo – aggiunge Gian Nicola Paladino di Vasto – è un'esperienza molto diversa da quella del capitolo delle stuoie: di carattere formativo la prima, di servizio questa in tendopoli, che richiede un'uscita da se stessi per andare incontro all'altro”.

A Piazza d'Armi, così come nelle altre tendopoli, si vive già l'attesa della visita del Santo Padre a L'Aquila prevista per il 28 aprile.

“Appena dato l'annuncio della disponibilità dei pass – racconta Droghini – la gente si è messa in fila, molto rammaricata di averne solo 350 a disposizione per tutti”.

“Il Papa – afferma fra Carmine Ranieri, maestro dei postulanti nel convento de L'Aquila – viene anzitutto a portarci il conforto di un uomo di fede. Egli è il testimone prescelto che ci ricorda la Parola del Cristo che è vera”.

“In un contesto come questo – aggiunge Ranieri – dove gli interrogativi posti alla fede sono tanti, egli saprà dare un senso teologico ad un avvenimento che sembra riguardare solo la terra e che invece riguarda cielo e terra”.

Il convento di fra Ranieri è stato gravemente danneggiato dal sisma; diversi dei postulanti sono rimasti feriti; uno degli altri confratelli è letteralmente sprofondato con il suo letto attraverso il pavimento dissoltosi con la scossa del 6 aprile e solo la presenza del materasso è servita ad attutire il colpo.

“Fratello terremoto – afferma fra Ranieri con un sorriso che stenta ad arrivare agli occhi nel rivivere il trauma di quella notte – ci ha dato una lezione di vita molto forte”.

Quella che sta vivendo adesso “è un'esperienza di francescanesimo radicale con un richiamo all'essenzialità più assoluta”. Essenzialità che si manifesta non solo “nelle relazioni umane, vissute nella tendopoli con estrema immediatezza, senza filtri” ma anche in quel senso di “espropriazione che Francesco identificava con la povertà”.

Espropriazione “dalle cose e dalla volontà, dagli spazi materiali e di tempo, dalle abitudini di vita”: “una irruzione della realtà così forte – conclude Ranieri – da toglierci dall'attaccamento al nostro piccolo mondo per essere più vicini alla vita vera”.
+PetaloNero+
00martedì 28 aprile 2009 17:02
Il Papa in Abruzzo: soluzioni rapide e solidarietà duratura. L'Aquila anche se ferita tornerà a volare


“Vorrei abbracciarvi con affetto uno a uno”. E poi, più avanti: “Non resterete soli”. In queste frasi pronunciate prima nella tendopoli di Onna e poi davanti alla folla di Coppito sta il sentimento più profondo di solidarietà, ma anche la grande commozione, che ha accompagnato oggi Benedetto XVI durante tutto il tempo della sua visita fra i terremotati dell’Abruzzo. Il maltempo che imperversa in queste ore su gran parte dell’Italia aveva costretto questa mattina il Papa a raggiungere in auto anziché in elicottero le zone colpite dal sisma, facendo slittare in avanti di un’ora i vari appuntamenti. L’ultimo, in ordine di tempo, si è concluso mezz’ora fa, nella Caserma della Guardia di Finanza di Coppito, da dove Benedetto XVI è ripartito in auto per il Vaticano dopo aver rivolto un discorso alla popolazione abruzzese, alle sue autorità civili e religiose, ai soccorritori. Il servizio di uno dei nostri inviati, Massimiliano Menichetti:

La pioggia mista alle lacrime ai sorrisi dei sopravvissuti al terremoto hanno accolto il Papa arrivato ad Onna, uno dei luoghi simbolo del sisma del 6 aprile che ha flagellato 49 comuni abruzzesi devastando il centro storico dell’Aquila.


“Sono venuto di persona in questa vostra terra splendida e ferita”, ha detto il Papa, stretto dall’abbraccio della gente di Onna, dagli applausi: persone che hanno perso la casa, spesso gli affetti ma non la forza della fede. Benedetto XVI ha rimarcato il “dolore e la precarietà” seguiti al sisma, la sua vicinanza, la preghiera fin dai primi momenti della catastrofe:

“La Chiesa tutta è qui con me, accanto alle vostre sofferenze, partecipe del vostro dolore per la perdita di familiari ed amici, desiderosa di aiutarvi nel ricostruire case, chiese, aziende crollate o gravemente danneggiate dal sisma. Ho ammirato e ammiro il coraggio, la dignità e la fede con cui avete affrontato anche questa dura prova, manifestando grande volontà di non cedere alle avversità”.


Guardando la voglia di reagire di questo popolo che più volte ha conosciuto il dramma del terremoto, il Papa ha parlato di una forza d’animo che suscita speranza e, citando un detto degli anziani aquilani, ha aggiunto: “Ci sono ancora tanti giorni dietro il Gran Sasso”:


“Se fosse stato possibile, avrei desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli e incontrare tutti. Mi rendo ben conto che, nonostante l’impegno di solidarietà manifestato da ogni parte, sono tanti e quotidiani i disagi che comporta vivere fuori casa, o nelle automobili, o nelle tende, ancor più a causa del freddo e della pioggia”.


“Il Signore crocifisso è risorto e non vi abbandona”, ha evidenziato, rispondendo così alle tante paure spesso serbate nel cuore:


“Non lascerà inascoltate le vostre domande circa il futuro, non è sordo al grido preoccupato di tante famiglie che hanno perso tutto: case, risparmi, lavoro e a volte anche vite umane. Certo, la sua risposta concreta passa attraverso la nostra solidarietà, che non può limitarsi all’emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo. Incoraggio tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano”.

Rivolgendosi a chi ha perso i propri cari Benedetto XVI ha esortato ad una testimonianza forte di vita e di coraggio nella consapevolezza che l’amore rimane anche al di là della “precaria esistenza terrena”, perché l’Amore vero è Dio. “Chi ama vince, in Dio, la morte e sa di non perdere coloro che ha amato”, ha concluso.


Poi il Papa ha pregato per le vittime del terremoto e, tra gli applausi e la commozione della popolazione, si è recato presso la Basilica di Collemaggio dove ha venerato l’urna di Celestino V e dove ha deposto il Pallio che gli venne imposto nella celebrazione di inizio Pontificato. Quindi, dopo una breve sosta il raccoglimento davanti alla Casa dello Studente nel centro de L’Aquila dove sono morti 8 ragazzi, infine l’arrivo, tra gli applausi, nella Caserma della Guardia di Finanza di Coppito.


Commovente l’incontro con i fedeli, i volontari, i militari in prima linea nell’emergenza; poi il saluto dell’arcivescovo de L’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, che ha consegnato al Papa una città ferita ma viva nella fede. Sulla linea della ricostruzione l’intervento del sindaco de L’Aquila, Massimo Cialente, e quello del presidente della Regione, Gianni Chiodi. Benedetto XVI ha ripercorso idealmente i luoghi del terremoto e volgendosi ai tanti fedeli ha portato la sua testimonianza in Cristo:


“Eccomi ora qui, in questa Piazza su cui s’affaccia la Scuola della Guardia di Finanza, che praticamente sin dal primo momento funziona come quartiere generale di tutta l’opera di soccorso. Questo luogo, consacrato dalla preghiera e dal pianto per le vittime, costituisce come il simbolo della vostra volontà tenace di non cedere allo scoraggiamento”.


Il Papa, guardando il piazzale che ha ospitato le salme delle tante vittime per la celebrazione delle esequie presiedute dal cardinale Tarcisio Bertone, ha sottolineato che oggi questo stesso spazio “raccoglie le forze impegnate ad aiutare L’Aquila e l’Abruzzo a risorgere presto dalle macerie del terremoto”. Poi ha sottolineato il valore della solidarietà:


“E’ come un fuoco nascosto sotto la cenere. La solidarietà è un sentimento altamente civico e cristiano e misura la maturità di una società. Essa in pratica si manifesta nell’opera di soccorso, ma non è solo una efficiente macchina organizzativa: c’è un’anima, c’è una passione, che deriva proprio dalla grande storia civile e cristiana del nostro popolo, sia che avvenga nelle forme istituzionali, sia nel volontariato. Ed anche a questo, oggi, voglio rendere omaggio”.

“Che cosa vuole dirci il Signore attraverso questo triste evento?”, ha chiesto il Papa volgendosi al mistero salvifico del Cristo risorto che porta “nuova luce”, illumina e dà senso. Poi l’invito alla comunità civile :


“Ma anche come Comunità civile occorre fare un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità, in ogni momento, mai venga meno. A questa condizione, L’Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare”.


Quindi l’invito a volgere lo sguardo verso la statua della Madonna di Roio alla quale il Papa a affidato la città e tutti gli altri paesi toccati dal terremoto. A Lei il Papa ha lasciato una Rosa d’oro, quale segno della sua preghiera.
(Canto)





In un clima di grande commozione l'abbraccio di Benedetto XVI ai terremotati


Nubi, pioggia e fango non hanno smorzato l’intensità con la quale, nelle varie tappe del suo percorso tra tendopoli e macerie - davanti alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio come davanti ai resti della Casa dello studente - Benedetto XVI ha parlato, pregato, confortato i sopravvissuti al sisma. Ripercorriamo allora i singoli istanti che hanno scandito la mattina del Papa in Abruzzo, prima del suo arrivo alla Caserma di Coppito. La cronaca è del nostro inviato al seguito di Benedetto XVI, Fabio Colagrande:

C’è chi lo definisce il Papa ‘teologo’, c’è chi parla a sproposito della sua ‘solitudine’: ma Benedetto XVI, vero Pastore tra la gente, trasmette la speranza della Resurrezione soprattutto attraverso gli sguardi e i gesti più semplici.


Fin dall’arrivo nella tendopoli di Onna – la frazione quasi completamente distrutta dal sisma del 6 aprile, che ha sepolto sotto le macerie ben 40 dei suoi abitanti – il Papa ha mostrato che lo scopo di questa sua visita era - al di là di ogni momento ufficiale – dare direttamente la consolazione della fede a questa gente, squarciata dal dolore di tanti lutti e ancora atterrita e spaurita a tre settimane da quei drammatici 28 secondi che hanno ferito e mutilato per sempre tante famiglie. In modo informale Benedetto XVI ha ascoltato le loro storie, stringendo mani e dando parole di conforto ai familiari delle vittime, commossi di vederlo finalmente fra di loro. Sentiamo le loro reazioni alle parole del Papa:

R. - E’ stato di buon auspicio. Confidiamo nella fede e in lui. Siamo fiduciosi.


D. - E’ stato di conforto…


R. - Sì, di sostegno. Siamo nelle mani del Signore, come ha detto giustamente Sua Santità. Speriamo che le autorità ci aiutino e che anche Sua Santità sia di monito a spingere le autorità, perché ci aiutino a risollevarci da questo grande disastro che purtroppo ci ha colpito.


R. - E’ un’emozione fortissima che riempie di gioia tutti i nostri cuori e siamo davvero onorati per la presenza del Sommo Pontefice tra noi. Speriamo davvero che grazie alla sua preghiera Onna possa risorgere e siamo fiduciosi per questo. E’ importante la sua presenza qui perché ravviva la fede nei nostri cuori ed è fondamentale per superare questo momento di grande sconforto e di grande dolore per tutti noi.


D. - Cosa l’ha colpita delle parole del Santo Padre?


R. – Sono state delle parole splendide, meravigliose, e l’emozione è fortissima nei nostri cuori. Poi, questa vicinanza, questa umanità infinita che lui ha; condivide con noi questo immenso dolore. Il Papa è grande e noi lo amiamo.

D. – Che significato ha questa visita del Papa ad Onna?


R. – E’ molto importante. Ci porta speranza e ci porta serenità, perchè ne abbiamo veramente bisogno.
‘Noi abruzzesi siano forti e gentili e lo siamo grazie alla nostra fede. Abbiamo sentito il Papa vicino, fin dai primi momenti di questa tragedia’. Questo un passaggio del messaggio che i sopravvissuti di Onna hanno preparato per l’occasione. A guidarli anche oggi c’era il parroco don Cesare Cardoso che così commenta la visita del Pontefice:

R. – Prima di tutto abbiamo sperimentato un’emozione molto grande con la presenza del Papa e con le sue parole, che ci hanno incoraggiato a vivere questo momento nella serenità e, soprattutto, innanzitutto, nella fede, che è l’unica arma che ci aiuta in questi momenti così difficili e di grande calamità.


D. – Che le ha detto quando l’ha abbracciato, quando è sceso dalla macchina?


R. – Sua Santità ci ha detto: “Da quando ho saputo, prego per voi. Vi sono vicino con la preghiera e, quindi, adesso la mia presenza qui è una vicinanza fisica, ma da quando è successo tutto, vi ho sempre pensato. Ho sempre pregato per voi”.

Dopo l’incontro con la popolazione il Papa ha visto le macerie del paesino, accompagnato dal sottosegretario Bertolaso, e poi è tornato verso L’Aquila, mentre una folla di abruzzesi lo salutava lungo la statale. L’omaggio a San Celestino, nella Basilica di Collemaggio scoperchiata dal terremoto, ha un grande valore per gli aquilani che hanno visto riaprirsi eccezionalmente la Porta santa della Perdonanza, assieme alla speranza di un riscatto dalla sofferenza. Poi, dopo aver visitato il centro storico del capoluogo, ormai una città fantasma, Benedetto XVI è arrivato nella via dolorosa, com’è stata ribattezzata via XX settembre, e davanti alle macerie della Casa dello studente ha incontrato uno per uno gli universitari sopravvissuti a quel drammatico crollo, informandosi sui loro studi e incoraggiandoli a proseguire nella vita di sempre. Con loro c’era Don Luigi Epicoco, il cappellano universitario che così descrive quell’esperienza drammatica:

R. - E’ stata un’esperienza terribile. Quella notte abbiamo cercato di scappare un po’ tutti. Noi, fortunatamente, siamo riusciti a uscire dalle nostre case prima che crollassero. La cosa bella, però, è che se in quei momenti prevale l’istinto di sopravvivenza, lì è prevalso l’istinto di solidarietà. Vedevo questi ragazzi che si cercavano a vicenda. Nonostante il terremoto continuasse, non avevano paura di rientrare nei vicoli, nelle stradine, cercare di tirare fuori gli amici, ricercarli, scavare a mani nude. Proprio accanto alla nostra parrocchia, che è crollata, è crollato anche il palazzo di fianco dove vivevano diverse famiglie e lì un gruppo di studenti, qualche minuto dopo il terremoto, ha sentito dei lamenti e ha cominciato a scavare. In una famiglia, i genitori hanno protetto i propri figli di 10 e 7 anni con il proprio corpo e, infatti, questi bambini si sono salvati, i genitori no. Questi ragazzi sono stati salvati da questi universitari che hanno cominciato a scavare nel buio senza nessuna protezione e li hanno tirati fuori. Vedevo tanta commozione e smarrimento ma anche questo senso di responsabilità. In una notte soltanto, penso che questi ragazzi siano cresciuti di trent’anni.






Testimonianze dei terremotati. Il sindaco Cialente invita il Papa a tornare. L'ambasciatore tedesco: impegno della Germania per Onna

Il Papa ci ha riportato la speranza. Con accenti simili, da Onna a L’Aquila, molti degli abruzzesi colpiti dal terremoto hanno commentato così la visita di Benedetto XVI. Massimiliano Menichetti ha raccolto alcune di queste voci, a cominciare dal parroco della cattedrale de L’Aquila, don Renzo d’Ascenzo, e Domenico Di Cesare, sindaco di Carapelle Calvisio, il più piccolo centro colpito dal terremoto, che raccontano le impressioni a caldo del loro incontro con il Papa:

R. – E’ veramente un privilegio, perché per noi sacerdoti il Papa è colui che è vicino a Cristo.


D. – Don Renzo, cosa ha portato lei nel suo cuore al Papa, cosa ha dato lei al Papa in questo incontro?


R. – Ho rivolto alcune preghiere al Signore. Ho detto: “Signore, tieni il Papa nella salute, nella forza, perché è una bellissima figura che mi suscita davvero tanta commozione”. Ecco, ho portato la mia piccola preghiera che sembra un mezzo debole ma è un mezzo potente, il mezzo più potente che esista.


D. – Domenico Di Cesare, come è stato interessato dal sisma il suo comune?


R. – Metà paese è crollato, però per fortuna non ci sono stati morti e feriti. Siamo tutti vivi. E’ un paese di 96 abitanti, il più piccolo del centro-sud. Andiamo avanti, ricostruiamo.


D. – Cosa ha significato per lei l’incontro con il Papa?


R. - E’ un conforto e un aiuto che ci dà con la sua presenza su questo territorio. Siamo molto grati al Santo Padre.


D. – Cosa porterà ai suoi concittadini di questo incontro?


R. –Il ricordo, soprattutto, e la benevolenza del Santo Padre.


R. – (Una signora) Sono emozionata e sono contenta che sia venuto da noi, a sostenerci. Speriamo che ci dia la forza, lui, con Dio, di andare avanti.


D. – Il Papa ha incontrato degli studenti della Casa dello Studente...


R. – (Un giovane) Fa piacere che il Papa abbia voluto dare questo segno, che sia voluto venire ad incontrarci, soprattutto a visitare questa popolazione, perché penso sia importante anche la sua presenza qui come un punto di riferimento per ripartire, per far sentire che la Chiesa ci è vicina.


R. – Sono il ministro provinciale dei Cappuccini d’Abruzzo.


D. – Il Papa ha abbracciato, con questa visita, non solo L’Aquila e i tanti comuni terremotati, ma l’intero Abruzzo. Che messaggio ha portato?


R. – Per l’intero Abruzzo è un ritorno ai principi della fede, all’essenziale: in questo momento in cui tutto il resto è andato perso o distrutto, l’unico riferimento solido sono i principi della fede, della speranza e dell’amore. In questi momenti, uno quasi quasi pensa di lasciarsi andare, invece il riferimento, l’aggrapparsi alla fede in questi casi, il sentire vicina la presenza di Cristo, di Cristo crocifisso … è Cristo che condivide le nostre prove.


D. – Il Papa ha incontrato una città ferita: che cosa ha significato pregare insieme al Papa?


R. – Significa vedere accolta la sofferenza di tanti, è una sofferenza che condividiamo e vedere il Papa che accoglie questa sofferenza è una grande consolazione.


Il sindaco de L’Aquila, Massimo Cialente, ha voluto invitare il Papa a tornare nella città terremotata per la prossima festa della Perdonanza celestiniana del 28 agosto. Il nostro inviato, Massimiliano Menichetti, ha chiesto al sindaco un commento alle parole del Pontefice che ha esortato a ricostruire case e chiese più sicure:

R. – Siamo stati particolarmente felici. Sa qual è la nostra paura? Glielo dico sinceramente, che fra qualche mese, quando poi si resterà soli, noi avremo tanti problemi da affrontare - soprattutto i primi due anni saranno durissimi - per mantenere in vita questa città. Il fatto che anche il Santo Padre con le sue parole abbia rimarcato oltre ad un aspetto spirituale anche un aspetto direi civile, concreto, questo mi darà la forza e permetterà anche di mantenere forte l’attenzione di tutti.


D. – Secondo lei, la città ha risposto a questo invito del Papa oppure no?


R. – Sì, sì, ha riposto. Le posso assicurare che c’è questa voglia di rivincita molto forte, che non vinca il terremoto. La cosa che a me ha colpito nei giorni immediatamente successivi, è che tutti i concittadini che incontravo, mi dicevano “Ricomincia, riparti”. E il giorno dei funerali, su questa piazza, sono andato a salutare i familiari delle vittime e tanti miei amici, tante persone che conosco, e fra le lacrime mi dicevano, non dico con rabbia, ma quasi in modo da trovare una consolazione a quel dolore, mi dicevano: “Adesso ricominciamo. Tieni duro. Datti da fare. Ricostruisci. Ripartiamo e così via”. Questa è una delle cose che rimarranno indelebili nella mia memoria.


D. – Sindaco, il controllo sulle case va avanti. Quando le persone potranno rientrare a casa? Si aspetta l’ordinanza che lei deve firmare...


R. – Nel pomeriggio: la comunicherò alle 16.00. Potranno, quando se la sentiranno, perché il rientro in casa dovrà essere un momento di riconquistata serenità. In questo momento abbiamo troppa paura: il sisma continua.




Onna, il “paese che non c’è più”. Dalla drammatica scossa del 6 aprile, che l’ha praticamente rasa al suolo, questa frazione de L’Aquila è diventata suo malgrado l’icona della distruzione del terremoto e, insieme, dell’estrema dignità di tutta la popolazione abruzzese di fronte alla tragedia. Ma già nel 1944 Onna fu protagonista di una sanguinosa pagina di storia, quando l’esercito tedesco massacrò 17 suoi abitanti. Oggi, sulle macerie di quell’episodio la Germania vuole costruire un presente di solidarietà, come conferma l’ambasciatore tedesco a Roma, Michael Steiner, intervistato dalla collega della nostra redazione tedesca, Birgit Pottler:

R. – Abbiamo un legame speciale con Onna: l’11 giugno 1944 c’è stata una strage della Wehrmacht. Sono stati uccisi 17 civili, e questo evento – giustamente! – non è mai stato dimenticato, ad Onna. Abbiamo quindi pensato che siccome noi abbiamo questo legame storico con Onna, è bene concentrare i nostri interventi direttamente a Onna.


D. – Non sarà possibile ricostruire tutto il Paese: quali sono i punti principali su cui si concentrano gli aiuti?


R. – Lei ha ragione: non possiamo fare tutto e non sarebbe bene, perché noi dobbiamo lavorare insieme alle autorità comunali, ma anche con i cittadini di Onna: dobbiamo lavorare insieme. Credo che la cosa più importante per i cittadini sia la ricostruzione del “borgo”, ma per questo ci vorrà tempo: realisticamente, non si potrà fare nel corso di questo anno, ci vorrà del tempo. Per questo, noi vogliamo garantire la presenza della nostra Protezione civile, e questo dovrebbe avvenire a partire da mercoledì. Il personale della Protezione civile aiuterà nello svolgimento dei lavori di ricostruzione e sosterrà i cittadini nelle difficili situazioni in cui si trovano. Credo che sia importante per i cittadini poter contare sulla concreta solidarietà tedesca. Lavoreremo insieme ad un progetto da realizzarsi dopo l’esperienza dolorosa del passato, della guerra: questa volta, faremo qualcosa di buono per Onna.


D. – Lei come ha visto il paese di Onna e la gente che è rimasta lì?

R. – La distruzione delle case è così devastante … è traumatico alla vista! Ma i cittadini hanno una dignità così impressionante, che invita ad aiutare. E, se posso dirlo, sono anche molto contento di sapere che il Santo Padre sa bene dell’iniziativa tedesca: sono molto contento di avere questo sostegno.







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Paparatzifan
00martedì 28 aprile 2009 20:59
Dal blog di Lella...

BENEDETTO xvi NEL PIAZZALE DELLA TENDOPOLI

Carezze ai bambini e strette di mano
Il Papa a Onna rompe il protocollo


Il "dietro le quinte" della visita del Pontefice nel paese simbolo del terremoto del 6 aprile in Abruzzo

dal nostro inviato

Dino Martirano

L'AQUILA

Quando è sceso dalla Mercedes nera targata "SCV 1" lo ha accolto un grande silenzio ma il Papa, una volta messo piede sulla ghiaia della tendopoli di Onna, ha subito rotto il protocollo. Ha percorso a piedi i pochi metri che lo separavano dalla "ludoteca", davanti alla quale era stata piazzata una piccola pedana, e ha intravisto tre bambini tenuti in braccio dai genitori. Più di una carezza a ciascuno di loro: così Azzurra (20 mesi), Serena (21) e il piccolissimo Simone - l'ultimo nato in paese - un giorno potranno raccontare di essere stati baciati dal Pontefice prima di tutti gli altri nel paese più martoriato dal terremoto del 6 aprile (250 abitanti, 41 morti). Tutti insieme attendevano da giorni questa visita come in tempi normali si aspetta il Natale. E alla fine, infatti, Benedetto XVI ha lasciato Onna, salutato da un lungo applauso scandito da grida come «Viva il Papa», «Viva il Papa».
È andata così la visita privata del Pontefice nel paese simbolo della tragedia abruzzese: avrebbe dovuto essere un Papa "dietro le quinte", almeno qui ad Onna, invece alla fine la Protezione Civile ha deciso di spostare l'incontro: dal tendone del ministero dell'Interno al piazzale della tendopoli, perché tra le nuove cariche di pioggia era uscito un timido raggio di sole.
Il Papa ha subito reso la sua visita informale. Le postazioni stabilite dal protocollo vaticano per le autorità presenti - il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, l'arcivescovo dell'Aquila, Giuseppe Molinari, e il numero uno della Protezione Civile, Guido Bertolaso - sono saltate, consentendo al Pontefice di trovare subito il contatto fisico con gli abitanti di Onna. Tra la piccola folla, Benedetto XVI ha poi riconosciuto un volto noto: «Io la vedo sempre in televisione, anche lei è qui...», ha detto al giornalista Bruno Vespa che attendeva insieme agli altri davanti alle tende. Vespa ha risposto semplicemente che anche lui è un abruzzese e ha quindi baciato la mano al Pontefice..
Il parroco di Onna, don Cesare Cardozo, ha fatto da guida al Papa presentandogli, prima delle altre, le famiglie che in paese hanno avuto un lutto a causa del terremoto. Il giornalista del "Centro" Giustino Parisse, che ha perso due figli e il padre, suo fratello Renzo e altri famigliari si sono soffermati a lungo con il Pontefice. Poi è toccato ad altri: Umberto Popoli, Anna Maria e la nipote Pina, tre suorine dell'ordine della Presentazione di Maria Santissima (Maria Lilia, Enrica e Igina), Anita Castelli e Rodolfo Foresta, e, via via, mezzo paese: «Ho rotto ogni indugio e l'ho abbracciato e baciato», racconta Renzo Parisse.
Ma c'è anche chi non ce l'ha fatta raggiungere il piazzale per stringere le mani del Papa: «La signora Anna Maria è rimasta in tenda a causa del brutto tempo», hanno detto le suore che fino al 6 aprile gestivano una scuola dell’infanzia ad Onna. E tra gli abitanti del paese non tutti si sono dimostrati entusiasti della visita papale: «Anche lui è venuto e se ne è andato» ha detto Fernando Bonanni. Che ha aggiunto: «Questa è la vita».
Il Papa ha letto un testo scritto dal quale ha dovuto cancellare una frase – "venendo qui ho sorvolato questa valle in elicottero…" perché a causa della cattive condizioni meteo il suo trasferimento da Roma all’Aquila è avvenuto in automobile.
Ma quel che più conta è stato il tono dell’intervento del Pontefice: «Ora sono qui tra voi, vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno. La Chiesa è tutta qui con me, accanto alle vostre sofferenze, partecipe del vostro dolore, per la perdita di familiari ed amici, desiderosa di aiutarvi nel ricostruire, case, chiese, aziende crollate o gravemente danneggiate dal sisma». Poi, fuori dal testo ufficiale, è arrivata la frase che più ha fatto piacere ai cittadini di Onna: «Attendiamo di vedere rinascere questa vostra terra che deve tornare ad ornarsi di case e di chiese belle e solide».
Finita la visita – quando Benedetto XVI è salito a bordo di un Suv della Protezione civile condotto da Guido Bertolaso che lo ha portato fin davanti la chiesta puntellata del paese, la signora Grazia Bonomo si è commossa: «Il Papa è sceso in strada con noi». E di seguito, Carmela De Felice: «È stata la visita più gradita che abbiamo avuto qui ad Onna. Perché senza le telecamere e i giornalisti che spingevano siamo riusciti a scambiare qualche parola con il Pontefice. E lui ci ha dato quel calore umano, quell’attenzione, quell’affetto di cui abbiamo ancora bisogno. Oggi è stata proprio una bella giornata….». A nome di tutti i paesani, don Cesare Cardozo ha voluto aggiungere: «È stato un incontro spontaneo, non formale…Con le sue parole il Papa ci ha incoraggiati nella fede e quindi nella vita. Si davvero calato nella realtà del terremoto e più che le sue parole mi hanno colpito i suoi gesti, il suo contatto fisico con queste persone che soffrono».
Un ringraziamento, infine, è andato anche ai volontari della Protezione civile del Lazio che tra mille difficoltà stanno cercando di alleviare i disagi di chi è costretto a vivere sotto le tende. A molti di loro, e in particolare al capo campo Franco Albanesi, ha stretto la mano il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. Anche lui abruzzese.

© Copyright Corriere della sera, 28 aprile 2009


Paparatzifan
00martedì 28 aprile 2009 21:03
Dal blog di Lella...

PAPA IN ABRUZZO - Con lo stile di un padre

Parole e gesti di incoraggiamento e speranza

Mentre si consuma la tragedia di un popolo provato e allo stremo delle forze, a L'Aquila è arrivato il Papa.
Benedetto XVI è andato lì solo ed unicamente perché ama quella Chiesa e quella gente, così come ama tutta la Chiesa e tutta la gente del mondo. E lo ha dimostrato ricordando che è “venuto di persona per esprimere la cordiale vicinanza”.
“Il Papa – ha affermato mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto – viene a testimoniare il Dio vicino, umile con gli umili, e proprio così conferma la fede della nostra gente. Non di meno, egli annuncia il Dio vindice dei poveri, forte ed esigente con i forti: il primato della carità, che urge più che mai esercitare in questa prova, non esclude il corso della giustizia, anzi lo esige, affinché non si ripetano simili tragedie”.
La cronaca ci ha riferito che il maltempo ha impedito all'elicottero papale di alzarsi in volo, così la visita è iniziata con un'ora di ritardo visto che il trasferimento in Abruzzo è stato effettuato in macchina.
Benedetto XVI ha visitato anzitutto Onna, il piccolo centro alle porte del capoluogo abruzzese, quasi completamente distrutto dal sisma e che ha pagato l'altissimo prezzo di tanti morti.
Ad accoglierlo tra le rovine, l'arcivescovo Giuseppe Molinari, il parroco don Cesare Cardozo e le Istituzioni.
Ha parlato con la gente, il Papa; ha abbracciato i bambini, ha ascoltato commosso il racconto dei sopravvissuti offrendo parole di speranza a chi ha perduto i propri cari, come un padre in mezzo ai suoi figli.
E di fronte alla paura di restare soli, il Pontefice ha chiaramente ribadito la sua volontà di non abbandonarli.
La sua presenza, così, ha voluto essere un segno tangibile del fatto che “il Signore crocifisso e risorto non vi abbandona, non lascia inascoltate le vostre domande circa il futuro, non è sordo al grido preoccupato di tante famiglie che hanno perso tutto”.
Le soste nella basilica semidistrutta di Collemaggio (dove il Santo Padre è entrato per la Porta Santa, ha pregato alcuni istanti dinnanzi all'urna di papa Celestino V e ha deposto sul simulacro del Santo un pallio pontificio) e davanti alla Casa dello studente (dove ha incontrato una delegazione di giovani, visibilmente commossi, assieme al parroco don Luigi Epicoco) sono state un ulteriore segno di speranza per la città, speranza che non può non passare per la Chiesa e l'università: luoghi – il primo, della comunità e, l'altro, dei giovani – che devono essere accoglienti e sicuri.
Quindi l'incontro con la comunità aquilana a Coppito, nella sede della scuola della Guardia di finanza, il baluardo che ha resistito alle scosse assieme alla vicina chiesa di Pettino.
Dopo i saluti del’arcivescovo aquilano, del presidente della Regione Gianni Chiodi e del sindaco Massimo Cialente, Benedetto XVI ha offerto, con parole d'amore, una via di salvezza: la fede che, passando per la verità, si fa solidarietà, carità.
“La solidarietà – ha detto il Papa – sebbene si manifesti particolarmente in momenti di crisi, è come un fuoco nascosto sotto la cenere.
La solidarietà è un sentimento altamente civico e cristiano e misura la maturità di una società. Essa in pratica si manifesta nell’opera di soccorso, ma non è solo una efficiente macchina organizzativa: c’è un’anima, c’è una passione, che deriva proprio dalla grande storia civile e cristiana del nostro popolo, sia che avvenga nelle forme istituzionali, sia nel volontariato. Ed anche a questo, oggi, voglio rendere omaggio”.
Una visita, quella di Benedetto XVI alle zone terremotate d’Abruzzo, carica dunque di tanti significati: dalla speranza di un popolo provato, all'impegno delle istituzioni; dalla responsabilità per una ricostruzione adeguata, alla solidarietà del Paese che esprime in questi frangenti il meglio; dalla vicinanza ai bisogni materiali e spirituali, alla verità quale ricerca e conquista. Il tutto con uno stile semplice e delicato di prossimità, senza clamori, nel perfetto stile di un padre che con amore accompagna il cammino, spesso di sofferenza e di dolore, dei suoi figli.

Rocco D'Orazio
direttore “Il Nuovo Amico del Popolo” (Chieti-Vasto)


Paparatzifan
00martedì 28 aprile 2009 21:13
Dal blog di Lella...

Una pagina di condivisione

Nessun terremoto, almeno in Italia, ha avuto un'esposizione mediatica così alta come è accaduto per quello d'Abruzzo. Ma la tecnologia e la spettacolarizzazione non sono riuscite a lenire la paura e il dolore che ogni sisma provoca e imprime in forma inconscia e indelebile nel cuore e nella memoria degli scampati. È dunque nel bisogno di tornare a vivere nella normalità, di rimarginare lentamente le ferite dei lutti e di illuminare con la speranza l'incognita del futuro che il Papa, a Onna e a L'Aquila, ha saputo inserirsi con dolcezza e discrezione. E la gente colpita lo ha sentito vicino.
La visita di Benedetto XVI è stata un desiderio maturato sin dal primo tremare distruttivo della terra e poi rimandato per non intralciare i primi soccorsi. Pioggia e maltempo hanno contribuito a renderla meno facile, ma l'incontro del vescovo di Roma con la gente d'Abruzzo c'è stato.
In tre ore umanissime, in cui il Papa è stato accolto come un parente caro che viene a consolare e al quale si sente il bisogno di raccontare per alleggerirsi almeno un po' di quel peso che ha sconvolto la vita.
Benedetto XVI ha sfatato con naturalezza luoghi comuni che hanno sempre cercato e cercano di accreditarne un'immagine distaccata e fredda.
Ha ascoltato ognuno dei tanti che lo hanno salutato di persona. Ha parlato a tu per tu con uomini e donne, adulti e bambini, vescovi e sindaci, preti e laici: tutti guardando negli occhi, stringendo forte le mani, lasciandosi baciare e abbracciare da madri commosse, da ragazze e giovani a un tratto felici.
Ma il Papa è andato soprattutto a pregare. A dire insieme una preghiera forte, a levare verso Dio "il grido di dolore e di speranza" di una comunità duramente provata. A ripetere "il grido silenzioso del sangue di madri, di padri, di giovani e anche di piccoli innocenti" strappati all'affetto dei loro cari. E per quanti sono stati colpiti ha chiesto solidarietà concreta e progetti certi per il futuro. Case e chiese solide in una ricostruzione rapida.
La visita di Benedetto XVI resta una pagina esemplare di condivisione con chi soffre e spera. Da parte di un Papa che sa essere semplice senza artifici perché sa farsi prossimo restando schivo e libero dalle apparenze mediatiche.

c. d. c.

(©L'Osservatore Romano - 29 aprile 2009)


Paparatzifan
00martedì 28 aprile 2009 22:43
Dal blog di Lella...

Il terremoto non ha distrutto l'amore

L'Aquila, 28.

Sono state poche le ore che il Papa ha trascorso con la gente dell'Abruzzo terremotato. Poche rispetto a quanto accade di solito, quando lascia Roma.
Dal Vaticano è partito in macchina intorno alle 9. Sarebbe dovuto andare in elicottero ma il maltempo non lo ha consentito.
Lo accompagnavano gli arcivescovi Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, e James Michael Harvey, prefetto della Casa Pontificia, il vescovo Paolo De Nicolò, reggente della Prefettura, monsignor Georg Gänswein, segretario particolare.
Onna, il paese fantasma dell'aquilano, praticamente raso al suolo dalla prima scossa del terremoto, ha mostrato al Papa la prima immagine del volto dell'Abruzzo sfigurato dal tragico evento. Benedetto XVI è giunto nel cuore della tendopoli allestita poco discosta dalle rovine. Intorno a lui è stata subito una festa grande, solo leggermente disturbata dalla pioggia che è continuata a cadere a intermittenza per tutta la mattinata. Lo hanno accolto l'arcivescovo dell'Aquila Giuseppe Molinari, a titolo personale Gianni Letta, sotto-segretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri italiano, e il capo della Protezione civile Guido Bertolaso.
In modo molto composto la gente gli è andata incontro. Il Papa ha stretto affettuosamente decine di mani.
Ha ascoltato le storie che alcuni brevemente gli hanno raccontato: un anziano che è rimasto solo dopo aver perso tutto e tutti; un giornalista che ha perso il papà e il figlio; due mamme che hanno perso i loro figli; ha benedetto un neonato che due giovani sposi gli hanno presentato, lo avrebbero dovuto battezzare proprio il giorno dopo il terremoto.
Alcuni tenevano tra le mani foto di familiari scomparsi. In molti sono scoppiati in lacrime dinanzi al Papa. Tra i presenti anche Vigili del Fuoco della Città del Vaticano, che sin dal giorno dopo il sisma, stanno prestando la loro opera a favore delle popolazioni terremotate a Onna e all'Aquila.
Dopo la preghiera per i defunti di Onna, Benedetto XVI, a bordo di una macchina della Protezione civile, guidata dallo stesso Bertolaso, ha fatto un breve giro tra le macerie del paese distrutto.
Poi è partito verso L'Aquila. La prima sosta è stata presso la basilica di Collemaggio, accolto dal rettore don Nunzio Spinelli. Entrato in basilica attraverso la porta santa, il Papa ha recitato una breve preghiera dinanzi all'urna delle reliquie di Celestino v, sulla quale ha poi deposto il pallio che aveva ricevuto durante la celebrazione della messa per l'inizio del pontificato.
Poi di nuovo in macchina verso il campo della scuola della Guardia di Finanza, dove ha incontrato i volontari, i membri delle squadre di soccorso, il personale della Protezione civile, e i militari. Prima il Papa ha sostato nel luogo dove sorgeva la Casa dello studente, per incontrare dodici giovani scampati al crollo dell'edificio. Si è intrattenuto con ciascuno di loro, si è informato sui loro studi e li ha incoraggiati. Alcuni gli hanno consegnato una lettera.
A Coppito è giunto intorno a mezzogiorno.
A riceverlo anche il nunzio apostolico in Italia, arcivescovo Giuseppe Bertello e l'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede Antonio Zanardi Landi. Dopo i saluti ai sindaci e ai parroci dei 49 comuni più colpiti, e alle clarisse di Paganica - le quali con il monastero hanno perso anche la madre superiora - ha raggiunto il palco allestito al centro del piazzale. Ha ricevuto il saluto dell'arcivescovo dell'Aquila Giuseppe Molinari, del sindaco Massimo Cialente e del presidente della regione abruzzese Gianni Chiodi. Poi ha rivolto agli aquilani il suo discorso di incoraggiamento e ha affidato alla venerata Madonna di Roio - alla quale ha offerto una rosa d'oro - le popolazioni terremotate. Prima della benedizione ha recitato la preghiera per i defunti e cantato il Regina caeli.
Lasciando il piazzale il Papa ha salutato la gente che gli si è fatta incontro. Molti lo hanno abbracciato. È rientrato in Vaticano in macchina, poco prima delle 15.

(©L'Osservatore Romano - 29 aprile 2009)


Paparatzifan
00martedì 28 aprile 2009 23:49
Dal blog di Lella...

Il papa in visita nelle zone terremotate

Benedetto XVI in Abruzzo, la gente di Onna: "Ci ha ridato la speranza"

Un messaggio di speranza per i vivi, preghiere per i morti, ma anche un monito a ricostruire nel rispetto della vita e della dignità umana. Papa Benedetto XVI in Abruzzo tra i terremotati.

Un messaggio di forte speranza e l'abbraccio simbolico a tutta la popolazione che ha sofferto questa tragedia e sta vivendo giorni di dolore.
"La Chiesa tutta è qui con me, accanto alle vostre sofferenze, partecipe del vostro dolore per la perdita di familiari ed amici, desiderosa di aiutarvi nel ricostruire case, chiese, aziende crollate o gravemente danneggiate dal sisma". Lo ha assicurato il Papa alla popolazione di Onna, il centro dell'Abruzzo che, in proporzione al numero degli abitanti, è stato il più colpito dal terremoto, e da dove Benedetto XVI ha inizato oggi il suo pellegrinaggio.
"Cari amici - ha spiegato agli ospiti della tendopoli - la mia presenza tra voi vuole essere un segno tangibile del fatto che il Signore crocifisso è risorto e non vi abbandona; non lascia inascoltate le vostre domande circa il futuro, non èsordo al grido preoccupato di tante famiglie che hanno perso tutto: case, risparmi, lavoro e a volte anche vite umane. Certo, la sua risposta concreta passa attraverso la nostra solidarietà, che non può limitarsi all'emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo. Incoraggio tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano".
La solidarietà alla popolazione dell'Abruzzo colpita dal sisma del 6 aprile "non può limitarsi all'emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo.
Incoraggio tutti, istituzioni e imprese, affinchè questa città e questa terra risorgano". E' il vibrante appello di Benedetto XVI lanciato a Onna, davanti agli sfollati della tendopoli della città fantasma, quasi interamente distrutta dal sisma.
Un pensiero per tutti i morti. "Il Papa è qui, oggi, tra di voi - dice - per dirvi anche una parola di conforto circa i vostri morti: essi sono vivi in Dio e attendono da voi una testimonianza di coraggio e di speranza. Attendono di veder rinascere questa loro terra, che deve tornare ad ornarsi di case e di chiese, belle e solide proprio in nome di questi fratelli e sorelle che ci si deve impegnare nuovamente a vivere facendo ricorso a ciò che non muore e che il terremoto non ha distrutto: l'amore. L'amore rimane anche al di là del guado di questa nostra precaria esistenza terrena, perché l'Amore vero è Dio. Chi ama vince, in Dio, la morte e sa di non perdere coloro che ha amato". Al termine del suo discorso nella tendopoli di Onna, il Papa ha pronunciato una preghiera da lui stesso composta "per le vittime del terremoto" e specialmente - ha aggiunto - per i bambini "strappati alla vita".
Ventidue giorni dopo il terremoto che ha sconvolto l'Abruzzo a Onna è tornato il sorriso: «i nostri cuori sono pieni di emozione - dicono gli abitanti del piccolo paese simbolo della tragedia, dopo la visita del Papa - ci ha portato un messaggio di gioia e di speranza». Benedetto XVI è stato letteralmente assalito dagli abitanti per ricevere una benedizione o un semplice saluto. E il Papa, raccontano, non si è sottratto: ha salutato e accarezzato il più piccolo della comunità, un bimbo di soli 8 mesi, e il più anziano.
«Ci ha detto di avere forza e coraggio - racconta Antonella Foresta - la sua presenza è stata preziosissima; eravamo tutti desiderosi di incontrarlo e per la prima volta dal 6 aprile ho visto i parenti delle vittime tornare a sorridere».

I cittadini raccontano che quello che gli ha colpiti di più è stato lo sguardo di Benedetto XVI. «Era pieno di amore e gioia - dice ancora Antonella - nonostante la calca della gente. È stato veramente un messaggio di speranza che si aggiunge alle promesse che ci hanno fatto le istituzioni. Ora speriamo che vi sia un giusto seguito, noi siamo fiduciosi».

Giustino Parisse - il cronista che nel crollo della sua casa ha perso i due figli e il padre - ha detto che «la presenza del papa è comunque un veicolo di speranza e serve a tenere alta l'attenzione su questa tragica vicenda, con la speranza che ci sia un futuro anche per questo paese». Molti degli abitanti di Onna hanno concordato sul fatto che «la visita del Papa ha un significato importante per noi, di speranza e di gioia - ha rilevato Gabriele De Cata - in un momemto così particolarmente delicato per la storia di questo paese».

© Copyright Il Tempo online


Paparatzifan
00martedì 28 aprile 2009 23:51
Dal blog di Lella...

TERREMOTO: PAPA, 'E' PEGGIO DI COME AVEVO PENSATO GUARDANDO LA TV'

ASCA

''E' peggio di come avevo pensato vedendo in televisione''. E' stato il commento di papa Benedetto XVI vedendo i danni inferti dal terremoto alla basilica di Collemaggio all'Aquila.
Lo riferisce il rettore della basilica, don Nunzio Spinelli.
Il pontefice e' entrato nella chiesa senza il casco protettivo perche' una parte della navata, quella dove sono state temporaneamente ricollocate le spoglia di Celestino V, e' stata messa in sicurezza.
Il papa ha mosso istintivamente un passo verso i cumuli di macerie, ma e' stato fermato dal capo della gendarmeria vaticana, Domenico Giani. Il pontefice avrebbe allora commentato, guardando le macerie, ''e' peggio di come avevo pensato vedendo in televisione''.


+PetaloNero+
00mercoledì 29 aprile 2009 02:00
Da Petrus




La Via Crucis del Papa Abruzzo - In Vaticano rimarcano: “Sfatata la leggenda del Pontefice freddo”

CITTA’ DEL VATICANO - Con la visita alle zone abruzzesi colpite dal terremoto, Benedetto XVI "ha sfatato con naturalezza luoghi comuni che hanno sempre cercato e cercano di accreditarne un'immagine distaccata e fredda", secondo l'Osservatore Romano. "Ha ascoltato ognuno dei tanti che lo hanno salutato di persona. Ha parlato a tu per tu con uomini e donne, adulti e bambini, vescovi e sindaci, preti e laici", scrive in un corsivo del quotidiano vaticano il vicedirettore Carlo Di Cicco: "Tutti guardando negli occhi, stringendo forte le mani, lasciandosi baciare e abbracciare da madri commosse, da ragazze e giovani a un tratto felici". Il Papa, aggiunge il foglio vaticano, "è andato soprattutto a pregare". La visita di Benedetto XVI, dunque, "resta una pagina esemplare di condivisione con chi soffre e spera. Da parte di un Papa che sa essere semplice senza artifici perché sa farsi prossimo restando schivo e libero dalle apparenze mediatiche".


+PetaloNero+
00mercoledì 29 aprile 2009 02:04
Cosa chiede il terremoto alla nostra fede?
di Chiara Santomiero


L'AQUILA, martedì, 28 aprile 2009 (ZENIT.org).- Quando l'immagine di Benedetto XVI riempie i maxi-schermo, il silenzio scende sulla piazza d'armi della scuola della Guardia di Finanza di Coppito, diventata ormai il cuore istituzionale della città ferita dal terremoto.

Il Papa è a Onna, in ritardo sul programma a causa del maltempo che gli ha impedito di giungere da Roma in elicottero. La sua voce familiare si diffonde nella piazza dove lo aspettano centinaia di aquilani, giunti dalle tendopoli, dagli alloggi sulla fascia costiera, dalle case ospitali di parenti.

Raccolta, intensamente concentrata, ad occhi chiusi, la gente prende il primo contatto con il Pastore, il Padre venuto a consolare i suoi figli. La pioggia e il freddo non scoraggiano l'attesa per la parola che risponda alle molte domande sollevate dall'evento terremoto.

Non solo “perché il lutto? perché la sofferenza?” - le domande di un'umanità colpita sebbene non sconfitta -, ma anche quelle della comunità cristiana: “cosa chiedono questi avvenimenti alla nostra fede?”.

“Vegliare ed essere pronti”. Paola Di Profio è una catechista di Pizzoli; questo è stato il tema della preparazione alla Pasqua.

“Il Signore – afferma – non ci abbandona mai e la visita del Papa significa proprio questo. Come cattolici siamo chiamati a non arrenderci davanti agli avvenimenti e ad essere testimoni di speranza”. A partire da segni precisi, come quella di rientrare subito nella casa dichiarata agibile.

“Un po' di timore rimane – spiega – ma ho fatto questa scelta come un gesto di speranza anche per i bambini del catechismo. Come mamme sentiamo l'esigenza di dare sicurezza ai figli e vedo che anche le altre mamme si stanno convincendo”.

Don Francesco Pierpaoli, direttore del centro “Giovanni Paolo II” di Loreto, è a L'Aquila per portare gli arredi liturgici prestati dalla diocesi marchigiana per l'accoglienza del Papa. Un gesto già avvenuto in occasione dei funerali di 105 vittime del terremoto, svoltesi in questo stesso luogo due settimane fa.

“I segni liturgici – afferma – aiutano a leggere la realtà che rappresentano; così i segni dei tempi, come un terremoto, un evento naturale, devono aiutarci a leggere la nostra realtà di chiesa, la nostra fedeltà all'essenziale”.

“Forse non è casuale – aggiunge – aver “riscoperto” in questa occasione la figura di Celestino V, una figura che richiama alla santità di vita e alla rinascita della vita spirituale sugli aspetti materiali”.

Suor Lamberta Mazzon, delle Missionarie della dottrina cristiana, si definisce una “suora felice”, sebbene sfollata perché il suo convento la notte del 6 aprile è stato gravemente danneggiato e le suore sono scampate a malapena. Adesso è a Sulmona.

“Non ci manca niente e ci manca tutto – ammette –: l'aria, i ragazzi della scuola, i colleghi, le strade”. Sebbene di origini venete è aquilana nel cuore: “Ieri – racconta – siamo andati con i vigili del fuoco e l'elmetto a fare un sopralluogo nella nostra casa. Abbiamo attraversato il centro ma è irriconoscibile, completamente devastato, come bombardato”.

“Il Papa – afferma – ci conferma nella volontà e nel coraggio di continuare e di ricostruire. Non solo a livello materiale. Abbiamo bisogno di ricostruirci nel profondo, nelle relazioni, nelle amicizie disperse, nei rapporti di vicinato sconvolto”.

Tutto questo “a partire da una risposta di fede che rimetta al centro il senso della vita insieme. Il terremoto è per noi l'occasione di chiederci quali sono state le nostre priorità come persone e come comunità cristiana, che tipo di società stiamo costruendo”.

Riflessioni che sembrano anticipare le parole di Benedetto XVI giunto nella piazza accolto dagli applausi e persino da una pausa della pioggia.

“Come cristiani – afferma il Papa – dobbiamo chiederci: cosa vuole dirci il Signore? Anche come comunità civile occorre un esame di coscienza”.

Scorrono le lacrime sui visi degli aquilani che avrebbero voluto accogliere il Papa per la grande festa del Giubileo aquilano del prossimo 28 agosto.

“Coraggio – li invita il Santo Padre – anche se ferita, l'Aquila tornerà a volare”.



Paparatzifan
00mercoledì 29 aprile 2009 17:31
Da "Il Riformista"...
Paparatzifan
00mercoledì 29 aprile 2009 17:31
Da "Il Riformista"...

FANGO E BACI: IL PAPA LASCIA L’ABRUZZO CON LA TALARE SPORCA DI TERRA

APR 29, 2009 il Riformista

L’Aquila. Pioggia e vento hanno accolto ieri mattina Benedetto XVI in visita alle zone terremotate dell’Abruzzo, la prima volta del Pontefice nella regione. «Una terra splendida e ferita - l’ha definita il Papa - e che sta vivendo giorni di grande dolore». Una terra alla quale Ratzinger ha dedicato parole ma soprattutto gesti significativi: strette di mano, abbracci, ascolto. Una terra calpestata dal Pontefice senza risparmiarsi tanto che, prima di ripartire per Roma, aveva le maniche della talare bianca sporche di fango.
La pioggia e il vento davvero infami hanno costretto Ratzinger a lasciare a casa l’elicottero e ad arrivare a L’Aquila in macchina. In pochi minuti l’autostrada A24 è stata chiusa al traffico e il Pontefice è potuto così arrivare a destinazione soltanto con qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia prevista.
Letta, Bertolaso e Vespa
Ad accompagnare il Papa non c’era Silvio Berlusconi. C’erano però il suo «gentiluomo» di fiducia, ovvero Gianni Letta, Guido Bertolaso e Bruno Vespa. Tra il seguito papale, oltre ovviamente al segretario particolare don Georg Gaenswein, anche il sostituto per gli affari generali della segreteria di Stato Fernando Filoni. Il cardinale Tarcisio Bertone, ovvero colui che Ratzinger ieri ha voluto chiamare davanti a tutti come «il mio segretario di Stato», è rimasto a casa.
Esame di coscienza
Le parole più significative Benedetto XVI le ha dette alla fine della sua visita: la comunità civile deve fare «un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità mai venga meno». Solo «a questa condizione L’Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare». Parole sottolineate da un caloroso applauso dei cittadini accorsi sul grande piazzale della scuola della Guardia di finanza di Coppito, lo stesso piazzale che accolse la lunga fila di bare il giorno dei funerali dei deceduti del sisma. Dietro il palco sul quale il Papa parlava, l’araldico motto della Guardia di finanza: «Nec recisa recedit», ovvero il «simbolo della vostra volontà tenace di non cedere allo scoraggiamento» ha detto il Papa.
Nel paese fantasma
Onna è un paese che non c’è più. A fianco del paese azzerato dal terremoto, c’è una tendopoli. Vi vivono cinquecento persone. È stata la tendopoli la prima tappa del Papa. Qui ha chiesto che in nome delle persone morte sotto le macerie, questa terra torni «a ornarsi di case e di chiese, belle e solide». Occorre non arrendersi perché come recita un detto abruzzese «ci sono ancora tanti giorni dietro il Gran Sasso».
È in questa landa distrutta che Ratzinger ha incontrato due anziane suore dell’asilo di Maria santissima della Presentazione. Le due religiose hanno detto al Papa che siccome si trovano a Onna da tanti anni, non hanno potuto abbandonare il paese proprio ora. E così, pur dormendo in tenda, sono restate: «Avete fatto molto bene - ha risposto loro il Papa - non potevate lasciare il vostro popolo».
Il vicecaporedattore del quotidiano Il Centro, Giustino Parisse, che a Onna ha perso due figli adolescenti e un genitore, ha avvicinato per qualche minuto Benedetto XVI: «Sono di Onna, volevo farglielo sapere. Sono felice che lei sia qui» ha detto al Papa. Subito dopo, si è avvicinata anche una donna con un neonato in braccio: «Non lo abbiamo ancora battezzato», dice indicando il bimbo. Il Papa le ha chiesto: «Come si chiamerà?». La mamma: «Simone». Benedetto XVI si è quindi rivolto a tutti gli sfollati della tendopoli di Onna: «Vorrei abbracciarvi tutti».
I discepoli di Emmaus
È sempre a Onna che il Papa ha ricordato il Vangelo. Ovvero, ha detto ai terremotati che in qualche modo si trovano a essere «nello stesso stato d’animo dei due discepoli di Emmaus di cui parla l’evangelista Luca: dopo l’evento tragico della croce, rientravano a casa delusi e amareggiati, per la fine di Gesù; ma, lungo la strada, Egli si accostò e si mise a conversare con loro». Fu quello Sconosciuto a riaccendere «in loro quell’ardore e quella fiducia che l’esperienza del Calvario aveva spento».
«I vostri morti sono vivi»
Benedetto XVI ha ricordato anche uno dei motivi della sua presenza in Abruzzo: «Il Papa - ha detto - è qui, oggi, tra voi per dirvi una parola di conforto circa i vostri morti: essi sono vivi in Dio e attendono da voi una testimonianza di coraggio e di speranza. Attendono di veder rinascere questa loro terra».
In Suv da Celestino V
Dopo Onna, Collemaggio. Ancora in macchina. Ma non sulla papamobile. Bensì sul Suv di Bertolaso. Quest’ultimo guidava. Il Papa gli sedeva accanto. Poco oltre la porta d’ingresso della basilica di Collemaggio, Benedetto XVI si è inginocchiato davanti all’urna del corpo di Celestino V, il Papa del «gran rifiuto» di dantiana memoria, e ha deposto come omaggio il proprio pallio pontificio. Ratzinger ha mosso istintivamente un passo verso i cumuli di macerie, ma è stato fermato dal capo della gendarmeria vaticana, Domenico Giani, preoccupato che un’eventuale scossa facesse cadere nuovi detriti. «È peggio di come avevo pensato vedendo in televisione», ha detto prima di uscire dalla basilica. E ancora: qui ho potuto «toccare con mano il cuore ferito di questa città».
Alla Casa dello Studente
Li ha salutati a uno a uno, chinandosi verso di loro per stringerne le mani, ascoltando con attenzione quanto avevano da dirgli. Dopo la sosta alla basilica di Collemaggio, Benedetto XVI ha incontrato in via XX settembre, davanti ai resti della Casa dello Studente crollata durante il sisma, dodici studenti, sei ragazzi e sei ragazze, tutti residenti nel centro storico, alcuni proprio nella Casa. Uno studente di ingegneria si è avvicinato a Ratzinger: «Uno studente per costruire bene le case» gli ha detto il Papa.
L’elmetto bianco e giallo
Le parole di Benedetto XVI nella caserma di Coppito hanno profondamente colpito il sottosegretario Guido Bertolaso, responsabile della Protezione Civile, che è apparso commosso mentre Ratzinger parlava della necessità della solidarietà per far risorgere l’Abruzzo ma anche di un esame di coscienza della comunità civile e della Chiesa. Al termine del discorso, il Papa ha deposto una rosa d’oro ai piedi della Vergine della Croce portata a Coppito dal santuario di Roio. Scendendo i gradini del palco è poi inciampato nell’orlo della sua veste bianca, senza tuttavia perdere l’equilibrio, anche grazie all’aiuto dei suoi collaboratori che gli erano accanto.
Sempre a Coppito un episodio curioso. Benedetto XVI ha indossato l’elmetto bianco e giallo dei Vigili del Fuoco. Dopo la recita del Regina Coeli, Ratzinger ha salutato le autorità e una rappresentanza di militari impegnati nell’area del terremoto. Un vigile del fuoco gli ha consegnato l’elmetto e il Papa l’ha messo in testa. Quindi, sempre in auto, è ripartito alla volta del Vaticano.


Paparatzifan
00mercoledì 29 aprile 2009 17:37
Dal blog di Lella...

Il Papa all'Aquila: questa terra risorga

Alberto Bobbio

L'Aquila

Abbraccia la gente, stringe le mani. Consola e prega. C'è chi ha asciugato lacrime ieri sul vestito bianco di Benedetto XVI a Onna e poi all'Aquila.
Arriva in auto, perché le nuvole basse e la pioggia avevano sconsigliato il viaggio in elicottero. Dice che è venuto a condividere «lo sgomento e le lacrime per i defunti».
Ma invita anche a guardare al futuro, spiegando che «occorre fare un serio esame di coscienza, affinché il livello di responsabilità, in ogni momento, mai venga meno».
E avverte: «A questa condizione L'Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare».
È stata una Via Crucis in tre tappe, dentro il dolore della gente, per le vite e le cose sbriciolate in pochi secondi. Onna, prima stazione.
Piove. Fa freddo. L'auto nera del Papa percorre piano la strada di fango che costeggia le macerie del borgo, fino alla tendopoli. Non c'è protocollo e anche l'ombrello bianco che tengono sul capo del Papa viene chiuso, anche se piove ancora un po'.
Scende e si sporca le scarpe di fango, mentre saluta il vescovo Giuseppe Molinari, mentre stringe a lungo le mani di Guido Bertolaso, mentre ha una parola anche per monsignor Orlando Antonini, nunzio apostolico in Paraguay, abruzzese che a Villa San Angelo ha perso nel terremoto otto parenti, mentre ringrazia don Cesare Cardoso, il parroco di Onna.
Stringe mani, anche quelle di alcuni ragazzi musulmani dell'Islam Relief Italia, che sono qui da venti giorni per aiutare.

«Vorrei abbracciarvi uno a uno»

Sale su una pedana e dice: «Vorrei abbracciarvi uno a uno». E rivela che «se fosse stato possibile avrei desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli e incontrare tutti».
Definisce l'Abruzzo «terra splendida e ferita»: «Mi rendo ben conto che nonostante l'impegno di solidarietà manifestato da ogni parte, sono tanti e quotidiani i disagi che comporta vivere fuori casa, o nelle automobili, o nelle tende, ancor più a causa del freddo e della pioggia». Osserva che la «Chiesa tutta e qui con me», per «aiutarvi a ricostruire case, chiese, aziende crollate o gravemente danneggiate». E dice tutta la sua ammirazione «per il coraggio, la dignità e la fede con cui avete affrontato anche questa dura prova, manifestando grande volontà di non cedere alle avversità».
Cita, per sottolineare la speranza che nasce dalla forza d'animo d'un popolo di montagna, un frase che gli anziani si ripetono continuamente: «Ci sono ancora tanti giorni dietro il Gran Sasso».
È la speranza che può dare ali all'Abruzzo ferito. Il Papa spiega che lo chiedono anche i morti: «Attendono da voi una testimonianza di coraggio e di speranza, attendono di veder rinascere questa loro terra, che deve tornare a ornarsi di case e di chiese, belle e solide».
Assicura la gente che «Dio non vi abbandona» e non è «sordo al grido di chi ha perso case, risparmi, lavoro e a volte anche vite umane». Ma bisogna stare attenti a non «limitarsi all'emergenza iniziale». La «solidarietà deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo». Per questo il Papa nella prima stazione della Via Crucis attraverso il terremoto ha incoraggiato «tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano».

«È molto peggio di quello che pensavo»

Scende della pedana e abbraccia di chi è sopravvissuto, ma deve contare 40 morti, tirati fuori dalle macerie delle case sbriciolate là in fondo. Le tre suore dell'asilo di Onna gli mostrano la tenda dove vivono adesso.
E Ratzinger dice: «Avete fatto molto bene a stare qui. È una grande testimonianza che date al vostro popolo». Poi sale nella jeep con Bertolaso alla guida, loro due soli, e si infila tra le macerie delle case di Onna.
Dirà poco dopo alla basilica di Collemaggio, seconda stazione: «Adesso che ho visto di persona mi rendo conto che è peggio di quello che pensavo». Non c'è Papamobile oggi per Benedetto XVI. Su un pulmino bianco della Protezione civile arriva nella chiesa di Celestino V, il Papa del «gran rifiuto». Gli aprono appena la porta santa. La teca con i resti del suo predecessore è lì sull'ingresso.
Il Papa lascia il pallio che gli misero sulle spalle il giorno della sua elezione. Ma lui vorrebbe entrare. Ci prova. Lo trattengono, tutto è pericolante.
Da qui alla Casa dello studente c'è meno di un chilometro.
La zona è completamente inaccessibile. Lo aspettano 12 studenti insieme al cappellano dell'università, don Luigi Epicopo. È la terza stazione. Lui si informa delle facoltà frequentate, degli esami e delle lezioni precarie.
Alcuni studiano ingegneria. E il Papa li sprona a studiare bene perché così si possono costruire case più sicure. È un dialogo fitto, loro da soli, in faccia alle macerie. Maria Fidanza, studentessa di Comunione e liberazione, gli consegna una lettera che hanno scritto gli universitari di Cl, per ringraziarlo.

Il vescovo Molinari: ricostruzione subito

L'ultima tappa è nella caserma della Guardia di finanza. In una sala incontra i sacerdoti terremotati, si informa con ognuno dei danni e delle vittime nelle loro parrocchie. Poi saluta i sindaci dei 49 Comuni disastrati. E parla alla gente e ai volontari. Spiega che la solidarietà è un «sentimento altamente civico e cristiano e misura la maturità di una società». Ma non deve essere solo una «efficiente macchina organizzativa», dentro deve avere «un'anima, una passione», sia che «avvenga nelle forme istituzionali», sia in quelle del volontariato: «Anche a questo oggi voglio rendere omaggio».
Il vescovo Molinari, in un discorso dai toni assai fermi, chiede al Papa di pregare insieme a tutta la città, perché «questa solidarietà delle istituzioni continui nel tempo e le promesse vengano mantenute», perché «non si infranga in poveri interessi di parte», perché si rispettino le «competenze di tutti», senza cedere alla «più piccola forma di ostruzionismo», perché la «ricostruzione dell'Aquila o ci sarà subito o non ci sarà». E questa sarebbe «la nostra morte più brutta di quella già tanto tragica causata dal terremoto»: «Ogni ostacolo alla rinascita del mondo del lavoro, alla costruzione di nuove case, alla rinascita della nostra università sarebbe un delitto infame, che gli aquilano non perdoneranno mai».
Lo ripete anche il sindaco Massimo Cialenti: «Continui a pregare per noi, Santo Padre. Ne abbiamo bisogno».

© Copyright Eco di Bergamo, 29 aprile 2009


Paparatzifan
00mercoledì 29 aprile 2009 19:19
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Il primato della carità

Alberto Bobbio

Ha visto il dolore, che lascia una traccia indelebile nel cuore e nella mente, che segna la pelle con quel tremito continuo che vedi nelle mani di chi ha perso gli affetti e la casa.
Gli hanno raccontato la paura, che non passa. Lo hanno guardato negli occhi, gli hanno stretto le mani.
E lui si è lasciato abbracciare da madri e da padri con gli occhi gonfi di pianto per aver perso i figli, da mogli e mariti, da bambini e da nonni.
Eppure l'immagine che resta alla fine è quella di un Papa che abbraccia forte una donna davanti ad una tenda blu. Non è lei che abbraccia Benedetto XVI. È il Papa che stringe lei tra le braccia, donna di un popolo pieno di dignità, che ha dato per primo in questi giorni esempio di coraggio.
Quell'abbraccio è riconoscenza, ma anche monito per chi traffica con questo popolo, lo sta aiutando nell'emergenza, ma non lo deve dimenticare nei mesi a venire.
Benedetto XVI, ieri nell'Abruzzo ferito, ha usato con dolcezza e discrezione, ma allo stesso tempo con fermezza ed energia, parole e gesti.
Ha abbracciato, ha spronato, ha indicato stile e metodo di quello che la Chiesa chiama il primato della carità, che non dimentica mai, che non lascia per strada nessuno. Ha usato ad Onna una parola impegnativa per tutti. Ha detto che la solidarietà deve diventare «progetto stabile e concreto nel tempo». Ha assicurato che la Chiesa farà la sua parte. Parole semplici, dirette, come quelle del vescovo Molinari che ha chiesto a tutti di non occuparsi dei propri interessi, che è un altro modo di dimenticare. Poi il Papa ha ascoltato, perché il primato della carità significa anche porgere orecchio al lamento degli uomini che soffrono. Avrebbe voluto andare in ogni borgo, avrebbe voluto percorrere una per una le città di stoffa blu che contrappungono la piana dell'Aquila. Ha ascoltato perché sa bene che la gente ha bisogno di raccontare, anche ad un Papa, un po' del proprio dolore, delle paure che non se ne vanno, degli incubi della notte, perché anche questo è un modo per sentire più lieve il peso di ciò che ha sconvolto e ha portato via la vita.
La Chiesa, di fronte alle tragedie che la mente dell'uomo non riesce razionalmente a controllare, deve tuttavia anche rispondere ad un'altra domanda. È una domanda terribile. È la domanda su Dio, su dove Dio era quella notte. È la domanda che molti preti del terremoto si sono sentiti rivolgere. Neppure il Papa ieri l'ha elusa. Anzi, l'ha offerta a Dio «Signore del cielo e della terra, ascolta il grido di dolore e di speranza».
Alla fine del breve discorso davanti alle macerie di Onna, Benedetto XVI ha letto una preghiera speciale e bellissima, che ha scritto per le vittime del terremoto. In qualche passaggio assomiglia ad un'invettiva, genere letterario che intreccia alcuni passi delle Sacre Scritture e connota la ricerca dell'uomo di fronte al disegno, a volte misterioso, di Dio.
Il Papa teologo sa che la sofferenza, quando è così grande, quando è così improvvisa, può annientare anche la speranza. E Dio diventa un nemico, in chi non viene aiutato a capire.
Benedetto XVI è andato in Abruzzo anche per questo, per stare vicino, più vicino a chi ha provato più dolore. Ascolta Dio, ha detto, ascolta «il grido silenzioso del sangue di madri, di padri, di giovani e anche di piccoli innocenti che sale da questa terra». La gente di qui aveva bisogno delle parole di un Papa, che ha fatto dell'amore di Dio il centro del suo pontificato, scrivendo la prima enciclica proprio su quel primato della carità che solo può migliorare il mondo e i rapporti tra gli uomini.
Questa gente aveva bisogno di guardarlo negli occhi, di prenderne le mani, di abbracciarlo e di farsi abbracciare. Anche per essere confermata che Dio non la dimentica.

© Copyright Eco di Bergamo, 29 aprile 2009


Paparatzifan
00mercoledì 29 aprile 2009 19:26
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Pastore lontano dal fasto

La veste bianca tra le macerie

Giovanni D'Alessandro

Il bianco era il colore più atteso, all’Aqui la, nel grigio di una piovosa mattina di a prile, che stenta ad aprirsi alla primavera. La veste del Santo Padre, recatosi ieri in visita a Onna e all’Aquila, è stata sommersa da al tri colori.
Erano quelli dei k-way e della ma glieria ancora invernale, altrui o recupera ta a casa, della gente che lo attorniava, nel bagno di folla più anarchico di tutto il suo pontificato.
Le stecche degli ombrelli si so no avvicinate pericolosamente allo zuc chetto bianco; sotto ad essi, mamme con figli piccolissimi in braccio non rinuncia vano alla carezza del Papa fatta sulla testi na dei piccoli.
Non era la carezza notturna del discorso alla luna di Giovanni XXIII, qua si mezzo secolo fa, su una piazza san Pietro e su una via della conciliazione immortala te gremite.
Era la carezza del sole velato, del l’alone cinereo che ha riconsegnato l’Aqui la, nel periodo successivo alla Pasqua, a un’atmosfera quaresimale.
«Sono finalmente con voi, in questa terra splendida e ferita», ha detto il Papa e que sto ha fatto sobbalzare due volte il cuore a gli abruzzesi, nella seconda e nell’ultima pa rola. Perché il 'finalmente' esprimeva la fi ne di un’attesa, così vibrata umile incon sueta per un capo di Stato, per un capo del la cristianità messosi quasi in coda a politi ci, giornalisti, scrittori, cantanti e passerel listi.
E nell’ultimo aggettivo, 'ferita' perché che la loro terra – chiamata cuore verde d’Europa – sia bellissima gli abruzzesi lo sanno bene, ma 'ferita' non lo era fino al 6 aprile. Non nuovamente ferita, almeno, dal nemico di sempre, generato dalla stessa ter ra, che le ha inflitto ferite mortali nel 1703 coi tremila morti dell’Aquila, nel 1706 coi mille di Sulmona e nel 1915 coi trentamila di Avezzano. Tutta la storia d’Abruzzo è scan dita dai terremoti.
Questo bianco nell’anarchia della folla, che l’apprensione della security non riusciva a tenere lontano dalle mani della gente, ha ri chiamato un’altra immagine, quella di un predecessore sia di Benedetto XVI, sia di Giovanni XXIII: l’immagine di Pio XII reca tosi tra le macerie di San Lorenzo a Roma, dopo il bombardamento alleato durante la seconda guerra mondiale, quando il fondo della veste tinse il bianco di altri indicibili colori, e fece come oggi il giro del mondo.
«Vi sono stato accanto fin dal primo mo mento – ha detto Benedetto XVI – la mia presenza qui vuol significare che il Signo re crocifisso vive, è con noi e non ci ab bandona ». Ogni parola che non portasse i segni della passione a questa terra ferita sa rebbe stata impropria, ma il Papa non è ve nuto solo nel segno della croce, è venuto anche nel segno della Pasqua, della resur rezione, e ha detto le parole che solo lui è autorizzato a dire: «I vostri morti sono vivi in Dio e attendono da voi un segnale di co raggio ». Era l’annuncio atteso, per ogni cuo re che non si rassegna alla perdita.
Mentre quelle parole di vita eterna venivano pro nunciate, forse un cameraman si è distrat to e ha zoomato su cento metri di macerie, di tetti collassati, di muri sventrati e que sto parlare di resurrezione in uno scenario di morte è stato il più grande e involonta rio regista del mondo.
Poi il Papa ha lasciato Onna, paese-simbo lo del dolore ed è andato all’Aquila. Si è re cato alla casa dello studente prima che alla basilica di Collemaggio e alla Scuola della Guardia di Finanza, perché questo è stato il terremoto degli studenti, dei morti giovani, dei sommersi e dei salvati che fino a un me se fa avevano, tutti, davanti una vita che sembrava – coi suoi problemi, con le sue speranze – lunga.
Il Papa si è avvicinato a de gli studenti. A uno d’ingegneria, che non rientrerà nell’accartocciata facoltà di Roio, costruita con la plastica al posto del ce mento, ha detto: ci vogliono ingegneri e tec nici più bravi di quelli che hanno costruito qui; bisogna ricostruire.
L’immagine che resta nel cuore di tutti è quella, finale, del Papa nella spianata che fu occupata dai prati di fiori sulle bare. Accanto a quella del pastore entrato a Collemaggio a guardare il suo predecessore Celestino V, incoronato qui nel 1294, coi mattoni spar si in terra a due passi da lui, nella grande basilica distrutta.
È stato un pastore lonta no dal fasto. È stato un pastore tra le mace rie. È stato un pastore del suo gregge.

© Copyright Avvenire, 29 aprile 2009


Paparatzifan
00mercoledì 29 aprile 2009 19:29
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Benedetto tra i terremotati, testimone di solidarietà

Il papa teologo in Abruzzo sfata il luogo comune che lo considera “freddo”

Aldo Maria Valli

L’AQUILA

Partecipazione, ammirazione, incoraggiamento, dolcezza.
Benedetto XVI nelle poche ore trascorse all’Aquila è riuscito a comunicare tutto questo. Lo ha fatto con le parole, certamente, ma soprattutto con se stesso, con il proprio atteggiamento, con la disponibilità all’incontro.
Paterno, umanissimo, ha sfatato il luogo comune del “papa freddo”, come ha prontamente rimarcato anche l’Osservatore romano, ed è stato padre fino in fondo.
«Vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno», ha detto ad Onna, il paesino fantasma, davanti alle rovine. E attraverso la sua presenza le persone che vivono nelle tende hanno davvero sentito che in quel momento, con Benedetto, tutta la Chiesa era lì.
«C’è in voi una forza d’animo che suscita speranza», ha aggiunto il papa con un omaggio al carattere abruzzese, e forse tra il pontefice tedesco e questa gente mai teatrale, questo popolo così dignitoso e composto, si è creato un feeling speciale.
Il teologo non ha potuto mancare di sottolineare che la presenza di un papa in mezzo a una tale tragedia è segno tangibile del fatto che il Risorto non abbandona mai gli uomini, che Dio non lascia inascoltato il grido di dolore. È questa l’argomentazione più difficile per l’uomo di fede, sempre spiazzato di fronte al mistero del male.
Ma Benedetto non ha aggirato l’ostacolo.
Come suo solito, ha preso anzi spunto dalla realtà per precisare che cos’è davvero la fede del cristiano. Si è chiesto: «Che cosa vuol dirci il Signore attraverso questo triste evento?». La risposta non è stata esplicita, ma ha rimandato al mistero pasquale: «Abbiamo celebrato la morte e la risurrezione di Cristo portando nella mente e nel cuore il vostro dolore, pregando perché non venisse meno nelle persone colpite la fiducia in Dio e la speranza».
Ma Benedetto non si è limitato a un’omelia sul piano spirituale. I suoi messaggi hanno toccato anche la sfera sociale ed economica.
La terra d’Abruzzo, ha detto, deve tornare a essere ornata di case e chiese «belle e solide» e poi, parlando della solidarietà, ha sottolineato che è un sentimento cristiano, certamente, ma è anche virtù altamente civica, al punto che proprio la solidarietà verso il bisognoso «misura la maturità di una società». Né è mancato il monito sulle cause della tragedia e sulla necessità di non ricadere negli stessi errori, quando ha detto che, come comunità civile, «occorre fare un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità, in ogni momento, non venga mai meno». Parole pronunciate nel discorso tenuto nel piazzale della caserma di Coppito, avendo davanti il presidente della regione Chiodi, il sindaco Cialente e l’arcivescovo Molinari che si è fatto interprete dei sentimenti della sua gente chiedendo al pontefice di pregare perché l’Aquila «risorga presto, con il contributo di tutti, cercando sinceramente il bene di tutti», perché «ogni ostacolo alla rinascita del mondo del lavoro, alla costruzione di nuove case, alla rinascita della nostra università sarebbe un delitto infame che gli aquilani non perdonerebbero mai».
Benedetto ha intercettato questi sentimenti, se n’è fatto carico e la gente ha visto in lui un testimone credibile di solidarietà e di speranza. La mancanza di rigide misure di sicurezza ha favorito il contatto umano con i terremotati, così abbiamo potuto vedere di che cosa è capace Ratzinger quando ha la possibilità di intrattenersi con le persone.
L’omaggio reso a Celestino V, le cui spoglie sono rimaste intatte nella semidistrutta basilica di Collemaggio, non è stato solo formale ed ha assunto un significato che va al di là dell’atto di venerazione verso una reliquia.
Deponendo su quell’urna il pallio, la fascia di lana simbolo di speciale legame con la sede pontificia, Benedetto ha riscattato la memoria dell’umile frate Pietro da Morrone, benedettino insoddisfatto, poi eremita e infine inopinatamente eletto papa nel 1294 dai cardinali maneggioni che, non riuscendo a trovare un accordo tra la sete di potere degli Orsini e dei Colonna, videro in lui una scappatoia.
Restò al suo posto solo cinque mesi, il tempo necessario per fargli capire che quello scherzo di cattivo gusto non poteva durare, anche perché il potere temporale, nelle vesti di Carlo d’Angiò, aveva deciso anch’esso di usare il papa per i suoi giochi spregiudicati. Celestino passò alla storia come il papa che fece per viltà il gran rifiuto, ma in realtà fece valere le ragioni della coscienza, proprio quella coscienza che oggi Benedetto XVI esalta nel suo ultimo libro affermando che bisogna ubbidire a Dio, non agli uomini e che, quando si tratta di scegliere tra il potere e la verità, il cristiano non deve avere dubbi.

© Copyright Europa, 29 aprile 2009


Paparatzifan
00mercoledì 29 aprile 2009 21:07
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L'incontro

Una lettera a Ratzinger dagli studenti scampati al crollo

L'AQUILA

Ecco il testo della lettera che alcuni studenti di Comunione e Liberazione hanno consegnato al Papa

Stefano Calvano, Stefano D'Alessandro e Antonella Di Vera hanno anche scambiato con lui alcune parole.

«Santo Padre, La ringraziamo di cuore per questa visita. La Sua presenza ci testimonia la Sua vicinanza, non solo spirituale, alle nostre sofferenze e ci rende sperimentabile la tenerezza della Chiesa, volto contemporaneo della presenza di Cristo nella storia. Anche noi, come tutti i nostri colleghi studenti universitari e i cittadini aquilani, siamo pervasi da paure ed insicurezze. In questo momento di prova, vediamo tutta la fragilità della nostra umanità di fronte al mistero dell'esistenza, avvertiamo bruciante l'interrogativo sul senso di tanta sofferenza. Nel terremoto sono morte decine di nostri compagni di corso. Attraverso questa circostanza dolorosa siamo stati tuttavia condotti a riaffermare in modo più consapevole e drammatico che la vita ci è donata istante per istante e a sperimentare che la presenza di Cristo riconosciuta dalla fede rappresenta la certezza su cui s'appoggia tutta la nostra speranza. Quale compito ci assegna Dio, in questo preciso momento storico, avendoci mantenuti in vita? Nel rispondere ci sentiamo sostenuti dalle parole che Lei ha rivolto a tutta la Chiesa nel messaggio Urbi et Orbi: "La resurrezione non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall'Uomo Gesù Cristo"».

© Copyright Il Tempo, 29 aprile 2009


Paparatzifan
00mercoledì 29 aprile 2009 21:11
Dal blog di Lella...

Il dono del pallio al Papa eremita che non lo ebbe mai

dall'inviato Maurizio Piccirilli

L'AQUILA

Il gesto più evocativo di tutta la visita nel capoluogo abruzzese.

Un omaggio «al cuore ferito della città». Benedetto XVI a Collemaggio al cospetto delle spoglie di san Celestino V, il papa eremita del gran rifiuto al quale ha donato il suo pallio.

Simbolismi e fede.

Il pallio fatto di lana bianca è simbolo del vescovo buon pastore e insieme dell'Agnello crocifisso per la salvezza dell'umanità. «Il mio - ha spiegato il Pontefice - ha voluto essere un omaggio alla storia e alla fede della vostra terra, e a tutti voi, che vi identificate con questo Santo. Sulla sua urna ho lasciato quale segno della mia partecipazione spirituale il Pallio che mi è stato imposto nel giorno dell'inizio del mio Pontificato». Un gesto molto importante perché Celestino V non aveva mai ricevuto il pallio.
Il dono di Benedetto XVI simboleggia così il legame tra il successore di Pietro e la Chiesa Universale.
Seconda tappa della via dolorosa a L'Aquila, la Basilica di Collemaggio colpisce con le sue volte distrutte e il suo transetto devastato. Benedetto XVI arriva dopo aver incontrato il dolore e la tragedia a Onna, frazione martire del terremoto del 6 aprile. Il Papa accompagnato dal vescovo Giuseppe Molinari ha bussato alla Porta santa, unico ingresso agibile della basilica aquilana. Ad attenderlo il rettore della chiesa don Nunzio Spinelli.
E qui Benedetto XVI ha un gesto inatteso: appena varcata la soglia e inchinatosi sulla teca con le spoglie di Celestino V sta per addentrarsi tra le volte devastate.
Lo trattiene il capo dalla Gendarmeria: «Santità è pericoloso». Intorno i vigili del fuoco fanno da picchetto d'onore all'urna santa. Il Papa ha deposto il pallio e poi sbalordito ha esclamato: «È una tragedia immensa per L'Aquila e per Collemaggio. Non credevo che fosse così. Sono immagini che spaventano». La visita a Collemaggio ferita è stato un momento sublime di speranza. Speranza che il rettore della basilica don Nunzio ha voluto rendere con una metafora: il Papa «ci ha dato di nuovo le ali e noi continueremo a volare.
Il pallio è il simbolo stesso de L'Aquila».
«L'emozione che ho provato quando Sua Santità ha bussato alla porta santa è stata grande - ha spiegato più tardi don Nunzio Spienlli - ciò vuol dire che la porta la riapriremo anche per la Perdonanza il prossimo agosto, anche se siamo in condizioni difficili, ma faremo sacrifici per riuscirci.
Riavremo la basilica, forse più bella».

© Copyright Il Tempo, 29 aprile 2009


Paparatzifan
00mercoledì 29 aprile 2009 21:14
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«Anche il Papa aveva l’abito infangato»

di Andrea Tornielli

Davide Gallo, 23 anni, rappresentante regionale della Fuci per l’Abruzzo, è uno studente della facoltà di Ingegneria. La notte del 6 aprile, quella del terremoto che ha devastato l’Abruzzo, scavando con le nude mani e aiutandosi con la luce del cellulare, insieme ad altri amici della federazione universitaria cattolica, ha estratto dalle macerie il più piccolo di due fratelli di otto e dieci anni, che nel crollo della casa hanno perso entrambi i genitori, i quali morendo avevano cercato di far loro scudo. Ieri era insieme ai due bambini in piazza del Duomo, all’Aquila, a salutare papa Benedetto XVI, in visita sui luoghi della tragedia.

Che cosa vi siete detti con il Papa?

«Mi ha chiesto che facoltà facessi. Gli ho risposto che studiavo Ingegneria. Mi ha fissato e mi ha detto: “Che possa esserti d’insegnamento”. Ha voluto farmi capire quanto importante sia il ruolo del progettista. Dobbiamo imparare da ciò che è capitato e far sì che certi errori non si ripetano più».

Che cosa l’ha colpita di più di questo incontro?

«Il Papa è stato un padre, un pastore, ha messo da parte ogni protocollo e formalità. Mi sono commosso vedendo le maniche del suo abito macchiate e infangate. Ha davvero toccato la nostra tragedia, ci siamo sentiti abbracciati da lui».

AnTor

© Copyright Il Giornale, 29 aprile 2009


Paparatzifan
00mercoledì 29 aprile 2009 21:17
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Ratzinger tra le macerie del terremoto: «Vorrei abbracciarvi tutti, a uno a uno»

di Andrea Tornielli

nostro inviato all’Aquila

A rimanere impresse nella memoria delle persone che ieri sotto la pioggia, nel fango, hanno accolto Benedetto XVI in Abruzzo non saranno innanzitutto le sue parole, ma i suoi gesti.
Incontrando i superstiti, il Papa, prima di parlare, ha ascoltato e, soprattutto, ha abbracciato. Commosso, continuava a stringere le mani e le braccia di Tiziana, la mamma di Onna, alla quale il terremoto ha strappato la piccola figlia. Benedetto XVI ha camminato nella tendopoli del paesino divenuto il simbolo della tragedia, incrociando i volti e gli sguardi della gente che piangendo lo ringraziava per essere venuto a testimoniare di persona la sua vicinanza.
Una vicinanza palpabile, che ha lasciato il segno sull’abito bianco del vescovo di Roma, le cui maniche, dopo la prima immersione tra la folla, apparivano ingiallite e macchiate.
Il Papa ha invitato a ricostruire «case e chiese solide», e detto che anche la comunità deve «fare un serio esame di coscienza», perché «il livello delle responsabilità, in ogni momento, mai venga meno». La visita ai terremotati si è svolta con un tempo inclemente. La pioggia battente e la nebbia hanno impedito che Ratzinger giungesse in elicottero, costringendolo a servirsi della macchina e provocando così un ritardo di un’ora sul programma. Ad Onna ha percorso un breve tratto della via dei Martiri, e ha potuto toccare con mano la devastazione. Accolto dal responsabile della Protezione civile Guido Bertolaso e dal sottosegretario Gianni Letta, nella tendopoli ascolta i racconti degli scampati, tra i quali il giornalista del quotidiano Il Centro, Giustino Parisse, che sotto le macerie ha perso due figli e suo padre, e ci sono anche dieci volontari musulmani del «Islamic Relief» di Milano, presenti qui per portare aiuto.
Il Papa salito su una pedana ha detto: «Vi sono stato accanto fin dal primo momento, ho seguito con apprensione le notizie condividendo il vostro sgomento e le vostre lacrime... Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno. La Chiesa tutta è qui con me, accanto alle vostre sofferenze».
Benedetto avrebbe voluto sorvolare le zone colpite con l’elicottero. «Se fosse stato possibile, avrei desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli e incontrare tutti».
Ratzinger ha così spiegato il significato del suo viaggio. «Cari amici: la mia povera presenza tra voi vuole essere un segno tangibile del fatto che il Signore crocifisso vive; che è con noi, che è realmente risorto e non ci dimentica, e non vi abbandona». La risposta concreta di Dio «passa attraverso la nostra solidarietà, che non può limitarsi all’emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo». Per questo il Papa incoraggia «tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano». Una parola di conforto ai sopravvissuti riguarda coloro che sono morti, i quali, dice Benedetto XVI, «attendono di veder rinascere questa loro terra, che deve tornare a ornarsi di case e di chiese, belle e solide». Nel loro nome «ci si deve impegnare nuovamente a vivere facendo ricorso a ciò che il terremoto non può distruggere: l’amore».
Poi, dopo aver accarezzato il capo delle suore dell’asilo di Onna, che non hanno più visto tornare due dei loro bambini, salito su un pulmino della Protezione civile, Ratzinger è giunto alla basilica di Collemaggio, in gran parte distrutta dal sisma, e ha venerato, all’entrata, l’urna contenente le spoglie di san Celestino V, il Pontefice del «gran rifiuto» di dantesca memoria, che si dimise nel 1294.
Sull’urna il Papa ha deposto in dono il pallio che aveva indossato il giorno della messa di inizio pontificato e guardando le macerie della basilica, ha esclamato: «È peggio di come pensavo guardando le immagini in Tv».
Un’altra sosta c’è stata davanti alla Casa dello Studente, dove si erano radunati alcuni dei sopravvissuti. Infine l’arrivo alla caserma di Coppito, il quartier generale dei soccorsi, dove ha salutato a uno a uno i sindaci dei Comuni colpiti dal sisma e dove l’attendevano qualche migliaio di terremotati. L’Arcivescovo Giuseppe Molinari si è augurato che la visita papale faccia rinascere la speranza, il sindaco Massimo Cialiente, con la voce rotta dall’emozione, ha chiesto al Pontefice di pregare per le persone colpite «perché ne abbiamo tanto bisogno» ha detto. Benedetto XVI ha ringraziato le istituzioni e tutti i soccorritori: «Grazie dell’esempio che avete dato. Andate avanti uniti e ben coordinati, così che si possano attuare quanto prima soluzioni efficaci per chi oggi vive nelle tendopoli». Ha parlato dell’«anima» e della «passione» che sta dietro all’opera di solidarietà. Infine ha concluso ricordando che serve da parte della comunità civile «un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità, in ogni momento, mai venga meno». Solo così «L’Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare».
Al termine dell’incontro, dopo aver sostato in preghiera e donato una rosa d’oro alla Madonna che troneggiava sul palco, risalendo i gradini della tribuna coperta, è scivolato ma è stato prontamente risollevato dal segretario don Georg.

© Copyright Il Giornale, 29 aprile 2009


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