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Notizie dal B16F

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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05/02/2009 02:13
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Il Papa chiede a Williamson di ritrarrare le sue dichiarazioni sulla Shoah


Il Pontefice non era al corrente delle sue opinioni, spiega una Nota della Segreteria di Stato




CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 4 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Le posizioni del Vescovo Williamson sulla Shoah erano "non conosciute dal Santo Padre nel momento della remissione della scomunica", e per questo il presule dovrà "prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze" da queste dichiarazioni "per una ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa".

Lo afferma una Nota della Segreteria di Stato vaticana, resa pubblica questo mercoledì, in cui si spiega che la remissione della scomunica ai quattro Vescovi ordinati da monsignor Lefebvre nel 1988 non presuppone la loro riabilitazione nel ministero.

La Segreteria ha ritenuto opportuno emettere la Nota "a seguito delle reazioni suscitate" dalla remissione della scomunica ai quattro presuli della Fraternità San Pio X "e in relazione alle dichiarazioni negazioniste o riduzioniste della Shoah da parte del Vescovo Williamson della medesima Fraternità".

Il documento consta di tre paragrafi in cui si spiegano motivi della remissione, la situazione dei presuli nella Chiesa e la questione delle dichiarazioni del Vescovo Williamson sull'Olocausto.

Circa il primo aspetto, si osserva che il Papa con questo gesto "ha voluto togliere un impedimento che pregiudicava l'apertura di una porta al dialogo" dopo lo scisma.

"Egli ora si attende che uguale disponibilità venga espressa dai quattro Vescovi in totale adesione alla dottrina e alla disciplina della Chiesa".

Riguardo la seconda questione, la Segreteria di Stato osserva che la remissione della scomunica "ha liberato i quattro Vescovi da una pena canonica gravissima, ma non ha cambiato la situazione giuridica della Fraternità San Pio X, che, al momento attuale, non gode di alcun riconoscimento canonico nella Chiesa Cattolica".

"Anche i quattro Vescovi, benché sciolti dalla scomunica, non hanno una funzione canonica nella Chiesa e non esercitano lecitamente un ministero in essa", sottolinea.

Perché avvenga questo riconoscimento, dichiara la Nota, è "condizione indispensabile" il "pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI".

Shoah

Quanto alle dichiarazioni oggetto della polemica, "assolutamente inaccettabili e fermamente rifiutate dal Santo Padre", la Nota sottolinea che erano "non conosciute dal Santo Padre nel momento della remissione della scomunica".

"Il Vescovo Williamson, per una ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa dovrà anche prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah", aggiunge il testo.

Il Papa, constata, ha già chiarito la sua posizione nei confronti dell'Olocausto il 28 gennaio, "quando, riferendosi a quell'efferato genocidio, ha ribadito la Sua piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza".

Il Pontefice, conclude la Nota, "chiede l'accompagnamento della preghiera di tutti i fedeli, affinché il Signore illumini il cammino della Chiesa. Cresca l'impegno dei Pastori e di tutti i fedeli a sostegno della delicata e gravosa missione del Successore dell'Apostolo Pietro quale 'custode dell'unità' nella Chiesa".



05/02/2009 16:02
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Dal blog di Lella...

Articolo di 7 anni fa... [SM=g1782471] [SM=g1782469]

PERCHE' WOJTYLA NON PUO' FARE A MENO DI RATZINGER IL DURO

di Paolo Francia

In una recente intervista il cardinale Joseph Ratzinger si è lasciato sfuggire che il 16 aprile prossimo, al compimento dei 75 anni, per lui «potrebbero finire alcune responsabilità». Riferimento chiaro alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che il porporato guida da 20 anni con grande spessore teologico e duttilità non comune.
Quest'ultima gli ha consentito di pilotare la nave della Chiesa verso approdi tranquilli sempre in sintonia con Giovanni Paolo II.
Ratzinger, allora arcivescovo di Monaco di Baviera, era stato determinante nel conclave del 1978 per orientare il Sacro Collegio su Karol Wojtyla.
E se una delle cause contingenti dell'elezione dell'arcivescovo di Cracovia fu l'incapacità degli italiani di coagularsi su una sola candidatura, come valide motivazioni di fondo furono considerate la necessità di rimettere ordine, teologico e dottrinale, nella Chiesa disordinata di Paolo VI.

Impossibile dunque pensare a un Ratzinger senza Giovanni Paolo II e a un Giovanni Paolo II senza Ratzinger.

L'uno e l'altro sono considerati troppo conservatori da sinistra e troppo aperturisti da destra. In realtà hanno sposato una linea rigorosa che non ha represso il dissenso interno, ma ne ha abbassato i toni e ristretto i limiti. A un Papa ecumenico sul terreno politico e religioso si è affiancato un Ratzinger che poco ha concesso nell'ambito delle innovazioni sollecitate da taluni episcopati.
Né può stupire la constatazione che in questi ultimi anni, sia Giovanni Paolo II sia Ratzinger si sono dimostrati un po' più morbidi, quasi a preparare il terreno alla Chiesa dei futuri decenni che non li vedrà attori.

E' anche in questa logica che Ratzinger ipotizza modifiche alla liturgia, non in chiave di nostalgica restaurazione di stampo lefebvriano ma di riscoperta di una partecipazione più viva dei fedeli a celebrazioni festive che ora assomigliano a stanchi rituali.

Ratzinger si propone di stringere i lacci: torni la Messa a essere un momento di incontro fra i fedeli e Dio, con gli opportuni adattamenti. Per rimettere ordine nella liturgia, Giovanni Paolo II ha bisogno di Ratzinger. E il potente cardinale tedesco dovrà rinviare il pensionamento. Il nuovo Prefetto della Dottrina della Fede arriverà con il nuovo Papa.

© Copyright Quotidiano Nazionale, 7 gennaio 2002


Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
06/02/2009 20:01
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Il Papa vivrà con i giovani l'anniversario della morte di Giovanni Paolo II


Il 2 aprile, al tramonto





CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 6 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI vivrà quest'anno il quarto anniversario della morte di Giovanni Paolo II insieme a migliaia di giovani, secondo quanto si apprende dal calendario delle celebrazioni presiedute dal Santo Padre pubblicato questo giovedì.

Lo farà presiedendo il 2 aprile, alle 18.00 nella Basilica vaticana, una Santa Messa alla quale sono invitati soprattutto i giovani di Roma.

Sarà allo stesso tempo il tradizionale incontro che il Papa ha tutti gli anni con i giovani della sua Diocesi in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, che quest'anno verrà vissuta a livello locale nelle Diocesi tre giorni dopo, la Domenica delle Palme.

Benedetto XVI rivivrà la notte di quattro anni fa, in cui i fedeli – tra cui moltissimi giovani – riempivano Piazza San Pietro e hanno accompagnato la morte di Karol Wojtyła con la preghiera.

Si tratta di una delle celebrazioni che spiccano nel calendario del Papa dal mese di febbraio ad aprile, caratterizzato anche dal suo primo viaggio in Africa.

Il 21 febbraio il calendario prevede che alle 11.00, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico vaticano, si celebri un Concistoro per alcune cause di canonizzazione.

Il 25 febbraio, Mercoledì delle Ceneri, il Papa parteciperà nella Basilica di Sant’Anselmo, alle 16.30, alla processione penitenziale. Alle 17.00, nella Basilica di Santa Sabina, presiederà la Santa Messa, con la benedizione e l'imposizione delle Ceneri

Il 1° marzo, prima Domenica di Quaresima, nella cappella "Redemptoris Mater" del Vaticano il Pontefice inizierà insieme alla Curia Romana alle 18.00 gli Esercizi spirituali, che si concluderanno alle 9.00 del 7 marzo.

Dal 17 al 23 marzo, Benedetto XVI si recherà in Camerun e Angola.

Il 29 marzo, V Domenica di Quaresima, il Vescovo di Roma compirà una visita pastorale alla parrocchia romana del Santo Volto di Gesù, nel quartiere della Magliana.

Tre giorni dopo la celebrazione dell'anniversario della morte di Giovanni Paolo II, il 5 aprile, Domenica delle Palme, alle 9.30 in Piazza San Pietro il Papa benedirà le palme e presiederà la processione e la Santa Messa.

Com'è traduzione, il 9 aprile, Giovedì Santo, alle 9.30 nella Basilica vaticana concelebrerà la Santa Messa del Crisma con i sacerdoti e i Vescovi presenti a Roma.

Alle 17.30, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, Cattedrale del Papa, darà inizio al triduo pasquale celebrando la Santa Messa della Cena del Signore.

Il 10 aprile, Venerdì Santo, alle 17.00 nella Basilica vaticana parteciperà alla celebrazione della Passione del Signore. Alle 21.15 dirigerà al Colosseo la Via Crucis.

L'11 aprile, Sabato Santo, alle 21.00 nella Basilica vaticana il Papa darà iniziò alla Veglia Pasquale nella Notte Santa.

La Domenica di Pasqua, alle 10.30, in Piazza San Pietro, celebrerà la Santa Messa. Alle 12.00 impartirà dalla Loggia centrale della Basilica la benedizione Urbi et Orbi, seguita in diretta da canali televisivi di tutto il mondo.

06/02/2009 20:02
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Il Governo spagnolo assicura al Cardinal Bertone il rispetto degli accordi


Il porporato ricevuto dai principali rappresentanti della Nazione




CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 5 febbraio 2009 (ZENIT.org).- I rappresentanti del Governo spagnolo hanno assicurato questo mercoledì ricevendo il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, che rispetteranno gli accordi che regolano le relazioni Stato-Chiesa.

Il premier spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, ha ricevuto nel Palazzo della Moncloa il porporato in un incontro che, come ha spiegato lo stesso Esecutivo in un comunicato, “si inserisce in una tappa di collaborazione tra la Spagna e il Vaticano ed è stato caratterizzato dal rispetto reciproco e dal dialogo costruttivo tra i due Stati”.

“Il premier ha chiesto al Cardinal Bertone di trasmettere a Papa Benedetto XVI un invito a visitare la Spagna durante la celebrazione dell'Anno Santo Compostelano, nel 2010”, indica la nota.

“Entrambi hanno parlato del viaggio previsto dal Pontefice a Madrid nel 2011 per partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù”, riferisce il Palazzo della Moncloa, sede centrale della presidenza del Governo e residenza ufficiale del premier. “A questo proposito si sono impegnati a costituire un comitato organizzatore dell'evento insieme a tutte le amministrazioni coinvolte”.

“Rodríguez Zapatero ha anche informato il Segretario di Stato vaticano del contenuto del II Forum dell'Alleanza delle Civiltà, che avrà luogo in Turchia ai primi di aprile, e l'ha invitato a parteciparvi”.

Prima della visita al premier, il Cardinal Bertone aveva incontrato il Ministro degli Esteri, Miguel Ángel Moratinos, e il vicepresidente del Governo, María Teresa Fernández de la Vega. In seguito è stato ricevuto dal re Juan Carlos nel Palazzo della Zarzuela.

Nel suo incontro “molto cordiale” con il più stretto collaboratore del Papa, il primo vicepresidente del Governo ha confermato la volontà dell'Esecutivo di sostenere la riforma della legge sull'aborto a cui sta lavorando il Parlamento e ha difeso la polemica materia dell'Educazione alla Cittadinanza.

Secondo fonti vicine al Governo, la De la Vega ha illustrato al Cardinale le modifiche alla Legge sulla Libertà Religiosa per “adattarla alla diversità della società spagnola” e ha garantito che “gli accordi con la Santa Sede non verranno mai toccati”.

Nel pomeriggio, il porporato ha incontrato il presidente del Partito Popolare, Mariano Rajoy.

Questo giovedì è previsto un intervento del Segretario di Stato nella sede della Conferenza Episcopale Spagnola (CEE) sul tema “I diritti umani nel magistero di Benedetto XVI”. L'evento verrà trasmesso in diretta da parte della pagina web della CEE (www.conferenciaepiscopal.es).

La partenza del Cardinale alla volta di Roma è prevista per le 18.00 di questo giovedì.





Card. Bertone: il diritto alla vita "non si può negare a nessuno"


Intervento durante la visita in Spagna




MADRID, giovedì, 5 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, ha affermato questo giovedì durante la sua visita in Spagna che il diritto alla vita "non si può negare a nessuno" e che "nessuna minoranza o maggioranza politica può cambiare i diritti dei più vulnerabili nella nostra società".

Il porporato lo ha osservato durante l'intervento che ha pronunciato nella sede della Conferenza Episcopale Spagnola in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.

All'atto erano presenti, tra gli altri, il Ministro della Giustizia, Mariano Fernández Bermejo, e membri delle amministrazioni e del partito d'opposizione. In questo momento, il Governo spagnolo porta avanti una riforma legale dell'aborto che presupporrà il suo riconoscimento come "diritto riproduttivo".

Secondo il Cardinal Bertone, attualmente è in atto "un processo continuo e radicale di ridefinizione dei diritti umani individuali sui temi più sensibili ed essenziali, come la famiglia, i diritti del bambino e della donna, ecc.".

Circa il diritto alla vita, ha aggiunto, "ci troviamo di fronte a un panorama completamente nuovo rispetto all'epoca in cui è stata approvata la Dichiarazione Universale".

Ad ogni modo, ha insistito sul fatto che i diritti umani "sono al di sopra della politica e anche dello Stato-Nazione. Sono davvero sovranazionali" e la loro protezione "deve essere una priorità per ogni Stato".

"La vita, che è opera di Dio, non deve essere negata a nessuno, neanche al più piccolo e indifeso e men che meno se presenta gravi handicap - ha dichiarato -. Per questo, non possiamo cadere nell'inganno di pensare che si possa disporre della vita fino a legittimare la sua interruzione, mascherandola forse con un velo di pietà umana".

Ricordando il discorso di Benedetto XVI alle Nazioni Unite, il Cardinal Bertone ha aggiunto che la libertà "non può essere invocata per giustificare certi eccessi" che potrebbero portare a "un regresso nel concetto di essere umano", soprattutto in questioni come la vita e la famiglia.

Una cultura della vita, ha aggiunto, "potrebbe rivitalizzare il congiunto dell'esistenza personale e sociale".

Il diritto di educare

Un'altra questione sulla quale si è concentrato il rappresentante vaticano e che sta portando a disaccordi tra il Governo e la Chiesa è la questione della famiglia, e concretamente il diritto dei genitori di educare i figli.

Il Cardinal Bertone ha ricordato che la Chiesa "proclama che la vita familiare è basata sul matrimonio di un uomo e una donna, uniti da un vincolo indissolubile, liberamente contratto, aperto alla vita umana in tutte le sue tappe, luogo di incontro tra le generazioni e di crescita nella saggezza umana".

"Dal loro concepimento, i figli hanno il diritto di poter contare sul padre e sulla madre, sul fatto che li curino e li accompagnino nella loro crescita", ha affermato il porporato, aggiungendo che lo Stato "deve sostenere con adeguate politiche sociali tutto ciò che promuove la stabilità e l'unità del matrimonio, la dignità e la responsabilità degli sposi, il loro diritto e il loro compito insostituibile di educatori dei figli".

Il Cardinale ha sottolineato che "è alla famiglia, e più in concreto ai genitori, che spettano per diritto naturale il primo compito educativo e il diritto di scegliere l'educazione dei figli in base alle proprie idee, e soprattutto secondo le proprie convinzioni religiose".

"L'insegnamento confessionale della religione nei centri pubblici risulta conforme al principio della laicità, perché non presuppone adesione né, quindi, identificazione dello Stato con i dogmi e la morale che compongono il contenuto di questa materia. Allo stesso modo, questo tipo di insegnamento non è contrario al diritto alla libertà religiosa degli alunni e dei loro genitori, a causa del suo carattere volontario", ha spiegato.

Il Cardinal Bertone ha infine sottolineato il contributo del cristianesimo al riconoscimento dell'uguaglianza e della dignità della donna, affermando che "persiste ancora una mentalità che ignora la novità del cristianesimo".





Relegare la religione al privato, "violazione della libertà religiosa"


Il Cardinal Bertone difende la "laicità positiva"




MADRID, giovedì, 5 febbraio 2009 (ZENIT.org).- "Voler imporre, come vuole il laicismo, una fede o una religiosità strettamente privata" presuppone "un'ingerenza nel diritto della persona a vivere le proprie convinzioni religiose come desidera o come queste richiedono".


Lo ha affermato il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, nella conferenza pronunciata questo giovedì nella sede della Conferenza Episcopale Spagnola in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Nel suo discorso, il porporato ha spiegato in cosa consiste la "laicità positiva" alla quale Benedetto XVI si è riferito varie volte, basata sul rispetto della libertà religiosa "come diritto primario e inalienabile della persona".

La libertà religiosa, ha osservato, "è la base delle altre libertà, la loro ragion d'essere", perché "oltrepassa l'orizzonte che cerca di limitarla a un aspetto intimo, a una mera libertà di culto o a un'educazione ispirata ai valori cristiani, per chiedere all'ambito civile e sociale libertà affinché le confessioni religiose possano svolgere la propria missione".

"Lo Stato democratico non è neutrale rispetto alla libertà religiosa, ma, come riguardo alle altre libertà pubbliche, deve riconoscerla e creare le condizioni per il suo effettivo e pieno esercizio da parte di tutti i cittadini", ha constatato.

Proprio per questo, è necessario che sia anche "assolutamente neutrale rispetto a tutte le varie opzioni particolari che i cittadini adottano nei confronti dell'elemento religioso in virtù di questa libertà".

Citando Benedetto XVI, il Cardinal Bertone ha aggiunto che "non è espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo l'ostilità contro qualsiasi forma di rilevanza politica e culturale della religione; in particolare, contro la presenza di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche".

"Non è nemmeno segno di sana laicità negare alla comunità cristiana, e a quanti la rappresentano legittimamente, il diritto di pronunciarsi sui problemi morali che oggi interpellano la coscienza di tutti gli esseri umani, soprattutto dei legislatori e dei giuristi", ha aggiunto.

Il porporato ha spiegato che quando la Chiesa si pronuncia su un tema "non si tratta di un'indebita ingerenza", ma "dell'affermazione e della difesa dei grandi valori che danno senso alla vita della persona e salvaguardano la sua dignità".

"In definitiva, si tratta di mostrare che senza Dio l'uomo è perduto, che escludere la religione dalla vita sociale, in particolare l'emarginazione del cristianesimo, mina le basi stesse della convivenza umana, perché prima di essere di ordine sociale e politico queste basi sono di ordine morale".

Rispetto reciproco

Secondo il Cardinal Bertone, la Chiesa "non rivendica il ruolo dello Stato", ma rispetta "la giusta autonomia delle realtà temporali" e "chiede lo stesso atteggiamento riguardo alla sua missione nel mondo".

"Lo Stato non può rivendicare competenze, dirette o indirette, sulle convinzioni intime delle persone né imporre o impedire la pratica pubblica della religione, soprattutto quando la libertà religiosa contribuisce in modo decisivo alla formazione di cittadini autenticamente liberi", ha aggiunto.

Il porporato ha lamentato il fatto che oggi "la libertà religiosa sia lungi dall'essere assicurata effettivamente", visto che "in alcuni casi viene negata per motivi religiosi o ideologici" e in altri, "anche se viene riconosciuta teoricamente, è ostacolata di fatto dal potere politico o, in modo più velato, dal predominio culturale dell'agnosticismo e del relativismo".

"E' quindi inconcepibile che i credenti debbano sopprimere una parte di se stessi - la loro fede - per essere cittadini attivi. Per poter godere dei propri diritti non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio", ha avvertito.

Il Cardinal Bertone si è infine riferito al principio dell'uguaglianza delle confessioni religiose, che non deve confondersi, sottolinea, "con l'uniformità di trattamento giuridico di queste da parte della legge civile", ma deve "rispettare le loro peculiarità, tenendo anche presente il radicamento culturale e storico che ognuna ha nella società".

"Non è un'interpretazione corretta: il principio di uguaglianza, in effetti, viene indebolito se si trattano situazioni uguali in modo diverso, ma anche se si trattano situazioni diverse nello stesso modo".

06/02/2009 20:03
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Santa Sede: la coesione sociale richiede “chiarezza degli scopi”


Intervento dell'Arcivescovo Migliore all'ONU




di Roberta Sciamplicotti

NEW YORK, venerdì, 6 febbraio 2009 (ZENIT.org).- “Chiarezza degli scopi” e “impegno dello spirito” sono gli elementi indispensabili per raggiungere la coesione sociale, ha affermato l'Arcivescovo Celestino Migliore, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

Il presule è intervenuto questo giovedì a New York alla 47ª sessione della Commissione per lo Sviluppo Sociale sul tema dell'integrazione sociale, ricordando che “se in una società socialmente integrata c'è un senso di appartenenza, in una socialmente coesa c'è anche un chiaro consenso su ciò che crea un insieme sociale con diritti e responsabilità riconosciuti per tutti i cittadini”.

“La coesione sociale, come espressione di giustizia sociale, è in primo luogo una condizione che deve essere assicurata a tutte le persone per via della loro dignità”, ha osservato.

Accanto a questo, “è anche una condizione indispensabile far fronte alle crisi globali che l'umanità affronta al giorno d'oggi”.

Il presule ha quindi riconosciuto come sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo vi sia una “pervasiva” assenza di integrazione sociale, le cui cause sono “la povertà, la diseguaglianza e la discriminazione a tutti i livelli”.

Di fronte a ciò, ha lodato a nome della delegazione vaticana il fatto che “le strategie volte a promuovere l'integrazione sociale nelle attuali circostanze derivino dalla struttura stessa dello sviluppo”, caratterizzata dalla convinzione che “la logica della solidarietà e della sussidiarietà sia la più adatta a vincere la povertà e ad assicurare la partecipazione di ogni persona e di ogni gruppo sociale a livello sociale, economico, civile e culturale”.

Secondo il presule, nell'ultimo decennio si è rivelato “un ampio consenso circa l'impegno a promuovere lo sviluppo”, soprattutto per quanto riguarda la lotta alla povertà e la promozione dell'inclusione e della partecipazione di tutti.

A questo proposito, ha sottolineato l'importanza degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio per “rendere le condizioni di vita più umane per tutti”.

“La preoccupazione per ottenere risultati quantitativi e misurabili non deve distrarre la nostra attenzione e le nostre politiche dal raggiungere uno sviluppo integrale”, ha dichiarato.

Il monitoraggio degli Obiettivi del Millennio, infatti, “mostra che è relativamente facile raggiungere gli obiettivi attraverso misure di natura tecnica che richiedono, soprattutto, risorse materiali e organizzazione”, ma il loro perseguimento necessita “non solo di mezzi finanziari, ma anche dell'effettivo coinvolgimento delle persone”.

L'obiettivo ultimo dei programmi di sviluppo, ha proseguito l'Arcivescovo, è “dare alla gente la concreta possibilità di modellare la propria vita e di essere protagonista dello sviluppo”.

“Ciò che sembra mancare nella lotta contro la povertà, la disuguaglianza e la discriminazione – ha constatato – non è in primo luogo l'assistenza finanziaria, o la cooperazione economica e giuridica, fattore ugualmente essenziale, ma la gente e le reti di relazione capaci di condividere la vita con coloro che affrontano situazioni di povertà e di esclusione, individui capaci di presenza e azione il cui operato sia riconosciuto dalle istituzioni locali, nazionali e globali”.

“I bisogni delle famiglie, delle donne, dei giovani, degli analfabeti e dei disoccupati, degli indigeni, degli anziani, dei migranti e di tutti gli altri gruppi vulnerabili all'esclusione sociale devono essere affrontati con appropriate strutture legali, sociali e istituzionali”, ha ribadito.

“Condividendo le esperienze di quanti sono stati esclusi dalla società e convivendo con loro, possiamo trovare modi per integrarli più pienamente nella comunità, e soprattutto per affermare la loro dignità e il loro valore così che possano diventare realmente protagonisti del loro sviluppo”.

La Santa Sede e le varie istituzioni della Chiesa, ha sottolineato, “rimangono impegnate nel far fronte a questo dovere attraverso programmi, agenzie e organizzazioni in ogni continente”.

“Attraverso questo sforzo comune, le lezioni apprese dagli emarginati rafforzano la verità per cui lo sradicamento della povertà, il pieno impiego e l'integrazione sociale verranno raggiunti quando la chiarezza degli scopi sarà affiancata da un impegno dello spirito”.


06/02/2009 20:06
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Padre Lombardi smentisce in modo categorico la notizia di una telefonata tra il cardinale Bertone e Berlusconi


Il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi ha smentito “nel modo più categorico quanto pubblicato, con evidenza, questa mattina da un quotidiano italiano a proposito di un presunto colloquio telefonico incorso fra il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ed il presidente del Consiglio italiano, on. Silvio Berlusconi”. Il quotidiano riferiva di una telefonata sulla questione di Eluana Englaro: “la notizia – ha affermato padre Lombardi - è totalmente infondata”.


www.radiovaticana.org


07/02/2009 03:05
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Le iniziative per gli 80 anni dello Stato della Città del Vaticano


CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 6 febbraio 2009 (ZENIT.org).- L’11 febbraio del 1929, con la firma dei Patti Lateranensi, che regolano i rapporti tra lo Stato italiano e la Santa Sede, nasceva ufficialmente lo Stato della Città del Vaticano che nel 1984 è stato iscritto dall’UNESCO nella lista del Patrimonio Mondiale.

Per commemorare questo storico evento, nel giorno della firma verrà inaugurata nel Braccio di Carlo Magno, in Piazza San Pietro, alle ore 17:00, una mostra a ingresso gratuito che sarà visitabile fino al 10 maggio dal titolo: “1929-2009. Ottanta anni dello Stato della Città del Vaticano”.

Nell’atrio del “Braccio”, un plastico tridimensionale in legno di betulla riproduce la Città del Vaticano nella sua attualità, con i suoi edifici e il suo assetto paesaggistico, offrendo al visitatore una visione d’insieme della Stato vaticano: si tratta di un’opera artistica creata per la circostanza dallo Studio Villahermosa di Roma.

L’esposizione si concentra sul momento della fondazione e, dunque, sul Pontificato di Pio XI (1922-1939), durante il quale il nuovo Stato sovrano si dotò di strutture e infrastrutture. Articolato in cinque sezioni, il percorso espositivo analizza nella parte iniziale l’immagine e la topografia del Vaticano lungo i secoli, a partire da alcune stampe del Cinquecento e del Seicento, per arrivare agli inizi del XX secolo; evidenziata da un nucleo documentale è anche la “questione romana”, i nodi problematici che caratterizzarono i rapporti tra Santa Sede e Stato italiano all’indomani della costituzione del Regno d’Italia.

Il secondo momento è dedicato alla figura del Papa Pio XI, al suo ruolo culturale in qualità di Prefetto della Biblioteca Vaticana e della Ambrosiana e alle iniziative architettoniche promosse in Vaticano e a Roma; del Pontefice, il “grande papa dei seminari”, come lo definì Giovanni Paolo II, è anche sottolineata l’attività di fondazione dei numerosi istituti italiani per la formazione dei nuovi sacerdoti.

Il terzo segmento si riferisce ai Patti Lateranensi e ai relativi documenti – il Trattato e il Concordato – sottoscritti l’11 febbraio 1929 dal Cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri e dal Capo del Governo italiano Benito Mussolini; in questo stesso “capitolo” espositivo, un ampio pannello con la città di Roma porrà in luce i luoghi extraterritoriali vaticani sanciti dal Trattato.

Al centro del IV settore della mostra è la nascita del nuovo Stato, con le infrastrutture create dal Pontefice - Governatorato, Tribunale, Stazione Ferroviaria, Radio Vaticana, Poste, Musei, Tipografia - e le nuove porte di accesso: opere documentate da fotografie, medaglie celebrative, disegni e plastici degli edifici.

La quinta sezione ricorda i sei pontificati intercorsi dal 1939 ad oggi, attraverso i ritratti dei successori di Papa Ratti: Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI. Chiude l’iter espositivo un’opera pensata anch’essa per queste celebrazioni: si tratta della “Civitas Vaticana”, una nuova pianta prospettica della Città del Vaticano, incisa ad acquaforte e bulino e stampata in soli 330 esemplari su disegno del maestro Pierluigi Isola, che rappresenta simbolicamente l’immagine del Vaticano del XXI secolo.

La Mostra è stata preparata da una Commissione scientifica presieduta dal vescovo Renato Boccardo, Segretario Generale del Governatorato; è corredata da un catalogo, edito dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e curato dalla dott.ssa Barbara Jatta, che si è particolarmente adoperata anche nella concezione e preparazione della mostra stessa.

Nell’80° di fondazione, il Governatorato ha promosso un Convegno di studi dal 12 al 14 febbraio che ripercorrerà la storia e l’attualità dello Stato e delle sue istituzioni, sotto il titolo “Un piccolo territorio per una grande missione”.

La riflessione si aprirà nell’Aula della Conciliazione del Palazzo del Laterano, dove vennero firmati i Patti che chiudevano la “questione romana” e riconoscevano alla Santa Sede, come soggetto di diritto internazionale, la piena sovranità sullo Stato della Città del Vaticano; per le successive sessioni di lavoro del 13 e 14 febbraio il Convegno si trasferirà in Vaticano, nell’Aula Nuova del Sinodo.

Lo svolgimento della sessione inaugurale prevede il saluto del Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato Città del Vaticano, e l’introduzione ai lavori del Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone. A seguire la relazione del prof. Andrea Riccardi (Università di Studi Roma Tre) sul tema “Uno Stato particolare: l’indipendenza del Papa e lo Stato vaticano”.

Altre relazioni saranno svolte da mons. Giorgio Corbellini, Vice Segretario generale del Governatorato (“Il Vaticano: territorio, aree esterne istituzioni”) e dal dott. Joaquín Navarro Valls, già Direttore della Sala Stampa vaticana (“Lo Stato del Papa: immagine e miti nell’opinione pubblica”). Alla ripresa del Convegno, nella mattinata del 13 febbraio, sotto la presidenza del sen. Marcello Pera, interverranno tra gli altri la prof.ssa Emma Fattorini (Università di Roma “La Sapienza”), su “Pio XI: fondatore e costruttore dello Stato” e il prof. Philippe Chenaux (Pontificia Università Lateranense), con un contributo dal titolo “Gli anni difficili della guerra e del secondo dopoguerra: il Vaticano di Pio XII”.

Successivamente il prof. Marco Impagliazzo (Università per Stranieri di Perugia) proporrà una relazione dedicata a “Giovanni Paolo II tra il Vaticano, Roma e il mondo”, mentre la “Radio Vaticana” sarà al centro dell’intervento di padre Federico Lombardi S.I., Direttore generale di questa emittente.

Interventi storico-giuridico caratterizzeranno il pomeriggio del 13 febbraio, sotto la presidenza del prof. Cesare Mirabelli, Consigliere Generale dello Stato; a svolgerli saranno il prof. Joel-Benoit d’Onorio, Università di Aix-Marseille (“Il profilo della Città del Vaticano: lo Stato tra l’Italia, l’Europa e la comunità internazionale”), il prof. Giuseppe Dalla Torre, della LUMSA (“La Città del Vaticano e l’Italia: storia delle relazioni dal Trattato ai nostri giorni”) e il prof. Jean-Dominique Durand, della Università di Lione (“Le due Città: Roma e il Vaticano”).

A presiedere la sessione finale, nella mattinata di sabato 14, sarà il Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Verrà proposta una riflessione a più voci sulle parole di Pio XI, “Quel tanto di territorio nazionale indispensabile per l’esercizio di un potere spirituale”, tratte dall’allocuzione del Pontefice ai parroci e ai quaresimalisti di Roma in quella stessa giornata dell’11 febbraio 1929.

Alla tavola rotonda prenderanno parte il Cardinale Achille Silvestrini, Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, il Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, l’ex Presidente senegalese Abdou Diouf, Segretario generale della Francofonia, il Governatore onorario della Banca di Francia Michel Camdessus e il giornalista e saggista Arrigo Levi, Consigliere del Presidente della Repubblica italiana. Al termine del dibattito, l’esposizione dei rilievi conclusivi del Convegno sarà affidata al Cardinale Lajolo.

Infine, per celebrare sempre questa ricorrenza, il 12 febbraio alle ore 17:00, la Our Lady Choral Society della cattedrale di Dublino e la Rte Concert Orchestra, sempre dalla capitale irlandese, eseguiranno nell’Aula Paolo VI l’oratorio di Haendel “Il Messia”.

07/02/2009 03:06
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Il portavoce vaticano sui problemi di comunicazione nella Santa Sede


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 6 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Dopo le polemiche sorte con la remissione della scomunica ai quattro Vescovi lefebvriani, soprattutto per le dichiarazioni negazioniste dell'Olocausto rilasciate da uno di loro, il portavoce vaticano riconosce che esistono problemi di comunicazione nella Santa Sede.

Padre Federico Lombardi S.I., Direttore della Sala Stampa vaticana, ha concesso un'intervista al quotidiano francese La Croix, pubblicata questo venerdì, in cui offre elementi che aiutano a comprendere l'accaduto.

Il sacerdote spiega che il decreto vaticano con cui Benedetto XVI ha rimesso le scomuniche ai Vescovi “è stato negoziato all'ultimo momento” e che “alcuni punti non erano chiari”.

“Non significava la fine di un processo, ma una tappa, per cui non dava un risultato chiaro. Ad ogni modo, il comunicato che ha accompagnato la sua pubblicazione lasciava troppi aspetti dubbi, dando luogo a diverse interpretazioni”.

“Oltre a questo, visto che si tratta di un negoziato con un'altra parte, il documento si trovava già su alcune pagine web e su alcuni giornali. Il controllo di questa comunicazione dipendeva da noi”, ha aggiunto.

Ad ogni modo, il portavoce riconosce che “per la Chiesa il problema della comunicazione non è facile”.

“Bisogna dire tutto e subito? – chiede –. A volte è meglio non parlare. Una comunicazione molto aperta, soprattutto su un processo negoziale così complesso, può a volte bloccare o screditare”.

“In questo caso specifico, ciò che ha provocato più danno è stata la concomitanza tra la questione della scomunica e la diffusione delle posizioni negazioniste – e ingiustificabili – di monsignor [Richard] Williamson”.

“Onestamente – spiega Lombardi –, il punto delicato è sapere chi conosceva le opinioni di quest'uomo. Quando si propone al Papa di rimettere la scomunica di quattro Vescovi, non si tratta di un gran numero, come se fossero 150”.

“Senza dubbio le persone che hanno gestito la questione non avevano consapevolezza della gravità delle posizioni di monsignor Williamson. Ed è vero che i negoziati sono stati condotti con monsignor [Bernard] Fellay”, Superiore generale della Fraternità San Pio X.

“Le posizioni di altri Vescovi, però, non sono state tenute sufficientemente in conto. Ciò che è certo è che il Papa ne era all'oscuro”.

Per quanto riguarda i modi in cui mezzi di comunicazione hanno informato su questo caso, il portavoce ritiene che “non siano stati né più positivi né più negativi che in altre occasioni. Riflettono il nostro mondo”.

“Siamo realisti – esorta –: ci sono correnti che si oppongono alla Chiesa, che la considerano 'liberticida', ecc. Il messaggio della Chiesa spesso va contro la corrente di pensiero della maggioranza, di cui i media sono per loro natura portavoci. Ma le reazioni possono anche essere positive”.

“Lo abbiamo visto con la morte di Giovanni Paolo II. Basta ricordare i viaggi di Benedetto XVI negli Stati Uniti, in Australia e in Francia, dove all'inizio non aveva conquistato affatto l'opinione pubblica, e che hanno dimostrato come il messaggio poteva anche essere ritrasmesso attraverso i mezzi di comunicazione”.

Circa la difficoltà esistente tra i cattolici nel comprendere alcune decisioni del Vaticano, padre Lombardi spiega che ciò è dovuto alla natura stessa di certi documenti.

“Alcuni documenti sono destinati agli esperti di diritto canonico, altri ai teologi, altri all'insieme dei cattolici, altri ancora a tutti gli uomini – spiega –. Al giorno d'oggi, tuttavia, un documento, indipendentemente dalla sua natura, si trova nel foro pubblico. E questo è difficile da gestire”.

Nel caso della remissione delle scomuniche, padre Lombardi riconosce che è mancato tempo dopo i negoziati per poter prevenire e spiegare la questione ai Vescovi del mondo, ma osserva anche che in genere ciò non accade.

“A volte, il documento è nelle mani dei Vescovi locali anche prima che lo abbiamo noi”, rivela.

“Credo che si debba ancora creare una cultura della comunicazione in seno alla Curia, in cui ogni dicastero comunica in modo autonomo e non pensa necessariamente a passare per la Sala Stampa, né a offrire una nota esplicativa quando le informazioni sono complesse”.

“Se le spiegazioni della nota della Segreteria di Stato del 4 febbraio fossero state fornite al momento della pubblicazione del decreto, ci saremmo risparmiati vari giorni di passione”, confessa.

“Quando si tratta di temi 'caldi' è meglio preparare bene le spiegazioni – conclude –. Ma è impossibile evitare tutte le difficoltà. Dobbiamo essere disposti anche a correre rischi. E non possiamo pensare che sia possibile procedere in un cammino di riconciliazione senza chiarire le ambiguità”.



07/02/2009 15:44
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La Chiesa afferma "l'assoluta e suprema dignità di ogni vita umana": così il Papa nel Messaggio per la Giornata mondiale del malato


La Chiesa ha sempre affermato “l’assoluta e suprema dignità di ogni vita umana”, che va vissuta “in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza”. Lo afferma Benedetto XVI nel Messaggio per la prossima Giornata mondiale del malato, che ricorre l’11 febbraio, memoria della Vergine di Lourdes. Il Papa dedica quest’anno il Messaggio ai bambini ammalati o vittime di abusi e violenze, levando un appello ai governi perché promulghino leggi in favore dei minori in difficoltà e delle loro famiglie. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Un cristiano “non può restare indifferente” al “silenzioso grido di dolore” levato dai bambini ammalati o abbandonati a se stessi nel mondo: la sua coscienza di uomo e di credente non glielo permette e gli impone “l’impellente dovere di intervenire”. Con chiarezza di toni e grande compassione, Benedetto XVI guarda nel messaggio all’universo di sofferenze nel quale versano milioni di bambini.


“Ci sono piccoli esseri umani - scrive - che portano nel corpo le conseguenze di malattie invalidanti, ed altri che lottano con mali oggi ancora inguaribili nonostante il progresso della medicina e l’assistenza di validi ricercatori e professionisti della salute”. Ci sono poi “bambini feriti nel corpo e nell’anima a seguito di conflitti e guerre, ed altri vittime innocenti dell’odio di insensate persone adulte. Ci sono - prosegue il Papa ragazzi ‘di strada’, privati del calore di una famiglia ed abbandonati a se stessi, e minori profanati da gente abietta che ne viola l’innocenza, provocando in loro una piaga psicologica che li segnerà per il resto della vita”. Senza dimenticare, soggiunge, “l’incalcolabile numero dei minori che muoiono a causa della sete, della fame, della carenza di assistenza sanitaria, come pure i piccoli esuli e profughi dalla propria terra con i loro genitori alla ricerca di migliori condizioni di vita”.


Benedetto XVI ringrazia anzitutto gli organismi della Chiesa che a tutti i livelli si occupano di alleviare queste sofferenze, mostrando - dice - la medesima “compassione” di Gesù per la vedova di Nain che aveva perso il figlio. E dilatando i confini del suo pensiero, il Papa osserva che “la dedizione quotidiana e l’impegno senza sosta al servizio dei bambini malati costituiscono un’eloquente testimonianza di amore per la vita umana, in particolare per la vita di chi è debole e in tutto e per tutto dipendente dagli altri”. Quindi, un passo dopo, Benedetto XVI riafferma “con vigore” un principio base per il cristianesimo: ovvero, “l’assoluta e suprema dignità di ogni vita umana”. Non muta, con il trascorrere dei tempi, osserva, “l’insegnamento che la Chiesa incessantemente proclama: la vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza”.


La capacità di “amore disinteressato e generoso” verso l’infanzia sofferente porta infine il Papa ad estendere il proprio “apprezzamento e incoraggiamento” nei riguardi delle organizzazioni nazionali e internazionali impegnate in questo campo, in particolare nei Paesi poveri. Benedetto XVI conclude il Messaggio con l’“accorato appello” ai “responsabili delle nazioni” perché - sollecita - “vengano potenziate le leggi e i provvedimenti in favore dei bambini malati e delle loro famiglie, potendo sempre contare - assicura - sulla collaborazione della Chiesa.


www.radiovaticana.org

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Da "L'Espresso"...

... articolo vomitivo... [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473]

http://www.difesa.it/Sala+Stampa/Rassegna+stampa+On-Line/PdfNavigator.htm?DateFrom=06-02-2009&pdfIndex=91

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Dal blog di Lella...

Questi sarebbero gli oppositori del Papa dentro il Vaticano:

Cliccare sulla 14ma riga il titolo: "Ecco nomi e cognomi della fronda anti Ratzinger".

http://80.241.231.25/ucei/List.aspx?Date=Today

Da "Il Foglio", 07-02-2009


[Modificato da Paparatzifan 07/02/2009 17:56]
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«In questa vicenda le prevaricazioni sono state molte. Come quelle dei giudici»

«E' un omicidio, quel decreto è un dovere»

Il cardinale Camillo Ruini: «Lo Stato ha il diritto di proteggere la vita di ogni suo cittadino»

Aldo Cazzullo

ROMA

Cardinal Ruini, quali sono i suoi sentimenti in queste ore decisive per la sorte di Eluana Englaro?

«Sofferenza. Non ho mai conosciuto Eluana, ma prego per lei ogni giorno. Preoccupazione. Speranza. E impegno a fare tutto il possibile. Innanzitutto, per far sapere quali sono le sue reali condizioni: chi è informato bene, di solito non ha più dubbi. È stato importante che la suora che l'ha assistita sia andata in tv a raccontare la sua esperienza con Eluana. Non ha senso attribuire all'Eluana di oggi, dopo quel tragico incidente, le aspirazioni e i desideri di prima. Eluana è stata sfortunata. Ha perduto molto. Ora ha bisogno di poco, è protesa verso quel poco, con poco può vivere senza soffrire. Non colpiamola una seconda volta. Non togliamole anche questo poco».

Lasciarla morire equivale a un omicidio?

«Lasciarla morire, o più esattamente — per chiamare le cose con il loro nome — farla morire di fame e di sete, è oggettivamente, al di là delle intenzioni di chi vuole questo, l'uccisione di un essere umano. Un omicidio. Purtroppo inferto in maniera terribile, senza che nessuno possa essere certo che Eluana non soffrirà».

È giusto che il governo sia intervenuto con un decreto? E il capo dello Stato avrebbe dovuto firmarlo?

«Non ho ancora avuto modo di conoscere il testo del decreto del governo e della lettera del capo dello Stato, ma conosco le obiezioni secondo le quali questo decreto sarebbe una prevaricazione nei rapporti tra i poteri dello Stato. Di prevaricazioni però in questa vicenda se ne sono già fatte molte. A cominciare dai giudici che hanno applicato una legge che non esiste e che, soprattutto, non hanno tenuto conto della situazione reale di Eluana. Ad ogni modo, ritengo che lo Stato abbia il diritto, e aggiungerei il dovere, di proteggere la vita di ogni suo cittadino».

Una legge sul testamento biologico ora è necessaria? E come andrebbe impostata?

«Preferisco parlare di legge sulla fine della vita. La parola testamento implica infatti che si disponga di un oggetto, ma la vita non è un oggetto, non è un appartamento o una somma di denaro. La legge dovrebbe evitare sia l'eutanasia sia l'accanimento terapeutico. Ma è ovvio che la nutrizione e l'idratazione non possono essere lasciate alla decisione dei singoli, perché toglierle significa provocare la morte. Se eutanasia significa morte "dolce", "buona", la fine di Eluana sarebbe peggio dell'eutanasia: Eluana morirebbe di fame e di sete. La sua sarebbe una morte pessima».

Il padre, Beppino Englaro, ha avuto parole dure su quella che considera un'ingerenza della Chiesa. Ha torto?

«Il rispetto è dovuto a tutti, ma il rispetto massimo è dovuto al signor Englaro, che vive questa terribile esperienza di persona. Nessuno di noi può sindacare su come reagiscono i genitori toccati così profondamente dal dolore. Ho conosciuto genitori che si ribellavano di fronte a quella che ritenevano un'ingiustizia divina, e altri che la accettavano. Ricorderò sempre il giorno in cui fui testimone di un incidente stradale a Regnano, sulle colline di Reggio Emilia. Stavo guidando. Davanti a me, un giovane cadde dalla moto. Non andava forte, ma c'era ghiaia sulla strada e perse il controllo, la moto gli cadde addosso. Mi fermai, gli diedi l'estrema unzione, ma era già morto. Gli abitanti del paese mi dissero: la madre è malata di cuore, vada lei a darle la notizia. Mi feci carico del duro compito. Quella donna, una contadina, rimase a lungo in silenzio. Poi mi guardò e disse: "La Madonna ha sofferto di più"...». (Il cardinale si interrompe, commosso).

Parlavamo dell'ingerenza.

«Non ingerenza, ma adempimento della missione della Chiesa. Come ha detto con una formula molto efficace Giovanni Paolo II, nell'enciclica Redemptor hominis, "sulla via che conduce da Cristo all'uomo la Chiesa non può essere fermata da nessuno". Ogni essere umano è degno di rispetto e amore; tanto più gli innocenti, gli inconsapevoli, i colpiti dal destino».

L'ha colpita il gesto delle suore che erano pronte ad accogliere Eluana e occuparsi di lei negli anni a venire?

«Mi ha toccato profondamente, ma non mi ha sorpreso. Ho avuto molte esperienze in merito. Penso alle suore delle case di carità di Reggio Emilia, che ora sono anche qui a Roma. Donne che accolgono persone in condizioni gravissime e le accudiscono con dedizione totale e con gioia. E molti sono i volontari che le affiancano».

Quali casi ha conosciuto di persona?

«Ad esempio, famiglie che hanno figli cerebrolesi dalla nascita, incoscienti eppure non indifferenti, perché in modo istintivo percepiscono le correnti di affetto. Ci sono genitori che rifiutano figli così, ma ci sono altri che li accettano. La vita di quei ragazzi, che talora ho visto diventare adulti, non è meno preziosa. Non posso accettare l'idea che la loro vita valga meno della mia o di qualsiasi altra».

Quali sensibilità ha colto sulla vicenda nell'opinione pubblica, credente o non credente? I sondaggi indicano che in molti sostengono le ragioni di Beppino Englaro.

«Io non ho fatto sondaggi, ma ho discusso in varie occasioni con la gente comune. All'inizio l'interesse era minore, e in tanti consideravano giusto che fosse il padre a decidere. Ma non appena vengono informati sulle reali condizioni di Eluana, in pochissimi restano favorevoli a lasciarla morire. Uno dei miei interlocutori si è proprio arrabbiato: "Ma perché i giornali non scrivono queste cose?"».

E lei come ha trovato i giornali?

«In buona parte schierati. Mentre le tv lo sono state meno, hanno dato spazio anche alle nostre ragioni, come già accadde per il referendum sulla procreazione assistita».

Diceva delle sue discussioni con la gente comune.

«Il fattore che la orienta non è tanto quello religioso. Non ci sono i credenti di qua e i non credenti di là. L'impressione è che ci siano piuttosto gli informati e i non informati. L'esperienza mi ha insegnato inoltre che i malati, per quanto gravi, sperano sempre di continuare a vivere».

In un'intervista a Giacomo Galeazzi della «Stampa», l'arcivescovo Casale, schierandosi con papà Englaro, dice: «Anche Giovanni Paolo II ha richiesto di non insistere con interventi terapeutici inutili».

«Penso di aver conosciuto bene Giovanni Paolo II, e ho vissuto quei giorni in stretto contatto con il suo segretario Don Stanislao Dziwisz, mio carissimo amico. So bene dunque il senso delle ultime parole del Papa, "lasciatemi andare". Quando non c'è più niente da fare, il credente sa che, con la morte, per lui la vita non finisce, ma in un certo senso comincia. Sia credenti sia non credenti possono dire "lasciatemi andare" in modo eticamente legittimo, ma per un credente queste parole indicano anche una speranza, significano "lasciatemi tornare alla casa del Padre". Chi ha un'esperienza anche piccola del modo in cui Giovanni Paolo II viveva il suo rapporto con Dio non ha dubbi al riguardo».

Lei era capo dei vescovi quando si visse il dramma di Piergiorgio Welby. Diverso da quello di Eluana perché il malato era cosciente e aveva chiesto di morire. Ripensandoci oggi, non era possibile un atteggiamento diverso da parte della Chiesa? Ad esempio concedere i funerali?

«È vero, quel caso era molto diverso. Non solo Welby era cosciente; era molto più dipendente dalla tecnologia per continuare a vivere. Nel mezzo della prova, lui scelse di porre fine alla sua vita. Una scelta che Eluana non ha mai fatto. Quanto alla mia decisione, la Chiesa non può consentire — tanto più quando un caso ha rilevanza pubblica — che si rivendichi nello stesso tempo l'appartenenza al cattolicesimo e l'autonomia nel decidere sulla propria vita. Non si può dire: "Io sono cattolico, e decido io"».

Può un cattolico, tanto più un vescovo, negare la Shoah? È una semplice opinione personale in contrasto con quanto sostiene la Chiesa, o è un dato incompatibile con la presenza della Chiesa stessa?

«A questa domanda ha già risposto la Santa Sede, con la nota della Segreteria di Stato pubblicata sull'Osservatore Romano secondo la quale, per essere ammesso alle funzioni episcopali, Williamson deve "prendere in modo inequivocabile e pubblico le distanze dalla sua posizione sulla Shoah". Se non lo fa, non può fare il vescovo».

Come giudica l'invito del cancelliere Angela Merkel al Papa a fare chiarezza sul negazionismo dei lefebvriani?

«Quanto meno superfluo. Basta ricordare o rileggere quanto disse Benedetto XVI ad Auschwitz, domenica 28 maggio 2006, con parole che toccarono profondamente tutti i presenti, me compreso».

La vicenda Englaro le pare collegata alla denuncia del vuoto di valori e del relativismo etico, temi-chiave del pontificato di Ratzinger?

«Uno dei caratteri del magistero di Benedetto XVI e della teologia di Joseph Ratzinger è la denuncia del relativismo etico o, per usare la formula da lui coniata, della dittatura del relativismo. In Italia, e ancor più in altri Paesi dell'Occidente, esiste un'emergenza educativa, che rappresenta un'ipoteca sul nostro futuro e ha le sue radici nella mentalità diffusa, secondo la quale non esistono più punti di riferimento che precedano e possano illuminare le nostre scelte. Quando non siamo più d'accordo su cos'è l'uomo, quando l'uomo viene ricondotto totalmente ed esclusivamente alla natura, salta ogni differenza qualitativa, viene meno lo specifico umano, cadono o cambiano radicalmente i parametri educativi. Si aprono così le porte al nichilismo, che nasce, come ha spiegato bene il suo primo sostenitore, Federico Nietzsche, con la "morte di Dio". La Chiesa italiana è pronta a un grande sforzo sull'educazione, collaborando con altri soggetti per il futuro del Paese, e pubblicherà in merito un "rapporto-proposta". Stiamo lavorando inoltre ad un grande evento internazionale per il dicembre prossimo a Roma, dove arriveranno alcuni tra i più importanti studiosi del mondo a confrontarsi sul tema di Dio e del suo significato per la nostra vita, anche in rapporto con la scienza».

© Copyright Corriere della sera, 7 febbraio 2009


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«La vita va difesa anche nel mistero della sofferenza»

Il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata del malato
Bagnasco: Italia più buia. Crociata: «Nessuna ingerenza»

nostro servizio

Alberto Bobbio

roma

Il Papa non cita Eluana Englaro nel messaggio per la Giornata del malato in programma martedì prossimo. Ma propone un ragionamento che vale per ogni caso e riafferma «l'assoluta e suprema dignità di ogni vita umana», anche quando «è debole ed è avvolta dal mistero della sofferenza». Il messaggio è dedicato in particolare alle sofferenze dei bambini, ma Benedetto XVI esprime la sua «vicinanza spirituale» a tutti coloro che soffrono. In Vaticano e tra i vescovi italiani la preoccupazione per la sorte della donna a cui da ieri sera non viene più dato più né cibo, né acqua, è molto grande.
È su questa vita che si spegne a poco a poco che s'intrecciano le riflessioni, mentre sono fuori dall'orizzonte delle preoccupazioni della Chiesa italiana e della Santa Sede sia lo scontro istituzionale, sia le polemiche politiche. Ne accenna solo il cardinale Javier Lozano Barragan, che in Vaticano si occupa della pastorale sanitaria, in un'intervista a una televisione: «Chiediamo al Signore che il presidente delle Repubblica possa riconsiderare, in dialogo con i giuristi, la maniera di conciliare con la Costituzione italiana questo decreto legge». Nessuno tra i vescovi italiani si fa illusioni sull'approvazione veloce di una legge che possa fermare il protocollo ormai in atto.
Così il cardinale Angelo Bagnasco, ieri nell'editoriale di «Avvenire», con parole di estrema tristezza non per Eluana, ma per il Paese, ha descritto un'Italia che sarà «più buia», perché una «cultura egemone» si è impossessata della vita e l'ha stravolta, e in serata al Tg1 ha rilevato che «qualunque gesto, qualunque decisione che sia nella direzione di salvare la vita umana di chiunque, certamente, è un atto auspicabile». Secondo il presidente della Cei, per molti Eluana «non risponde al criterio dell'efficienza che purtroppo alle volte nella nostra cultura è dominante».
Anche il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, dopo aver chiesto una preghiera straordinaria per la vita di Eluana, ha osservato che «in una società tesa alla vita buona - tanto più in una società plurale che anche su tematiche brucianti come l'inizio e la fine della vita conosce un'accesa dialettica e un confronto serrato - è doveroso sostenere sempre il "favor vitae"». Poi ha spiegato che la vicenda di Eluana «non riguarda più solo lei, la sua mamma e il suo papà - del cui dolore noi abbiamo pieno rispetto e nella cui coscienza ovviamente ci guardiamo bene dall'entrare -, perché ha assunto una dimensione pubblica circa uno dei beni fondamentali della vita comune».
Il Patriarca ha aggiunto che, «finché esiste anche solo una minima frazione di dubbio che una persona sia viva, bisogna essere a favore della vita. L'alimentazione e l'idratazione non sono una terapia. Nessuno oggi può, in maniera scientifica e radicale, negare questo dato. Quindi per noi è doveroso che non si interrompano l'alimentazione e l'idratazione di Eluana». E ciò deve essere fatto per «affermare la dignità della persona», cosa che «non lede il diritto di nessuno».
Anche monsignor Mariano Crociata, segretario della Conferenza episcopale italiana, in un'intervista alla Radio Vaticana ha ribadito lo stesso concetto, rilevando che la Chiesa non può essere accusata di alcuna «ingerenza» negli affari interni di uno Stato: «Il nostro compito è dare le motivazioni, condividere i valori, poiché poi ciascuno, dove è chiamato a operare, traduca tutto questo in maniera adeguata». Ma ciò va fatto sempre tenendo presente che la vita è più importante dei «formalismi giuridici», aggiunge il predecessore di Crociata, monsignor Giuseppe Betori, oggi arcivescovo di Firenze.
Nella Messa per i quarant'anni della Comunità di Sant'Egidio, ieri sera ha denunciato che «una donna rischia di essere privata dell'esistenza in nome di un approccio ideologico alla vita». Betori ha negato che la visione della Chiesa sia arida e irrealistica: «Noi siamo i veri realisti, perché non accettiamo di chiamare morta una persona che ancora vive». E ha criticato coloro che lasciano morire una persona «per orientare in una certa direzione una legislazione».
L'invito che molti vescovi hanno fatto ieri è di non fermarsi a riflettere solo sui confini formali del diritto, sul tecnicismo di norme, protocolli, dispositivi e conflitti tra istituzioni. Ma di considerare dentro ogni ragionamento anche la vita di Eluana. Lo ha detto con grande chiarezza il cardinale vicario di Roma, Gaetano Vallini, che è un esperto giurista, invocando «norme conformi» anche «all'ordine morale oggettivo», cioè norme che «possano salvare la vita di una persona che non è in grado di difendersi da sola». Per Vallini sarebbe grave se l'Italia, «patria dei diritto», rinunciasse a «escogitare strumenti giuridici legittimi» per arrivare a questo risultato. Si tratta di un impegno «necessitato da una grande causa».

© Copyright Eco di Bergamo, 8 febbraio 2009


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Telefonata tra il Papa e il cancelliere tedesco, Merkel: "Comune e profonda adesione al monito sempre valido della Shoah per l'umanità"


“Un colloquio cordiale e costruttivo, segnato dalla comune e profonda adesione al monito sempre valido della Shoah per l’umanità”. Il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, e il portavoce del governo federale della Germania, Wilhelm, commentano così, in un comunicato, l’esito del colloquio telefonico intercorso tra Benedetto XVI e il cancelliere tedesco, Angela Merkel. Nel corso del colloquio, “richiesto - precisa il comunicato - dalla stessa signora cancelliere, hanno avuto modo di scambiarsi reciprocamente il proprio punto di vista in un clima di grande rispetto. Al riguardo - termina la nota - entrambi hanno fatto riferimento ancora una volta alle dichiarazioni fatte rispettivamente dal Santo Padre all’udienza generale di mercoledì 28 gennaio e dalla signora cancelliere giovedì scorso”.


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Colloquio telefonico tra il cardinale Bertone e il presidente Napolitano. In relazione al caso Englaro, apprezzamento vaticano per l'accelerazione impressa al ddl


E un secondo e “cortese” colloquio telefonico è quello che ha avuto luogo ieri tra il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Durante la conversazione, afferma un comunicato della Sala Stampa Vaticana, oltre ad “argomenti di reciproco interesse”, “si è parlato della vicenda di Eluana Englaro”, in merito alla quale è stato manifestato un “vivo apprezzamento per l’accelerazione data dal Parlamento all’approvazione del disegno di legge”. Intanto - mentre sul caso Englaro continua serrato il confronto istituzionale e politico - il ministro del Welfare, Sacconi, ha parlato di situazione irregolare per quanto concerne la Casa di cura "La Quiete", nella quale da due giorni Eluana Englaro è sottoposta alla progressiva riduzione di alimentazione e idratazione. E proseguono cortei e manifestazioni nella città di Udine. Il punto sulla cronaca nel servizio di Claudia Di Lorenzi:

"Se non avessimo deciso di intervenire per impedire l'uccisione di un essere umano, che è ancora vivo e respira in modo autonomo, avrei sentito di commettere un’omissione di soccorso''. Così il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha motivato oggi il disegno di legge, da domani all’esame del Senato, che intende bloccare il protocollo che in queste ore porta verso la morte la giovane Eluana Englaro. La sospensione di alimentazione e idratazione artificiali, effettiva da ieri, ha sollevato nelle ultime ore polemiche per una presunta accelerazione del protocollo, stamane smentita dall'avvocato Campeis, legale della famiglia Englaro.


Per verificare il rispetto delle procedure, come pure l’idoneità della casa di riposo “La Quiete” al ricovero di Eluana, trasferita nella struttura di Udine dall’azienda sanitaria friulana il 4 febbraio, sono in corso da ieri controlli dei Nas che oggi individuano "anomalie amministrative" nel cambio di destinazione della struttura udinese, da centro assistenziale a luogo di “accompagnamento alla morte”. Un cambio - rilevano - non autorizzato dalla Regione o dalla asl competente. “Una situazione irregolare”, secondo il ministro del Welfare Sacconi, il quale fa notare l’incongruenza con la sentenza della Corte di appello di Milano che dispone il ricovero presso un hospice o una struttura sanitaria. “Tutta la procedura di ricovero e tutte le operazioni relative sono state seguite nella più assoluta regolarità e correttezza”, è stata la replica del presidente della Casa di risposo, Ines Domenicali, che sottolinea come la struttura sia "autorizzata ad accogliere persone non autosufficienti e malati gravi dopo le dimissioni dalle strutture ospedaliere, svolgendo così funzioni di Residenza sanitaria assistita”.


E mentre Eluana percorre i pochi passi che la separano dalla morte, l’opinione pubblica si divide sul padre, Beppino Englaro. Scritte ingiuriose sono state tracciate vicino alla casa di riposo 'La Quiete”, mentre altrove all’uomo giungono testimonianze di solidarietà. Un appello alla vita viene infine dalle associazioni cattoliche che davanti alla Casa di riposo chiedono a Beppino Englaro di "non uccidere la figlia". Oggi, intanto, il Friuli si mobilita con cortei di diverso indirizzo: centinaia di persone, credenti e non, che sotto le finestre di Eluana lasceranno testimonianza di “fede e di amore per la vita”. E c'è fermento infine nella Procura di Udine, raggiunta in questi giorni da numerosi esposti di amici e parenti di Eluana, ma anche di medici e avvocati che sollevano dubbi circa le ultime volontà della donna. Totale riserbo vige sui risultati delle indagini svolte dalla Polizia giudiziaria.

Tra i numerosi esposti al vaglio dei giudici di Udine che chiedono la sospensione del protocollo e il rapido ripristino della nutrizione per Eluana, prima dell'insorgere di danni irreveribili, Alessandro Guarasci ha sentito il prof. Gianluigi Gigli:

R. - Al di là di un ragionevole tempo di attesa - che nessuno sa quanto sia esattamente, ma certamente non va oltre pochi giorni - il processo di disidratazione e di denutrizione che è in atto, e che sappiamo essere stato addirittura accelerato rispetto a quanto previsto, potrebbe portare il cervello di Eluana a subire un ulteriore oltraggio.


D. - Voi avete presentato un esposto in merito al protocollo che si sta applicando nella clinica La Quiete di Udine. Su che cosa è basato?


R. - Un esposto tendente a dimostrare la non corrispondenza tra il protocollo seguito per la morte di Eluana nella clinica La Quiete e quanto previsto dalla Corte di Cassazione, prima, e dalla Corte di Appello di Milano. Esse avevano, sì, parlato di sospendere la nutrizione e l’idratazione cosiddette artificiali, ma non di togliere tout court ogni possibilità di alimentazione e di idratazione alla paziente, altrimenti, se questo fosse stato vero, voleva dire che la Corte di Cassazione avrebbe per sua natura imposto una legislazione eutanasica in Italia.


D. - Professore, non ritiene che alcuni mezzi di comunicazione abbiano voluto far passare l’impressione, sbagliata, che su Eluana si stia facendo accanimento terapeutico?


R. - Che non si tratti di accanimento terapeutico lo ha stabilito una volta per tutte proprio questa sentenza della Cassazione, la quale nell’ottobre 2007 ha scritto nero su bianco che nel caso di specie non siamo in presenza di accanimento terapeutico e che si tratta piuttosto di cure proporzionate.


D. - Bisognerà cominciare a parlare in Italia, secondo lei, di un’adeguata legge sul fine vita che escluda la sospensione di idratazione ed alimentazione?


R. - Questo è lo sforzo che stanno cercando di fare alcuni volenterosi parlamentari. Ci auguriamo che esso arrivi presto, arrivi in tempo. Ora, dobbiamo correre perché ci sia una sospensiva a quanto sta accadendo: una sospensiva prima che si verifichino ulteriori e irreparabili danni. Bisogna evitare che Eluana diventi l’unica disabile italiana messa a morte per una sentenza.


La vicenda di Eluana Englaro riporta alla memoria quella di Luca De Nigris, il ragazzo sedicenne che - undici anni fa - si è spento dopo 8 mesi di coma e stato vegetativo, in seguito a un intervento chirurgico. Grazie a lui è nata l’associazione Amici di Luca ed è stata costruita la Casa dei Risvegli, un centro pubblico innovativo di assistenza e ricerca per giovani e adulti che si trovano nelle stesse condizioni. Nella struttura, la famiglia viene accompagnata nel lungo percorso della riabilitazione e del reinserimento sociale. Per non lasciare sole le persone in coma e chi, insieme con loro, vive questa dolorosa esperienza. Eliana Astorri ha raccolto la testimonianza di Fulvio De Nigris, direttore del Centro Studi per la ricerca sul coma “Gli amici di Luca” e padre del giovane:

R. - Quando tutto sembrava che stesse andando per il meglio, purtroppo Luca una mattina non si sveglia più, e quindi al dolore comprensibile dei genitori - e quindi un dolore privato - si unì il desiderio di continuare quello che Luca ci aveva fatto capire: cioè, che si poteva essere vicini a queste persone, di creare in Italia una struttura che allora non esisteva e che oggi è questo centro-pilota, la "Casa dei Risvegli Luca De Nigris". Si tratta di un centro pubblico, che è diventato un po’ un simbolo di quello che è possibile fare per le persone che convivono con la malattia - alle quali sembra che sia tutto negato e che invece hanno grandi possibilità di recupero - compreso l'essere accompagnati poi nella vita e quindi a domicilio o in altre strutture. Dal 2005, in questa struttura hanno ricoverato una sessantina di persone e l’80% di queste persone sono tornate a casa con un buon - a volte ottimo - grado di autosufficienza. Ciò che ci conforta è il fatto che tale percorso - legato non solo agli aspetti sanitari, ma anche al volontariato, alla famiglia, a quanti vogliono accompagnare queste persone e dedicare il loro tempo nel loro tragitto - sia un progetto estremamente positivo, che dà valore anche alle storie di queste persone: storie molto spesso difficili, molto spesso dolorose.


D. - Cosa differenzia lo stato di coma da quello vegetativo?


R. – Il coma dura poche settimane. Poi, quando si aprono gli occhi, si parla di stato vegetativo, che è uno stato che può essere molto vario, può essere di minima coscienza.


D. - Quindi c’è un’attenzione all’esterno, comunque?


R. - Sì. Non in tutti i casi, però sicuramente c’è, molto spesso, un contatto con l’esterno e una possibilità, poi, di ripresa. Oggi, tutti quanti i medici tendono a dire che non esiste più lo stato vegetativo permanente, ma si dice "persistente", perché si è visto che nel corso degli anni - anche di lunghi anni - la persona che ne è colpita comunque modifica il suo rapporto con l’ambiente, e lo modifica in maniera positiva. Certamente, i risultati a volte sono molto piccoli: ma credetemi, per le famiglie sono dei grandi passi avanti rispetto a come la persona era partita.


D. - Quali sono le difficoltà pratiche di una famiglia che per lungo tempo si prende cura di una persona in stato vegetativo?


R. - Innanzitutto, ci vuole un grande sostegno psicologico, perché i primi tempi sono molto duri e la famiglia rischia di disgregarsi. Il secondo aspetto è cercare di essere sempre dentro alla vita quotidiana del problema, cercando di non fare gli infermieri, ma di essere familiari via via più esperti che accompagnano il malato in questo lungo cammino. E poi ci sono anche gli aspetti economici: noi non dobbiamo lasciar sole le famiglie, bisogna che loro sentano che c’è un percorso, che c’è un sistema, che c’è una strategia d’intervento e che ciò che loro fanno è comunque condiviso da altri.(Montaggio a cura di Maria Brigini)


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08/02/2009 16:23
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Benedetto XVI all'Angelus: prego per tutti i malati, specie per coloro che non possono provvedere a se stessi. Appello del Papa per il Madagascar


Nonostante faccia parte dell’esperienza umana, noi facciamo fatica ad abituarci alla malattia perché “essenzialmente” siamo “fatti per la vita”. Lo ha affermato Benedetto XVI all’Angelus di questa mattina in Piazza San Pietro, dedicando la riflessione al Vangelo di questa domenica che vede Gesù impegnato nella sua missione di guarire i malati. Il Papa ha concluso l’Angelus pregando per gli ammalati - specialmente per quelli, ha detto, “che non possono provvedere a se stessi” - e invocando il ritorno alla “convivenza civile” per il Madagascar, agitato da incertezze politiche e disordini sociali. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Cristo medico dei corpi oltre che delle anime: è l’istantanea del Vangelo di questa domenica. Una città intera si accalca alla soglia della casa di Simon Pietro, dove Gesù ne ha appena guarito la suocera. “L’esperienza della guarigione dei malati ha occupato buona parte della missione pubblica di Cristo - ha osservato Benedetto XVI - e ci invita ancora una volta a riflettere sul senso e sul valore della malattia in ogni situazione in cui l’essere umano possa trovarsi”. E questo perché, ha soggiunto:

“Nonostante che la malattia faccia parte dell’esperienza umana, ad essa non riusciamo ad abituarci, non solo perché a volte diventa veramente pesante e grave, ma essenzialmente perché siamo fatti per la vita, la vita completa”.


Giustamente, ha proseguito il Papa, “il nostro ‘istinto interiore’ ci fa pensare a Dio come pienezza di vita, anzi come Vita eterna e perfetta”. Di conseguenza, ha detto, “quando siamo provati dal male e le nostre preghiere sembrano risultare vane, sorge allora in noi il dubbio ed angosciati ci domandiamo: qual è la volontà di Dio?” A questo interrogativo, ha affermato il Pontefice, “troviamo risposta nel Vangelo”:


“Gesù non lascia dubbi: Dio - del quale Lui stesso ci ha rivelato il volto - è il Dio della vita, che ci libera da ogni male. I segni di questa sua potenza d’amore sono le guarigioni che compie (...) Dico che queste guarigioni sono segni: non stanno in sé ma guidano verso il messaggio di Cristo, ci guidano verso Dio e ci fanno capire che la vera e più profonda malattia dell’uomo è l’assenza di Dio, della fonte di verità e di amore. E solo la riconciliazione con Dio può donarci la vera guarigione, la vera vita, perché una vita senza a more e senza verità non sarebbe vita (...) Si comprende, pertanto, perché la sua predicazione e le guarigioni che opera siano sempre unite: formano infatti un unico messaggio di speranza e di salvezza".

Benedetto XVI ha ricordato la Giornata mondiale del malato di mercoledì prossimo e il suo incontro che avrà nel pomeriggio con gli ammalati nella Basilica di San Pietro, al termine della Messa presieduta dal cardinale Javier Lozano Barragan. E come nel suo Messaggio per la Giornata del malato reso noto ieri, il Papa ha ringraziato di nuovo i testimoni della “carità fraterna”, in particolare le comunità cristiane che si occupano di curare i malati:


“È vero: quanti cristiani - sacerdoti, religiosi e laici - hanno prestato e continuano a prestare in ogni parte del mondo le loro mani, i loro occhi e i loro cuori a Cristo, vero medico dei corpi e delle anime! Preghiamo per tutti i malati, specialmente per quelli più gravi, che non possono in alcun modo provvedere a se stessi, ma sono totalmente dipendenti dalle cure altrui: possa ciascuno di loro sperimentare, nella sollecitudine di chi gli è accanto, la potenza dell’amore di Dio e la ricchezza della sua grazia che salva".


Questa preghiera del Papa è stata seguita, dopo la recita dell’Angelus, da un’altra che Benedetto XVI ha detto di voler condividere con i vescovi del Madagascar e la loro Giornata di preghiera in favore della “riconciliazione nazionale e della giustizia sociale”. Una preghiera scioltasi in un appello:


“Vivamente preoccupato per il periodo particolarmente critico che il Paese sta attraversando, vi invito ad unirvi ai cattolici malgasci per affidare al Signore i morti nelle manifestazioni e per invocare da Lui, per intercessione di Maria Santissima, il ritorno alla concordia degli animi, alla tranquillità sociale e alla convivenza civile”.



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08/02/2009 16:27
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Dal blog di Lella...

Olocausto, telefonata tra il Papa e la Merkel

CITTA' DEL VATICANO (Reuters)

Papa Benedetto XVI e il cancelliere tedesco Angela Merkel si sono parlati in un colloquio telefonico "cordiale e costruttivo" sul tema della Shoah, dopo le polemiche a distanza tra Germania e Vaticano sul tema dell'Olocausto.
Il Papa e la Merkel, che aveva richiesto il colloquio, "hanno avuto modo di scambiarsi reciprocamente il proprio punto di vista in un clima di grande rispetto", spiega una nota della Santa Sede.
"È stato un colloquio cordiale e costruttivo, segnato dalla comune e profonda adesione al monito sempre valido della Shoah per l'umanità", sottolineano il portavoce del governo federale tedesco e Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa.
In settimana, la Merkel aveva chiesto al Pontefice di sgombrare il campo da ogni possibile dubbio sulla posizione del Vaticano rispetto allo sterminio degli ebrei, dopo che un vescovo tradizionalista, a cui di recente è stata tolta la scomunica, ha negato la realtà storica dell'Olocausto.
Il Vaticano ha risposto che la "condanna di dichiarazioni che negano l'Olocausto non potrebbe essere più chiara".


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09/02/2009 02:47
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Il Papa e il Cancelliere tedesco Merkel concordi nel condannare la Shoah


Durante una conversazione telefonica




CITTA' DEL VATICANO, domenica, 8 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il Papa e il Cancelliere tedesco Angela Merkel hanno avuto una conversazione telefonica in cui hanno espresso la loro visione concorde sulla Shoah come avvertimento per l'umanità, secondo quanto ha spiegato questa domenica la Santa Sede in un comunicato.

Nel corso della conversazione, svoltasi su richiesta della signora Merkel, democristiana protestante, il Papa e il Cancelliere tedesco "hanno avuto modo di scambiarsi reciprocamente il proprio punto di vista in un clima di grande rispetto".

Il colloquio, come hanno dichiarato i due portavoce, il signor Wilhelm per il Governo Federale e padre Federico Lombardi per il Vaticano, è stato "cordiale e costruttivo" e "segnato dalla comune e profonda adesione al monito sempre valido della Shoah per l'umanità".

Secondo quanto spiega la nota, si è parlato delle dichiarazioni rilasciate da Benedetto XVI il 28 gennaio scorso al termine dell'Udienza generale e di quelle di Angela Merkel di martedì scorso.

In quell'occasione, il Papa ha letto un comunicato in cui ha affermato che la Shoah dovrebbe essere per tutti "monito contro l'oblio, contro la riduzione o il negazionismo".

Il Pontefice sosteneva di avere nella mente "le immagini raccolte nelle mie ripetute visite ad Auschwitz, uno dei lager nei quali si è consumato l'eccidio efferato di milioni di ebrei, vittime innocenti di un cieco odio razziale e religioso".

"Mentre rinnovo con affetto l'espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza, auspico che la memoria della Shoah induca l'umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell'uomo", ha aggiunto.

Queste dichiarazioni erano state considerate insufficienti, secondo quanto ha dichiarato il 3 febbraio Angela Merkel. "Da parte del Vaticano e del Papa deve essere affermato molto chiaramente che non ci può essere alcuna negazione" e "deve esserci un rapporto positivo con il mondo ebraico", ha affermato il Cancelliere tedesco.

Nello stesso giorno, il portavoce vaticano, padre Lombardi, ha spiegato in alcune dichiarazioni alla "Radio Vaticana" che il Papa riconosce e condanna chiaramente l'Olocausto, in risposta alle dichiarazioni della Merkel.

Il giorno dopo, la Segreteria di Stato vaticana ha pubblicato una nota in cui spiegava che le dichiarazioni negazioniste del Vescovo Williamson erano "non conosciute dal Santo Padre nel momento della remissione della scomunica", e per questo il presule "dovrà prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni" "per una ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa".

09/02/2009 02:48
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"Vivo apprezzamento" del Vaticano per i tentativi di salvare Eluana


Colloquio tra il Cardinal Bertone e il Presidente della Repubblica




CITTA' DEL VATICANO, domenica, 8 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Sabato 7 febbraio "ha avuto luogo un cortese colloquio telefonico tra il Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano e il Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone", spiega un comunicato diffuso dalla Sala Stampa vaticana questa domenica.

"Nella conversazione - continua il testo - si è parlato della vicenda di Eluana Englaro, come pure di altri argomenti di reciproco interesse".

"In merito alla vicenda di Eluana Englaro - conclude la comunicazione della Santa Sede - si manifesta vivo apprezzamento per l'accelerazione data dal Parlamento all'approvazione del disegno di legge".

Com'è noto, il Governo sta accelerando i tempi per varare un progetto di legge che impedisca la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione di Eluana Englaro.

A questo proposito, la "Radio Vaticana" ha riportato le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi circa le motivazioni che sono alla base del disegno di legge.

"Se non avessimo deciso di intervenire per impedire l'uccisione di un essere umano, che è ancora vivo e respira in modo autonomo, avrei sentito di commettere un'omissione di soccorso", ha affermato il premier.

La telefonata è stata compiuta anche nel contesto della preparazione delle celebrazioni per l'anniversario dei Patti lateranensi, che si svolgerà il 18 febbraio nell'Ambasciata italiana presso la Santa Sede.

All'evento parteciperanno Silvio Berlusconi, Giorgio Napolitano e il Cardinal Bertone.

09/02/2009 16:24
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Il bene della persona e il bene della nazione, punto di convergenza tra Chiesa e Stato. Così Benedetto XVI al nuovo ambasciatore del Brasile


“Sincero affetto e ampia stima per la nobile nazione” brasiliana il Papa ha espresso oggi ricevendo le Lettere credenziali del nuovo ambasciatore del Brasile, Luiz Felipe de Seixas Correa, al quale ha raccomandato l’impegno del suo Paese per la pace mondiale e la difesa dei principi fondamentali, specie della sacralità della vita umana. Sposato con quattro figli, laureato in Diritto, de Siexas Correa è stato ambasciatore in Messico, Spagna, Argentina, Germania, oltre che rappresentante a Ginevra, e presso diverse istituzioni dell'ONU. Il servizio di Roberta Gisotti:

“Obiettivo, e della Chiesa, nella sua missione di natura religiosa e spirituale, e dello Stato, sebbene distinti, è quello di confluire in un punto di convergenza: il bene della persona umana e il bene comune della Nazione”. Lo ha ribadito Benedetto XVI, citando pure il recente Accordo che definisce lo statuto giuridico civile della Chiesa cattolica brasiliana segno di “sincera collaborazione” con il governo. Il Papa ha ricordato che “il Brasile è un Paese che conserva nella sua grande maggioranza una fede cristiana, che attiene alle origini del suo popolo evangelizzato da oltre cinque secoli”.


Ha lodato, il Papa, la convergenza di principi tra la Sede apostolica e il governo brasiliano riguardo “le minacce alla Pace mondiale”, quando questa manchi di “una visione rispettosa del prossimo nella sua dignità umana”. Ha citato Benedetto XVI il recente conflitto in Medio Oriente, che “prova la necessità di sostenere - ha detto - tutte le iniziative rivolte a risolvere pacificamente le divergenze”. Da qui, l’auspicio che il governo brasiliano “prosegua in questa direzione”.


Per altro verso, il Papa ha detto di sperare che “in conformità con i principi che tutelano la dignità umana, dei quali il Brasile è sempre stato paladino, si continui a promuovere e divulgare quei valori umani fondamentali”, riconoscendo “in modo esplicito la sacralità della vita familiare e la salvaguardia del nascituro dal concepimento al suo termine naturale”. Riguardo ancora le sperimentazioni biologiche, Benedetto XVI ha raccomandato “la difesa di un’etica che non deturpi e protegga l’esistenza dell’embrione e il suo diritto a nascere”.


Si è complimentato poi, il Papa, per il ritorno in Brasile di “un clima di accentuata prosperità, fattore di stimolo per lo sviluppo di aree limitrofe e per vari Paesi africani” e per l’impegno di solidarietà del governo nel lottare contro la povertà e l’arretratezza tecnologica.


Benedetto XVI ha infine messo in guardia dai “rischi del consumismo e dell’edonismo associati alla mancanza di solidi principi morali”, che rendono vulnerabili la struttura della società e della famiglia brasiliana. Da qui l’urgenza di “una solida formazione morale a tutti i livelli, incluso l’ambito politico”, di fronte alle minacce generate dalle dominanti ideologie materialiste, e la tentazione della corruzione nella gestione del denaro pubblico e privato.



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